venerdì 15 giugno 2018
Bloodbuster, 16 giugno: appuntamento con le vampire
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| Délice la Rouge è Rhona la vampira in una foto di A. C. Cappi |
Bloodbuster, in via Panfilo Castaldi 21 a Milano, è un negozio leggendario per gli appassionati di "cinema alla B alla z", come lo definiscono con orgoglio Daniele Magni e Manuel Cavenaghi, esperti di cinema ad ampio spettro, autori o editori loro stessi di numerosi saggi dedicati a generi, sottogeneri, autori e interpreti del cinema solitamente trascurato dalla critica più "alta", ma anche alla cultura popolare cui tutto ciò si ricollega.
Questo è il motivo per cui sabato 16 giugno 2018 alle 18.30 - complice come presentatore il romanziere e saggista Stefano Di Marino - è in programma un incontro con Andrea Carlo Cappi sul ciclo di romanzi Danse Macabre (editi da Excalibur), imperniato su figure di vampire sexy e pericolose. Si rievocano i tempi di certi fumetti italiani più o meno erotici degli anni Sessanta e Settanta, ma anche le suggestioni di film della stessa epoca, come quelli di Jess Franco o Jean Rollin, in una serie di romanzi che mescolano horror ed erotismo, ma anche thriller e spionaggio.
Il volume doppio contenente i primi due episodi della saga, Le vampire di Praga e Sangue freddo, è disponibile anche su IBS e Mondadori Store.
sabato 26 maggio 2018
Le voci del thriller di Luceri e Tentori
Recensione di Andrea Carlo Cappi
Uno scrittore identificato con il giallo e un altro associato al cinema dell'orrore sembrano a prima vista incompatibili, a chi non li conosce. Ma, a ben vedere Enrico Luceri e Antonio Tentori, autori de La voce del buio (Mondoscrittura, 164 pagine, 13 euro) hanno molto in comune.
Luceri è un apprezzato autore de Il Giallo Mondadori e ultimamente anche Damster Edizioni, di cui si è già parlato in queste pagine; chi ha letto con attenzione i suoi romanzi sa che, nel panorama del mystery italiano, si distingue per le sue atmosfere che richiamano la stagione degli sceneggiati tv anni Settanta, con enigmi che sfiorano l'impossibile ma hanno sempre una spiegazione razionale; e chi conosce la sua produzione sa chi si è occupato della storia del giallo italiano in tutte le sue tonalità.
Tentori è stato sceneggiatore per Lucio Fulci, Dario Argento e Sergio Stivaletti, tra gli altri, e basterebbe questo a qualificarlo; ma, oltre ai suoi numerosi racconti e al romanzo basato sulla sceneggiatura dell'argentiano Inferno, ha anche un notevole curriculum di saggista su molti generi del cinema italiano, senza disdegnare ruoli di attore come quello nel recente e sorprendente Catacomba, film a episodi diretto da Lorenzo Lepori e Roberto Albanese.
La loro collaborazione non poteva che dare ottimi frutti, specie per chi ha nostalgia di un filone soprattutto cinematografico ed essenzialmente italiano che ha tuttora molti appassionati, ma ormai nessun produttore nel nostro paese: quello che da noi si chiamò thrilling e che nel resto del mondo è noto invece come giallo, con un'accezione diversa da quella corrente in Italia di "detective story classica" e, per i suoi detrattori, di "letteratura di serie B". Non a caso chiunque scriva di un commissario che sia più o meno fotocopia di altri, se appena è possibile si autodefinisce "autore noir".
Ma ecco qui un giallo nel senso più tipicamente italiano nel termine, in cui anche un lettore comune può riconoscere i rimandi al cinema di Dario Argento (cui il romanzo è dedicato): la soggettiva dell'assassino che osserva le sue vittime dal buio, gli ambigui flashback che ricostruiscono l'evento scatenante della follia omicida... Non sono gli unici riferimenti a quella fortunata stagione del nostro cinema, ce ne sono anche di più sottili, piccoli indizi che strizzano l'occhio ai cultori del genere. Ma soprattutto si tratta di un romanzo scritto con ritmo incalzante, con una protagonista che sfugge agli stereotipi della profiler visti e rivisti in troppi prodotti americani della narrativa, del cinema e della televisione.
Perché, a ben vedere, molto prima che gli Stati Uniti scoprissero e spremessero all'infinito il filone dei thriller sulla figura del serial killer (o, come li chiamava erroneamente anni fa una nota casa editrice, i "serial thriller"), era stato il thrilling made in Italy a codificare - partendo da Robert Bloch e da Alfred Hitchcock per creare regole proprie - certe strutture narrative che poi sono state riprese negli USA per i filoni slasher e psychothriller (il termine corretto sarebbe quest'ultimo, lo sappiano gli editori italiani).
E allora il lettore si immerge negli incubi notturni dell'ispettore Anna Ranieri della Squadra Mobile di Roma, sintomo forse di elementi che le sfuggono a livello razionale ma che la mente ha registrato, e in un'indagine che la tocca da vicino. La sorella minore Giulia è in un sottile equilibrio tra la vita e la morte dopo un tentato suicidio, ma la poliziotta non è troppo convinta da quella che d'istinto ritiene sia la scena di un crimine. Forse è per sfuggire ai propri sensi di colpa che ritiene si tratti, invece, di un omicidio mancato.
Un sospetto che diviene certezza quando un maniaco omicida comincia a mietere vittime con sempre maggiore frequenza tra donne attraenti di varie età ed estrazione sociale. Sul luogo di ogni delitto - appartamenti privati, un giardino pubblico, una galleria d'arte, un teatro deserto - ricorre in modo fisico o simbolico il tema della rosa, come firma dell'assassino.
"Un indizio, un dettaglio, una crepa in un muro apparentemente solido e compatto, da allargare con le mani, ferendosi dita e polpastrelli fino a farli sanguinare. Finché quella fessura diventi un foro, sempre più largo, una crepa che provochi il crollo di un pezzo di intonaco e permetta di gettare uno sguardo oltre quel muro, che si rivela un sipario. Il palcoscenico montato dall'assassino per mettere in scena i propri delitti."
Anna Ranieri deve imparare ad ascoltare la voce del buio per riconoscere l'Ombra fra le tenebre e fermare una catena di morte che vede anche lei come prossimo, scomodo bersaglio da eliminare.
La voce del buio non è l'ennesimo romanzo clonato sulle storie di assassini seriali d'oltreoceano, bensì un thriller italiano che inchioda il lettore fino all'ultima pagina, cosa che non mi pare capiti più così spesso. E, d'accordo, due veterani del mestiere come Stefano Di Marino e il sottoscritto, chiamati a presentare il libro al mitico Bloodbuster di Milano, intuiscono in corso di lettura la rete di inganni e false piste tessuta dagli autori. Ma la scrittura per nulla banale, la suspense incessante e la logica ferrea della soluzione finale ci procurano di nuovo quel piacere che temevamo irripetibile del thrilling... altro vocabolo usato in modo approssimativo, dato che in inglese era solo un participio presente usato come aggettivo, non un sostantivo, anche se lo è divenuto honoris causa. Perché per qualcosa di così innovativo allora e vitale ancora oggi nelle pagine di Luceri e Tentori, mancava un nome e si doveva inventarlo.
mercoledì 2 maggio 2018
martedì 1 maggio 2018
Avengers: la Guerra dell'Infinito
Delucidazioni di Andrea Carlo Cappi
Dopo il riassunto della fase più recente del Marvel Cinematic Universe e prima di toccare argomenti
potenzialmente spoiler, posso dire ciò che già si
conosce dalla conferenza stampa dell’ottobre 2014 in cui i Marvel
Studios presentarono i progetti a venire sull’universo basato sui
fumetti di Stan Lee e soci. La vicenda delle Pietre dell’Infinito,
con tutto ciò che esse comportano, non si conclude con questo
film. La storia è stata preparata meticolosamente, aggiungendo
un tassello dopo l’altro, episodio dopo episodio, a partire dal
2011 con Captain America – The First Avenger. La seconda
parte, annunciata per il maggio 2019, si sarebbe dovuta intitolare
Avengers- Infinity War II, mentre ora è etichettata semplicemente come Avengers 4. Circola la voce, attribuita all’attrice Zoe
Saldana, che possa chiamarsi Infinity Gauntlet
(ovvero Il guanto dell’Infinito, titolo della
saga originale a fumetti del 1991). I film del ciclo in uscita prima del
maggio 2019 – i prossimi annunciati sono Ant-Man and The Wasp
e Captain Marvel – sono ambientati prima degli eventi
di Infinity War. Altri tasselli che andranno a comporre lo
scenario completo.
Sul piano pratico, più di
ogni altro episodio dell’MCU, Infinity War richiede la
visione preventiva di una buona parte dei capitoli precedenti con i
vari personaggi. I film sono quasi tutti disponibili in vari supporti
video e alcuni sono già passati sulle reti televisive. Non
entrate quindi al cinema aspettandovi che venga ripresentato singolarmente
ogni personaggio, tra protagonisti e comprimari di ogni serie:
Infinity War dura due ore e trentasei minuti e sono in scena
almeno una settantina tra supereroi, loro parenti, amici, alleati e
nemici, quindi non c’è spazio per i riassunti; fate
riferimento al mio articolo precedente e alla prima parte di questo,
in cui vi ricordo alcuni punti da tenere presente a proposito delle
Pietre dell’Infinito. Sarete avvisati quando cominciano gli
spoiler.
Cosa sono, per cominciare, le
Pietre dell’Infinito? Sono sei gemme forgiate al tempo del Big
Bang, ognuna delle quali ha un potere immenso, pericoloso se dovesse
cadere in mani sbagliate. Sono state custodite per millenni in luoghi
sacri, ma da qualche tempo a questa parte sono riemerse, con
conseguenze spesso devastanti. Perché le Pietre interessano a
Thanos, re di Titano? Ovvio: sia per l’immenso potere che ha
ciascuna di esse, sia per il potere moltiplicato che acquisiscono una
volta riunite. Per questo Thanos dispone del Guanto dell’Infinito,
che dovrebbe raccoglierle tutte e sei.
La Pietra dello Spazio, contenuta
nel Tesseract (o Cubo Cosmico, per chi ricorda i fumetti di Capitan
America degli anni Settanta) è stata recuperata in Norvegia
durante la Seconda guerra mondiale da Johann Schmidt alias Teschio
Rosso (Hugo Weaving); maneggiata da questi con troppo noncuranza
nello scontro finale di Captain America – The First Avenger, la Pietra lo ha scagliato chissà dove nello spazio-tempo, prima di sprofondare nell’Atlantico. È stata recuperata dallo SHIELD (il servizio
segreto dell’universo Marvel) e il suo capo Nick Fury (Samuel L.
Jackson), alla fine di Thor l’ha affidata al professor
Selvig (Stellan Skarsgård)
perché la studiasse. Innescando così la catena di
eventi imprevedibili pilotata da Loki (Tom Hiddleston) in accordo con
Thanos (Damion Poitier), per favorire l’invasione aliena della
Terra fermata nella Battaglia di New York in The Avengers. La
Pietra è stata portata quindi ad Asgard e qui custodita fino al
Ragnarok, quando è stata ritrovata da Loki poco prima della
distruzione totale. Difficile che questi abbia resistito alla
tentazione di appropriarsene di nuovo, portandola con sé
nell’esodo degli asgardiani...
La Pietra della Mente si trovava
nello scettro di Loki, che se n’è servito in The Avengers
per controllare il professor Selvig e Clint ʻOcchio di Falco’
Barton. Caduta in mano all’Hydra (organizzazione creata a suo tempo
dal Teschio Rosso), è stata usata per conferire poteri ai
gemelli Pietro e Wanda Maximoff, che tuttavia sono passati dalla
parte dei buoni. Studiata da Tony ʻIron Man’ Stark e Bruce ʻHulk’
Banner (Mark Ruffalo), ha accidentalmente dato vita al malefico
Ultron (James Spader), per poi animare l’androide benevolo chiamato
Visione (Paul Bettany). La Pietra si trova ora sulla fronte di
Visione. Questi, entrato a far parte dei Vendicatori, ha una storia
d’amore nascente con la collega Wanda ʻScarlet Witch’ Maximoff
(Elizabeth Olsen), anche se in Civil War i due si sono trovati
da parti opposte della barricata.
La Pietra della Realtà, che
si manifesta anche sotto forma di Etere, è stata recuperata
dopo che in Thor – The Dark World è stata usata
nel tentativo di distruggere la Terra da parte di una delle razze
ribelli tenute sotto controllo per millenni dagli asgardiani.
Costoro, non fidandosi a conservare ad Asgard ben due Pietre
dell’Infinito – Spazio e Realtà – hanno affidato
quest’ultima al Collezionista (Benicio Del Toro), che la custodisce
fra i suoi trofei nella propria dimora sul planetoide Knowhere. È
lui a spiegare le origini delle Pietre e il loro potere ai Guardiani
della Galassia.
La Pietra del Potere è
rimasta a lungo indisturbata nel suo contentore, l'Orb, sul pianeta Morag. Fino a quando Thanos
(ora interpretato da Josh Brolin) ha deciso di impadronirsi
dell’intera collezione. Ha incaricato quindi di sottrarla il suo
affiliato Ronan (Lee Pace), mettendogli a disposizione le proprie
figlie adottive, le guerriere Nebula (Karen Gillan) e Gamora (Zoe Saldana). Ma
Ronan intendeva appropriarsene per distruggere il pianeta Xandar, con
cui aveva vari conti in sospeso; Gamora voleva invece venderla al
Collezionista; mentre il primo a rubarla è stato Star Lord (Chris
Pratt), anche se alla fine la Pietra finiva nelle mani di Ronan. È
così che nacquero i Guardiani della Galassia, che riuscirono a
evitare la distruzione di Xandar e affidarono la Pietra alle autorità
locali perché la custodissero.
La Pietra del Tempo è stata
ereditata e impiegata in modo brillante dal dottor Stephen Strange
(Benedict Cumberbatch) nel film a lui dedicato e si trova nel
medaglione che questi porta al collo, denominato Occhio di Agamotto.
Strange ha imparato a usarla con la consulenza più o meno
volontaria del bibliotecario Wong (Benedict Wong), assistente
dell’Antica (Tilda Swinton) di cui è divenuto l’erede come
Signore delle Arti Mistiche.
Quanto alla Pietra dell’Anima,
ancora non si sa dove si trovi, ma qualcuno potrebbe avere un
indizio... E da qui in poi, vi avviso, cominciano gli spoiler!
Libero spoiler, da qui in avanti,
anche se cercherò di moderarmi. Torniamo a quanto stavo per
dire, ma mi sono trattenuto, all’inizio del mio articolo precedente. Le reazioni a Infinity
War da parte del pubblico in sala sono di shock. L’ho visto
alla prima proiezione pomeridiana in una città spagnola, tra
ragazzi che indossavano magliette di Spiderman e Capitan America (io,
per non essere da meno, portavo quella con il logo dello SHIELD).
Ammutoliti e immobili, hanno seguito tutti i titoli di coda in attesa
di un barlume di speranza. Che in effetti arriva nella sequenza dopo
i titoli di coda, tenue e ancora non del tutto chiaro: il suo
autentico significato verrà precisato dall’imminente Captain
Marvel. Una ragazza, alzandosi infine per uscire, ha mormorato:
«Sto ancora tremando».
Non siamo infatti di fronte a una
situazione tipo L’impero colpisce ancora, in cui alla fine,
sì, Han Solo era stato catturato, ma gli eroi si accingevano
ad accorrere in suo aiuto, rassicurando gli spettatori per il
seguito. Qui siamo di fronte a una situazione come quella in cui
James Bond stringeva imbambolato il cadavere della moglie, mentre
Blofeld se ne andava libero di conquistare il mondo. In questo caso,
anche peggio, dal momento che l’obiettivo di Thanos è
purificare l’universo eliminandone metà degli abitanti.
Ciliegina sulla torta: il messaggio che alla fine di ogni film
promette il ritorno imminente di uno degli eroi visti in scena si
riduce stavolta a un lapidario Thanos will return. Perché
alla fine la sconfitta è totale e rimane in piedi quasi solo
lui.
Il conteggio delle vittime
comincia fin da subito, quando a conferma dei nostri timori
l’astronave che intercetta i profughi asgardiani risulta proprio
essere quella di Thanos. Mentre Heimdall spedisce al volo Bruce
Banner sulla Terra, Thor viene catapultato nello spazio e recuperato
dai Guardiani della Galassia, che danno il loro tocco di umorismo in
una situazione drammatica.
Ha inizio così una
singolare combinazione di squadre di eroi che combattono sulla Terra,
su Titano e su Knowhere per impedire a Thanos di completare la
collezione. Ma non è facile, perché una pista conduce il malefico alla finora introvabile Pietra dell’Anima, custodita da una
figura già nota (riconoscibile anche se ne è cambiato
l’interprete). Si arriva così alla grande battaglia finale
nel Wakanda, in cui il premio è la Pietra della Mente, che non
può essere rimossa dalla fronte di Visione senza ucciderlo...
a meno di realizzare per tempo una complessa operazione e distruggere
la gemma prima che sia troppo tardi.
In fondo è vero: pur
circondato da tutti gli eroi Marvel, è Thanos il vero
protagonista del film, il personaggio che ha maggiore spazio per
l’introspezione psicologica. Il suo obiettivo è così
importante da convincerlo a fare qualsiasi sacrificio personale, che
ovviamente costa la vita a qualcun altro.
Ed è una scelta coraggiosa
quella della Marvel di realizzare un film monumentale che interrompe
la storia nel momento della più completa e disperante débacle.
Ma siamo solo a metà di Infinity War e non va
dimenticato che le Pietre possono modificare Tempo, Spazio e Realtà
tanto per il peggio quanto per il meglio.
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