Vampiri tra noi! di Andrea Carlo CappiSabato 19 settembre 2020 dalle 19.00 al Belvedere (via Villa) di San Nicola Arcella (Cosenza) si celebra la serata del Premio Torre Crawford, in onore dello scrittore americano Francis Marion Crawford, che proprio nella località del cosentino ambientò il suo racconto più celebre, Perché il sangue è la vita del 1905 (qui sopra un'illustrazione d'epoca), pietra miliare nella letteratura sui vampiri. Di seguito Andrea Carlo Cappi, curatore dell'antologia ufficiale del Premio - intitolata appunto Perché il sangue è la vita - vi racconta il mito del vampiro e della sua storia nella cultura di massa.
I vampiri sono tra noi. Da sempre. Se ne trovano tracce in civiltà
antichissime. Dopotutto incarnano alcune delle paure ataviche
dell’uomo. Sono nosferatu, nachzehrer, esseri umani morti eppure
non-morti, portatori malsani di un’immortalità a rovescio
che, come gli zombie dei miti voodoo, fuoriescono nottetempo dalla
tomba per cibarsi dei vivi. Probabilmente la nascita del mito è legata al fraintendimento dei fenomeni di decomposizione, che provocano alterazioni del cadavere e persino suoni misteriosi dall'interno della bara, da cui l'ipotesi ascientifica dei masticatori di sudari. Possono essere generati da morti violente - come racconta F. M. Crawford - e in particolare dal suicidio. Sono associati alle pestilenze, che non a caso producono una grande quantità di corpi da smaltire, e anzi, ne sono ritenuti responsabili. Si legga in proposito il romanzo storico Il vampiro di Venezia di Giada Trebeschi, anche lei ospite del Premio Torre Crawford.
Si attribuisce loro la capacità di trasformarsi in
animali: originariamente in lupi, poi – forse per evitare il
conflitto giurisdizionale con i licantropi – in pipistrelli; è
probabile che la scoperta da parte dei conquistadores dei
pipistrelli succhiasangue del Nuovo Mondo abbia qualcosa a che fare
con l’introduzione del mammifero volante nel mito. Ma, se
l’immortalità e le metamorfosi possono in qualche modo
accomunare i vampiri agli dèi della mitologia, la loro
abitudine di nutrirsi di sangue, anche e preferibilmente umano, e la
loro possibilità di contaminare le proprie vittime
trasformandole in altri non-morti, fanno di loro l’incarnazione del
terrore che ci attende quando ignari e indifesi cadiamo preda del
sonno. I vampiri non si possono esporre alla luce del sole, quindi è di notte che vivono la loro non-vita e vanno a caccia di prede.
Con la letteratura gotica del XIX secolo – da Il
vampiro di John Polidori al
Dracula di Bram
Stoker – il
non-morto assume le caratteristiche che lo rendono uno dei principali
cattivi della narrativa. Il primo adattamento cinematografico di Dracula è
del 1922, venticinque anni dopo la pubblicazione del romanzo di
Stoker, quando senza pagare i diritti d’autore il regista tedesco
Murnau cambia il nome del personaggio in Orlok e gira
Nosferatu. Altri nove
anni e il conte approda a Hollywood, dove, prima del suo celebre
Freaks, Tod Browning
dirige Bela Lugosi in un Dracula
ufficiale che apre la stagione dei mostri della Universal Pictures. E voilà, il vampiro è servito: da quel
momento e per decenni (soprattutto nei film della casa di produzione
britannica Hammer, che recluta l'impeccabile Christopher Lee nel ruolo del conte) eleganti succhiasangue di nobili natali addentano il collo di giovani fanciulle.
In realtà, sottolinea il saggista Paul Barber nel suo Vampiri, sepoltura e morte, secondo la tradizione slava un vampiro autentico dovrebbe avere l'aspetto di un contadino grassottello e rubizzo, con gli umili vestiti ancora sporchi di terriccio. Niente pallidi nobiluomini seduttori in mantello nero. E poi, perché dovrebbero essere per forza di sesso maschile? Può essere una donna-vampiro a sedurre amanti malcapitati, come nel racconto di Crawford. E non è neppure detto che le prede debbano per forza essere di sesso opposto, come sottolinea Joseph Sheridan Le Fanu nel suo celebre Carmilla del 1872 (sotto un'illustrazione d'epoca) che avrebbe generato il ricco filone delle vampire lesbiche.
Ormai nel mito è incastonata anche una componente erotica più o meno
riconoscibile, che si proietterà nei romanzi di Anne Rice come in
quelli di Laurell K. Hamilton. C’è anche chi, per emulare
Dracula o Lestat, cerca di imitare i vampiri nella vita reale: si
legga in proposito l’interessantissimo Bloodlust - Conversations
with Real Vampires di Carol
Page. Senza contare i serial killer più o meno cannibali che
dalla cronaca nera passano a infestare letteratura e cinema,
usurpando i tradizionali territori del vampiro. Questa, tra l'altro, è la tematica della novelette di Cristiana Astori all'interno dell'antologia ufficiale del festival.
Nel
frattempo i fumetti anni Settanta della Marvel Comics (che oltre ad
adattare Dracula danno vita anche al cacciatore di vampiri Blade e allo scienziato vampiro mutato Morbius) hanno
generato i vampiri-supereroi: una nuova tipologia che, oltre che nella corrente stagione dei cinecomics, sullo schermo è stata rivisitata anche nella saga di Underworld, dove li abbiamo visti in guerra contro i
licantropi, confratelli proletari e molto meno trendy
nell’abbigliamento. Ogni tanto qualcuno si ricorda delle origini di
predatore del vampiro, ed ecco le feroci creature della trilogia Dal
tramonto all’alba di
Rodriguez & Tarantino.
Mentre al cinema il non-morto nella sua accezione originale ha popolato le pellicole di zombie contaminati - da George Romero a
Resident Evil - alle
nuove generazioni del XXI secolo il vampiro è stato invece presentato
come un teenager tenebroso che non si può esporre al sole
perché luccica di lustrini (mi
rendo conto: chiunque si vergognerebbe a uscire di giorno con la
pelle glitter). Così,
mentre le adolescenti di mezzo secolo fa ancora temevano le visite
notturne del Conte transilvano, le twilighters
del 2010 spalancavano gioiose le finestre sognando timidi giovanotti palliducci, senza sapere quali orrori le attendessero. Molto meglio l'affermazione del vampiro nero negli anni Settanta - un'epoca in cui non c'era bisogno di imporre l'inclusione per legge, bastava già il cinema blaxploitation - con i film di Blacula. E, a proposito di inclusione, ora porto l'acqua - anzi, il sangue, notoriamente più denso - al mio mulino e riprendo il discorso sulle vampire lesbiche.
Qualcuno ricorderà come il filone sia stato ripreso al cinema alla fine degli anni Sessanta e almeno fino agli anni Ottanta da registi come lo spagnolo Jess Franco (autore tra l'altro del classico Vampyros Lesbos/Las vampiras) o il francese Jean Rollin (a partire da La vampire nue). Inutile nascondere che l'elemento sessuale del mito vampiresco fosse un ottimo pretesto per esibire nudità femminili, ancora insolite per il grande schermo... in una parola, sexploitation. Ma va rammentato assolutamente il contesto storico di ribellione post-Sessantotto in cui venivano distribuiti questi film. In particolare, per Franco - che casualmente aveva lo stesso cognome del dittatore al potere nel suo paese - raccontare una storia di lesbiche nude e sessualmente libere era una sfida aperta alla repressiva mentalità vetero-cattolica, in un'epoca in cui un cinema come quello di Pedro Almodovar non poteva essere neanche minimamente immaginato.
Nello stesso periodo però anche nel nostro fumetto nazionale si avvertivano esigenze analoghe: libertà espressiva, ribellione alle convenzioni e alle censure di un'Italia democristiana e, s'intende, sfruttamento commerciale delle pulsioni erotiche adolescenziali. Dopo la stagione criminale dei fumetti 'con la K' sul filone inagurato da Diabolik & Eva Kant, arrivò quella del fumetto esplicitamente sexy, di cui le vampire (preferibilmente lesbiche) erano le protagoniste principali: Zora, Jacula, Sukia, per citare le testate più famose. Nel tempo sull'abbinamento eros & thanatos avrebbe prevalso l'elemento più esplicitamente porno, prima del tramonto del fumetto sexy, sopraffatto dalle più immediate videocassette hardcore.
Nondimeno, a mio avviso, il filone meritava una rilettura più consona ai nostri tempi, non necessariamente finalizzata a un fugace consumo onanistico. Non a caso il pubblico che più ha gradito i miei romanzi di Danse Macabre - pur dichiaratamente ispirata a quel cinema e a quei fumetti - non è costituito da maschietti arrapati ma da lettrici che, a giudicare dalle lusinghiere recensioni, vi hanno trovato una carica erotica e - forse - una visione del mondo a loro più prossima; inaspettatamente considerando che l'autore è di sesso maschile.
Ora i primi due romanzi del ciclo Danse Macabre, ovvero Le vampire di Praga e Sangue freddo, sono disponibili in un volume doppio edito da Excalibur, con doppia copertina, su entrambi lati con un'immagine della protagonista, interpretata dalla modella Délice la Rouge. Lo trovare in vendita nelle librerie Mondadori (dove lo potete ordinare, anche se alcuni vi racconteranno il contrario) e online su IBS, Mondadori Store, e Amazon. Chi passasse da San Nicola Arcella la sera di sabato 19 potrà acquistarlo sul posto: sarò lieto di fare una dedica.
Ma intanto non abbassate la guardia. Non lasciatevi ingannare o sedurre da vampiri o vampire al di fuori della letteratura o del cinema: in qualsiasi epoca, sono sempre belve pericolose dall’aspetto falsamente umano, che si
nutrono del nostro sangue. Fenomeni di un baraccone che ancora ci
spaventa e ci affascina, dopo tanti secoli. O
dovrei dire millenni?
Leggi anche gli altri post del Premio Torre Crawford:
-l'intervista a Giada Trebeschi
-l'intervista a Cristiana Astori
-l'intervista ad Andrea Carlo Cappi
-F.M. Crawford raccontato da Andrea Carlo Cappi
-il mito del vampiro raccontato da Andrea Carlo Cappi
-i vincitori dell'edizione 2020