giovedì 22 ottobre 2020

Roubaix, une lumiere (2019)

 


Recensione di Andrea Carlo Cappi

Roubaix, la città francese al confine con il Belgio che forma un nucleo metropolitano con altre località, come Lille e Tourcoing, ha conosciuto tempi gloriosi. Ma ora è in fase di decadenza e la sua popolazione – comprendente comunità di immigrati da Italia, Portogallo, Polonia, Nordafrica... – è sempre più povera e afflitta da una criminalità crescente. In questo scenario si trova a operare il Commisariat Central, di cui è a capo Yakoub Daoud, nato in Algeria e cresciuto a Roubaix, cui sono legati tutti i suoi ricordi e dove ora è l’unico rimasto della sua famiglia; tranne un nipote carcerato, che rifiuta di vederlo e lo odia a morte senza motivo apparente, forse solo per i loro due ruoli opposti di sbirro e delinquente. 

Daoud (Roschdy Zem, premio Lumières e premio César per questo ruolo) è la figura dominante di Roubaix, una luce di Arnaud Desplechin: un poliziotto solitario dai modi apparentemente gentili, ma impietoso quando si tratta di portare alla luce la verità, che si tratti di una tentata frode assicurativa o di un omicidio. Fa amicizia con l’ultimo arrivato della squadra, Louis Cotterelle (Antoine Reinartz), prete mancato dalla fede in crisi, deluso dalla difficoltà di risolvere i casi in un contesto del genere. 

Per esempio, l’incendio doloso di una casa abbandonata in un cortile di rue des Vignes porta un gruppo di poveracci di etnie assortite ad accusarsi a vicenda senza che la polizia cavi un ragno dal buco. E le uniche testimoni, le conviventi Claude (Léa Seydoux) e Marie (Sara Forestier), hanno troppa paura per parlare. Poi, nello stesso cortile, avviene l’omicidio di un’anziana signora. Poveri che uccidono per derubare altri poveri. Ma stavolta l’intuito di Daoud e le tecniche di interrogatorio della sua squadra portano alla soluzione del caso, una verità triste e una confessione agghiacciante. Ma anche a una luce nell’ombra della città.

Il film si potrebbe definire un police procedural a sfondo sociale, con un’indagine principale in parallelo ad altri casi, in chiave realistica: non a caso è basato su un vero caso di omicidio a Roubaix del 2002, ricostruito nel documentario televisivo Roubaix Commissariat Central (di Mosco Boucault, France 3, 2008). Nessuna concessione viene fatta a buonismi o stereotipi da telefilm. Persino Léa Seydoux, sciupata ad hoc, si presenta qui in un ruolo del tutto non-glamour tra un film di 007 e l’altro. Girato nel 2018 e presentato con buona accoglienza a Cannes nel 2019, questo polar social è arrivato nei cinema italiani nell’autunno 2020. E viene da chiedersi se in luoghi come Roubaix, in questo anno ancora più difficile, la luce si sia spenta di nuovo. 


sabato 17 ottobre 2020

Arsenio Lupin (2004)


Retrospettiva di Alby Bottecchia

Francia 1905: Arsène Lupin (o Arsenio nella versione italiana), interpretato da Romain Duris, è un ladro elegante, raffinato e pieno di risorse; figlio di un istruttore di savate  e di una nobile discendente dai reali di Francia, ha una profonda cultura, un debole per le belle donne ed è orgoglioso di non aver mai fatto del male a nessuno durante i suoi furti.

Durante una visita alla madre malata apprende che l'assassino del padre, mai identificato, le ha fatto visita riaprendo una ferita mai del tutto rimarginata nel cuore del giovane. L'arrivo di un drappello di gendarmi sulle tracce di Arsène e il pur debole tentativo della donna di difenderne l'integrità, le causano un infarto sotto gli occhi impotenti del figlio. Al funerale della madre, il ladro rincontra dopo dieci anni la cugina Clarisse, interpretata da Eva Green (The Dreamers, Casinò Royale 300: the rise of an Empire),  con cui inizia una relazione.

Purtroppo lo spirito irrequieto di Arsène e il desiderio di mettersi alla prova in nuove sfide lo allontaneranno dalla giovane donna (che rimarrà sempre nel suo cuore), mettendolo sulle tracce del tesoro dei re di Francia. Questo colpo porterà lo scaltro Arsenio a confrontarsi con due avversari spietati: la perfida quanto affascinante Josephine de Cagliostro, interpretata da Kristin Scott-Thomas (Il Paziente Inglese, Mission: Impossible) e il subdolo agente governativo Beaumagnan, che sembra conoscerlo meglio di chiunque altro.

Dall'opera di Maurice Leblanc (in particolare il romanzo La contessa di Cagliostro) un film di Jean-Paul Salomé passato un po' troppo inosservato - in Italia è uscito direttamente in dvd - ma avvincente ed entusiasmante, fra travestimenti, fughe, passioni e duelli a mani nude. Fate attenzione: Arsenio Lupin potrebbe essere chiunque...

lunedì 12 ottobre 2020

La Mano Nera: Petrosino e la giustizia all'italiana



Recensione di Alby Bottecchia

New York, 1907: a Manhattan non è facile essere italiani.  Considerati solo una delle tante minoranze che popolano la più cosmopolita delle metropoli statunitensi, gsono guardati con sospetto e diffidenza dall'élite anglofona a causa della loro difficoltà di integrazione. Per loro è difficile rinunciare a lingua e usanze della terra di origine. 

Quando l'organizzazione mafiosa nota come Mano Nera comincia a flagellare il quartiere di Little Italy con ricatti, estorsioni, omicidi e sequestri di minori , l'allora membro del consiglio di polizia di New York, Theodore Roosevelt, sfrutta la sua considerevole influenza per attuare il piano di un vecchio amico.

Joe Petrosino è un tenente della polizia di New York di origine sicula, tanto sagace quanto duro e implacabile nei confronti dei criminali; asso del travestimento, ha una mira micidiale ed è un esperto di combattimento a mani nude. 

L'idea tanto semplice quanto geniale è di costituire una squadra composta per la maggior parte da italo-americani il cui obiettivo principale sarà fermare l'espansione criminale della mano nera, il team è composto da: Maurice Bonoil, Antonio Vachiris, Hugo Cassidy, Peter Dondero, John Lago-Marsino, George Silva e Giuseppe Corrao.

Oltre a contrastare i piani della Mano nera (in particolare un tentativo di estorsione ai danni del tenore Enrico Caruso sventato roccambolescamente), la squadra si dovrà occupare anche del feroce serial killer noto come lo Scotennatore, cosi chiamato per le feroci mutilazioni che infligge alle sue vittime.

Sceneggiatore e disegnatore, Onofrio Catacchio (ColiandroNathan Never) rende omaggio alla figura di Joe Petrosino, autentica leggenda investigativa italo- americana - qualcuno ricorderà i romanzi di Secondo Signoroni e lo sceneggiato tv con Adolfo Celi - con un giallo degno di una sceneggiatura cinematografica. Una graphic novel della collana Le Storie di Sergio Bonelli Editore, di prossima ripubblicazione in volume.


giovedì 8 ottobre 2020

Il suo nome è... Mister Noir



Presentazione di Andrea Carlo Cappi

È curioso come ci siano giovani autori che rimangono giovani autori anche con il passare degli anni. Ho conosciuto Sergio Rilletti a una delle serate di intrattenimento letterario organizzate da Andrea G. Pinketts; eravamo negli anni Novanta e il luogo di incontro era una cantina, praticamente una cripta accessibile solo mediante una stretta scalinata. Il trionfo delle barriere architettoniche, specie per uno scrittore affetto da tetraparesi spastica che si muove su una sedia a rotelle Ma - come avrei scoperto presto - una delle caratteristiche di Sergio è quella di riuscire ad arrivare dappertutto. In seguito ci scambiammo messaggi via email, lessi un breve racconto autobiografico che aveva pubblicato su una rivista e imparai due cose su di lui: che è dotato di un’autoironia stupefacente (se usata da altri sarebbe politicamente scorretta, ma lui ne ha licenza) e che ha una sorprendente capacità di mettersi nei guai... e uscirne. In pratica, avevo conosciuto anche il suo lato Mister Noir

Così anni dopo, quando Sergio era già uno degli autori abituali della testata di cui ero direttore editoriale, M-Rivista del Mistero, e mi propose una serie imperniata su un detective al tempo stesso abilissimo e disabile, sapevo dove sarebbe andato a parare. Non mi avrebbe dato storie strappalacrime da talk show e nemmeno una banale imitazione del Lincoln Rhyme di Jeffery Deaver; bensì racconti - anzi, quasi sempre veri e propri romanzi brevi - pieni di humour, con un gusto che richiama una serie tv degli anni Sessanta cui siamo entrambi affezionati, Agente speciale. C’è naturalmente un po’ di Ironside, il poliziotto in sedia a rotelle di un’altra classica serie tv di quegli anni; e c’è anche un po' del caratteraccio di Nero Wolfe, con la differenza che Mister Noir è un uomo di azione, non un sedentario come il personaggio di Rex Stout. Ma c’è soprattutto la libertà assoluta di passare attraverso ogni genere del thriller, dalla detection classica al racconto hardboiled, compreso un pizzico di X-Files

Perché Sergio Rilletti vuole divertire i suoi lettori con storie che, prima di tutto, lui stesso si diverte a scrivere. Il che è fondamentale, per un autore che si propone di intrattenere i lettori e nel frattempo, con molta leggerezza, li induce a riflettere su questioni che per lui e il suo personaggio sono di vita quotidiana. Nel divertimento c’è, insomma, anche qualcosa da imparare, senza che lo scrittore pretenda di insegnare. Lo dimostra questo nuovo volume edito da Oakmond Publishing, che raccoglie non solo le storie apparse su M-Rivista del Mistero e altrove, non solo quelle pubblicate da Cordero Editore nel 2014 nell'antologia del decennale, ma anche qualche inedito assoluto.

Da dove arrivi Mister Noir e quali siano il suo passato e il suo vero nome, anche se a suo dire quello di battesimo è... Mister, rimane tuttora un segreto: forse il personaggio non lo ha ancora rivelato nemmeno al proprio biografo ufficiale. Ma si tratta di un raro caso in cui lo scrittore condivide il destino dei propri personaggi seriali: non invecchia. Sergio Rilletti continua a essere un giovane autore che scrive oggi con lo stesso entusiasmo di quando ha cominciato.

Mister Noir di Sergio Rilletti (Oakmond Publishing, 430 pagine, in cartaceo 16,50 euro, in ebook 4,99 euro, gratis per Kindle Unlimited) è in vendita su Amazon.

Blog, pulp e storie

C. E. Perugini A Girl Reading, 1878

Backstage di Andrea Carlo Cappi

Novità: scopri anche il blog Kverse - Il mondo thriller di A. C. Cappi

Salve a tutti. Il crescente interesse verso i due blog di cui sono il curatore ha richiamato l'attenzione di Hollywood Party, il programma dedicato al cinema di RAI RadioTre di cui sono stato spesso ospite, che ha dedicato loro parte della puntata del 7 ottobre 2020 (potete ascoltarla a questo link), partendo dalla sezione che li accomuna, i miei articoli di Vita da pulp. Dal momento che chi segue questi blog dal cellulare attraverso i social network forse non sa cosa venga pubblicato sull'uno e cosa sull'altro, ho pensato di fornirvi le istruzioni per l'uso e una mappa per orientarvi.

Borderfiction Zone (a questo link) - Nasce dalla webzine Borderfiction fondata alla fine del 2010 da Giancarlo Narciso e di cui sono diventato subito direttore editoriale, grazie anche alla mia esperienza sulle pubblicazioni cartacee G-La Rivista del Giallo (dal 1998 al 1999) e M-Rivista del Mistero (dal 2000 al 2008). Dal 2017 la webzine è trasmigrata su blogspot, continuando a occuparsi di zone oscure e narrativa della tensione, sotto forma di letteratura (scritta e disegnata) e cinema di genere. Tra le collaborazioni, la firma prestigiosa di Claudia Salvatori e il talento esplorativo di Alby Bottecchia. In queste pagine riassuntive potete trovare i link ai singoli articoli su novità e retrospettive:

La pagina dei libri

La pagina dei fumetti

La pagina del cinema

Borderfiction è in realtà un progetto più ampio, che comprende una serie di eventi svoltisi tra il 2011 e il 2019 (soprattutto nelle sale dell'Admiral Hotel di Milano), la collaborazione a manifestazioni culturali come il Premio Torre Crawford e un marchio editoriale.

Il Rifugio dei Peccatori (a questo link) - Nasce nel 2015 dalla mia collaborazione con il poeta e scrittore Fabio Viganò e, oltre a nostri interventi su cronaca, cultura e società, include sue poesie inedite, miei racconti e la mia serie di articoli che ha attirato l'attenzione di RadioTre, dal titolo Vita da pulp, basato su trent'anni di esperienze come autore, con osservazioni sulla narrativa e consigli agli aspiranti scrittori. Per qualche tempo ha ospitato anche la prima stagione di un serial narrativo di Fabio Viganò, Nome in codice: Fritz, poi pubblicata in volume e non più disponibile online; il mio compagno di blog, che da lungo tempo opera nel campo sanitario, ha anche pubblicato una serie di saggi sui disturbi pischiatrici dal titolo Un pizzico di follia. Apparso su blogspot nell'intervallo di assenza di Borderfiction, ora Il Rifugio dei Peccatori vive in simbiosi con l'altro blog, con frequenti scambi di collegamenti. Qui i link alle sezioni principali:

Vita da pulp, di Andrea Carlo Cappi

Le poesie, di Fabio Viganò

Il racconto del venerdì, di Andrea Carlo Cappi

Un pizzico di follia, di Fabio Viganò

Aggiornamento: è arrivato anche il blog Kverse - Il mondo thriller di A. C. Cappi dedicato alle serie noir e spionistiche firmate Andrea Carlo Cappi e François Torrent.


ll mio consiglio è quello di sfogliarli virtualmente e perdervi tra articoli recenti e passati, scoprendo libri, film, booktrailer, riflessioni, personaggi e storie dietro le storie. Buona lettura.


mercoledì 7 ottobre 2020

Premio Torre Crawford - L'album 2020

Note di Andrea Carlo Cappi
Fotografie di Anna Telepova e Andrea Carlo Cappi

Foto A. C. Cappi

La sera di sabato 19 settembre al Belvedere di San Nicola Arcella (Cosenza) si è tenuta la prima edizione del Premio Torre Crawford, celebrando l'incontro tra la bella cittadina e lo scrittore americano F. M. Crawford, nato e vissuto a lungo in Italia, che qui risiedeva nell'antica torre spagnola che avrebbe preso il suo nome. L'idea era partita oltre un anno prima da Matteo Fazzolari e Cosimo Gentile, che mi coinvolse data la mia esperienza in premi ed eventi letterari. Dato che Crawford ambientò proprio qui un suo racconto, divenuto un classico della letteratura sui vampiri, ho scelto di impostare la prima edizione proprio sul tema del sangue (non esclusivamente sui vampiri) riprendendo il titolo dello scrittore. Lanciato il bando di concorso con l'intenzione di svolgere l'evento in un weekend di giugno, abbiamo dovuto fare i conti con la pandemia, riuscendo però a realizzare l'antologia del Premio, pubblicata da Oakmond Publishing e a concentrare gli eventi, organizzati in collaborazione con la Pro Loco, in un'unica serata di settembre.


Come ha sottolineato nel corso della serata l'esperto di Crawford e membro della Pro Loco Giuseppe Solano, lo scrittore americano è ricordato soprattutto per i suoi racconti gotici, ma la sua produzione letteraria è molto più estesa e non adeguatamente ricordata. Contiamo di esplorarla nelle prossime edizioni del Premio.

Giuseppe Solano, foto: A. Telepova

Andrea Carlo Cappi, foto: A. Telepova


La serata, condotta da me, ha avuto inizio con la premiazione degli autori selezionati per l'antologia: sono stati citati tutti, anche se ne erano presenti solo tre: Luca Notarianni (sesto classificato), Claudio Bovino (terzo) e Marco Marinoni (secondo).




Foto: A. Telepova

A seguire una versione speciale dello spettacolo Sulla pelle del diavolo, scritto e interpretato da Giada Trebeschi e Giorgio Rizzo (qui anche regista oltre che musicista) in cui la performance sul rapporto uomo-donna nei millenni è stata declinata nella chiave di Eros e Thanatos.




Foto: A. C. Cappi





Foto A. Telepova

Dopo lo spettacolo gli ospiti si sono riuniti per una discussione sul tema Paura: ieri, oggi e domani. Erano presenti Cristiana Astori, celebre autrice di horror e thriller, e invitata speciale nell'antologia con un suo racconto; Giada Trebeschi - autrice di romanzi storici come Il vampiro di Venezia e La bestia a due schiene in cui la paura è molto presente - Giuseppe Solano e Rosario De Sio - autore del saggio Chi ha paura di H. P Lovecraft?.


Rosario De Sio e Cristiana Astori



Foto: A. Telepova

L'ultima parte della serata è stata dedicata allo spettacolo di Alma Dance, rinomata scuola di danza di San Nicola Arcella, i cui giovani allievi si sono esibiti con un suggestivo make-up sulla musica eseguita dal vivo da Carmelina Colantonio e Luca Longo. Ne vedete alcuni momenti nelle fotografie di Anna Telepova.








Viviamo in tempi non solo di paura ma anche di assoluta incertezza. Contiamo tuttavia che questa prima edizione del Premio Torre Crawford sia giusto l'inizio di una serie di appuntamenti annuali non solo con l'opera di un grande scrittore, ma anche in generale con la letteratura e la cultura vissute come intrattenimento. Stiamo già pensando alla prossima edizione...

Rizzo, Gentile e Fazzolari, Foto: A Telepova

Astori, Cappi, Trebeschi, Bovino. Foto: A.Telepova

Rosario De Sio. Foto: A, C, Cappi

Astori e Trebeschi. Foto: A. C. Cappi

Giorgio Rizzo. Foto: A. C. Cappi

Fazzolari e Gentile. Foto: A. C. Cappi


Murales dedicati a Crawford. Foto: A. C. Cappi

Foto: A. C. Cappi



 

martedì 6 ottobre 2020

Segretissimo: 60 anni di eroi nell'ombra


Percorso di Andrea Carlo Cappi

Sessant’anni fa lo staff de Il Giallo Mondadori si accorse che tanto in Francia quanto nel mondo anglosassone si stava sviluppando sempre di più la variante del thriller chiamata spy-story, che per raccontare le sue vicende si agganciava alla realtà politica internazionale del momento: la Guerra Fredda, nella fattispecie. Così, sul modello di analoghe edizioni francesi, nell'ottobre del 1960 Mondadori diede vita a una nuova testata con lo stesso formato del Giallo, destinata anch’essa alle edicole – canale vitalissimo ai tempi e ancora fondamentale oggigiorno – che in qualche caso avrebbe superato nelle vendite la sorella maggiore. Era nato Segretissimo, che dopo sei decenni di vita è forse l'unica collana al mondo interamente dedicata alla narrativa di spionaggio. E da oltre vent'anni è anche la nuova frontiera del thriller italiano.

Prima dell'ottobre 1960, le occasionali storie di spionaggio rientravano nella tradizionale collana mondadoriana del Giallo settimanale, rinata nel dopoguerra. Per esempio quelle firmate da Peter Cheyney, già padre dell’agente federale Lemmy Caution portato in quegli anni sullo schermo da Eddie Constantine. Da una delle spy-story del romanziere britannico (pubblicata in italiano come A colpi di mitra) fu tratto il film Corriere diplomatico con Tyrone Power. Cheyney era uno degli autori hardboiled di punta de Il Giallo Mondadori degli anni Cinquanta, tanto che alla sua morte la vedova concesse al direttore Alberto Tedeschi l’autorizzazione a farne completare un romanzo incompiuto, lavoro che (se la memoria non mi inganna) venne affidato allo scrittore Franco Enna.

Ma con gli anni Sessanta la proposta di narrativa spionistica era tale da indurre Mondadori alla creazione di una nuova collana dedicata al sottogenere e accompagnata da notizie di cronaca internazionale sull'argomento. Segretissimo fu inaugurato con una grafica innovativa e le sofisticate illustrazioni di Ferenc Pinter su fondo nero; poi venne ripreso – sempre su fondo nero – lo stile de Il Giallo Mondadori: il cerchio rosso contenente un’illustrazione di Carlo Jacono, che già realizzava le copertine per l'altra collana. La nuova pubblicazione, inizialmente mensile poi settimanale, raggiunse presto le centinaia di migliaia di copie vendute per ogni numero: di fatto si trattava ogni volta di un colossale bestseller, malgrado la permanenza in edicola fosse di una sola settimana. E non c'è da stupirsi.

Anche se si trattava quasi sempre di narrativa pulp nel senso pressoché etimologico del termine (azione e avventura a basso prezzo in formato rivista), anche se non sempre gli autori e i traduttori avrebbero potuto essere in lizza per il Nobel, e anche se l'orientamento degli scrittori era spesso fin troppo occidentale e atlantico a ogni costo (esiste persino la leggenda che fosse la CIA a finanziare le avventure di Nick Carter, erede spionistico del classico detective americano nato a fine Ottocento) i personaggi di Segretissimo avevano in ogni caso il pregio di raccontare sotto forma di romanzo la realtà di quegli anni. In presa diretta.

Certo, era facile criticare il contenuto ideologico di molti romanzi o disprezzare la forte componente erotica che entrò in alcuni romanzi (soprattutto quelli di De Villiers) a partire dagli anni Settanta-Ottanta. D’altra parte il sesso è sempre stato una delle armi principali nel mondo dei servizi segreti (ne ho parlato ampiamente nel mio libro di non-fiction Le grandi spie: basta pensare a Mata Hari, Marthe Richard, Christine Keeler...) quindi è inutile fingere che non esista. Tant'è che negli anni Sessanta le meravigliose copertine dipinte de Carlo Jacono, per quanto assai poco esplicite, furono oggetto di sequestro da parte di solerti pretori, che misero anche i sigilli allo studio dell'artista. Qualche anno dopo, vedendo censurata preventivamente in redazione una delle sue immagini più scottanti, Jacono nascose il corpo nudo di una ragazza dipingendovi sopra il vetro opaco di una cabina-doccia e annotò a margine della tavola l’invito, nel caso la correzione non fosse bastata, a chiamare un esorcista.

I primissimi romanzi pubblicati furono tutti opera del francese Jean Bruce, dalla fortunata serie OSS 117, che in italiano diventava misteriosamente OS 117: forse, più che con l’OSS, il servizio segreto USA degli anni Quaranta da cui proveniva il protagonista, si temeva un’associazione di idee dei lettori italiani con le SS, che avevano lasciato una scia di morti e un pessimo ricordo soltanto di quindici anni prima. Il personaggio del principe pirata Hubert Bonisseur de la Bath era nato nel 1949, opera dell’ex-agente segreto antinazista Jean Brochet, che aveva adottato come nom de plume il cognome di un collega americano. Il suo personaggio precedeva di quattro anni l’agente 007 James Bond di Ian Fleming e le storie cambiavano formula di volta in volta: in prima persona, in terza, in prima persona alternata di vari personaggi, più scherzose o più serie a seconda dell’umore di Bruce. Il cinema cominciò ad appropriarsene negli anni Cinquanta, ma fu soprattutto dopo il successo dei film di 007 che OSS117 ebbe spazio sul grande schermo. Di recente è stato ripreso in chiave umoristica in due brillanti pellicole con Jean Dujardin (e se ne aspetta da tempo una terza). Alla morte prematura di Bruce la saga fu proseguita prima dalla moglie Josette e poi dai figli.

Su Segretissimo apparvero poi avventure spionistiche firmate da alcuni degli autori più famosi de Il Giallo Mondadori (James Hadley Chase, Rex Stout, Ellery Queen, Brett Halliday, per dirne alcuni), ma la parte del leone continuarono a farla le serie. Da quella di Francis Coplan, agente FX18, di Paul Kenny (pseudonimo degli autori belgi Van den Pahuyse & Libert), che iniziò nel 1953 ed ebbe alcune versioni cinematografiche, a quella tuttora di enorme successo di Sua Altezza Serenissima (SAS) Malko Linge di Gérard De Villiers, inaugurata dopo la morte di Fleming nel 1964, perché il suo editore francese non voleva restare a corto di bestseller spionistici.

Oltre a quelle francofone, c’erano naturalmente le serie in lingua inglese: dagli USA Nick Carter, firmata da un pool di autori sotto lo pseudonimo collettivo di... Nick Carter; Matt Helm di Donald Hamilton, che ebbe versioni cinematografiche umoristiche con Dean Martin e più serie in tv (ma nei panni di investigatore privato), con Anthony Franciosa; Sam Durrell di Edward S. Aarons; Phil Sherman di Don Smith; Domino di John Tiger, ispirata alla memorabile serie tv Partita a due; Gli acquanauti di Ken Stanton, che faceva concorrenza a Clive Cussler per le ambientazioni subacquee.

E dalla Gran Bretagna Jonas Wilde, l’eliminatore di Andrew York; e Boysie Oakes, il Liquidatore di John Gardner, e il dottor Jason Love di James Leasor, che ebbero entrambi divertenti trasposizioni sullo schermo. Il capostipite James Bond – che secondo un testimone sarebbe stato rifiutato dallo storico direttore de Il Giallo Mondadori, Alberto Tedeschi, poi redarguito per il tragico errore dal signor Mondadori stesso – approdò nella collana molto più tardi, con i sequel scritti da John Gardner e dall’ottimo Raymond Benson. Ma non mancavano numerosi romanzi singoli, tra cui alcuni veri gioielli del sudafricano Desmond Bagley, e persino spy-story di altre nazionalità. Infine, negli anni Ottanta, arrivarono anche i primi autori italiani senza pseudonimo, Remo Guerrini Andrea Santini.

La fine della Guerra Fredda nel 1989 ha fatto pensare ad alcuni che la testata fosse destinata all’estinzione, come ormai avrebbe dovuto essere tutta la narrativa di spionaggio. Ma il mercato e la Storia hanno smentito tutte le previsioni in tal senso. Segretissimo si è trasformato ed è rimasto per una ventina d’anni più un libro da edicola che una rivista, pur riprendendo presto l’abitudine dei contenuti speciali, in particolare il racconto in appendice. Per qualche tempo è stato anche meno riconoscibile, senza la sua grafica tradizionale. Ma poi il classico cerchio rosso ha ripreso a campeggiare in copertina e infine dalla primavera del 2012 la collana ha di nuovo cambiato formato, portandosi a una versione più moderna e compatta di quello originario.

Così, nonostante tutti i prodotti da edicola abbiano diminuito le vendite, la testata si è rilanciata e oggi continua a vendere migliaia e migliaia di copie, sia della collana mensile di inediti, sia degli speciali, sia della collana mensile parallela che alterna riedizioni (a volte anche ritradotte) della serie che per oltre mezzo secolo si è dimostrata di maggiore successo, SAS di Gérard De Villiers.

Oggi proprio gli italiani – alcuni dei quali, me compreso, sono celati sotto pseudonimi stranieri, anche se lo speciale Legion del 2008 ne ha rivelati parecchi – sono tra le presenze più importanti: la serie Il Professionista di Stephen Gunn, pseudonimo ormai noto di Stefano Di Marino, è anzi quella di maggior successo dopo SAS, tanto da allietare i suoi seguaci anche con la collana di speciali Il Professionista Story, contenente due romanzi a numero, che propone non solo riedizioni ma anche storie inedite che si inseriscono tra un’avventura e l’altra, raccontando la saga in ordine cronologico. Ai sessant’anni di Segretissimo corrispondono anche i venticinque anni de Il Professionista, festeggiati con uno speciale giunto in edicola proprio nell'ottobre 2020.

Un libro che resta in vendita un mese in edicola (un paio di mesi gli speciali) e vende così tanto, per il mercato italiano ha oggettivamente più successo della maggior parte dei volumi pubblicati in libreria, la cui vita media non è poi molto più lunga e la visibilità dura ancora meno. Solo che è un successo non misurato dal mondo editoriale e dalla critica. Bestseller non riconosciuti, di cui metodicamente non si parla. Per fortuna i lettori rimangono fedeli e altri se ne aggiungono, grazie alle forme di comunicazione sorte in questi anni: dal blog di Segretissimo all’ingresso della collana nel mondo degli e-book.

Per quale motivo il successo di Segretissimo perdura, nonostante i suoi detrattori? Intanto, come ha insegnato la severa lezione dell’11 settembre 2001, «lo spionaggio non è morto, ha ancora molto da raccontare» (parole di John Le Carré). E poi perché di fronte a una letteratura thriller, gialla o noir da libreria spesso ripetitiva, Segretissimo continua a proporre un genere che è invece in incessante evoluzione e ha da tempo abbandonato i piacevoli ma datati cliché di un tempo. Chi non legge questi libri può anche divertirsi a bollarli come seriali e di nicchia (queste invece sono parole dell’ufficio marketing di una casa editrice fallita poco dopo averle pronunciate, segno che di editoria ne capivano, vero?) E la critica può anche cercare di ignorare il fenomeno, considerandoli libretti facili e di scarso valore... non certo opere di veri autori noir. Giusto?

Sbagliato. Perché il noir, per usare una parola oggi abusata, nasce dal giallo, che a sua volta è letteratura di intreccio. Quindi deve avere sia l’atmosfera, sia una trama solida e coerente che spinga il lettore a vedere come va a finire (Dashiell Hammett insegna, si pensi a un capolavoro di denuncia socio-politica come Piombo e sangue!)

Perché un romanzo che appartiene di diritto a un genere popolare deve avere anche una forte componente di intrattenimento, deve dare emozioni; e solo in questo modo, se l’autore desidera anche trasmettere un messaggio o semplicemente dipingere determinate situazioni internazionali, il lettore è in grado di coglierle appieno. Stephen Gunn predisse la svolta di al-Qaeda poi realizzatasi nel 2001 e François Torrent (il mio alias) annunciò con oltre un anno d’anticipo l’arrivo dell’ISIS. Dunque certi libri andrebbero letti con particolare attenzione.

Perché scrittori di questo genere non ci si improvvisa: si può credere di poter scrivere un giallo (per poi nobilitarlo con la parola noir) dopo aver visto un paio di fiction tv, o un thriller dopo aver letto un paio di storie di serial killer, anche se le differenze tra prodotti originali e prodotti imitativi si vedono. Ma non basta aver visto un paio di film di 007 per poter produrre una vera storia di spionaggio.

Perché, infine, in Italia c’è una tradizione epica cominciata da Emilio Salgari, il quale, romanzando vicende reali che andavano dalla Malesia al Sudan, di fatto era l’autore di Segretissimo di quegli anni; e non va dimenticato anche il nostro cinema di genere, ora tanto amato da Tarantino e dai suoi colleghi. Una tradizione di cui non si parla, per ignoranza e disattenzione, ma che si è rivitalizzata proprio con gli autori italiani di Segretissimo. E tutto questo, anche rispetto agli amati e documentatissimi romanzi pulp-spionistici degli anni Sessanta-Settanta, rappresenta un notevole passo avanti tanto per Segretissimo quanto per tutta la letteratura di genere.





Isaac Bell: la giustizia ha classe



Osservazioni di Alby Bottecchia

Isaac Bell è una leggenda: discendente di una stimata famiglia di banchieri ha un'ottima educazione( ha studiato a Yale), un'ottima tecnica di combattimento, frutto della militanza nella squadra di boxe del suddetto college, una mira incredibile e un'agilità fuori dal comune; a questa abilità si aggiungono delle spiccate capacità deduttive e un acuto senso di giustizia che lo rendono un detective infallibile e il flagello di ogni tipo di criminale. Pertanto è l'uomo di punta della celeberrima Van Dorn Detective Agency, il cui capo Joseph Van Dorn è suo mentore e confidente.

Negli Stati Uniti degli anni Dieci e Venti del secolo scorso, Isaac si trova ad affrontare ogni tipo di fuorilegge: dai rapinatori di banche ai sabotatori, dalle spie straniere ai magnati corrotti, dai contrabbandieri di alcolici ai sabotatori. Isaac è affiancato nelle sue indagini dal collega e migliore amico Archie Abbott e dalla fidanzata Marion Morgan, un'affascinante quanto grintosa biondina decisa a farsi strada nella nascente industria cinematografica.

Dopo le saghe dedicata all'archeologo-avventuriero Dirk Pitt e a quelle di altri personaggi dello stesso universo, il recentemente scomparso Clive Cussler (coadiuvato dallo scrittore Justin Scott) ha creato la sua serie migliore mescolando detective story, hardboiled historical novel con un personaggio grintoso, affascinante ed ironico.

Gli episodi della serie, pubblicati in Italia da Longanesi con cadenza annuale, sono finora:
1. Il cacciatore,
2. Sabotaggio,
3. Intrigo,
4. Fuga,
5. In mare aperto,
6. Attentato,
7. Il contrabbandiere

lunedì 5 ottobre 2020

Chinatown (1974)


Retrospettiva di Alby Bottecchia

Los Angeles 1937: Jake Gittes, interpretato da Jack Nicholson (Easy Rider, Qualcuno volò sul nido del cuculo, Batman, The Wolf), è un detective privato specializzato in divorzi e adulteri. Viene  assunto dalla moglie di un importante funzionario del dipartimento idrico-energetico di Los Angeles per provare una presunta infedeltà. Sembra un incarico come tanti altri, sennonché poco dopo aver accettato il lavoro, si presenta nel suo ufficio Evelyn Mulwary, interpretata da Faye Dunaway (Gangster Story, Il caso Thomas Crown, I tre giorni del Condor), vera moglie dell'ingegnere, morto in circostanze misteriose. Assunto da Evelyn, Gittes comincia a indagare scoprendo un legame tra la scomparsa di Mulwary e il suo rifiuto a collaborare al progetto di una diga.

Le indagini portano Jake a incrociare il cammino del bieco quanto facoltoso Noah Cross, interpretato dal regosta John Huston (Il mistero del falco) in una delle sue numerose apparizioni come attore. Noah è il padre di Evelyn e con lei condivide con l un disturbante segreto. Il detective si renderà amaramente conto che sapere  la verità non sempre equivale a fare giustizia e che i rimpianti più dolorosi sono quelli di chi rimane ad assistere al trionfo del male, pur avendo avuto tra le mani l'artefice di un crimine.

Nel 1974 Roman Polanski (regista e guest star nel ruolo di un sicario) e Robert Towne (sceneggiatore) confezionano la loro lettera d'amore al cinema noir con un film cupo, amaro ma al tempo stesso ironico, avvincente e imprevedibile fino all'ultimo fotogramma. Nicholson rilegge i detective interpretati da Humprey Bogart scalfendone l'invincibilità (Jake è più un incassatore che un picchiatore), ma restituendone intatti arguzia e umorismo.

Forget it, Jake. It's Chinatown.

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