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mercoledì 30 agosto 2023

Festival Torre Crawford - 1, 2, 3 settembre 2023

Illustrazione di Roberta Guardascione

Torna il Festival Torre Crawford
San Nicola Arcella (Cosenza), 1-2-3 settembre 2023

Gli eventi
Per il quarto anno consecutivo, il Festival Torre Crawford organizzato da Torre Crawford APS porta a San Nicola Arcella (Cosenza) un fine-settimana di eventi letterari fuori dagli schemi, ispirato a Francis Marion Crawford, anticonformista romanziere americano nato in Italia, che tra XIX e XX secolo proprio qui scrisse molte sue opere, nella torre che ora porta il suo nome. Gli eventi, tutti a ingresso libero, si svolgono al Belvedere di San Nicola Arcella (sabato 2, ore 19.30) e presso il Caffè Le Mele (venerdì 1 ore 19,00, sabato 2 e domenica 3 ore 18.00, via Nazionale 48).
Sotto il programma completo.

"Uomo in mare!", illustrazione di Roberta Guardascione

Gli ospiti
Partecipa al Festival Pasquale Ruju, scrittore e sceneggiatore, che parla delle sue esperienze come autore di fumetti italiani di culto quali Tex e Dylan Dog, e del romanzo a più mani Youthless-Fiori di strada (Harper Collins). da lui scritto insieme a Massimo Carlotto e altri. Valentina Di Rienzo, rivelazione della narrativa noir, presenta il suo L’esigenza di uccidere (Morellini). E non manca Marco Marinoni, che fa tappa al Festival con il tour per il nuovo giallo L’origine del male (Mursia). Anche quest’anno gli eventi sono condotti dallo scrittore Andrea Carlo Cappi, noto per la sua carriera trentennale come autore di thriller, ma anche di storie di eroi dei fumetti come Martin Mystère e Diabolik.

"Torre Crawford", illustrazione di Roberta Guardascione

Il Premio e l’antologia
Sabato 2 settembre alle 19.30 al Belvedere di San Nicola Arcella (ingresso libero) avrà luogo la cerimonia del Premio Torre Crawford 2023, con la presentazione dell’antologia annuale: Uomo in mare! (edita da Torre Crawford APS) contenente l’omonimo romanzo breve di F. M. Crawford in una nuova traduzione del curatore A. C. Cappi; il racconto Il sogno dello squalo del maestro italiano dell’avventura Stefano Di Marino e le storie inedite selezionate al concorso letterario di quest’anno. Saranno assegnati il Premio Torre Crawford, così come il premio “E io lo dico a Pinketts!” e il premio “Il Prof”, in memoria rispettivamente degli scrittori Andrea G. Pinketts e Stefano Di Marino.

"Under Water", illustrazione di Roberta Guardascione

Il programma

Venerdì 1 settembre
-ore 19.00 Caffè Le Mele (v. Nazionale 48, San Nicola Arcella)
Presentazione del Festival Torre Crawford 2023
con Andrea Carlo Cappi e gli organizzatori

Sabato 2 settembre
ore 18.00, Caffè Le Mele (v. Nazionale 48, San Nicola Arcella)
-Pasquale Ruju presenta il romanzo Youthless-Fiori di strada (Harper Collins) di Carlotto-Rinaldi-Acciai-Ruju-Torre
-Valentina di Rienzo presenta il suo romanzo L’esigenza di uccidere (Morellini)
ore 19.30, Belvedere di San Nicola Arcella
-Cerimonia del Premio Torre Crawford, con i vincitori; partecipano Valentina Di Rienzo, Marco Marinoni, Pasquale Ruju. Presentazione dell'antologia Uomo in mare! a cura di A. C. Cappi (Torre Crawford APS)

Domenica 3 settembre
ore 18.00, Caffè Le Mele (v. Nazionale 48, San Nicola Arcella)
-Marco Marinoni presenta il suo romanzo L’origine del male (Mursia)
-Miti del fumetto italiano: incontro con Pasquale Ruju e Andrea Carlo Cappi
ore 21.00 Belvedere di San Nicola Arcella
-Tributo a Pino Daniele con Vai Mo' Band

Illustrazione di Roberta Guardascione


domenica 25 giugno 2023

Spy Game incontra Andrea Carlo Cappi - 2

Di Marino e Cappi all'Università Statale di Milano, 2010

Spy Game incontra...

Seconda parte dell'intervista ad Andrea Carlo Cappi, nell'ambito degli incontri con autori e autrici della collana in ebook Spy Game - Storie della Guerra Fredda di Delos Digital. Dopo il percorso dello scrittore nell'ambito della spy story, vediamo ora le sue attività in altri campi della narrativa.

Andrea Carlo Cappi, autore di molti generi

SG: La maggior parte della tua produzione sembra imperniata sullo spionaggio. Ma quale etichetta ritieni più adatta al tuo lavoro?

ACC: Cronologicamente, la prima è "giallo", dato che sono emerso dall'anonimato con i miei primi racconti su Il Giallo Mondadori. Il mio esordio ufficiale, anche se stavo già lavorando "nell'ombra" da un paio di anni, fu un mystery con protagonista Ernest Hemingway in appendice al Giallo Mondadori, uscito a metà ottobre del 1993. Poi, sempre in appendice al Giallo, seguirono le prime storie con il Cacciatore di Libri, detective bibliofilo milanese, mentre quelle con Carlo Medina - a partire da Milano da morire - apparvero sugli speciali stagionali.
Anche se spesso viene dimenticato, buona parte della mia produzione iniziale e una quota di quella dei trent'anni successivi rientra nella categoria "giallo milanese": ho fatto parte della Scuola dei Duri fondata da Andrea G. Pinketts, sia partecipando all'antologia-manifesto Crimine - Milano giallo-nera, sia frequentando attivamente il gruppo che si era creato all'epoca. Con i romanzi su Toni Black mi rifaccio invece alla novela negra spagnola.
Per quanto il termine "giallo" sia spesso identificato con il solo "giallo classico", in realtà è una definizione più estesa, che include tanto il "noir" quanto la spy story. Dato però che negli anni mi sono occupato anche di altri generi, alla fine per la mia produzione ho adottato anch'io la definizione prediletta da Stefano Di Marino: "narrativa popolare".

Dal 4 luglio 2023 in volume e ebook


SG: Infatti hai scritto anche fantascienza, horror, romanzi storici...

ACC: ... e a volte commistioni tra generi. Alcuni racconti con il Cacciatore di Libri si avvicinano al fantastico. La serie di racconti e romanzi brevi con Antonio Stanislawsky unisce fantascienza e giallo. La saga Danse Macabre, ispirata ai fumetti italiani di vampire degli anni Settanta, mescola horror, erotismo, urban fantasy, thriller, persino con un tocco di spy story. Ma anche nei "sexy-thriller" scritti a quattro mani con Ermione siamo di tanto in tanto sconfinati nella fantascienza, come nella novelette Nuova carne, ora presente nella nostra antologia Neri amori, o nel romanzo LUV.
Quanto alle mie incursioni nella narrativa storica, Rochester è di fatto un giallo imperniato sull'omonimo poeta inglese (lo stesso poi portato sullo schermo in The Libertine) mentre Il Visconte/La spia del Risorgimento nasce come saga di spionaggio nell'Ottocento. Purtroppo, dopo l'improvvisa scomparsa dell'amico e co-autore Paolo Brera nel 2019, sarà impossibile proseguirla: mi sono limitato a un racconto con lo stesso protagonista nell'antologia Come d'Arco scocca. Tuttavia è in arrivo, nell'autunno 2023, un altro mio romanzo storico: Il ponte sospeso.

Neri amori di Cappi & Ermione

SG: Sei noto anche per i tuoi romanzi su personaggi dei fumetti, da Martin Mystère a Diabolik ed Eva Kant.

ACC: Sì. A Mystère, oltre ad alcuni racconti, ho dedicato un serial online, sette romanzi - uno dei quali ha vinto nel 2018 il Premio Italia come miglior romanzo fantasy del 2017 - e i serial che da due anni escono in appendice agli albi mensili del fumetto. Sono tutte storie originali legate alla continuity del personaggio. Quindi nel luglio 2023 escono in edicola la riedizione de L'ultima legione di Atlantide (già pubblicato in libreria nel 2014) e il primo episodio di un nuovo serial, Le Tavole del Destino, in appendice all'albo n. 401, illustrato come il precedente Zona Y da Carlo Velardi.
Per quanto riguarda Diabolik ed Eva Kant, sono protagonisti di quattro romanzi originali e delle mie novelization dei recenti film. Ma nel luglio 2023 sullo speciale estivo Il Grande Diabolik esce un mio racconto originale illustrato da Giuseppe Palumbo con protagonista King, personaggio fondamentale dell'universo di Diabolik, che appare anche nell'imminente terzo film dei Manetti bros.

Il romanzo di Martin Mystère del 2022

SG: Com'è scrivere storie con personaggi ideati da altri, in questo caso Alfredo Castelli  e le sorelle Giussani?

ACC: In un certo senso, non è diverso dallo scrivere di personaggi miei, a parte la responsabilità di non deludere le aspettative del pubblico che li conosce, li segue e li ama da decenni. Ma è la stessa prova che affrontano con successo, mese dopo mese, tutti coloro che lavorano alle sceneggiature per le storie a fumetti. Una volta che si entra, per così dire, nella mente dei personaggi, si riesce a scrivere qualcosa di personale, senza però tradirli.
Ma anche scrivere una novelization - nel caso particolare dei film dei Manetti bros., di storie nate a fumetti e poi trasposte al cinema - richiede un forte intervento creativo. Una buona novelization non può essere una banale trasposizione di dialoghi e azioni: dev'essere un vero e proprio romanzo, in cui vanno approfonditi anche aspetti assenti sullo schermo, ma necessari per un libro.

Diabolik: la seconda novelization

SG: Per concludere, un tuo ricordo di Stefano Di Marino, ideatore della collana Spy Game oltre che grande autore di "narrativa popolare".

ACC: Non è facile riassumere in poche parole venticinque anni di lavoro e amicizia, e di scambi di opinioni quasi quotidiani. Stiamo parlando di una figura inarrivabile e insostituibile, che non è stata mai riconosciuta come meritava. Ha vissuto nel paradosso di essere l'autore italiano di maggior successo nel campo del thriller senza che nessuno lo dicesse mai, nel continuo tentativo, alla lunga riuscito, di farlo scomparire. Ma chi scrive, come dico sempre, non sparisce mai, finché si riesce a mantenerne la presenza con i suoi libri. Nel suo caso, anche con i premi: il Premio Stefano Di Marino di Segretissimo Mondadori, in cui sono uno dei giurati, e il Premio Il Prof, associato al Premio Torre Crawford, di cui presiedo io stesso la giuria.

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mercoledì 15 giugno 2022

Diabolik ha fatto giardino


Notizie e fotografie da Andrea Carlo Cappi

Mercoledì 15 giugno 2022, poco dopo le undici del mattino, in piazza Grandi a Milano è stata scoperta la targa che dedica i giardini ad Angela e Luciana Giussani, ovvero le autrici ed editrici di "Diabolik". Della prima solo pochi giorni fa si è celebrato il centenario della nascita, mentre la loro serie a fumetti - giunta a 900 numeri, oltre a tutti gli speciali - compirà sessant'anni il prossimo novembre.


Oltre all'assessore alla Cultura e alla rappresentanza della Zona 4, sono intervenuti Claudia Sozzani, nipote delle Giussani (e, si è scoperto più tardi e fuori scena, anche loro personaggio in un albo della serie), e Mario Gomboli (nella foto sotto), fumettista che ha dedicato al "Re del Terrore" buona parte della sua carriera e che da oltre vent'anni dirige la casa editrice Astorina, che dal 1962 pubblica "Diabolik".


Non ho avuto il piacere di conoscere nessuna delle due sorelle, che ho "incontrato" solo attraverso documentari, interviste e ricordi di chi ha lavorato con loro, e naturalmente attraverso le storie e i personaggi spuntati dalla loro macchina da scrivere. Ma auspicavo che fosse loro dedicato qualcosa da parecchio tempo. In effetti a Milano esistono da tempo altri Giardini Giussani - che io mi ostino a chiamare con il nome storico, Parco Solari - dedicati però a don Giussani, che nulla ha a che vedere con le due fumettiste.


Come ha sottolineato in seguito la nipote, oggi suona strano sentire ripetere che si trattava di "due donne", come se fosse insolito riconoscere che due donne possano lanciarsi in un'impresa del genere come autrici e imprenditrici. Ma in Italia non fu molto facile per loro, sessant'anni fa, soprattutto perché i loro personaggi ebbero una carica innovativa e rivoluzionaria così forte da cambiare radicalmente non solo le regole del fumetto ma anche i gusti e gli interessi del pubblico.


All'evento hanno partecipato anche le attrici Monica Faggiani e Valentina Ferrari (nella foto sotto), che ai Giardini e nel proseguimento presso il vicino Wow-Museo del Fumetto in viale Campania 12 hanno recitato due brani del loro spettacolo "Le sorelle diabolike", ispirato in parte anche a "Le regine del terrore", il libro di Davide Barzi che racconta vite, opere e rinvii a giudizio delle Giussani e del loro personaggio, sototposto a processo come a suo tempo la "Madame Bovary" di Flaubert. "Le sorelle diabolike" è anche il titolo della mostra inaugurata per l'occasione al Wow.


Intanto, grazie alle due sorelle, il fumetto italiano e il noir milanese hanno conquistato un altro spazio nella memoria collettiva. Parafrasando il titolo di un romanzo del celebre scrittore milanese Andrea G. Pinketts, che proprio il giorno dopo, il 16 giugno viene celebrato al MystFest di Cattolica, stavolta Diabolik ha "fatto giardino".





domenica 12 giugno 2022

Diabolik: il mistero del numero 1

Diabolik & Eva a Milano (copyright Astorina Srl),
tavola di Giuseppe Palumbo per il "Corriere della Sera"

La Boutique del Mistero, di Andrea Carlo Cappi

In questi giorni nei media si torna a parlare di Diabolik e non solo perché il 2022 è l'anno in cui il personaggio dei fumetti di Angela e Luciana Giussani compie tra cinque mesi sessant'anni di pubblicazioni, ma perché continuano a susseguirsi notizie che lo riguardano.
Tre settimane fa i registi Marco e Antonio Manetti hanno completato  le riprese del secondo e terzo film della loro trilogia di Diabolik in Calabria, la loro terra d'origine. In edicola è appena arrivato il nuovo "Diabolik Magnum", che in 600 pagine a fumetti raccoglie alcune delle storie più importanti della serie. Venerdì scorso, il 10 giugno, ricorreva il centenario dalla nascita di Angela Giussani, la prima ideatrice del personaggio. E mercoledì prossimo, il 15 giugno, saranno intitolati alle sorelle Angela e Luciana i giardini pubblici di piazza Grandi a Milano, consacrandoli a due concittadine che, precorrendo i tempi, sono state imprenditrici editoriali e creatrici di un mito.
Oggi una copia originale del numero uno di "Diabolik", intitolato "Il re del terrore" e pubblicato all'inizio di novembre del 1962 vale diverse migliaia di euro ed esistono persino falsari specializzati che ne fabbricano imitazioni che spacciano (e vendono) per vere. Ma dietro il numero uno di "Diabolik" c'è un vero e proprio mistero, che ha persino ispirato un film.

Da "Il re del terrore" (tavola di Zarcone)

Nel 1962 la casa editrice Astorina, appena fondata da Angela Giussani, prepara il primo albo di Diabolik, che all'epoca potrebbe essere anche l'ultimo, perché nessuno ancora può prevedere il successo del personaggio. I disegni sono affidati a un disegnatore trentenne di nome Angelo Zarcone, che in redazione viene soprannominato "il Tedesco", perché si presenta con un bambino biondo avuto da una tedesca e perché sembra vestito come un turista germanico sulle spiagge romagnole. Zarcone viene pagato in anticipo, ma pare sia sempre in ritardo con le consegne e i suoi disegni sono piuttosto frettolosi.
Consegnate le ultime tavole del fumetto, Zarcone scompare nel nulla. Non si fa più vivo, non abita più alla pensione in cui era alloggiato. Nessuno sa dove sia finito. Al punto che, passati vent'anni, le sorelle Giussani si rivolgono al più famoso detective privato italiano, Tom Ponzi, sperando di ritrovarlo, senza esito. In tutti questi anni, malgrado si sia parlato sempre più spessp di lui, non si sono più avute notizie né da lui né da suoi parenti.
Negli anni Duemila lo studioso di fumetti Gianni Bono si rivolge al direttore artistico di Diabolik, che del numero uno aveva realizzato la bellissima e storica copertina, Brenno Fiumali, chiedendogli di disegnare un identikit del misterioso Zarcone: l'aspetto curioso è che, almeno nel ricordo di Fiumali, Zarcone assomiglia molto a Diabolik come appare nel numero uno, con le folte sopracciglia nere e gli occhi di ghiaccio che siamo abituati ad associare al volto del protagonista dei fumetti. Sembra quasi che Diabolik sia lui, sparito dopo "aver fatto il colpo".

L'attore Luciano Scarpa nel film "Diabolik sono io"

Nel 2018 la vicenda ha ispirato un film del regista Giancarlo Soldi, intitolato "Diabolik sono io", a metà fra un thriller e un documentario, uscito al cinema e ora disponibile in streaming e in dvd. Mentre vari personaggi reali - tra cui ci sono anch'io - ricostruiscono il mito di Diabolik, un uomo vittima di amnesia con lo stesso volto di Diabolik vaga per Milano cercando di ricostruire il proprio passato, tracciando ossessivamente su fogli e muri gli stessi occhi di ghiaccio e le stesse sopracciglia nere... Ma è solo una delle mille ipotesi che si possono fare sull'oscuro destino del disegnatore scomparso.
In ogni caso, le sorelle Giussani non erano soddisfatte della rea visiva numero uno e nel 1964 lo fecero rifare completamente, sulla stessa sceneggiatura, da Gino Marchesi, che nel frattempo era diventato uno dei disegnatori ufficiali della serie.
Nel 2022, in occasione del quarantennale, la sceneggiatura de "Il re del terrore" venne ampliata da Alfredo Castelli (l'autore di Martin Mystère e altri personaggi, che aveva cominciato a lavorare nei fumetti proprio con "Diabolik", insieme a Mario Gomboli che ora ne è il direttore) e disegnata da Giuseppe Palumbo. Da questa versione è stato tratto un "audiofumetto", adattato da Arturo Villone e interpretato da Luca Ward, che in quel periodo dava la voce a Diabolik nei serial di Radio RAI.
La Boutique del Mistero torna in diretta domenica 19 giugno alle 16.20 su Radio Number One, con il relativo dossier il giorno dopo su Borderfiction Zone.

lunedì 18 aprile 2022

Il nome di Diabolik


La Boutique del Mistero, di Andrea Carlo Cappi

Quest'anno ricorrono parecchi anniversari importanti nel mondo del fumetto. Oltre al quarantesimo compleanno di "Martin Mystère" appena celebrato, in autunno si festeggerà il sessantesimo di un personaggio che ha tuttora milioni di lettori: Diabolik, creato dalle sorelle Angela e Luciana Giussani. Il numero uno della serie uscì all'inizio di novembre del 1962. Nel 2022 è stato superato il numero ottocento, senza contare tutti gli albi speciali come "Il Grande Diabolik" appena arrivato in edicola (contenente anche una storia dello scrittore Sergio Rilletti).
In questi giorni si è parlato anche dell'attore Giacomo Gianniotti, che sostituisce Luca Marinelli nel ruolo di Diabolik nel secondo e terzo capitolo della trilogia cinematografica dei Manetti Bros. Ma "Diabolik" era già diventato un film nel 1968, un serial a cartoni animati nel 1999 e nel frattempo persino tre cicli di romanzi: uno in Italia e uno in Francia a fine anni Sessanta, e uno scritto da me, cui ho aggiunto nel 2021 il romanzo del film.
Diabolik è il primo protagonista criminale del fumetto italiano, un ladro che non esita a uccidere chiunque gli sia di ostacolo. Con i suoi travestimenti può sostituirsi più o meno a chiunque, ma quando non assume identità altrui agisce con indosso un costume nero e una maschera che lascia scoperti solo i suoi occhi di ghiaccio. Ma per quale motivo le sorelle Giussani decidono di battezzarlo proprio "Diabolik"?


Il nome nasce probabilmente da suggestioni nell’aria in quegli anni, quando la parola "diabolico" diventa sinonimo di "assassino senza volto". Tutto comincia nel 1956, quando esce in Italia il film "I diabolici" ("Les diaboliques", 1955) del regista francese Henri-George Clouzot, da un romanzo di Boileau & Narcejac, gli stessi autori che poi ispirano a Hitchcock "La donna che visse due volte". È un thriller innovativo, con un colpo di scena finale da brivido, di cui nel 1996 sarà fatto un remake americano non all'altezza dell'originale, "Diabolique".
Negli anni Cinquanta, sull'onda del successo de "Il Giallo Mondadori" rinato nel dopoguerra, molti autori italiani scrivono per vari editori romanzi polizieschi sotto pseudonimo americano. Nel 1957, l'anno dopo "I diabolici", lo scrittore Italo Fasan pubblica con il nome Bill Skyline il romanzo "Uccidevano di notte", in cui un assassino seriale scrive alla polizia lettere firmate “Diabolic” (con la "c" finale) per accreditare i propri delitti.
L'anno dopo ancora, il 1958, a Torino viene ucciso un operaio della FIAT di nome Mario Giliberti. Il delitto tarda a essere scoperto e l'assassino, indispettito, spedisce una lettera alla Polizia firmandosi “Diabolich” (con il "ch" finale). La notizia si diffonde e vari mitomani mandano alla Polizia lettere annunciando delitti immaginari, firmandosi a loro volta "Diabolich". Sicché un astuto editore ripropone al volo il romanzo di Fasan sotto il titolo "Diabolic" (con la c).
L'assassino non viene mai identificato e il nome è ancora nell'aria nella primavera del 1962, quando Totò interpreta la commedia “Totò Diabolicus”, in cui un omicida elimina uno a uno i membri di una famiglia (interpretati da Totò in riuscissimi travestimenti) e spedisce lettere firmandosi "Diabolicus".
Quindi nel 1962 sulla stampa e nell'immaginario collettivo, la parola "diabolico" è ancora abbinata agli assassini misteriosi. Le sorelle Giussani la trasformano in "Diabolik", con la lettera "k". Non immaginano che il loro personaggio avrà così tanto successo da generare negli anni Sessanta una legione di nuovi personaggi dei fumetti "kattivi" con la lettera "k" nel nome: Kriminal, Satanik, Sadik...
Quanto alla ragione per cui, nella serie a fumetti, Diabolik abbia scelto per sé questo nome, si scopre solo nel 1968 nella storia "Diabolik, chi sei?" su cui si basa uno dei prossimi film dei Manetti Bros. Era il nome di una feroce pantera nera sull'isola in cui è cresciuto il protagonista, che da lei ha tratto ispirazione per il suo costume.


Questi e altri segreti di Diabolik & Eva Kant sono svelati in "Fenomenologia di Diabolik", disponibile in ebook da Algama e in volume a colori da NPE.
Il prossimo appuntamento con La Boutique del Mistero è domenica 24 aprile alle 16.20 su Radio Number One, come sempre nel programma pomeridiano di Lukino (con la "k"), con il relativo dossier l'indomani in Borderfiction Zone.

mercoledì 5 gennaio 2022

Diabolik, romanzo e film

 


Recensione di Alby Bottecchia

Clerville anni Sessanta: un misterioso quanto astuto e spietato ladro flagella la città da diversi mesi. Di lui non si conoscono né il nome né il volto solo un soprannome e un modus operandiDiabolik: un'ombra oscura e spietata che prende di mira i ricchi della città in modo sistematico, letale e inesorabile. L'ultima vittima designata del grande ladro è la bellissima Lady Kant, giovane nobildonna dall'oscuro passato e dal fascino ammaliante, proprietaria di un preziosissimo anello che fa gola al Re del Terrore (il soprannome di Diabolik presso l'opinione pubblica).
Quello che né il ladro né la ragazza possono sapere è che, proprio in occasione del tentativo di Diabolik di impadronirsi dell'anello con il Diamante Rosa, saranno destinati a incrociarsi e soprattutto a innamorarsi l'uno dell'altra. Il Re del Terrore, colpito non solo dal fascino ma anche dalla freddezza di Eva di fronte alla minaccia di morte,  ne rimarrà conquistato. E sarà proprio lei che lo aiuterà a uscire dai guai quando la situazione diverrà troppo complicata perché il grande ladro possa farlo da solo.
Infatti la sua nemesi, il tenace e implacabile ispettore Ginko della polizia di Clerville, grazie al supporto dell'attuale compagna di Diabolik, l'infermiera Elisabeth Gay, è riuscito a scovare uno dei rifugi dell'inafferrabile criminale e a tendergli una trappola. Solo la complicità e la perfetta intesa tra i due nuovi amanti consentirà a Diabolik di cavarsela ancora una volta, riuscendo nel contempo a liberare la bella Lady dalle sgradite attenzioni - e dal ricatto - del viceministro della Giustizia Giorgio Caron.
Tensione, romanticismo, azione e mistero per l'adattamento definitivo del fumetto creato nel 1962 da Angela e Luciana Giussani. Andrea Carlo Cappi rilegge in forma di romanzo l'avvincente film dei Manetti Bros (sia co-sceneggiatori che registi della pellicola, coadiuvati in fase di script da Michelangelo La Neve) con Luca Marinelli (Lo chiamavano Jeeg RobotOld GuardMartin Edennel ruolo di Diabolik, Miriam Leone (Fratelli unici, Metti la nonna in freezer, Amore a domicilio) nei panni di Eva Kant e Valerio Mastandrea (Perfetti sconosciuti, Moschettieri del re - La penultima missione, Detective per caso) nei panni dell'ispettore Ginko.
Infilate il pugnale nel fodero, tirate su il cappuccio della tuta e mettetevi al volante della Jaguar E-Type Diabolik è tornato!
Swiisss!!

mercoledì 15 dicembre 2021

Diabolik - Il film - La recensione


Recensione (senza spoiler) di Andrea Carlo Cappi

"Sarò breve", per citare Luca Marinelli quando ha augurato un rapido "Buona visione" al pubblico dell'Odeon all'anteprima milanese del 15 dicembre, alla vigilia dell'uscita sugli schermi d'Italia. Ma non altrettanto breve. Quindi motiverò il mio giudizio, che posso riassumere in: "un gioiello di film!"
Questa è forse una visione di parte, dato che, pur non avendo avuto a che fare di persona con il film, ne ho scritto la novelization, ovvero il romanzo basato sulla sceneggiatura. Ma la mia è la recensione di un conoscitore e appassionato di Diabolik che ha cercato anche di immedesimarsi in uno spettatore - italiano o straniero che sia - che non conosca la serie a fumetti e i personaggi e sia al primo approccio con loro. Il che è uno dei due aspetti fondamentali quando si realizza un film di questo tipo. L'altro è: non deludere chi già conosce e ama personaggi e serie. Da entrambi i punti di vista, "Diabolik-Il film" riesce perfettamente nell'intento. A dire la verità, dopo averlo visto, molte delle recensioni che avevo letto online dopo l'anteprima romana mi sembrano scritte da qualcuno cui i Manetti Bros hanno rubato le caramelle quand'erano bambini e che dopo decenni si vuole vendicare.


Forse i recensori sono andati al cinema aspettandosi di vedere un altro film: o un "Diabolik" come quello di Mario Bava del 1968, prodotto da De Laurentiis, che aderiva al linguaggio pop-psichedelico sopra le righe che segnava i cinecomics dell'epoca (pensiamo a "Barbarella") con elementi camp e intrusioni un po' troppo comiche, anche se ne rimangono impresse le scenografie del rifugio e Marisa Mell, Eva per nulla somigliante ma bellissima. O forse un film di tutta azione alla "Fast and Furious" invece che un raffinato prodotto di gusto europeo, che fa pensare all'attuale cinema di genere francese e spagnolo, poco noto in Italia.
Per chi non sapesse nulla: Diabolik & Eva sono una coppia di criminali che vive e opera (principalmente) nell'immaginario stato di Clerville, una via di mezzo tra Italia e Francia in cui i nomi di battesimo sono italiani ma cognomi e toponomastica sono di variegate origini europee. Dà loro la caccia l'incorruttibile ispettore Ginko della Polizia di Clerville (nome anche della capitale dello stato). La serie creata da Angela e Luciana Giussani nel 1962 si distingueva per i protagonisti insolitamente efferati per i fumetti dell'epoca, anche perché lettrici e lettori di fatto finivano per identificarsi e parteggiare per loro.
Le storie dei loro colpi rientrano nel genere noir chiamato "caper" e un ulteriore elemento innovativo erano le connotazioni tecnologiche, come l'uso di un'auto britannica (una Jaguar E-Type del 1961) corredata di trucchi, come di lì a poco si sarebbe visto sull'Aston Martin del '64 nella versione su schermo di 007; e l'impiego di maschere che replicano alla perfezione i volti di altre persone, come quelle che pochi anni dopo sarebbero apparse nell'adattamento cinematografico di "Fantomas" e nella serie tv "Mission: Impossible". Tali elementi, omessi nel film del '68 perché al pubblico internazionale sarebbero parse copie, quando invece erano gli originali, sono presentissimi in quello del 2021. La trama del nuovo "Diabolik" trae spunto dall'albo n. 3 del 1963 in cui Diabolik incontrò Eva per la prima volta.
La scelta degli interpreti, di cui solo Miriam Leone come Eva Kant aderisce pienamente all'aspetto del personaggio disegnato, si rivela adattissima. Il Ginko di Valerio Mastandrea è una perfetta incarnazione dell'ispettore di polizia dei fumetti, in cui molto "non detto" emerge dall'interpretazione: per esempio il profondo senso del dovere che lo costringe ad accettare anche l'impiego della pena capitale, che evidentemente non lo trova d'accordo.
Di Luca Marinelli forse la pettinatura "alla Diabolik" non è del tutto convincente, anche perché il suo volto, anziché a Robert Taylor, qui fa pensare a una versione giovane di Bruno Cremer (attore francese che per primo interpretò magnificamente Duca Lamberti, l'eroe di Scerbanenco, ne "Il caso Venere Privata" e, molti anni dopo, il commissario Maigret di Simenon). Riuscita anche la connotazione di Elisabeth, la "prima fidanzata" di Diabolik, qui incarnata da Serena Rossi. Lodi speciali a Vanessa Scalera nel ruolo di Flora, segretaria del viceministro e a Claudia Gerini nella parte deliziosamente snob della signora Morel.
E, ancora a proposito di "non detto ma recitato", nei due protagonisti emerge un aspetto molto interessante: chi ha letto i fumetti conosce il passato di Diabolik e quello di Eva, nel film ancora ignoto per quanto riguarda lui e appena accennato nel caso di lei. Ebbene, i due personaggi lasciano trasparire aspetti psichiatricamente compatibili con le loro esperienze: il pubblico del film ancora non sa cosa sia capitato loro, ma ne vede le conseguenze nei loro sguardi, nella loro gestualità, nel loro comportamento. Una lettura di una profondità del tutto inaspettata. E questo, soprattutto in Eva, fa una certa impressione.
Un'altra conquista dell'interpretazione di Diabolik da parte di Marinelli - ma anche di tutti gli attori, bravissimi, che interpretano il criminale quando assume le sembianze di un altro personaggio - è che riesce a fare davvero paura. Non per niente il personaggio è soprannominato "il Re del Terrore".


Perfetta, tra costumi, scenografie, pettinature e automobili, la ricostruzione di Clerville, Bellair e Ghenf negli anni '60: città, italiane ma non del tutto, ricreate con grande cura e precisione. Pregevole il montaggio, con un uso impeccabile dello split screen tipico degli anni '60 e del caper (pensiamo a "Il caso Thomas Crown"). Notevole la colonna sonora, non solo i brani cantati da Manuel Agnelli ma - minuto per minuto - l'intero "score" di Pivio e Aldo De Scalzi. E aggiungo un apprezzamento per i gioielli realizzati da Bulgari.
Per chi conosce il mondo di Diabolik, un paio di inside jokes: il giudice è Mario Gomboli, direttore di Astorina (casa editrice fondata dalle sorelle Giussani, che tuttora pubblica Diabolik) e principale sceneggiatore della serie, oltre che co-autore del soggetto del film; mentre il disegnatore che - come si usava un tempo - ritrae dal vero i protagonisti del processo... è interpretato dal vero disegnatore Giuseppe Palumbo. Non si riesce a vedere in viso un altro personaggio a me ben noto: Daniele Magni (uno dei poliziotti della sequenza di apertura), grande esperto di cinema e, insieme a Manuel Cavenaghi, animatore del negozio specializzato "Bloodbuster" di Milano.
Si potrebbe notare qualche difetto, un paio di omissioni nella sceneggiatura, che passano del tutto inosservate allo spettatore e non inficiano la riuscita del film. Ma non ne parlo, per non dare pretesti a certi critici che, impegnati com'erano a stroncare interpreti e registi, ovviamente non sono riusciti a notarli. Ma sono dettagli spiegati nel mio romanzo. Anche a questo serve la novelization, che trovate, per portare acqua al mio mulino, nelle migliori librerie e nei bookshop online.


giovedì 7 marzo 2019

"Diabolik sono io": tra documentario e thriller


Annotazioni di Andrea Carlo Cappi


A quasi cinquantasette anni dalla nascita editoriale e a oltre mezzo secolo dalla pellicola che gli dedicò Mario Bava, Diabolik torna finalmente al cinema, ora e nel 2020. In attesa del film in lavorazione dei Manetti Bros, previsto per il prossimo anno, dall'undici al tredici marzo 2019 in duecentonovanta sale italiane si proietta Diabolik sono io. Scritto da Mario Gomboli (direttore dell'Astorina, la casa editrice di Diabolik) e da Giancarlo Soldi che ne è il regista, con le musiche di Teho Teardo, viene definito "docufilm", perché è qualcosa di diverso da un documentario convenzionale. E il titolo non è, s'intende, scelto a caso.
Ci sono due frasi essenziali nella vita di Diabolik, il personaggio dei fumetti di Angela e Luciana Giussani. La prima è "Diabolik, chi sei?", pronunciata dall'ispettore Ginko nell'albo che la porta come titolo e in cui il criminale rievoca ciò che sa delle proprie origini. L'altra è "Io sono Diabolik", che oltre a essere il titolo di una "autobiografia" del personaggio edita da Mondadori qualche anno fa, rappresenta un aspetto molto significativo: Diabolik, a differenza degli altri personaggi mascherati del fumetto (eroi e criminali che siano) non ha una vera identità da celare sotto la maschera. Non conosce il proprio nome, non sa chi siano i suoi genitori, né da dove venga. Diabolik ergo sum: la sua unica identità è quella che si è costruito da solo, con il nome che si è scelto; e la sua unica famiglia è costituita da Eva Kant.
Io invece so che, se cito i nomi di Diabolik, Eva Kant e Ginko, moltissimi in Italia - e anche altri in giro il mondo - sanno chi siano anche senza aver letto le loro avventure. Per riciclare una mia vecchia battuta, è il fenomeno del "fumetto passivo": Diabolik e i suoi comprimari sono parte della cultura popolare italiana, al punto da essere noti pure a chi non ha mai preso in mano un albo della serie.


Di documentari ben fatti su Diabolik ce ne sono già stati, ma ci sono ancora molte cose da scoprire. Una di queste l'ha ritrovata Giancarlo Soldi nelle teche RAI: una divertente intervista inedita alle sorelle Giussani che parlano del loro personaggio mentre bevono il tè, brani della quale punteggiano la parte non-fiction del film. Ci sono poi contributi realizzati appositamente, con Mario Gomboli e altri sceneggiatori storici di Diabolik quali Alfredo Castelli (creatore a sua volta di serie famose come Gli Aristocratici, L'Ombra e Martin Mystère) e Tito Faraci; e ancora si vedono il disegnatore Giuseppe Palumbo, il leggendario Milo Manara, due collaboratrici della redazione, esperti come il grande fumettologo Gianni Bono, il costumista Massimo Cantini Parrini, un paio di scrittori che hanno avuto a che fare con Diabolik (Carlo Lucarelli, che anni fa lavorò a un progetto di sceneggiatura cinematografica, e me, autore dei romanzi di Diabolik & Eva Kant). Ma la finzione si fa strada anche nella parte documentaristica, quando nei panni di un avvocato appare l'attrice Stefania Casini.
Perché questo film è anche una sorta di thriller basato su un vero mistero: che fine ha fatto Angelo Zarcone, il primo disegnatore di Diabolik, l'uomo che diede un volto al personaggio? Dopo avere consegnato le tavole del numero uno, scomparve per sempre senza lasciare traccia. E se riapparisse dopo tutto questo tempo, ipotizza Gomboli all'inizio del film, chi troverebbe? Se stesso o Diabolik?
Così la vicenda si dipana intorno al ritorno nella società di un uomo che soffre di amnesia e il cui volto assomiglia molto a quello di Diabolik (Luciano Scarpa). In mente lo smemorato ha proprio quel nome, Diabolik, e quegli occhi che spuntano da una maschera, immagine che si trova a disegnare ossessivamente. Seguendo gli indizi ricavati da Internet con l'aiuto di una ragazza che somiglia a Eva Kant (Claudia Stecher) il protagonista arriverà a una conclusione sorprendente.
Diabolik sono io si sviluppa su tre piani narrativi: quello delle interviste, quello della ricerca da parte dello smemorato e quello di un misterioso interrogatorio a cui il protagonista viene sottoposto. Ne risulta una storia dai contorni onirici in cui realtà e fantasia si confondono e persino i personaggi reali parlano di Diabolik come se esistesse veramente. Una formula molto originale per raccontare un mito che nei primi anni Sessanta, per citare la canzone Esci, Diabolik di Canciani & Covri, "cambia il fumetto e cambia l'Italia". 

Lunedì 11 marzo all'Arcadia di Melzo (Milano) Andrea Carlo Cappi alle 19.30 firmerà le copie dei suoi romanzi di Diabolik presso il Mondadori Bookstore e alle 20.30 sarà in sala a introdurre la proiezione.


mercoledì 24 ottobre 2018

Tie-in: l'altra faccia della scrittura





Riflessioni di Andrea Carlo Cappi

Fino a poco tempo fa, sapevo dell'esistenza della International Association of Media Tie-in Writers per aver letto che ne faceva parte Raymond Benson, scrittore del quale ho tradotto diversi noir e buona parte della sua produzione su James Bond 007. È stato lui a presentarmi all'associazione, di cui sono entrato a far parte la scorsa estate, come – almeno credo – primo autore in lingua italiana. E ho scoperto che ci sono autori che discutono di questioni che sinora avevo affrontato da solo.
La IAMTW raccoglie scrittori che si dedicano (anche) a personaggi e universi narrativi non creati da loro: dalle novelizations basate su sceneggiature per cinema e tv, ai racconti e romanzi sequel di saghe celebri (come, appunto, James Bond), alle storie inedite costruite intorno a serie di film, telefilm, fumetti e videogiochi. Nel mio caso si tratta di fumetti, avendo pubblicato romanzi con protagonisti Diabolik & Eva Kant, gli "eroi neri" creati da Angela e Luciana Giussani, e su Martin Mystère, il detective dell'impossibile di Alfredo Castelli.


Il tie-in trae origine da due tipi diversi di narrativa. Una è quella seriale, d'appendice o pulp, in cui poteva capitare che una saga fosse scritta da autori diversi. Basta pensare a Nick Carter, il celebre detective poi ripreso in chiave umoristica a fumetti da Bonvi negli anni Settanta: le sue avventure furono scritte tra il 1886 e gli anni Cinquanta da un'infinità di autori che si firmavano tutti "Nicholas Carter". L'usanza fu ripresa con la rinascita di Nick Carter negli anni Sessanta in versione agente segreto: sotto lo stesso pseudonimo si sono alternati numerosi scrittori, da Michael Avallone a Martin Cruz Smith.



Le novelizations, come ha sottolineato un recente articolo di Deborah Allison sui due diversi adattamenti della sceneggiatura del film del 1978 Capricorn One (uno per il mercato americano, di Ron Goulart, e uno per il mercato britannico, di Ken Follett sotto lo pseudonimo Bernard L. Ross), sono nate addirittura negli anni Venti; dal momento che, molto prima della tv e dell'home video, per rivivere l'emozione di un film era necessario trovare una sala che lo proiettasse, l'editoria creò un'alternativa efficace e accessibile: trasformare in libro un film che non fosse tratto da un testo precedente. Il fenomeno oggi forse è meno diffuso, ma nel frattempo scrivere un romanzo da una sceneggiatura è divenuto un'arte a sé stante.
In una scena di Manhattan, Woody Allen deprecava la moda dei romanzi basati su sceneggiature di film. In realtà, come in qualsiasi settore della narrativa, ci sono solo libri belli e libri brutti. Le novelizations migliori sono quelle che, partendo dalla trama e dai dialoghi scritti dagli sceneggiatori, approfondiscono la psicologia dei personaggi, sviluppano i retroscena, colmano a volte anche qualche lacuna della storia, che può sfuggire sullo schermo ma non nella parola scritta. Un bravo scrittore di tie-in può anche produrre un romanzo di qualità superiore al film su cui si basa. Mi è capitato di constatarlo proprio con Raymond Benson, che oltre ad avventure originali di 007 adattò a romanzo tre film dell'era di Pierce Brosnan: il risultato era addirittura superiore all'originale.
Per darvi un'idea delle diverse esperienze di un autore di tie-in, Benson è un maestro degli ibridi tra vari media: ha collaborato sotto pseudonimo a romanzi del ciclo Splinter Cell di Tom Clancy, adattato come giochi per computer avventure di 007 e The Mist di Stephen King, scritto romanzi basati sull'universo dei videogiochi Metal Gear Solid, Hitman e, con John Milius, Homefront. Nel frattempo continua a firmare i suoi mystery.


Se dubitate del fatto che da un film si possa trarre un buon romanzo, pensate che non è un lavoro molto diverso da ricavare una sceneggiatura da un libro: si tratta di passare da un medium a un altro adattando la storia a un contesto diverso. Ma, se ancora non siete convinti, pensate a tutte le volte che William Shakespeare ha preso la trama di un racconto altrui e ne ha fatto un capolavoro del teatro. Oppure a quale lavoro di riscrittura e rielaborazione di storie e personaggi preesistenti abbiano fatto tutti gli autori che si sono dedicati al "ciclo bretone", ossia le storie della Tavola Rotonda, da Geoffrey di Monmouth a Chretien de Troyes, da Thomas Malory a John Steinbeck, passando per T. H. White, l'autore de La spada nella roccia.


Talvolta i miei libri su Diabolik o Martin Mystère sono stati definiti novelizations di fumetti*, forse anche con una sfumatura di disprezzo. Non ci sarebbe niente di male se lo fossero: molto prima che me ne occupassi io, entrambi i personaggi erano stati protagonisti di interessanti romanzi basati su sceneggiature di storie già pubblicate a fumetti. Ma in realtà non si tratta di questo. I miei sono romanzi originali, quindi un lavoro di tipo diverso: storie mie, che tuttavia hanno protagonisti ideati da altri autori.
Non va mai dimenticato che il pubblico si attende di trovare lo stesso tipo di emozioni che conosce dalle storie a fumetti. E qui, da una parte, ci si trova nella stessa posizione di uno sceneggiatore che scrive un nuovo episodio di una serie a fumetti o televisiva o cinematografica di cui non è il creatore: devi conoscere a fondo i personaggi, per sapere cosa possano o non possano fare, altrimenti il pubblico si accorgerà che i conti non tornano. Dall'altra parte, occorre passare dal linguaggio visivo per cui i personaggi sono nati in origine a quello assai diverso della narrativa: si fa a meno delle immagini – anche se i lettori avranno bene in mente le fattezze dei protagonisti – ma si guadagna in introspezione psicologica.


Dal momento che ho una produzione piuttosto vasta, posso dire che quando scrivo un tie-in non mi sento meno autore di quando lavoro a un romanzo appartenente a una delle mie numerose serie. Anche perché in entrambi i casi i miei riferimenti – la redazione di Diabolik e il creatore di Martin Mystère coadiuvato dagli esperti dell'Amys – non solo collaborano attivamente con me, ma mi lasciano molta libertà creativa, pur nel rispetto delle caratteristiche dei personaggi e dell'universo in cui si muovono. Al tempo stesso, come lettore, so che non mi piacerebbe leggere una storia in cui l'autore tradisse gli uni e l'altro.
Per questo è stato doppiamente gratificante vincere con il mio romanzo originale con Martin Mystère uscito nel 2017, La Donna Leopardo, il Premio Italia 2018 per il miglior fantasy: come i lettori del fumetto hanno ritrovato i loro personaggi rappresentati in modo fedele, così la giuria dell'Italcon ha valutato il mio libro come un'opera originale, indipendentemente dalla sua appartenenza a una serie non creata da me. Naturalmente, se mi venisse chiesto di lavorare su personaggi che non conosco altrettanto bene... dovrei mettermi a studiare, fino a essere in grado di pensare come loro.


Sono esistiti tie-in italiani? Certo. Per esempio, alla fine degli anni Sessanta, come accennavo, nacquero ben due serie di romanzi basati su sceneggiature per fumetti di Diabolik, una in Italia e una in Francia, sull'onda del lancio internazionale del film distribuito dalla Paramount Pictures, Danger: Diabolik di Mario Bava.
In tempi più recenti, Antonio Bellomi pubblicò novelizations di avventure storiche di Martin Mystère e in seguito fece comparire il detective dell'impossibile in team-up con suoi personaggi in alcuni racconti della sua serie sul Club Pi Greco. Ora, nella sua nuova versione alternativa, il giovane Martin è uno dei personaggi della Bonelli approdati in libreria, con un romanzo di Pierdomenico Baccalario. (Le mie storie, come quelle di Bellomi, si attengono invece alla continuity della serie storica).
Ma ci sono altri esempi illustri, come gli adattamenti delle sue sceneggiature di celebri serie tv di Biagio Proietti, da solo (Coralba, in ebook da Delos) o a quattro mani con Diana Crispo (Chiunque io sia, basato su La mia vita con Daniela, e il mitico Dov'è Anna?, nel quale i due sceneggiatori inserirono anche un episodio mai realizzato per la televisione, perché ritenuto troppo scabroso all'epoca.)



Da tutto questo si deduce però che non ci si possa improvvisare tie-in writer. Negli Stati Uniti si è creata una schiera di professionisti della narrativa che non esitano ad affrontare saghe amatissime come Star Trek o Star Wars, X-Files o Supernatural, eroi dei fumetti come Batman (ricordo che ne scrissero maestri quali Stuart M. Kaminsky o Joe R. Lansdale), oppure personaggi che hanno fatto la storia della narrativa d'avventure come Tarzan o Doc Savage, o ancora mostri sacri del giallo come Mike Hammer, il detective di Mickey Spillane riportato in vita da Max Allan Collins. Ma questo in fondo vale per tutta la narrativa di genere: occorre conoscerne a fondo le regole, se si vuole scrivere qualcosa che non sia solo un banale déjà vu.

*Nota posteriore: questo articolo fu scritto molto prima che scrivessi novelizations non dei fumetti ma dei film di Diabolik.



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