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martedì 18 marzo 2025

La città proibita di Gabriele Mainetti

Recensione di Andrea Carlo Cappi

Una volta di più Gabriele Mainetti realizza con successo un film che non ci si aspetterebbe da una produzione italiana. "Voglio sentirmi scomodo", dice il regista, dopo avere trattato in modo molto personale temi supereroistici in due film del tutto insoliti e potentiLo chiamavano Jeeg Robot (2015) e Freaks Out (2021). Per tenersi alla larga dalla sua comfort zone, con La città proibita ha sfidato se stesso girando un autentico film di kung fu italiano, nel contempo restando fedele al genere e mantenendo tutti gli elementi divenuti tipici delle sue opere: umanità, personaggi coinvolgenti, cattivi non convenzionali e... Roma, che risulta ben di più di una semplice ambientazione.

Gli appassionati di cinema di kung ricordano L'urlo di Chen terrorizza anche l'Occidente (noto nel mondo comeThe Way of the Dragon) con Bruce Lee - anche regista - che si scontra con un giovane Chuck Norris: una produzione Concord/Golden Harvest insolitamente ambientata e girata a Roma. Il personaggio di Lee, Tang Lung (ribattezzato a forza "Chen" nella versione italiana, per ricollegarlo agli omonimi protagonisti dei precedenti film dell'attore distribuiti in Italia) arriva a Roma per proteggere il ristorante di famiglia da una gang locale. Reminiscenze di questa pellicola del 1972 (arrivata da noi nel 1974, sei mesi dopo la morte di Bruce Lee e due anni prima della nascita di Mainetti) possono avere in parte ispirato La città proibita, per quanto - dice il regista - quando lui propose un film di arti marziali ambientato a Roma, il produttore abbia creduto che volesse fare qualcosa come The Karate Kid. Niente di tutto questo: Mainetti conosce a fondo il filone e sa come affrontarlo.

Innanzitutto, gli occorrevano veri artisti marziali, incluso un esperto di coreografie di combattimenti, Liang Yang, che in certi momenti avrebbe dovuto avere il sopravvento quanto a regia e riprese. E di interpreti che sapessero al tempo stesso recitare e combattere, come Shanshan Chunyu (il signor Wang) e la grande sorpresa del film, Yaxi Liu (Mei), Qualcuno nel pubblico potrebbe pensare che la scelta di una forte protagonista femminile sia solo un tributo alle attuali regole del cinema, laddove Mainetti non fa che seguire una lunga tradizione di eroine dei film di kung fu. I ruoli italiani sono affidati a star ben note come Sabrina Ferilli (Lorena), Marco Giallini (Annibale), Luca Zingaretti (Alfredo) e al giovane Enrico Borello (Marcello) in veste di protagonista maschile.

Gabiele Mainetti (Foto: A. C. Cappi, 2025)

La trama: a seguito della politica cinese del "figlio unico" (1979-2015) Mei è sempre stata costretta a starsene nascosta in casa, finché la sorella maggiore Yun non è emigrata in Italia, per consentirle di uscire da un'esistenza claustrofobica. Ma Yun è finita nel giro di prostituzione del signor Wang, occultato sotto il risotorante cnese di questi - chiamato "La città proibita" - nel quartiere romano dell'Esquilino.
Mei segue sino in fondo il sentiero dell'immigrazione clandestina, in modo da localizzare la sorella e liberarla, ma scopre che Yun è diventata l'amante di Alfredo, titolare di una vicina trattoria, che per lei ha lasciato la moglie e la propria vita.
Tanto la gang di Wang e il boss locale Annibale - vecchio amico di Alfredo - danno la caccia a questa misteriosa ragazza esperta di kung fu, per toglierla di mezzo. Intanto Mei si unisce a Marcello, figlio di Alfredo e cuoco nel ristorante di famiglia, nella ricerca della coppia scomparsa. Una verità più oscura sta per venire alla luce. Mei si salva per miracolo, ma prepara la vendetta, facendo il possibile per preservare l'innocenza di Marcello.

Scritto da Mainetti con Stefano Bises e Davide Serino, il film bilancia scene d'azione, perfettamente costruite, con commedia e noir, trapiantando le regole dei classici film di Hong Kong nella Roma colorata e multietnica di oggi. Il risultato è una storia italiana e al tempo stesso cinese, con echi di Vacanze romane di William Wyler, Per un pugno di dollari di Sergio Leone, Dalla Cina con furore di Lo Wei e L'ultimo combattimento di Chen di Bruce Lee, e con un kitchen fight che rimanda a Jackie Chan.
Senza dubbio questo è un approccio autoriale al cinema di arti marziali, che tuttavia non tradisce l'anima e lo spirito del genere - evidentemente conosciuto e amato dal regista - ma può attirare anche un pubblico che non abbia familiarità con un filone con cui siamo cresciuti in parecchi negli anni Settanta.
Intanto, grazie alla sua impressionante presenza sullo schermo, gli appassionati di film "marziali" già vedono Yaxi Liu - finora nota come controfigura di Yifei Liu nella versione live-action della disneyana Mulan - come una nuova Michelle Yeoh.

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