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martedì 18 agosto 2020

La rinascita di Bucky Barnes


Percorso di Alby Bottecchia

C'era una volta Bucky Barnes, il personaggio che Joe Simon e Jack Kirby idearono durante la Seconda guerra mondiale come giovane spalla del loro eroe protagonista, Capitan America - un po' sul modello di Robin per Batman - e che come il più celebre titolare di serie, venne recuperato un ventennio più tardi da Stan Lee e inserito nell'universo della Marvel Comics Group. Se nelle storie ambientate in tempo di guerra Bucky aveva il ruolo di braccio destro di Steve Rogers, in quelle datate anni Sessanta, risulta missing in action, alimentando il senso di colpa di Cap per non essere riuscito a salvarlo. Di Bucky conta soprattutto... l'assenza. Ma nel tempo il personaggio assumerà un ruolo molto importante nell'universo Marvel. Il nostro Alby Bottecchia ne ripercorre le tracce.

Bucky Barnes è un guerriero nato: figlio di un sergente dell'esercito rimasto ucciso in addestramento nel 1935, viene adottato dai commilitoni del padre e diventa la mascotte di Fort Leigh. A quindici anni rimane coinvolto in una rissa durante una licenza e, nonostante la giovane età e lo svantaggio numerico, riesce ad avere la meglio sulla maggior parte dei suoi assalitori prima di venire arrestato. Una volta rilasciato, il ragazzo viene avvicinato dal generale Philips. Colpito dalla sua abilità con le armi, dalla velocità di combattimento e dal coraggio del giovane, Philips lo arruola in un programma speciale. Bucky viene inviato a Hereford, Inghilterra, sede del neonato SAS, il reparto speciale creato dai britannici per incursioni dietro le linee nemiche; qui affina le sue doti di assassinio furtivo, sabotaggio e furto di informazioni, e la sua tecnica di combattimento raggiunge livelli eccezionali.

In coppia con Steve Rogers alias Capitan America, Bucky porta a termine numerose missioni ad alto rischio affrontando avversari micidiali del calibro di Red Skull, Master Man e Einrich Zemo. Proprio durante un confronto con Zemo avviene un drammatico incidente: cercando di disattivare un prototipo di bomba a bordo di un'aereo teleguidato, i due eroi rimangono coinvolti in un'esplosione e  le loro vite cambieranno radicalmente: scagliati entrambi in acqua, cadono in animazione sospesa, Steve, ritrovato cinquant'anni dopo dal gruppo di eroi noto come Avengers, ne diventa la guida e l'ispirazione.
A Bucky purtroppo  il destino riserva una sorte peggiore: affetto da amnesia, subisce la perdita del braccio sinistro a causa dell'immersione prolungata nelle gelide acque della Manica; l'arto verrà successivamente rimpiazzato da una protesi speciale, in grado di accrescere notevolmente forza e resistenza. Nonostante l'amnesia il ragazzo conserva intatte le proprie capacità e l'ufficiale del KGB che lo ha recuperato lo trasforma in un killer al servizio dell'Unione Sovietica e il principale responsabile di una catena di omicidi che si snoda lungo tutto l'arco della Guerra Fredda, con un nome in codice che diviene sinonimo di terrore: Winter Soldier.

Alla fine della Guerra Fredda il cilindro che contiene il corpo di Bucky (tenuto in stasi tra una missione e l'altra) viene acquisito da Red Skull, che usa Winter Soldier come arma contro il suo vecchio partner, Capitan America. Grazie al Cubo Cosmico - un artefatto alieno in grado di manipolare la realtà - Steve sblocca i ricordi del suo socio, il quale seppur perseguitato dai suoi trascorsi da assassino riprende ad operare come agente jolly agli ordini di Nick Fury, direttore dell'agenzia spionistica SHIELD.
In seguito alla Guerra Civile dei supereroi, che ha visto contrapporsi due fazioni - una guidata da Iron Man, favorevole alla supervisione governativa degli eroi mascherati - e l'altra contraria - proprio sotto l'egida di Steve Rogers - Cap viene sconfitto e arrestato. È a questo punto che il piano di Red Skull raggiunge il suo culmine: sui gradini del tribunale di New York, Steve viene abbattuto da tre colpi sotto gli occhi della fidanzata, l'agente SHIELD Sharon Carter, morendo durante il trasporto in ospedale.

Bucky cerca di vendicare il suo migliore amico: dopo essersi impadronito del mitico scudo di Steve, a seguito di un duello serrato con la bellissima e letale Natasha Romanov alias Black Widow. Affronta quindi Red Skull, ma purtroppo viene catturato. Liberato proprio da Natasha, Bucky accetta di assumere il ruolo di Capitan America, indossando un'uniforme nuova di zecca disegnata da Tony Stark. Insieme a Black Widow, con la quale instaura un profondo legame sentimentale, e al partner storico di Steve nei tempi moderno, Sam Wilson alias Falcon, riesce a fermare il piano di Red Skull per impadronirsi del governo degli Stati Uniti.
Il ritorno di Bucky e il suo assurgere al ruolo di Capitan America sono opera dello scrittore Ed Brubaker (autore di Incognito, Fade Out) e del disegnatore Steve Epting (The Marvel Project).
La magistrale abilità degli autori nel tratteggiare la psicologia del personaggio (in perfetto equilibrio tra un'eroe d'azione e un uomo tormentato dai demoni del proprio passato), il ritmo incalzante della narrazione e il sapore cinematografico  rendono questo avvincente... film a fumetti una lettura assolutamente consigliata.









martedì 4 agosto 2020

Una pietra impossibile per Martin Mystère

Intervista di Gigi Montero ad A. C. Cappi

Un estratto dal numero della rivista "Cronaca vera" di fine luglio, con un'intervista sul nuovo romanzo con protagonista Martin Mystère - il detective dell'impossibile creato da Alfredo Castelli nel 1982 per Sergio Bonelli Editore - scritto da Andrea Carlo Cappi. Il volume è in edicola nell'estate 2020 da Sergio Bonelli Editore, nella collana "SBE presenta".


Quali misteri troviamo ne La Pietra di Wolfram?

Come sempre nelle avventure di Martin Mystère, la finzione si intreccia con la realtà. L’indagine parte dal Santo Graal, che nelle storie su re Artù e la Tavola Rotonda (VI secolo d.C.) è identificato con la coppa dell’Ultima Cena. Ma intorno al 1200, nel suo poema Parzival, il cavaliere tedesco Wolfram von Eschenbach raccontò una versione diversa: a suo dire, il Graal era una pietra magica custodita dai Templari. Solo che i Templari non esistevano ai tempi di re Artù: erano i monaci-guerrieri cristiani delle Crociate, poi mandati al rogo dal papa con false accuse di eresia. Forse Wolfram voleva svelare qualche segreto tra le righe.

Il cavaliere Wolfram von Eschenbach in un codice del Medioevo

Come si arriva ai giorni nostri?

Attraverso vari personaggi storici. Nel 1937 il nazista Adolf Eichmann fece uno strano viaggio in Palestina, al ritorno dal quale cominciò la sua carriera all’ombra di Hitler, diventando uno dei massimi colpevoli dell’Olocausto. Dopo la guerra fuggì in Argentina, dove i gerarchi del Terzo Reich godevano della protezione di Juan Perón e di sua moglie, la celebre Evita. E intorno a lei si aprono altri misteri: forse Evita custodiva tesori scomparsi dalla Germania nazista. Quel che è certo è che dopo la morte nel 1953, a soli trentatré anni, la sua salma fu imbalsamata e non venne seppellita. Qui comincia la parte più misteriosa della vicenda, su cui ho indagato anch'io.

Ritratto ufficiale di Evita Perón

Cosa avvenne?

Nel 1955 Perón fu deposto e la salma di Evita venne sequestrata e nascosta dai servizi segreti argentini. Nel 1957 fu spedita via mare a Genova, in una cassa che pesava ben più del necessario: forse serviva a trasportare clandestinamente anche altro. Infine Evita venne sepolta sotto un nome falso, Maria Maggi, al Cimitero Maggiore di Milano. Ci rimase fino al 1971, quando fu riconsegnata a Juan Perón il quale, risposatosi, viveva in esilio a Madrid. Qui il suo consigliere José López Rega, detto Lo Stregone, cercò di trasferire lo spirito di Evita nel corpo della nuova moglie, Isabelita, mediante un rito magico. I Perón tornarono trionfalmente in Argentina e, alla morte del marito, Isabelita divenne presidente. Ma non restò a lungo al potere. La presunta magia non aveva funzionato.

La "Locarno" naufragata a Rapallo, 1961 (foto: Alessandro Cappi)

Una storia degna del detective dell’impossibile.

Ed è tutto vero! Come la clamorosa cattura di Eichmann da parte di agenti israeliani nel 1960 e lo spettacolare naufragio nel 1961 della nave "Locarno" che, partita da Genova, fu spinta da una tempesta sul lungomare della vicina Rapallo. Nel mio romanzo tutti questi eventi realmente accaduti ruotano intorno alla ricerca della Pietra di Wolfram, in cui viene coinvolto anche Martin Mystère. Il nostro eroe deve ricostruire la vicenda, per impedire che la Pietra cada in mani sbagliate.

Ascolta l'intervista ad A. C. Cappi di Walter De Stradis per "I viaggi di Gulliver"




giovedì 7 marzo 2019

"Diabolik sono io": tra documentario e thriller


Annotazioni di Andrea Carlo Cappi


A quasi cinquantasette anni dalla nascita editoriale e a oltre mezzo secolo dalla pellicola che gli dedicò Mario Bava, Diabolik torna finalmente al cinema, ora e nel 2020. In attesa del film in lavorazione dei Manetti Bros, previsto per il prossimo anno, dall'undici al tredici marzo 2019 in duecentonovanta sale italiane si proietta Diabolik sono io. Scritto da Mario Gomboli (direttore dell'Astorina, la casa editrice di Diabolik) e da Giancarlo Soldi che ne è il regista, con le musiche di Teho Teardo, viene definito "docufilm", perché è qualcosa di diverso da un documentario convenzionale. E il titolo non è, s'intende, scelto a caso.
Ci sono due frasi essenziali nella vita di Diabolik, il personaggio dei fumetti di Angela e Luciana Giussani. La prima è "Diabolik, chi sei?", pronunciata dall'ispettore Ginko nell'albo che la porta come titolo e in cui il criminale rievoca ciò che sa delle proprie origini. L'altra è "Io sono Diabolik", che oltre a essere il titolo di una "autobiografia" del personaggio edita da Mondadori qualche anno fa, rappresenta un aspetto molto significativo: Diabolik, a differenza degli altri personaggi mascherati del fumetto (eroi e criminali che siano) non ha una vera identità da celare sotto la maschera. Non conosce il proprio nome, non sa chi siano i suoi genitori, né da dove venga. Diabolik ergo sum: la sua unica identità è quella che si è costruito da solo, con il nome che si è scelto; e la sua unica famiglia è costituita da Eva Kant.
Io invece so che, se cito i nomi di Diabolik, Eva Kant e Ginko, moltissimi in Italia - e anche altri in giro il mondo - sanno chi siano anche senza aver letto le loro avventure. Per riciclare una mia vecchia battuta, è il fenomeno del "fumetto passivo": Diabolik e i suoi comprimari sono parte della cultura popolare italiana, al punto da essere noti pure a chi non ha mai preso in mano un albo della serie.


Di documentari ben fatti su Diabolik ce ne sono già stati, ma ci sono ancora molte cose da scoprire. Una di queste l'ha ritrovata Giancarlo Soldi nelle teche RAI: una divertente intervista inedita alle sorelle Giussani che parlano del loro personaggio mentre bevono il tè, brani della quale punteggiano la parte non-fiction del film. Ci sono poi contributi realizzati appositamente, con Mario Gomboli e altri sceneggiatori storici di Diabolik quali Alfredo Castelli (creatore a sua volta di serie famose come Gli Aristocratici, L'Ombra e Martin Mystère) e Tito Faraci; e ancora si vedono il disegnatore Giuseppe Palumbo, il leggendario Milo Manara, due collaboratrici della redazione, esperti come il grande fumettologo Gianni Bono, il costumista Massimo Cantini Parrini, un paio di scrittori che hanno avuto a che fare con Diabolik (Carlo Lucarelli, che anni fa lavorò a un progetto di sceneggiatura cinematografica, e me, autore dei romanzi di Diabolik & Eva Kant). Ma la finzione si fa strada anche nella parte documentaristica, quando nei panni di un avvocato appare l'attrice Stefania Casini.
Perché questo film è anche una sorta di thriller basato su un vero mistero: che fine ha fatto Angelo Zarcone, il primo disegnatore di Diabolik, l'uomo che diede un volto al personaggio? Dopo avere consegnato le tavole del numero uno, scomparve per sempre senza lasciare traccia. E se riapparisse dopo tutto questo tempo, ipotizza Gomboli all'inizio del film, chi troverebbe? Se stesso o Diabolik?
Così la vicenda si dipana intorno al ritorno nella società di un uomo che soffre di amnesia e il cui volto assomiglia molto a quello di Diabolik (Luciano Scarpa). In mente lo smemorato ha proprio quel nome, Diabolik, e quegli occhi che spuntano da una maschera, immagine che si trova a disegnare ossessivamente. Seguendo gli indizi ricavati da Internet con l'aiuto di una ragazza che somiglia a Eva Kant (Claudia Stecher) il protagonista arriverà a una conclusione sorprendente.
Diabolik sono io si sviluppa su tre piani narrativi: quello delle interviste, quello della ricerca da parte dello smemorato e quello di un misterioso interrogatorio a cui il protagonista viene sottoposto. Ne risulta una storia dai contorni onirici in cui realtà e fantasia si confondono e persino i personaggi reali parlano di Diabolik come se esistesse veramente. Una formula molto originale per raccontare un mito che nei primi anni Sessanta, per citare la canzone Esci, Diabolik di Canciani & Covri, "cambia il fumetto e cambia l'Italia". 

Lunedì 11 marzo all'Arcadia di Melzo (Milano) Andrea Carlo Cappi alle 19.30 firmerà le copie dei suoi romanzi di Diabolik presso il Mondadori Bookstore e alle 20.30 sarà in sala a introdurre la proiezione.


Iperwriters - Felicità malgrado

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