giovedì 23 novembre 2017

La vampire nue (1970)


Retrospettiva di Andrea Carlo Cappi

La vampira nuda è una pellicola che unisce il basso budget alla creatività psichedelica e onirico-erotico-surrealista degli anni Settanta, assai presente nelle produzioni francesi dell'epoca. L'effetto complessivo per lo spettatore, a cominciare dalla prima sequenza in cui un gruppo di persone vaga minaccioso per le strade indossando maschere singolari, non è dissimile da un'esperienza allucinogena. È evidente che l'andamento della pellicola dipende più dal casting, dai costumi e dalle scenografie che dalla sceneggiatura approssimativa, in cui sono visibili cambiamenti... e relative incoerenze in corso d'opera.
Nondimeno il poco di storia che si evince dalla pellicola ha spunti interessanti: una compagnia farmaceutica cerca di scoprire i segreti del gruppo sanguigno di una presunta vampira e pertanto allestisce un vero e proprio club dei suicidi al solo scopo di alimentarla; nel frattempo indaga su altri possibili soggetti, selezionandoli tra guardiani notturni e altre persone che vivono esclusivamente di notte. L'obiettivo è quello di scoprire il segreto dell'immortalità dei vampiri. La svista dei top manager dipende dal fatto che i presunti vampiri non sono esattamente vampiri, bensì... mutanti che provengono da un'altra dimensione.
Si direbbe che il regista Jean Rollin abbia letto gli appunti del dottor John Keel – autore di Creature dell'ignoto e di The Mothman Prohecies – che giusto in quello stesso periodo ipotizzava altre dimensioni per giustificare tutti i fenomeni di presenze sconosciute tra noi. Ma si intuisce che, dal punto di vista di Rollin, ciò che conta siano la graziosa (e silente in tutto il film) Caroline Cartier con il suo abitino di veli trasparenti, le deliziose gemelle Tricot («Le gemelle del diavolo», recita il trailer) e un certo numero di altre fanciulle a seno più o meno scoperto.
Un "film antifemminista che sfrutta l'immagine del corpo della donna", come si direbbe oggi? Be', non va dimenticato che quello era un periodo in cui togliersi il reggiseno era considerato un gesto di liberazione da parte delle donne e un rifiuto della morale borghese, qualcosa che nei nostri tempi si definirebbe "femminismo pro-sex".
Se i fumetti horror-erotici di fine anni Sessanta, pullulanti di vampire nude e ninfomani, avevano l'obiettivo primario di stimolare le fantasie di maschi adolescenti etero in tempesta ormonale, questo tipo di cinema che innestava l'erotismo su tematiche thriller e horror – e sarebbe stato in ogni caso vietato ai minori anche senza nudità – rappresentava non solo un meccanismo per fabbricare successi low budget, ma anche una sorta di provocazione sociale post-68. Ne sapeva qualcosa il prolifico regista Jess Franco, che oltre alle vampire trattò in chiave erotica assassine seriali, monache e detenute (nude anche loro).
A ben vedere, in ogni caso, i personaggi femminili di questo primo film vampiresco di Rollin per la maggior parte non sono donne-oggetto o damigelle in pericolo vecchia maniera – tranne beninteso la protagonista-eponima-anonima che dev'essere salvata – bensì donne forti, dalla perfida killer Solange al servizio dei cattivi (Ursula Puly) alla lesbica buona orientale Ly, la cui interprete, non a caso, appare nei credits sotto il nome di Ly Lestrong.



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