Retrospettiva di Andrea Carlo Cappi
La vampira nuda è una pellicola che unisce il basso budget alla
creatività psichedelica e onirico-erotico-surrealista degli
anni Settanta, assai presente nelle produzioni francesi dell'epoca. L'effetto
complessivo per lo spettatore, a cominciare dalla prima sequenza in cui un gruppo di persone vaga minaccioso per le strade indossando maschere singolari, non è dissimile da un'esperienza
allucinogena. È evidente che l'andamento della pellicola
dipende più dal casting, dai costumi e dalle scenografie che
dalla sceneggiatura approssimativa, in cui sono visibili
cambiamenti... e relative incoerenze in corso d'opera.
Nondimeno il
poco di storia che si evince dalla pellicola ha spunti interessanti:
una compagnia farmaceutica cerca di scoprire i segreti del gruppo
sanguigno di una presunta vampira e pertanto allestisce un vero e
proprio club dei suicidi al solo scopo di alimentarla; nel frattempo indaga
su altri possibili soggetti, selezionandoli tra guardiani notturni e
altre persone che vivono esclusivamente di notte. L'obiettivo è
quello di scoprire il segreto dell'immortalità dei vampiri. La
svista dei top manager dipende dal fatto che i presunti vampiri non sono
esattamente vampiri, bensì... mutanti che provengono da un'altra
dimensione.
Si direbbe che il regista Jean Rollin abbia letto gli appunti del dottor John Keel – autore di Creature dell'ignoto e di The Mothman Prohecies – che giusto in quello stesso periodo ipotizzava altre dimensioni per giustificare tutti i fenomeni di presenze sconosciute tra noi. Ma si intuisce che, dal punto di vista di Rollin, ciò che conta siano la graziosa (e silente in tutto il film) Caroline Cartier con il suo abitino di veli trasparenti, le deliziose gemelle Tricot («Le gemelle del diavolo», recita il trailer) e un certo numero di altre fanciulle a seno più o meno scoperto.
Si direbbe che il regista Jean Rollin abbia letto gli appunti del dottor John Keel – autore di Creature dell'ignoto e di The Mothman Prohecies – che giusto in quello stesso periodo ipotizzava altre dimensioni per giustificare tutti i fenomeni di presenze sconosciute tra noi. Ma si intuisce che, dal punto di vista di Rollin, ciò che conta siano la graziosa (e silente in tutto il film) Caroline Cartier con il suo abitino di veli trasparenti, le deliziose gemelle Tricot («Le gemelle del diavolo», recita il trailer) e un certo numero di altre fanciulle a seno più o meno scoperto.
Un "film antifemminista
che sfrutta l'immagine del corpo della donna", come si direbbe oggi?
Be', non va dimenticato che quello era un periodo in cui togliersi il
reggiseno era considerato un gesto di liberazione da parte delle
donne e un rifiuto della morale borghese, qualcosa che nei nostri tempi si definirebbe "femminismo pro-sex".
Se i fumetti
horror-erotici di fine anni Sessanta, pullulanti di vampire nude e
ninfomani, avevano l'obiettivo primario di stimolare le fantasie di maschi adolescenti etero in tempesta ormonale, questo tipo di cinema che innestava
l'erotismo su tematiche thriller e horror – e sarebbe stato in ogni
caso vietato ai minori anche senza nudità – rappresentava
non solo un meccanismo per fabbricare successi low budget, ma anche
una sorta di provocazione sociale post-68. Ne sapeva qualcosa il
prolifico regista Jess Franco, che oltre alle vampire trattò
in chiave erotica assassine seriali, monache e detenute (nude anche loro).
A ben
vedere, in ogni caso, i personaggi femminili di questo primo film
vampiresco di Rollin per la maggior parte non sono donne-oggetto o
damigelle in pericolo vecchia maniera – tranne beninteso la
protagonista-eponima-anonima che dev'essere salvata – bensì
donne forti, dalla perfida killer Solange al servizio dei cattivi
(Ursula Puly) alla lesbica buona orientale Ly, la cui interprete, non
a caso, appare nei credits sotto il nome di Ly Lestrong.
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