giovedì 30 settembre 2021

Iperwriters - Tell, don't show II

Foto. Erwan Hesry, Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì, ore 13. La nave Iperwriters continua a navigare.
Perché vi raccomandiamo di dire e non mostrare? Ci sono molte buone
ragioni.
Ad esempio, per continuare a godere dei diritti e dei poteri (ora
detronizzati) dello scrittore. Perduti per perduti, e non avendo nulla da
perdere, perché rinunciarvi? Perché non continuare a dire, a dispetto di
tutto e di tutti?
Dickens, Hugo, Balzac, non facevano ”immobilità pensosa” come i
nostri pretenziosi autori anni '70: erano intrattenitori (spesso divertenti) e
anche artisti. Lo stesso vale per Wilde, Flaubert, Stendhal, Dostoevskij,
pur nelle differenze di carattere, cultura e paese. E tutti quanti, chi più chi
meno, hanno detto.
Proviamo a immaginare Il ritratto di Dorian Gray come una successione
di azioni brevi e spoglie, senza il detto di Oscar Wilde. Chi lo leggerebbe?
E Madame Bovary, senza il detto di Flaubert, sarebbe ancora Madame
Bovary? E Delitto e castigo, se Dostoevskij non sapesse che cosa passa per
la testa di Raskolnikov?
Ditelo a Stendhal, di mostrare e non dire. Ma se conoscete Stendhal forse
siete in quattro a seguirmi, e avete già capito tutto. Gli altri non lo
leggeranno mai, Stendhal. O lo leggeranno e lo valuteranno due stellette
(pesante, noioso, non arrivo a pagina dieci, lo butto dalla finestra).
Un altro motivo per dire può essere la necessità di alimentare non il
linguaggio che si sta impoverendo (e si sta effettivamente impoverendo)
ma la creatività, la capacità di invenzione che oggi si è appiattita fra le
regole dei generi e il codice politicamente corretto.
Se si continua a scrivere come un granello di sabbia badando a non
dispiacere agli altri granelli della spiaggia, ogni facoltà intellettuale sarà
presto azzerata del tutto. Oltre al merito, naturalmente. Non c'è eccellenza
nello scrivere quello che possono scrivere e scrivono tutti. Infatti, non
sanno più a chi dare il Nobel per la Letteratura.
Lo so, il narratore onnisciente è odiatissimo. La narrazione dev'essere il
più possibile impersonale, l'autore deve scomparire fra le esilissime righe
in cui i suoi personaggi agiscono.
Io vi raccomando invece di diventare (se non lo siete già, nel qual caso vi
benedico) narratori onniscienti, e nel prossimo container spiegherò perché.



venerdì 17 settembre 2021

Iperwriters - Tell, don't show I

Foto: John Simmons (Unsplash)

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì, ore 13. La nave Iperwriters continua a parlarvi della parola.
Scrive la mia amica Serenissima di Berlino:

“... nel mio orizzonte immaginario ci sono gli anni ´60-´70 che vedono la nascita dell´archeologia del sapere, del vivisezionare così tanto da arrivare a visisezionarsi da soli, l´abbattimento post-strutturalista delle categorie in sé, lo scollamento tra cosa e parola, significato e significante, etc… Più recentemente, invece, ho scoperto la riproduzione cieca dei decaloghi dello scrivere per l´intrattenimento: quelle liste di cultura anglofona che si scagliano contro avverbi e descrizioni, inneggiano allo show, don´t tell; e in generale auspicano una letteratura che sia di facilissima elaborazione e digestione: appunto perché sono decaloghi che vedono la narrativa come arte (razionalizzatissima, ma in modo ben poco critico, ben lontano da quella dissacrazione e da quella vivisezione che per me hanno connotazioni quasi sacre) dell'intrattenimento.”

E' interessante il fatto che lei veda come un'operazione sacra l'autopsia di un testo letterario: significa che è una scrittrice. Per la sacralità della parola, non per l'autopsia.
Io personalmente ho mostrato e non detto per circa vent'anni della mia vita, sceneggiando fumetti: nei fumetti il dire si dissolve in descrizioni e dialoghi, e il messaggio dell'autore è trasversale e dissimulato.
Quando sono passata alla narrativa ho faticato e sofferto per trovare un mio dire. Una lettera di rifiuto di una rivista mi consigliava di continuare con fumetti e thriller, facili e veloci, perché “altro è la letteratura, la letteratura è immobilità pensosa”. Mi dicevano che la mia scrittura non raggiungeva “esiti stilistici”. Ma dov'è ora l'immobilità pensosa? Dove gli esiti stilistici? Negli ultimi vent'anni hanno raggiunto la lunga linea piatta.
Bene, con o senza esiti stilistici ho pubblicato circa una trentina di romanzi, trentadue con gli inediti in uscita, senza aver mai frequentato un corso di scrittura creativa.
Dopo qualche anno di oblio (ero io che volevo dimenticare l'editoria italiana e tutto il resto) mi sono rimessa in attività e ho trovato qualcuno che mi ha insegnato a scrivere, raccomandandomi di mostrare e non dire, come se avessi sedici anni e non mezzo secolo in più.
Io invece raccomando di dire e non mostrare, e al prossimo container vi spiegherò perché.

martedì 14 settembre 2021

Chi è il padre dell'Italian Giallo?


Cronaca dal Festival Premio Torre Crawford, di Andrea Carlo Cappi

Nel mondo lo chiamano Italian Giallo, per noi è il "thrilling" degli anni Settanta, identificato con il suo autore più famoso: Dario Argento. E, per quanto sia noto che il precursore del filone sia stato Mario Bava, gli storici sono concordi nell'identificare "L'uccello dalle piume di cristallo" come la pellicola che diede inizio al fenomeno, ne creò la mitologia e influenzò registi di tutto il mondo... compreso, in qualche modo, Alfred Hitchcock con "Frenzy". Dunque Dario Argento può essere considerato legittimamente il padre dell'Italian Giallo, colui che ha lanciato un nuovo genere percorso poi da altri registi che lo hanno popolato di capolavori: Aldo Lado, Umberto Lenzi, Sergio Martino... per citare solo quelli che ho avuto il piacere di incontrare di persona, perché i nomi sono davvero tanti.
Ma la paternità assoluta di Dario Argento di quel leggendario film del 1970, di cui il maestro del thrilling figura come unico sceneggiatore oltre che regista, viene messa in dubbio dopo una rivelazione alla seconda serata del Festival Premio Torre Crawford 2021. A San Nicola Arcella (CS), l'ospite d'onore Aldo Lado fa un'affermazione - una "confessione", la definisce - su cui ha mantenuto il silenzio per mezzo secolo. Quel film e quel titolo, che tanta influenza avrebbero avuto in Italia e nel mondo, sarebbero stati ideati da due menti: quella di Dario Argento e... la sua. Qui l'articolo sul sito del Premio.

La rivelazione al Premio Torre Crawford, 11/9/2021

Torniamo indietro di qualche anno: Dario Argento è soggettista e co-sceneggiatore del film di Maurizio Lucidi "Probabilità Zero", che viene girato in Dalmazia e di cui Lado è aiuto regista. Secondo quanto racconta Lado, in quei giorni Argento gli fa leggere il romanzo "La statua che urla" di Fredric Brown, da cui vuole trarre un film ma non riesce ad averne i diritti. Lado non è convinto che se ne possa fare un buon adattamento per il cinema, ma coglie l'idea del testimone che assiste a un omicidio senza scorgere l'assassino, che tuttavia crede di essere stato visto.
Così Argento e Lado elaborano a quattro mani un nuovo progetto e, in un ristorante di Trastevere, ne concepiscono il titolo: "L'uccello dalle piume di cristallo". Poi Lado è impegnato sul set di altri film e collabora come aiuto regista anche con Bernardo Bertolucci a "Il conformista", tratto da Alberto Moravia, scrittore che ispirerà a Lado la propria trasposizione de "La disubbidienza". Secondo quanto lui racconta - quando finalmente torna a Roma scopre che Argento sta lavorando al "loro" film, in cui però Lado non è più accreditato come co-autore.
Tra tutti i suoi film come regista, la maggior parte dei quali esula dal giallo, Lado è ricordato spesso per i suoi due thriller "di culto" degli anni Settanta: "La corta notte delle bambole di vetro", il cui titolo di distribuzione è evidentemente influenzato dalla moda lanciata da Argento, e "Chi l'ha vista morire", benché la sua opera più famosa sia probabilmente "L'ultimo treno della notte" che pur sfruttando elementi del thriller è manifestamente un film dal forte contenuto socio-politico. Questi tre film, sostiene Quentin Tarantino, bastano a fare di Aldo Lado uno dei maestri della cinematografia italiano. Ma, stando alle sue affermazioni, forse qualche paragrafo della storia del cinema andrebbe riscritto e la paternità dell'Italian Giallo andrebbe condivisa.

giovedì 2 settembre 2021

Iperwriters - Unforgettable III

Foto: Vidar Nordli-Mathesen (Usplash)

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì, ore 13. La nave Iperwriters sogna.
D'accordo, come dice giustamente Gianfranco Manfredi il romanzo non è più la forma dominante. Quando lo era, lo scrittore soltanto (non ancora il giornalista, per quanto spesso il romanziere scrivesse anche sui giornali) si faceva carico di svelare alla comunità i segreti dell'animo umano e delle dinamiche sociali. Aveva un potere, e di conseguenza fama e gloria. Suscitava meraviglia.
Oggi i segreti privati vengono rovesciati ovunque, quelli nascosti sono complottismo; chi vuole pubblicare qualcosa deve scrivere in omologhese, e comunque se non ha visibilità televisiva non suscita nessuna meraviglia, perché scrivono anche sua zia e suo cognato.
Ogni libro che esce viene cancellato: perché non è in omologhese, perché non è voluto, o se ha successo alla fine muore di morte naturale, per stanchezza e noia dei lettori.
Ma immaginiamo che la parola scritta possa tornare a essere la forma dominante. Fra quanto tempo? Diciotto generazioni? Troppo poche. Cinque secoli di barbarie dovrebbero bastare per uscire dal grande oblio di Tutto e ricominciare a balbettare.
Immaginiamo che non ci sia più nulla, a parte le parole che non costano nulla. Qualcuno si appassionerà ai capolavori letterari? Ne sarà ispirato tanto da crearne di nuovi?
E come li troverà, questi capolavori? In cartaceo? I libri verranno presto usati come combustibile. Imparati a memoria, come in Fahrenheit 451? La memoria (e l'intelligenza) umana si stanno restringendo come un maglione sintetico.
Sul web? E se andassimo incontro a un collasso energetico?
Forse esisterà, sotto qualche cupola di vetro, una comunità di ricchi ancora colti, ancora in possesso di una qualche fonte di energia, e in grado di costruire un database digitale delle passate civiltà. Potrebbero allora trovare schegge vaganti di ebook come i nostri di Unforgettable.
Intorno ai fuochi alimentati dai libri cartacei un popolo povero che non saprà più leggere inventerà saghe. Mentre un'élite di scienziati farà archeologia del web per trovare reperti. In ogni modo, vale la pena proteggere e conservare in qualche container.

Stefano Di Marino, il Prof della narrativa

Stefano Di Marino in una foto di A. C. Cappi Ricordo di Andrea Carlo Cappi "Scrivere tutti i giorni", rispondeva, quando gli si ch...