Fin da quando ero molto piccola sentivo raccontare in casa la storia di Iolanda. Una leggenda nera famigliare. Mio padre aveva un suo ritratto, e diceva che ne avevano fatto una canzone (il femminicidio negli anni '30 doveva essere un fatto traumatico per una piccola comunità del modenese, tale da essere elaborata sotto forma di ballata popolare).
Se di Iolanda avevano fatto una canzone, io ne avrei fatto un romanzo. Il prossimo per Tropea.
Sono andata sui luoghi del delitto, ho consultato i giornali d'epoca, parlato con una testimone ancora in vita, scoperto il nome dell'assassino.
Ho lavorato intrecciando temi e storie diversi, in livelli temporali diversi. Ho usato i miei ricordi degli anni '70 (i personaggi alle soglie del 2000 sono quarantenni nostalgici, ex studenti del DAMS e cineasti mancati) volgendoli al maschile, per parlare a un pubblico maschile (le donne leggono bisex abitualmente, gli uomini raramente, se il libro non è erotico o non ha vinto un premio).
L'elemento femminile è Iolanda, una e trina. C'è la storia della prima Iolanda nel 1931. E c'è una seconda Iolanda negli anni '70, impersonata da una drag queen che ne ha assunto l'identità, Iolanda la Tragica, Iolanda la Grande Assassinata. Modellata da suggestioni di Genet e sui travestiti che avevo conosciuto. Una terza Iolanda, negli anni '90, è la giovane nipote di Iolanda la Tragica.
Le tre Iolande vengono uccise in una catena di folle fatalità che si snoda attraverso le epoche.
L'assassino, a prescindere dalla mano che impugna l'arma, è un collettivo immaginante, la favola bella che ieri ci illuse, per citare D'Annunzio.
Al posto della canzone origininale, probabilmente perduta, ho scelto un leit-motiv da un film che la prima Iolanda potrebbe aver visto: La segretaria privata, del 1931, con Elsa Merlini e Sergio Tofano, per la regia di Goffredo Alesandrini.
Fra il mio cervello e il cuor/giammai l'accordo regnerà/l'un ragiona, l'altro vuol sognar...
(Immagine: copertina de La canzone di Iolanda, Marco Tropea Editore, 1998)

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