Nell'ambito degli incontri con autori e autrici della collana in ebook Spy Game - Storie della Guerra Fredda di Delos Digital, facciamo oggi la conoscenza con Cristina Biolcati, che dopo lunga militanza nel campo del giallo fa il suo ingresso non solo in questa collezione, ma anche nel campo della spy story con il suo Progetto Mercurio. E speriamo - anzi, sappiamo - che questo sarà solo l'inizio...
SG: Ben arrivata nel mondo delle spie! Parlaci di Progetto Mercurio.
Progetto Mercurio rappresenta il mio esordio nel mondo della letteratura spionistica e narra la storia di un uomo che cerca redenzione in una Milano spietata. La vicenda si alterna su due piani temporali differenti, in modo da delineare meglio il personaggio. L’azione si svolge nel 1988, ma con continui rimandi indietro nel tempo: esattamente a quattordici mesi prima, quando è successo un evento traumatico. Un operativo che si fa chiamare Fargo viene richiamato con urgenza in servizio a Milano, dopo un anno di latitanza trascorso in Irlanda. Lui dunque torna per l’incarico che intende affidargli il Messaggero, il superiore da cui ha sempre preso ordini, ora però con una cicatrice sul volto e la voglia di riscatto. Per questo motivo, definisce se stesso lo Sfregiato.
Si profila una sorta di "ultima missione" all’interno dello sgarrupato Hotel Galaverna, covo di prostituzione e malaffare, per potere poi cambiare vita per sempre. Le informazioni però sono nebulose, le circostanze sospette e gli avversari sembrano non avere un volto definito. "Il sistema non ti lascia andare", è la frase attorno cui ruota la vicenda. Perché certi ambienti e certi livelli fingono di essere dalla tua parte, mentre invece ti mettono alla prova. La missione potrebbe costargli la pelle, ma forse anche indurlo a uscire dal torpore in cui è precipitato dopo avere subito un'aggressione che solo per un pelo non si è rivelata fatale.
SG: Come sei passata dal giallo allo spionaggio?
La spy story è un sottogenere del giallo, quindi ci sono arrivata gradualmente, ma soprattutto sperimentando. Ogni genere letterario ha le sue regole e le sue difficoltà e credo che chi ama scrivere gialli, come me, arrivato a un certo punto sia invogliato a uscire dagli schemi. Per alzare l’asticella senza rimanere schiavo di un copione. O meglio, la forma mentis del giallista è un pochino “rigida”, perché il fine ultimo è essere credibile, facendo in modo che tutti i tasselli vadano al loro posto e al lettore non rimangano dubbi circa lo svolgimento del fatto delittuoso. Nello spionaggio ci si possono prendere più licenze; anche le vicende assurde acquisiscono un senso. Si dà un taglio dal ritmo più serrato e diventa un divertimento. Il protagonista può incarnare lo spirito di un supereroe, senza risultare megalomane o saccente. Per tornare alla domanda, credo che a un certo punto io mi sia stancata di escogitare sempre nuovi metodi per uccidere la gente, mantenendo intrecci fattibili. E abbia desiderato fare capolino in una vicenda che potesse dare più ampio respiro alla mia fantasia.
SG: Come nasce, nello specifico, Progetto Mercurio?
Da un racconto che ho inviato al Premio Stefano Di Marino nel 2022. Ovviamente ero digiuna della materia, del tutto acerba e priva dei più elementari rudimenti riguardo a tecniche spionistiche. Non sono nemmeno andata in finale! Però mi dispiaceva cestinarlo senza dargli una seconda possibilità. Sentivo che nella storia c’era del potenziale. Soprattutto, c’era molta azione. Il lettore si dovrebbe sempre divertire, e qui secondo me c’erano i requisiti giusti. Per cui mi sono rivolta ad Andrea Carlo Cappi, perché sapevo che aveva ripreso in mano la collana Spy Game di Delos Digital, fondata appunto dallo stesso Stefano di Marino. E lui ha saputo darmi le giuste dritte per modificare alcune parti e renderle adatte alla pubblicazione.
Come prima esperienza, bisogna accettare il fatto che senza di lui non ce l’avrei mai fatta. Avevo bisogno della sua competenza. Per fortuna è andata bene: quando a editing finito Cappi mi ha comunicato che Progetto Mercurio sarebbe stato il numero 41 della storica Collana, sono impazzita di gioia. Lo posso dire? Ebbene, è andata così.
SG: Com'è stata la tua iniziazione alla spy-story come lettrice, spettatrice e via dicendo?
Sono sempre stata una grande lettrice, sin dall’età di undici anni. Dovessi scegliere con una pistola puntata alla tempia (dato che siamo nel posto giusto!) tra lettura e scrittura, sceglierei sempre e comunque la lettura. Però devo dire che mentre i miei romanzi sono stati unicamente gialli o thriller, a “iniziarmi” alla spy story sono stati i film. C’era ad esempio quello splendido Dove osano le aquile, che guardavo da piccola assieme a mio papà, appassionato a sua volta del genere. E qui mi stordiva l’altezza, d’accordo... mi riferisco alla classica scena della funivia. Però anche l’azione, serrata e battente, in quella fortezza in alta quota, abitata da un manipolo di spie... Potrei citare anche Simon Templar, di cui ho visto tutta la serie, e Gli infallibili tre, di cui mi colpiva l’aplomb. Potevano fare di tutto, questi personaggi, però mantenevano sempre una classe innata e inconfondibile. Ecco, la possibilità concessa a un personaggio di trasformarsi e dare vita a imprese al limite del possibile, credo sia stato il “motore immobile” della mia formazione. Come dire? Divertirsi porta a fantasticare. Fantasticare porta a creare. Tante situazioni, tanti soggetti, tanti mondi.
SG: Qual è la tua visione della spy-story?
Far divertire il lettore, ma credo di averlo già detto. Ritengo che la spy story abbia un fine comune con il giallo in generale, ovvero quello di “prendersi” in un certo senso una rivalsa. Nella detective story prevale il senso di giustizia e alla fine si smaschera un colpevole. Qui l'obiettivo può essere un oggetto, oppure un progetto, che senza un intervento opportuno finirebbe nelle mani sbagliate. Impadronirsi di qualcosa che si vuole per sé, a parte il senso di avventura, credo definisca bene quel che io intendo quando penso a una storia dove buoni e cattivi rimangono sul filo di un rasoio che di punto in bianco si può ribaltare, confondendo i margini. Fagocitando possibile e impossibile, in qualcosa che terrà piacevolmente compagnia a chi ne vorrà fruire.
SG: Raccontaci della tua carriera nel giallo: libri, racconti, premi...
Su di me non credo ci sia tanto da dire. Sono di origini ferraresi, ma abito da più di vent’anni a Padova. Ormai sono veneta, si sente anche nella parlata! Nel 2017 ho avuto la fortuna di conoscere Franco Forte... o meglio, l’audacia di proporgli un mio testo per la casa editrice Delos Digital. Da allora, ho pubblicato un romanzo e dodici racconti lunghi, in quanto le mie storie hanno trovato riscontri positivi. Partecipo sovente a concorsi letterari, perché credo rappresentino un’occasione per farsi leggere e valutare da perfetti sconosciuti, per cui si possono avere dei giudizi oggettivi.
Nel 2022 ho vinto il Garfagnana in Giallo nella sezione Nero digitale, col romanzo breve Il suono delle sue ferite, pubblicato da Delos Digital nelle collana Passport. Qualche altra soddisfazione è arrivata, ma la cosa più importante è stata la vittoria al GialloLuna NeroNotte 2023, dove col racconto Doppia promessa mi sono aggiudicata la pubblicazione sul Giallo Mondadori. Inoltre, sempre nel 2023, ho pubblicato il giallo storico In grazia di Dio con Todaro Editore.
Che altro? Amo leggere e se impazzisco di entusiasmo, per un romanzo che mi colpisce in modo particolare, scrivo la recensione su MilanoNera, la testata giornalistica di Paolo Roversi. Sono una grande appassionata della rivista Writers Magazine Italia e quando ho l’opportunità invio racconti o articoli letterari. Una curiosità? Vengo dal mondo della poesia, che è stata il mio primo amore. Una giallista-poeta, l’avete mai sentita? Eppure, tant’è.
SG: Una cosa non esclude l'altra: a noi vengono in mente Dorothy L. Sayers, somma autrice di mystery, ma anche traduttrice in inglese della Divina Commedia; e Nicholas Blake, lo pseudonimo usato per scrivere gialli dal poeta Cecil Day-Lewis... Quindi possiamo dire che sei in ottima compagnia! Un'ultima domanda: un tuo ricordo di Stefano Di Marino, fondatore della collana Spy Game e perenne punto di riferimento per la spy story italiana.
A differenza di tanti miei colleghi, io purtroppo non l’ho mai conosciuto. E mi resterà sempre questo rammarico. Al di là del suo talento, indiscusso, mi ha colpito il fatto che tutti abbiano avuto parole splendide per lui, definendolo Maestro. Mi sono fatta l’idea che fosse una persona estremamente umile. Anni fa, cercavo una collana in Delos Digital dove poter pubblicare un racconto western. E lo stesso Franco Forte mi ha fatto presente che non c’era. Io però l’avevo vista e nella mia infinita ignoranza non sapevo che fosse stata creata da Stefano di Marino. “Ma tu vorresti scrivere nella collana che era sua?” mi ha risposto Franco, che è sempre paziente e gentile però, come dire, deve mantenere un punto, per determinare un certo ordine.
Ebbene, Progetto Mercurio è uscito in Spy Game. In questo senso, allora, sento di essere stata molto fortunata.
Grazie per lo spazio riservatomi e un saluto ai lettori.
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