domenica 15 maggio 2022

Iperwriters - Biodiversità invisibili: talento - 3

Photo: Athanasion Papazacharias on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì, ore 13. La nave Iperwriter passa, lasciandosi alle spalle i numerosi successi planetari che hanno solcato i mari di quest'epoca.
Il talento ha successo, dite? Se ci crediamo sempre e non rinunciamo al sogno mai? E per qualcuno, come si suol dire, il sogno continua?
Vero Ma, se lo analizzate a fondo, il talento che ha successo è utile, manovrabile e soprattutto inoffensivo. Per quante siano le sue varianti non è una voce unica (una voce d'autore), ma parla con la Voce Unica Omologata. E comunque ha sempre una data di scadenza: altri talenti sono in coda e hanno diritto alla scena.
Così, chi sopravvive a uno degli innumerevoli talent show viene inghiottito da altri format televisivi in cui deve fare cose (spesso imbarazzanti) che non hanno nulla a che fare con il suo specifico talento, o interpretare/clonare grandi talenti a cui la cultura del passato ha permesso di diventare iconici. Mentre questi ultimi dovranno a loro volta esibirsi e promuovere nuovi aspiranti talenti. Triplo scopo: destrutturare e riportare a terra chi è mitico, creare in tutti l'illusione di poterlo diventare, e amalgamare tutti in una marmellata di Voce Unica fruibile da tutti.
Ma infine, obietterete, fra quanti passano e vanno in televisione qualcuno resta per anni, per decenni.
Ma chi resta? Chi ha abbandonato ogni ambizione di singolarità, o non ne ha mai posseduta, e passa dall'avere talento a gestire i talenti: farli esibire nel circo mediatico e gareggiare; giudicarli, criticarli, formattarli in Voce Unica e consegnarli al pubblico. E comunque, chi lavora con il talento degli altri può restare, ma deve dichiarare di tanto in tanto: "Io non so fare nulla".
Quando ero molto giovane ho creduto alle filosofie “progressiste”: ecco sorgere una società ludica in cui ciascuno dovrà svolgere per tre giorni alla settimana un lavoro bruto, noioso e ripetitivo al servizio della comunità, e gratificarsi per il resto del tempo in qualche attività artistica. Così il bene della creatività non sarà privilegio di pochi, ma tutti potranno goderne.
Nell'ingenuità dei miei diciotto anni mi pareva talmente bello che non pensavo potesse avverarsi. Si è avverato, e non è per niente bello.
Oggi so che non serviva a creare un mondo di creativi gioiosi. Serviva a creare un mondo di lavoratori schiavi.
E relitti di vero talento.

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