Visualizzazione post con etichetta giallo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta giallo. Mostra tutti i post

domenica 25 giugno 2023

Spy Game incontra Andrea Carlo Cappi - 2

Di Marino e Cappi all'Università Statale di Milano, 2010

Spy Game incontra...

Seconda parte dell'intervista ad Andrea Carlo Cappi, nell'ambito degli incontri con autori e autrici della collana in ebook Spy Game - Storie della Guerra Fredda di Delos Digital. Dopo il percorso dello scrittore nell'ambito della spy story, vediamo ora le sue attività in altri campi della narrativa.

Andrea Carlo Cappi, autore di molti generi

SG: La maggior parte della tua produzione sembra imperniata sullo spionaggio. Ma quale etichetta ritieni più adatta al tuo lavoro?

ACC: Cronologicamente, la prima è "giallo", dato che sono emerso dall'anonimato con i miei primi racconti su Il Giallo Mondadori. Il mio esordio ufficiale, anche se stavo già lavorando "nell'ombra" da un paio di anni, fu un mystery con protagonista Ernest Hemingway in appendice al Giallo Mondadori, uscito a metà ottobre del 1993. Poi, sempre in appendice al Giallo, seguirono le prime storie con il Cacciatore di Libri, detective bibliofilo milanese, mentre quelle con Carlo Medina - a partire da Milano da morire - apparvero sugli speciali stagionali.
Anche se spesso viene dimenticato, buona parte della mia produzione iniziale e una quota di quella dei trent'anni successivi rientra nella categoria "giallo milanese": ho fatto parte della Scuola dei Duri fondata da Andrea G. Pinketts, sia partecipando all'antologia-manifesto Crimine - Milano giallo-nera, sia frequentando attivamente il gruppo che si era creato all'epoca. Con i romanzi su Toni Black mi rifaccio invece alla novela negra spagnola.
Per quanto il termine "giallo" sia spesso identificato con il solo "giallo classico", in realtà è una definizione più estesa, che include tanto il "noir" quanto la spy story. Dato però che negli anni mi sono occupato anche di altri generi, alla fine per la mia produzione ho adottato anch'io la definizione prediletta da Stefano Di Marino: "narrativa popolare".

Dal 4 luglio 2023 in volume e ebook


SG: Infatti hai scritto anche fantascienza, horror, romanzi storici...

ACC: ... e a volte commistioni tra generi. Alcuni racconti con il Cacciatore di Libri si avvicinano al fantastico. La serie di racconti e romanzi brevi con Antonio Stanislawsky unisce fantascienza e giallo. La saga Danse Macabre, ispirata ai fumetti italiani di vampire degli anni Settanta, mescola horror, erotismo, urban fantasy, thriller, persino con un tocco di spy story. Ma anche nei "sexy-thriller" scritti a quattro mani con Ermione siamo di tanto in tanto sconfinati nella fantascienza, come nella novelette Nuova carne, ora presente nella nostra antologia Neri amori, o nel romanzo LUV.
Quanto alle mie incursioni nella narrativa storica, Rochester è di fatto un giallo imperniato sull'omonimo poeta inglese (lo stesso poi portato sullo schermo in The Libertine) mentre Il Visconte/La spia del Risorgimento nasce come saga di spionaggio nell'Ottocento. Purtroppo, dopo l'improvvisa scomparsa dell'amico e co-autore Paolo Brera nel 2019, sarà impossibile proseguirla: mi sono limitato a un racconto con lo stesso protagonista nell'antologia Come d'Arco scocca. Tuttavia è in arrivo, nell'autunno 2023, un altro mio romanzo storico: Il ponte sospeso.

Neri amori di Cappi & Ermione

SG: Sei noto anche per i tuoi romanzi su personaggi dei fumetti, da Martin Mystère a Diabolik ed Eva Kant.

ACC: Sì. A Mystère, oltre ad alcuni racconti, ho dedicato un serial online, sette romanzi - uno dei quali ha vinto nel 2018 il Premio Italia come miglior romanzo fantasy del 2017 - e i serial che da due anni escono in appendice agli albi mensili del fumetto. Sono tutte storie originali legate alla continuity del personaggio. Quindi nel luglio 2023 escono in edicola la riedizione de L'ultima legione di Atlantide (già pubblicato in libreria nel 2014) e il primo episodio di un nuovo serial, Le Tavole del Destino, in appendice all'albo n. 401, illustrato come il precedente Zona Y da Carlo Velardi.
Per quanto riguarda Diabolik ed Eva Kant, sono protagonisti di quattro romanzi originali e delle mie novelization dei recenti film. Ma nel luglio 2023 sullo speciale estivo Il Grande Diabolik esce un mio racconto originale illustrato da Giuseppe Palumbo con protagonista King, personaggio fondamentale dell'universo di Diabolik, che appare anche nell'imminente terzo film dei Manetti bros.

Il romanzo di Martin Mystère del 2022

SG: Com'è scrivere storie con personaggi ideati da altri, in questo caso Alfredo Castelli  e le sorelle Giussani?

ACC: In un certo senso, non è diverso dallo scrivere di personaggi miei, a parte la responsabilità di non deludere le aspettative del pubblico che li conosce, li segue e li ama da decenni. Ma è la stessa prova che affrontano con successo, mese dopo mese, tutti coloro che lavorano alle sceneggiature per le storie a fumetti. Una volta che si entra, per così dire, nella mente dei personaggi, si riesce a scrivere qualcosa di personale, senza però tradirli.
Ma anche scrivere una novelization - nel caso particolare dei film dei Manetti bros., di storie nate a fumetti e poi trasposte al cinema - richiede un forte intervento creativo. Una buona novelization non può essere una banale trasposizione di dialoghi e azioni: dev'essere un vero e proprio romanzo, in cui vanno approfonditi anche aspetti assenti sullo schermo, ma necessari per un libro.

Diabolik: la seconda novelization

SG: Per concludere, un tuo ricordo di Stefano Di Marino, ideatore della collana Spy Game oltre che grande autore di "narrativa popolare".

ACC: Non è facile riassumere in poche parole venticinque anni di lavoro e amicizia, e di scambi di opinioni quasi quotidiani. Stiamo parlando di una figura inarrivabile e insostituibile, che non è stata mai riconosciuta come meritava. Ha vissuto nel paradosso di essere l'autore italiano di maggior successo nel campo del thriller senza che nessuno lo dicesse mai, nel continuo tentativo, alla lunga riuscito, di farlo scomparire. Ma chi scrive, come dico sempre, non sparisce mai, finché si riesce a mantenerne la presenza con i suoi libri. Nel suo caso, anche con i premi: il Premio Stefano Di Marino di Segretissimo Mondadori, in cui sono uno dei giurati, e il Premio Il Prof, associato al Premio Torre Crawford, di cui presiedo io stesso la giuria.

Altro su Spy Game...









martedì 18 agosto 2020

Endless Night (1972)



Retrospettiva di Andrea Carlo Cappi

Vidi questo film al cinema circa quarantasette anni fa, in seconda visione come si usava allora, sotto il titolo Champagne per due dopo il funerale. Fino a ieri, quando l’ho estratto da un cofanetto spagnolo con ben undici film tratti da Agatha Christie, ne ricordavo quasi solo il manifesto italiano, che replicava la grafica de Il Giallo Mondadori, pubblicazione seguita da tutta la famiglia. All’epoca non avevo ancora cominciato a leggere né gialli né la Christie – il cui nome era bene in vista sul cartellone – ed è probabile che questo film abbia contribuito al mio interesse per l’argomento.
Il caso vuole che nel quasi mezzo secolo intercorso mi sia capitato di incontrare l’attrice più famosa del cast, ma il romanzo da cui è tratto il film rimanga uno dei pochi che non abbia mai letto di Dame Agatha. Tra parentesi, il titolo originale di libro e pellicola è Endless Night, da una poesia di William Blake; il titolo italiano del romanzo è invece Nella mia fine è il mio principio, frase attribuita a Mary Stuart, regina di Scozia, e ripresa da un altro poeta, T. S. Eliot, ne I quattro quartetti. Ma l’oblio mi ha permesso di rivedere il film nelle condizioni migliori, ossia con solo un vago sospetto di come si risolvesse.

Endless Night
è uscito nel 1972, solo cinque anni dopo la pubblicazione del romanzo, anche se la trama sviluppa quella di un precedente racconto di Miss Marple. Ma libro e film non hanno al centro un detective e sono imperniati sulla narrazione in prima persona del protagonista, un giovanotto della working class che ambisce a un passaggio di categoria, tema ricorrente nella cinematografia britannica dell’epoca. Viene da pensare con nostalgia al fatto che oggi questa spinta al miglioramento – anche attraverso la cultura – sembra essersi spenta nel Regno Unito come più o meno dappertutto.
Il giovane Mike Rogers (l'attore televisivo Hywel Bennett) ama i vestiti eleganti, i musei, le case d’aste, le proprietà immobiliari. Un mondo cui ha accesso solo come autista dei ricchi che accompagna per le strade di Londra e in giro per l’Europa. A Positano incontra però il geniale architetto Santonix (Per Oscarsson, attore svedese apparso di recente anche in Millennium), malato terminale, che si appassiona al sogno di Mike di costruire una casa sul terreno di Gipsy’s Acre, nella campagna inglese, e vuole farne il proprio ultimo capolavoro.
Un sogno impossibile, se il giovane non avesse appena conosciuto la graziosa americana Ellie Thomsen (Hayley Mills, figlia di sir John Mills ed ex-star della Disney). La storia d’amore tra i due si risolve in un matrimonio all’insaputa delle rispettive famiglie, con la complicità indiretta di Greta, insegnante di tedesco e amica di Ellie (Britt Ekland). Sogno realizzato: Santonix riesce a completare una magnifica residenza a Gipsy’s Acre, unendo architettura e tecnologia anni Settanta. Unici dettagli fuori posto: un’anziana signora del luogo – una sorta di Mary Poppins in negativo – che si aggira nei dintorni lanciando sassi e maledizioni; e la bella Greta, che si piazza a casa della coppia e sembra voler dettare legge.
Ma, come dice William Blake – nella poesia musicata dall’autore della colonna sonora, del quale parlo tra poco – c’è chi è nato per le gioie della vita e c’è chi è nato per la notte infinita...

Nel cast, oltre al leggendario George Sanders nel ruolo dell’avvocato di famiglia, appaiono molti volti di caratteristi britannici dell’epoca, come Lois Maxwell (la Moneypenny storica dei film di James Bond), Walter Gotell, Peter Bowles o David Bauer. Il film, diretto dal professionista Sidney Gilliat, è volutamente hitchcockiano, con qualche sperimentalismo appena accennato e un’atmosfera che nella rare scene meno glamour (Mike a casa della madre) richiama Frenzy, ma soprattutto con le musiche di Bernard Herrmann, già autore delle più celebri colonne sonore per il mago del brivido.
La Christie non fu entusiasta del risultato, turbata anche da una breve inquadratura delle natiche di Britt Ekland... o di una sua controfigura. Ma la pellicola è, credo, fedele al romanzo, alla sua struttura narrativa e alle sapienti ambiguità di Dame Agatha. Risulta efficace ancora oggi, con un elevato grado di suspense, oltre a essere un perfetto spaccato di società, design e lifestyle anni Settanta. Una curiosità e un altro titolo da scoprire anche per me: la coppia protagonista e Bernard Herrmann avevano partecipato nel 1968 al thriller di Roy Boulting I nervi a pezzi, il cui tema musicale è stato riportato alla fama da Quentin Tarantino in Kill Bill vol.1.

Iperwriters - Tiro al piccione su Superman

Photo: Johan Taljaard on Unsplash I perwriters - Editoriale di Claudia  Salvatori Letteratura italiacana - 59 - Tiro al piccione su Superman...