IperWriters - Editoriale di Claudia Salvatori
Spiegare come, quando e perché è stato voluto il crollo del valore di mercato della cultura umanistica sarebbe un’impresa al di là delle mie forze e capacità.
Ma c’è una domanda che continua a ossessionarmi: che cosa ci spinge ancora verso la scrittura, come se fosse carica di un carisma che ormai non corrisponde più di fatto a nulla di vissuto? In altre parole, perché ci piace essere scrittori, ci drappeggiamo nelle nostre identità di scrittori, come se fossimo ancora vati, santi, eroi e naviganti (delle terre immaginate)?
La ricerca storica mi ha fornito forse una spiegazione. Nelle epoche passate gli artisti sono stati onorati, protetti, premiati.
Nell’antica Roma un professore di grammatica valeva una somma che attualmente gira solo nel calciomercato. E così via: più si va indietro nella storia, e più il lavoro intellettuale/artistico sembra essere stato quotato. Fino all’antico Egitto, in cui l'artista era il secondo del regno immediatamente dopo il re.
I nostri antenati hanno sperimentato una condizione in cui alla felicità creativa potevano essere aggiunti ricchezza e beni materiali, posizione sociale, il rispetto e l’ammirazione del resto della comunità, e perfino una forma di venerazione.
Allora mi chiedo se non è possibile che tutto questo si sia trasmesso stabilmente nel DNA umano, e se non sia diventato una forza agente nella coscienza collettiva.
Una forza che ci spinge ancora a creare, fra disinteressata ricerca della bellezza e patetica velleità, fra candore e narcisismo, fra legittima lotta per l’amore e la gloria e odioso culto dell’ego autoreferenziale.
Altrimenti non si spiegherebbe come, in un simile tempo di decadenza che dopo averci polverizzati impasta continuamente la nostra polvere, ci sentiamo spinti in così tanti verso un mestiere sottopagato, non istituzionalizzato, non socializzabile, affidato al caso e alla fortuna, che non ha nessun avvenire e comporta troppi rischi, e infine rende invisibili.
E’ bello pensare che a Dante, ad Ariosto, a Leonardo, a Michelangelo sia stato dato di che vivere molto dignitosamente. Chi darebbe oggi ospitalità a un poeta, anche solo in un garage o in una cantina?
Se non trovate una cantina, ci sono sempre i nostri container.