Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori
Letteratura italiacana - 68 - Schiava del successo
Venerdì,
ore 13. Se non avete letto l'editoriale precedente, vi ricordo quel
cartellino pubblicitario sui treni che invitava a pubblicare il
romanzo nel cassetto. La fine dell'era Gutenberg, e l'inizio di
quella attuale.
Vuoi pubblicare il tuo libro? Eccomi dieci anni prima di quella pubblicità
(di recente ne vedo anche sugli autobus). E, certo che vorrei
pubblicare il mio libro.
Ho
quasi quarant'anni, e non ho ancora combinato nulla. Fumetti,
gialletti (definizioni di altri, sempre cadute dall'alto), qualche
aborto letterario e molti muri. Ho sofferto crudelmente, ricevendo
rifiuti che arrivavano dopo uno o due anni di attesa. Sono le attese,
la cosa peggiore. La senzazione annunciata della dissipazione di un
anno, due anni di vita. Qualche volta ho pianto.
La
frustrazione del talento non riconosciuto (che ci sia o si creda
soltanto di averlo) è una delle più strazianti che esistano al
mondo. Ma non avevo già pubblicato nelle collane da edicola di
nientemeno Mondadori? Già quello era stato difficile. Già a
Cattolica, mentre ricevevo il Premio Tedeschi, ero pervasa da una
specie di indefinibile malessere. Presentivo che le difficoltà non
erano finite, ma stavano appena cominciando. Gli agenti letterari non
mi volevano, sostenendo che non avevo bisogno di loro per pubblicare
in edicola.
Non
avendo una famiglia che ti insegna come (e ti prepara a) riuscire
nella vita, né mentori, padrini o madrine, mi affidavo a una delle
poche risorse che avevo: l'originalità. Cercavo di attirare
attenzione con nuove idee, nuovi modi di trattare i temi, terreni
narrativi inesplorati. Perché nessuno se ne accorgeva? Sembrava che
invece di un premio meritassi un castigo.
Eppure
me lo dicevano, in
privato, che
ero originale.
Me
lo dicevano, che avrei dovuto pubblicare un libro per le librerie.
Come ora mi dicono che i miei saggi dovrebbero uscire da Einaudi.
Peccato che da Einaudi non lo sappiano, come allora i grandi editori
mi ignoravano.
Il
fatto è che, come tutti gli scrittori, sono una schiava del
successo. Voglio il successo e i miei pianti gridano che senza poter
condividere il mio lavoro non
sento neppure di essere me stessa.
Intanto
stampo dozzine di copie del mio romanzo Schiavo
cerca padrona per
spedirlo dappertutto.
Mi
ero dimenticata del primo editore a cui lo avevo mandato, due anni
prima.
(Immagine: "La schiava turca" di Francesco Mazzola detto il Parmigianino, 1533, con fondale generato mediante AI)
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