Riflessioni di Andrea Carlo Cappi
Se nel 2023 sono passati settant'anni dalla pubblicazione del romanzo Casinò Royale, nel 2024 ricorre per James Bond un altro importante anniversario: il 12 agosto 1964 moriva a cinquantasei anni il suo creatore Ian Fleming e solo qualche mese dopo nel mondo intero scoppiava la cosiddetta Bondmania, con l'uscita natalizia del film Agente 007 - Missione Goldfinger (terzo della serie, che però in Italia sarebbe stato proiettato dal febbraio 1965).
In occasione di questo doppio sessantennale, dal 5 marzo 2024 a Milano la Fondazione Culturale San Fedele (piazza San Fedele 4) organizza Bond Anno Zero, una rassegna cinematografica con l'intervento di esperti e l'amichevole partecipazione di Edward Coffrini Dell'Orto, co-autore con me di vari saggi sul "Mondo Bond". La domanda è: cos'è stato e cosa diventerà James Bond? Vengono proposti, in lingua originale e sottotitolati, cinque ottimi film dell'agente 007, tra cui a mio avviso i due migliori in assoluto, vale a dire Dalla Russia con amore (1963, ma in Italia la prima ebbe luogo il 31 gennaio 1964) e Casinò Royale (2006, che da noi arrivò il 5 gennaio 2007).
Nella rassegna il protagonista appare con i volti di cinque interpreti diversi: nell'ordine, Sean Connery, Roger Moore, Timothy Dalton, Pierce Brosnan e Daniel Craig (manca all'appello solo George Lazenby, che sostituì Sean Connery per un unico episodio, Al servizio segreto di Sua Maestà del 1969). Ma c'è un ulteriore criterio per la selezione delle pellicole: ognuna è molto indicativa dell'epoca in cui è state realizzata. I cinque appuntamenti, di cui qui sotto trovate il programma, mi portano quindi a riflettere sui rapporti tra lo 007 cinematografico e i tempi in cui è stato proposto sul grande schermo.
Sean Connery interpreta un Bond più "anni Sessanta" rispetto ai libri, un agente segreto playboy più che un tormentato operativo del servizio segreto britannico. Pur con qualche ritocco della trama in chiave spettacolare, il film Dalla Russia con amore rimane pressoché fedele alla vicenda di spionaggio del libro. Ma, anche se vengono rispettati il contesto della Guerra Fredda e la contesa tra agenti segreti britannici e sovetici, nel passaggio da libro a film cambiano i "veri" avversari di Bond: è in azione la SPECTRE. Questa organizzazione internazionale era stata concepita proprio pensando al cinema e, apparsa nei romanzi di Fleming dal 1961, è stata immediatamente inserita nelle sceneggiature di 007 tratte anche da libri precedenti. Alla SPECTRE fanno infatti capo quasi tutti i nemici di James Bond nel suo primo decennio sullo schermo.
Nondimeno, Dalla Russia con amore è il film più vicino a Ian Fleming come epoca e atmosfere. Nella realizzazione del regista Terence Young si avverte persino un certo sapore hitchcockiano, con la bionda attrice italiana Daniela Bianchi nel ruolo di Tatiana Romanova, coinvolta in un gioco che la vede pedina involontaria.
Il secondo film della rassegna è Vivi e lascia morire, ottavo della serie e primo in cui Roger Moore indossa i panni di James Bond nella versione più ironica già adottata da Sean Connery negli ultimi anni. Nel primo decennio sul grande schermo, la serie 007 si è arricchita non solo di humour e azione, ma anche di elementi fantascientifici e di parecchie infedeltà (quando non veri e propri tradimenti) rispetto ai romanzi originali.
Il libro Vivi e lascia morire del 1954 (il secondo scritto da Fleming) era a metà tra noir spionistico negli USA e avventura esotica nella Giamaica tanto amata dallo scrittore; e l'avversario di Bond era "Mister Big", primo grande boss della malavita afroamericana, legato a un culto voodoo e in loschi affari con i servizi segreti sovietici. Il film stavolta rinuncia alla fantascienza e recupera dal libro i temi del gangsterismo e del voodoo, cui viene dato ampio spazio, addirittura con qualche sottile suggestione esoterica che ispirerà anche Indiana Jones: una celebre gag de I predatori dell'arca perduta proviene proprio da questo film...
Ma soprattutto Vivi e lascia morire viene girato vent'anni dopo che Fleming ha scritto il romanzo. E nel 1973 negli USA è appena esplosa la moda della blaxploitation, il cinema con protagonisti afroamericani, che vede nella serie Shaft (dai romanzi di Ernest Tidyman) la risposta "nera" a 007. Sicché il film Vivi e lascia morire non solo è per stile e costumi vicino alla blaxploitation, ma è anche popolato da varie star afroamericane di quella stagione: mi permetto di citare Gloria Hendry nel ruolo di Rosie Carter, le cui scene d'amore interrazziale con 007 furono censurate nel Sudafrica dell'apartheid. E persino la colonna sonora, per la quale John Barry si prende una pausa, si divide tra la title song di Paul McCartney e lo score di George Martin (il "quinto Beatle") dalle sonorità molto 70's.
Il terzo film della rassegna è Vendetta privata, del 1989, sedicesimo della serie ufficiale della EON (in mezzo si era introdotta nel 1983 una pellicola di produzione "rivale", Mai dire mai, in cui Sean Connery riprendeva la parte di 007) oltre che secondo e ultimo con Timothy Dalton nel ruolo di James Bond.
Con lui si cerca di tornare a un approccio più serio e noir al personaggio, riavvicinando la serie cinematografica ai romanzi da cui spesso si è distaccata. La sceneggiatura non si basa però su alcun libro, eccetto alcuni capitoli di Vivi e lascia morire - tra cui uno molto drammatico - che non erano stati usati per il film del 1973. L'intreccio fa pensare ai romanzi dedicati a 007 da John Gardner, all'epoca continuatore ufficiale della saga letteraria, che di questo film firma infatti la novelization. Curiosamente, il titolo in inglese della pellicola è Licence to Kill ("Licenza di uccidere") ma per l'edizione italiana dev'essere cambiato, dal momento che da noi era stato impiegato per la prima pellicola della serie, nell'edizione originale Doctor No.
Ma a rendere questo film forse il più rappresentativo del Bond anni Ottanta è la vicinanza per stile e argomento alla serie tv di maggior successo di quel decennio, Miami Vice. Qui infatti Bond affronta tra Florida e America Centrale uno spietato narcotrafficante con cui ha un conto aperto a livello personale; per compiere la sua private vendetta arriva al punto di farsi sospendere dal servizio segreto britannico e fingersi un mercenario, in modo da infltrarsi nell'organizzazione del suo avversario e distruggerla dall'interno. Lo score di Michael Kamen si alterna a numerosi brani cantati, secondo la tradizione degli album delle colonne sonore del decennio.
La proposta successiva della rassegna, GoldenEye, è la pellicola seguente nella saga, uscita dopo un lungo intervallo nel 1995, e la prima con Pierce Brosnan, da anni in lista d'attesa per il ruolo di 007. Nel frattempo ha avuto luogo il crollo dell'URSS, la Guerra Fredda è finita (o almeno così si crede a quel tempo) e si può persino girare parte delle scene in Russia. Di certo questo film rappresenta un'epoca di transizione particolarmente rilevante nel campo della spy story, in cui le ombre del passato sovietico e del KGB rischiano di soffocare lo spirito della perestrojka.
Perciò James Bond, in una storia scritta appositamente per lo schermo (con puntuale novelization di John Gardner) deve debellare un ex collega che si rivela in realtà un pericoloso avversario equipaggiato con la più avanzata tecnologia che si possa rubare. Be', d'accordo, il nemico è interpretato da Sean Bean, quindi oggi sappiamo tutti che il suo personaggio avrà scarse probabilità di sopravvivere.
Le musiche, atipiche, sono del lucbessoniano Eric Serra, mentre la canzone dei titoli vede la collaborazione fra Tina Turner e parte degli U2. In realtà GoldenEye fu il nome in codice di un'operazione segreta concepita da Ian Fleming durante la Seconda guerra mondiale, quando lavorava presso il servizo segreto della Royal Navy: con esso lo scrittore battezzò poi la propria casa in Giamaica, in cui dal 1952 ogni anno si ritirava a scrivere un romanzo di James Bond. Per questo Goldeneye era stato anche il titolo di un interessante tv movie sulla vita di Fleming, ben interpretato da Charles Dance.
Ultimo appuntamento della rassegna: Casinò Royale, primo film della pentalogia con Daniel Craig giunta sugli schermi tra il 2006 e il 2021, tratto però dal primissimo romanzo di Ian Fleming, pubblicato nel 1953. Lo scrittore ne aveva venduto l'anno dopo i diritti televisivi (grazie ai quali ne era stato subito realizzato un adattamento per la tv nel 1954) e cinematografici, questi ultimi però a una compagnia che non ne aveva fatto nulla. Quando la EON cominciò a girare la serie nel 1962, non potê acquisire i diritti, che seguirono invece un bizzarro percorso e generarono nel 1967 un film "concorrente", parodistico e psichedelico, intitolato James Bond 007 - Casinò Royale.
Ma, dopo mezzo secolo, finalmente la EON ha la possibilità di portare il libro sullo schermo e decide di fare un vero e proprio reboot con un "nuovo" James Bond che acquisisce la licenza di uccidere negli anni Duemila (anche se il ruolo del suo capo, M, tocca a Judi Dench, apparsa nella stessa parte nei film con Pierce Brosnan). Da anni si percepisce il desiderio di tornare allo spirito più serio di Ian Fleming, sia al cinema con occasionali tentativi, sia (con successo) nei romanzi, grazie al nuovo ciclo scritto da Raymond Benson tra il 1997 e il 2002. Il problema è che il pubblico cinematografico da 007 si aspetta più un action movie sfrenato che un cupo noir spionistico anni Cinquanta, come appunto il romanzo Casinò Royale.
Una brillante sceneggiatura che recupera l'intera trama del libro, riadattandola ai tempi e inserendola in una cornice credibile con la giusta dose di azione, permette di realizzare una perfetta simbiosi tra tutti gli elementi. Così nel 2006 arriva sullo schermo un James Bond più fedele al personaggio letterario rispetto a tutte le sue incarnazioni precedenti. E finalmente si vedono in scena due personaggi fondamentali di Fleming: Vesper Lynd (Eva Green) e René Mathis (Giancarlo Giannini), accompagnati da una canzone di Chris Cornell e da uno score di David Arnold, degno erede di John Barry. Alla regia è stato chiamato Martin Campbell, che già aveva rivitalizzato la serie 007 dirigendo GoldenEye.
Così arriviamo ai nostri tempi. Ora che Daniel Craig ha concluso il suo percorso come James Bond, con il finale di No Time To Die che richiama quello (mai usato precedentemente al cinema) del romanzo Si vive solo due volte, ci si aspetta quanto promesso dalla consueta frase nei titoli di coda: James Bond will return.
Ma come tornerà? Con un nuovo reboot o con un autentico sequel che vedrà in scena il nuovo interprete, chiunque sia? E riuscirà a mantenere lo spirito di Ian Fleming, in tempi come questi in cui persino i suoi romanzi scritti negli anni Cinquanta e Sessanta rischiano di essere ritoccati, nella presunzione di adattarli a un nuovo linguaggio politicamente corretto?
Se si dovesse ripartire sul serio da zero, in realtà varrebbe la pena di recuperare uno 007 filologico, che dovrebbe essere ambientato proprio negli anni Cinquanta e girato in bianco e nero, con lo stesso sapore hardboiled dei libri... Lo vedo improbabile. In ogni caso, James Bond non è certo un personaggio che si possa esaurire in un fugace e dimenticabile reel su un social network.
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