Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori
Letteratura italiacana - 40 - Una scandalosa distopia
Venerdì, ore 13. Nel precedente editoriale ci domandavamo come sarebbe il mondo se le letterature scatenassero nella maggioranza delle persone la stessa passione di una partita di calcio.
Proviamo a immaginare.
Ci sarebbero solo scrittrici e scrittori di quelli su cui oggi si fanno i biopic, film o serie tv. Dei giganti, dei veri mostri. E sarebbero la versione contemporanea degli dei dell'Egitto, degli dei della Grecia, degli dei delle saghe nordiche, di tutti gli dei e gli eroi di tutte le mitologie della storia umana. Verrebbero coperti d'oro. Pagati cifre quasi irreali, e nessuno direbbe una parola contro: nel loro caso non si oserebbe proporre di “ridistribuire la ricchezza”. Godrebbero di un'ammirazione del tutto scevra da invidia, perché non si invidia chi non è di questa terra. Perché una prestazione letteraria da campione è una cazzo di prestazione letteraria da campione, da far dire di che pianeta sei?, e a nessuno che non fosse davvero un campione salterebbe in testa di esserlo. Susciterebbero un timore reverenziale, qualcuno bacerebbe loro la mano, la mano scrivente di Dio. Si pronuncerebbero i loro nomi (perfino quelli ridicoli) con una solennità liturgica e insultarli, coprirli di immondizia e bava e sputi sarebbe come profanare un'ostia consacrata. Alla morte di uno di loro celebrazioni e lutto nazionale, come quando muore un re (unico caso in cui si ripristina la monarchia) e al funerale parteciperebbero in migliaia, milioni, fisicamente o mediaticamente.
E vediamo ora come vivrebbero i lavoratori del calcio in un mondo al contrario.
Grandi o piccoli, campioni o dilettanti, non avrebbero meriti, perché per loro non ci sarebbe merito, ma solo un'avvilente e ringhiosa competizione al di sotto dei pochi a cui il sistema (male e per poco) consente di dare un calcio. Non sarebbero pagati e dovrebbero svolgere un'altra attività per guadagnare. Inesistenti nei form da compilare nelle banche, compatiti dai parenti, costretti a giocare secondo schemi ripetitivi. Chiusi nelle bolle social autoreferenziali a parlare dei loro goal, assist, fuorigioco e rigori. E quando uno di loro morisse, quattro secche righe in cronaca sputate fra i denti, o niente.
Sì, sì, avete ragione, come storia fantasy è sgradevole, odiosa.
Neppure leggibile.
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