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Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori
Letteratura italiacana - 36 - E allora ve la do io
Venerdì, ore 13.
È una fortuna e una sfortuna che una rivista snob mi abbia respinta e disprezzata reputandomi buona solo a scrivere fumetti e gialli e sentenziando che "altro è la letteratura". Una provocazione a cui dovrò reagire. Aprirà una fase di intensa creatività e di errori di valutazione che sto ancora pagando.
Ora, io partivo da una formazione classica e umanistica, ma avevo scritto fumetti e gialli. Alla fine degli anni '80 i gialli sono ancora un ghetto, non ancora il Tutto, o almeno quel tutto in orbita al di fuori dei santuari dei grandi premi letterari. Persone più o meno malintenzionate mi chiedono: "Non vorresti scrivere un vero romanzo? Non vorresti fare letteratura?"
Certo che vorrei farne.
Adesso mi dicono che "Altro è la letteratura".
Non mi pareva di aver fatto proprio altro, piuttosto un avviamento a. Ho scritto cose piccole, d'accordo, ma sono ancora giovane e posso crescere.
E precisamente, cos'è questo altro? Quello che chiamano immobilità pensosa a me appare piuttosto come una stagnazione stilistica che pur nella sua pesantezza ha l'esilità di un peto. L'ho detto nei precedenti editoriali: la letteratura italiacana, dopo gli anni '50, mi è aliena. O sono io l'aliena, e comunque non so, non saprò mai scrivere in einaudese, fetrinellese, premiostreghese.
Ma dovevano farlo Robert Luis Stevenson, o Guy de Maupassant? Edgar Allan Poe sarà stato immobile e pensoso, qualche volta, quando non doveva affannarsi in giro per vendere i suoi racconti. Stava forse pensando di fare letteratura bassa con le sue trame gialle? I grandi del XIX secolo raccontavano la vita trasfigurandola in metafore, o parabole fantastiche per rivelare al mondo i segreti più neri. Erano scrittori biologici, che obbedivano alla loro natura senza gonfiare i muscoli davanti allo specchio nello sforzo narcisistico di comporrre capolavori. Non seguivano canoni perché erano loro a inventarli.
Le mie tendenze mi portavano verso quel tipo di fiction che, perdio, un tempo era quella che si faceva col sangue. Dovevo mettermi l'autostima sotto le scarpe? Cambiare? Diventare schizofrenica? Suicidarmi?
No. Ed ecco la mia reazione, dopo mesi a rimuginare: fottetevi.
Io farò quello che so fare, cercherò di farlo al meglio e di risplendere, risplendere quanto più possibile.
E vedrete che letteratura.
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