domenica 30 novembre 2025

Spy Game incontra Juri Casati

Juri Casati

Nell'ambito degli incontri con autori e autrici della collana in ebook Spy Game - Storie della Guerra Fredda di Delos Digital, oggi parliamo con Juri Casati, noto soprattutto come autore horror, ma attento sperimentatore di tutti i generi letterari, che ora infatti si rivela anche preparatissimo come autore di spionaggio con la sua novelette suddivisa in due volumi dal titolo Alba chiara: la prima parte è uscita all'inizio di novembre del 2025, la seconda parte è disponibile dal 2 dicembre. In questa intervista scopriamo i suoi trascorsi nella narrativa e il suo ingresso nella spy story.

SG: Benvenuto in questa collana fondata da Stefano Di Marino, maestro indimenticato della narrativa di spionaggio made in Italy. Parlaci del tuo Alba chiara.

Come è noto, il 10 luglio 1976 l’azienda chimica Icmesa rilasciò accidentalmente una nube di diossina, un agente chimico estremamente tossico, che avvolse la vicina città di Seveso, in Lombardia.
L’incidente suscitò enormi polemiche poiché l’Icmesa era stata accusata in passato di produrre il cosiddetto “agente arancio”, un’arma chimica che gli americani avevano largamente utilizzato durante la guerra del Vietnam. Ma la guerra in Vietnam era terminata da un anno. Cosa stava producendo adesso l’Icmesa a Seveso?
Ad alimentare ulteriormente le polemiche contribuì anche il comportamento della NATO, che inviò immediatamente a Seveso alcuni suoi uomini per monitorare la situazione. Perché lo fece?
La NATO, la CIA, gli americani insomma, c’entravano forse qualcosa con quello che era successo?
Alba chiara parte qui, da fatti e polemiche realmente avvenuti nell’Italia del 1976.


SG: E a questo punto entrarono in gioco altri attori...

I servizi segreti dei paesi dell’Europa orientale erano convinti che gli americani c’entrassero eccome ed elaborarono una spiegazione sui motivi che potevano aver spinto la NATO a testare gli effetti dell’uso della diossina sui civili. Secondo loro era un nuovo tipo di arma che non provocava vittime al momento, ma che poteva far vincere la Guerra Fredda nel giro di una generazione.
Ma per accusare gli Stati Uniti di un fatto così grave servivano prove, serviva cioè mettere le mani sul dossier che gli agenti della NATO avevano elaborato a Seveso nei giorni successivi al disastro.
Anni dopo, nel 1989, durante gli ultimi giorni della Guerra Fredda, un ufficiale della Stasi, il temibile servizio segreto della Germania Est, capì che era possibile recuperare quel dossier.
La Guerra Fredda sembrava ormai giunta al termine, gli americani e i loro alleati avevano vinto. Quella era l’ultima possibilità che rimaneva ai paesi del Patto di Varsavia di rovesciare l’esito della Storia.
L’intuizione che il dossier fosse ancora recuperabile venne all’ufficiale della Stasi nel modo più incredibile possibile, leggendo cioè un numero di Tv Sorrisi e Canzoni sequestrato a un ragazzo, che riportava un’intervista a Vasco Rossi nel decennale dell’uscita della sua canzone più nota, Albachiara.
Tutti i servizi dell’Europa orientale si mossero per mettere le mani su quel dossier.
Ma non tutti volevano la vittoria del socialismo.


SG: Questa novelette in due parti non era nata per Spy Game ma, quando è arrivata a Delos è risultata perfetta per la collana. Che cosa ti ha ispirato a scegliere questa storia e quel particolare momento storico?

È nato tutto un po’ per caso.
Sono partito da due spunti reali, due curiosità poco note al grande pubblico, che stavo rielaborando in storie diverse.
Da un lato mi aveva colpito leggere che la NATO avesse inviato a Seveso, nelle ore immediatamente successive all’incidente, alcuni esperti per studiare quello che i giornali di allora chiamarono “l’uomo diossinato”, cioè la persona che era stata esposta alla diossina.
Da un altro lato ero rimasto affascinato nell'apprendere che la prima versione del testo di Albachiara riguardasse il disastro di Seveso, che l’autore della prima versione del testo fosse morto di overdose e che il testo originario non fosse mai stato divulgato in seguito.
Poiché queste due curiosità avevano in comune la questione di Seveso, a un certo punto mi è venuto quasi spontaneo unire le due idee di partenza in un’unica storia.
Il genere spy story era inevitabile: se c’era di mezzo la NATO, doveva esserci di mezzo anche il suo omologo opposto, il Patto di Varsavia, cioè l’alleanza militare dei paesi comunisti europei.
Poi si è trattato di scegliere il periodo storico. Fine anni '70 o anni '80?
Devo dire che in un primo momento avevo pensato di collocare la storia direttamente nel 1976, durante le contestazioni studentesche e operaie italiane più violente. Poi però ho pensato che poteva essere la volta buona per scrivere qualcosa ambientato negli anni '80, periodo che non ero ancora riuscito a utilizzare come sfondo delle mie storie. E dire che ho sempre avuto interesse per gli anni '80 – decennio che ho attraversato quando ero bambino e ragazzo – con i suoi eccessi e le sue contraddizioni.

SG: Il che ti ha "portato" a Milano...

Se si parlava di Italia anni '80, la location non poteva che essere Milano, la Milano glamour, la “Milano da bere”, come diceva un fortunato spot pubblicitario dell’epoca. Per rendere meglio l’ambientazione ho trapuntato il testo di modi di dire, musica e cultura pop anni 80. Troverete quindi: commodore 64, paninari, yuppies, cocaina, modelle, Milan di Sacchi, I ragazzi della Terza C, Craxi, cortei sindacali, cantieri per Italia 90, felpe Best Company.
La scelta temporale mi ha anche consentito anche di smorzare i toni. La conflittualità tra spie non sarebbe stata come quella di certi film di 007, dura e pura. Sarebbe stata piuttosto una battaglia in un’epoca ideologicamente decadente – dove si affrontavano persone che non credevano più nei vecchi ideali e persone che tentavano di difenderli – e questo mi avrebbe dato la possibilità di creare personaggi con dubbi e problemi, cioè molto più realistici.

SG: Non sei abitualmente un autore di spy story, ma ti dimostri molto competente. Quali sono le tue esperienze come lettore e spettatore?

Da bravo cultore della storia degli anni '80, ho letto molta saggistica (in questo caso la saggistica equivale alla letteratura, fidatevi) riguardante la Guerra Fredda e gli stati che aderivano al Patto di Varsavia. Mi permetto per esempio di consigliare la lettura di C’era una volta la DDR di Anna Funder.
Per quanto riguarda la letteratura sono ancora legato ai grandi classici di John le Carrè, e credo che a leggerlo non si sbagli mai.
Per quanto riguarda i film il discorso si fa più complesso. Io, più che una storia nel pieno della Guerra Fredda, ho scritto una spy story a confronto quasi finito, quando cioè si erano ben delineati vincitori e vinti, un periodo narrativamente forse più interessante. E, non a caso, ho sempre apprezzato il film vecchio ma sempre bello Caccia a Ottobre Rosso.


SG: Parlaci ora del tuo percorso come scrittore.

Il mio comincia a essere un percorso lungo, ormai superiore ai vent’anni. Ho collaborato con una rivista musicale e ideato contenuti per la radio e per la pubblicità.
Ma soprattutto ho sperimentato sia il formato del racconto sia quello del romanzo, sia in cartaceo sia in digitale, cimentandomi principalmente nei diversi sottogeneri del fantastico: dal weird all’horror, dallo young adult alla fantascienza. Ma ho fatto incursioni anche nella fanfiction e nel giallo tradizionale.
Si tratta quindi di una vasta produzione, che mi ha permesso di pubblicare con diverse case editrici, tra cui Delos, Ponte alle Grazie, Profondo Rosso, La Sirena, DarkZone, Leima, Catnip, Dunwich, Echos, Esescifi, Erga.
In particolare per Delos ho già pubblicato nel 2019 Lo strangolatore di Little Rock, la storia di un serial killer che sembra scegliere le vittime a caso; e nel 2023 Il taccuino, in cui un’iscrizione su una lapide ottocentesca sembra contenere un indizio per risolvere un lontano omicidio, ma chi tenta di indagare muore.
L’ultima pubblicazione prima di oggi è stata nel 2024 con Ucciderò un’influencer, un horror per Profondo Rosso Editore.
Attualmente sto sperimentando il formato della webnovel, che per adesso è poco diffuso in Italia, ma che va per la maggiore in estremo Oriente – Giappone, Cina; Corea – cioè il mercato editoriale più ricco e innovativo.
Giuro che prima o poi scriverò un’altra spy story.

SG: E noi ti aspettiamo, ansiosi di leggerla!

giovedì 20 novembre 2025

Iperwriters - Il cerchio si chiude, o no?


Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 81 - Il cerchio si chiude, o no?

Venerdì, ore 13. Torniamo al mio primo librino da libreria, quasi invisibile sugli scaffali. Bisognava proprio andare a cercarlo, o chiederlo ai commessi. Mille copie vendute, tutto considerato, solo su segnalazioni e recensioni, dell'opera di un'ignota edita da un editore quasi ignoto al pubblico, non sono tanto male.
E non ci resto tanto male.
Posso crescere. Tropea ha deciso di uscire l'anno seguente con la ristampa di Superman non muore mai, ed è interessato a un testo a cui sto lavorando da tempo.
Quello che più conta, per me, è di essere stata scelta per lavorare con persone che fanno parte della storia della narrativa e della saggistica, come Laura Grimaldi e Maria Rosa Cutrufelli. Sto scrivendo un racconto per un'antologia erotica curata da Maria Rosa, che raccoglie racconti di scrittrici italiane, fra le quali Dacia Maraini. Nella città proibita sarà tradotto in America dalla University Chicago Press. Sono stata scelta per comparire in collane che ospitano i più interessanti scrittori a livello internazionale: Joyce Carol Oates, Dennis Cooper e Douglas Coupland. Saranno pubblicati altri libri di John Rechy e le ristampe dell'opera completa di Jean Genet.
E questo, per me, rappresenta la chiusura del cerchio.
Da una formazione di tipo classico-umanistico, respinta da una ricca casta della stessa formazione che non ama i poveri, ero caduta nelle (così bollate) paludi del fumetto e della narrativa di intrattenimento. E avevo fatto bene a gettarvi basi e a costruire da lì, per tentare di arrivare a una più alta forma di realizzazione. Ora che le paludi erano suppurate arrivando a invadere i salotti, il mio lavoro poteva avere un valore. Dal bozzolo dell'artigianato poteva rinascere la farfalla dell'arte, e vedevo arte nel lavoro di chi aveva fatto la mia stessa scelta. Il cerchio spezzato si ricongiungeva, riportandomi dove avrei dovuto essere dal principio.
Questi erano i miei sentimenti negli anni in cui pubblicavo con Marco Tropea.
Mi avevano augurato, ironicamente, di potermi comprare un attico con le royalties.
Mi avevano chiesto, sardonicamente, se ero ancora povera dopo le pubblicazioni.
Lo ero ancora, ma almeno un po' in pace con me stessa.

(Immagine: copertina di Nella città proibita, Marco Tropea Editore, 1997)

venerdì 7 novembre 2025

Iperwriters -Accogliamo gli schiavi?


Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 80 - Accogliamo gli schiavi?

Venerdì, ore 13. Torniamo al mio librino candido come la neve, quasi invisibile nelle librerie italiacane. Mille copie vendute, poco più o poco meno. Abbastanza normale, per un esordio in libreria. Una delusione se si sognava il botto, e quale scrittore non lo ha mai sognato? Ma dopotutto c'era la concorrenza dei molti libri erotici “al femminile” italiani e stranieri. Tutti più potabili e meno sgradevoli del mio.
L'ufficio stampa aveva lavorato bene, ma non ho ricevuto inviti per incontrare il (un mio?) pubblico. A parte un evento a Roma in cui sono stata invitata con altre due “scrittrici erotiche”. In quell'occasione ho fatto leggere una scena di fist-fucking praticata da un uomo su un altro uomo: paralisi, shock e finta indifferenza da gente di mondo.
(Un anno prima un altro giallista, per il suo killer mafioso sodomizzatore, era stato salutato come un genio del patrio noir).
I miei due personaggi maschili masochisti, un assassinato e un detective in cerca dell'assassino, erano del tutto inediti nel panorama culturale italiacano, e pertanto meritavano la reazione tipica del suddetto panorama: un grande silenzio. La donna dominatrice, altrettanto inedita e poco o nulla raccontata in una cultura che va a nozze soltanto con belle sottomesse (da Cinquanta sfumature risalendo all'indietro al più antico Histoire d'O).
Si cominciava a parlare di S&M e bondage nei talk show. In sala con c'era mai una scrittrice, ma un personaggio che narrava false vicende vissute in una modalità fiabesca e non credibile. Per esempio: "Ho un castello in Provenza dove rinchiudo uomini nelle segrete".
Un contatto con la redazione di Maurizio Costanzo non è andato a buon fine: la redattrice (una donna) che ha parlato con me al telefono deve aver capito, a fiuto, che non potevo soddisfare i requisiti richiesti. Ero me stessa, non un “personaggio”.
La “scrittrice erotica”, in pubblico, doveva recitare una strana parte, qualcosa fra l'intellettuale spaccatabù, la femminista, la ragazza cattiva e l'esperta in seduzione, termine che allora grondava da tutte le bocche e le penne, insieme a trasgressione.
Alcune stavano al gioco. Altre ne approfittavano per trasmettere alcune verità, del tipo: ci vorranno forse cinque secoli perché fra donne e uomini si sia effettivamente uguali.
Per me, ci vorrà molto di più.

(Immagine generata mediante AI)

venerdì 24 ottobre 2025

Iperwriters - Presentazioni di gruppo


Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 79 - Presentazioni di gruppo

Venerdì, ore 13. Abbiamo parlato di un cervello plurimo che pensa come uno solo. Questo cervello è stato nella storia culturale d'Occidente, e lo è ancora, differenziato per genere.
Raggruppamenti e lavori di gruppo sono differenziati per genere. Permettetemi alcuni esempi e alcuni flash forward.
Riviste e fumetti destinati a un pubblico maschile/femminile avevano (e hanno tuttora) immaginario e linguaggi diversi, anticipando la mente unica attuale. Parevano scritti dalla stessa persona: uomo o donna a seconda del target di destinazione. Questo non ha niente a che fare col sesso dell'autore/autrice. Scerbanenco ha scritto romance e Leigh Brackett scriveva i western di John Ford. Non è impossibile clonare una mente unica, a meno che non intervengano particolari disgusti e idiosincrasie.
Verso gli anni 2000, o poco prima, sono iniziati i raggruppamenti nelle presentazioni. Al principio, e molto spesso, uomini con uomini e donne con donne, come alle elementari che frequentavo negli anni '60: fiocchi rosa e fiocchi azzurri.
Ecco dei piccoli flash forward: sono a una fiera in alta Lombardia, organizzata in gran pompa. Gli uomini, in gruppo, parlano la sera, all'ora dell'aperitivo, in un teatro pieno con gente in piedi. Io, con altre donne, parlo la Domenica delle Palme con la gente fuori in processione. Unidici di mattina, undici spettatori.
Nei gruppi di donne venivano usati per la promozione termini come “in rosa” o “al femminile” o anche “cattive ragazze”. La pornografia scritta da donne era sempre uno “shock”. Il termine è usato tuttora per indicare qualcosa di disdicevole, disturbante, scorretto.
Il raggruppamento a volte ha anche fini professionali: ora sono a uno stage per lavorare con altre (e sole) donne a una sitcom (mai realizzata) con soli personaggi femminili. E sono in un progetto (abortito) di serie gialla televisiva scritta da sole donne. Naturalmente, ho partecipato ad antologie di racconti scritti da sole donne.
Intanto i raggruppamenti per genere letterario erano esplosi, ridotti o dirottati in zone regionali o provinciali. Alla sede di una associazione culturale, mi dedicano un quarto d'ora in una maratona di scrittori dalle dieci di mattina alle sei di sera, E, in una biblioteca, mi ritrovo con altri venticinque giallisti locali.

(Immagine generata mediante AI)

venerdì 10 ottobre 2025

Iperwriters - Recensioni di gruppo


Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 78 - Recensioni di gruppo

Venerdì, ore 13. Le riviste, verso la fine degli anni '90, ti mettevano in gruppo per illustrare non la genesi e le intenzioni del tuo lavoro (a meno che non avessi registrato vendite da un milione di copie), ma un movimento, una tendenza, un fenomeno di costume con derive letterarie.
L'impressione era che tutto non fosse stato che un lavoro di gruppo dall'origine. Personalità ben formate venivano passate al frullatore, sminuzzate, convogliate in un imbuto e impastate.
Presto sono apparse recensioni di gruppo: articoli in cui gialli, noir e thriller (ormai prevalenti in narrativa) venivano valutati insieme, ciascuno con un suo colonnino di righe, e l'impressione era che i libri, considerate le dovute variabili, non fossero poi molto diversi l'uno dall'altro.
Al tempo, provavo un indefinibile senso di fastidio. Ora che guardo all'indietro, vedo il preludio di quello che avremmo avuto poi: lavoro di gruppo effettivo e reale.
Condizionando l'immaginario a credere in una letteratura di gruppo si è condizionata editoria, autori e pubblico a crearla. Si usava dire che una “tempesta di cervelli” potesse produrre risultati ben più brillanti e immaginifici del rimugirare di una mente sola.
Presto sono appparse coppie di scrittori. Niente di strano per dei giallisti, dato il precedente dei cugini Ellery Queen. Scrivere a quattro mani è molto comodo, quando le royalties servono solo ad arrotondare guadagni già in essere.
Ma quando i due sono diventati tre? Nel cinema e in televisione il lavoro, da sempre risultato di più menti, è deflagrato con facilità: fino a dodici sceneggiatori di puntata nelle serie televisive il cui soggetto originale è già stato scritto da otto.
Ma quando, dove è nato il progetto del primo collettivo di scrittori anonimi? Singole identità disperse, poi riunite in un cervello plurimo che pensa come uno solo. A meno che l'espediente del lavoro di gruppo non serva a smussare le armi degli haters (gli invidiosi sono degli individualisti: come insultare qualcuno che è una sigla insieme ad altri quattro?), si tratta evidentemente di una manovra che rispecchia il pensiero unico attuale o piuttosto, a doppio senso, lo sostiene e lo rafforza.
Tutto questo per prepararci a un'intelligenza unica che ha già pensato tutto quello che serve, e non occorre che sia naturale.

(Immagine generata, giustappunto, mediante AI)

giovedì 18 settembre 2025

Iperwriters - Lavoro di gruppo


Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 77 - Lavoro di gruppo

Venerdì, ore 13. Gli articoli sul nuovo boom editoriale del porno al femminile sono abbastanza seri e rispettosi. I titoli (si sa che vengono applicati da altri), al contrario, impazzano in una trivialità criptomisogina senza freni, e sembrano voler ridicolizzare le scrittrici facendo uso di tutto il repertorio di tutti i bar del pianeta.
Ma c'è qualcosa di più sottilmente disturbante.
Sempre L'Espresso, il 23 maggio 1996, un anno prima delle magnifiche undici, aveva pubblicato un altro lungo pezzo di Marisa Rusconi. Partiva con un'intervista a Marco Tropea che mi definiva “la più tosta di tutte” e sosteneva che non ha più senso parlare di maschile e femminile nella scrittura (gli avessero mai dato ascolto, dal '96 a oggi!). Proseguiva con interviste ad altri editori e direttori editoriali per analizzare il mutamento nella scrittura delle donne. La recente libertà femminile di scegliere nuovi strumenti espressivi... può dunque generare altri equivoci nell'eterno bipolarismo fra idillio e sopraffazione del rapporto uomo-donna?
Ma in un colonnino, anche questa volta, sono insieme ad altre scrittrici: Donna Tartt, Elena Ferrante, Poppy Z. Brite, Melania Mazzucco, oltre a Drakulic, Reyes e Grandes. Tutte con relative foto.
Un mescolone di scrittrici molto diverse fra loro (per la cronaca, Poppy Z. Brite, nata donna, ha cambiato genere e attualmente è un uomo).
Un giorno incontro Andrea G. Pinketts e gli mostro l'articolo. Lui me ne mostra un altro, non so se su L'Espresso o su un altro settimanale, in cui lui pure si trova in un mescolone. Il suo gruppo di uomini, credo di noiristi, è meglio impaginato del mio: una raggiera di foto intorno a un centro mistico. Ricorda certi quadri rinascimentali in cui angeli in cerchio cantano la gloria della divinità.
Da allora non avrei visto sui giornali che scrittori e scrittrici in gruppo. Scrittori e scrittrici che avevano ciascuno/ciascuna voce, modo, formazione, stile, età, temi, storia personale non confondibili.
Un amalgama impastato, come se tutti e tutte avessero scritto lo stesso libro, o libri molto simili. O come se avessero studiato insieme in qualche nefasto corso di scrittura creativa, per poi sfornare un proprio saggio finale.
L'unico che si fa uguale a innumerevoli altri unici.
Inquietantissimo.

(Immagine generata mediante AI)

giovedì 4 settembre 2025

Iperwriters - Le magnifiche undici


Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 76 - Le magnifiche undici

Venerdì, ore 13. Ero soddisfatta della rassegna stampa, ad ogni modo.
Una sera mi chiama la mia editor da Tropea: -Apri L'Espresso di questa settimana. Scoprirai di essere fra le magnifiche undici della letteratura erotica al femminile.
Il dossier del 30 aprile 1997 tratta del dilagare di libri sul sesso scritti da donne. Un fenomeno internazionale, dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna fino alla Francia e all'Italia. Sono stati scelti sei romanzi contemporanei e cinque classici del secolo:
Irene Gonzales Frei, Il tuo nome scritto sull'acqua (Guanda)
Marie Darrieussecq, Troismi (Guanda)
Amy M. Homes, La fine di Alice (Rizzoli)
Slavenka Drakulic, Il gusto di un uomo (Il Saggiatore)
Claudia Salvatori, Schiavo e padrona (Il Saggiatore)
Una Chi, Il sesso degli angeli (ES)
Colette, Il puro e l'impuro (Adelphi)
Anaïs Nin, Il delta di Venere (Bompiani)
Erika Jong, Paura di volare (Bompiani)
Almudena Grandes, Le età di Lulù (Guanda)
Alina Reyes, Il macellaio (Guanda)
Si cercano radici anche nel passato: si parla di Saffo, di Madame de la Fayette, di Teresa d'Avila e della letteratura giapponese di corte. L'articolo, di Marisa Rusconi, è buono. Credo che sia stata lei a inserirmi fra le undici, e credo che mi abbia veramente stimata.
C'è di che esaltarsi.
Eppure. Oscure inquietudini e sinistri presagi.
Non avevo particolarmente amato Le età di Lulù, e meno ancora Il macellaio. Mi erano parsi libri scritti da borghesi che affrontano temi (per loro) pruriginosi facendo uso di espedienti artificiosi per renderli “artistici”. Tutto sommato innocui, e più rosa del mio Schiavo. Per il tipo di pubblico snob che correva a vedere sesso anale al cinema, purché fosse d'autore.
Libri che avevano dato fama e (presumibilmente) guadagni alle autrici, nei paesi d'origine e all'estero. In confronto io ero dura, cruda e violenta. Mi mancava quel genere di “raffinatezza”.
Mi chiedevo se avrei avuto la stessa fortuna.

(Immagine: dettaglio della copertina del romanzo Schiavo e padrona)


Spy Game incontra Juri Casati

Juri Casati Nell'ambito degli incontri con autori e autrici della collana in ebook   Spy Game - Storie della Guerra Fredda  di Delos Dig...