venerdì 18 novembre 2022

BookCity Milano 2022: libri, fumetti, cinema e teatro


Dal ricco programma di BookCity Milano 2022, una selezione di appuntamenti tra sabato 19 e domenica 20 novembre.


Sabato 19, ore 18.30 "Sindrome 75-Un'altra Milano"
Umanitaria Auditorium, v. S. Barnaba 48, Milano
Ingresso libero
"Sindrome 75", il romanzo a fumetti
"Sindrome 75 - Cronache dell'Apocalisse", la raccolta di racconti inediti
a cura di F. G. Lugli e G. L. Margheriti
(Excalibur)


Sabato 19, ore 20.30 "Serata Diabolika"
Wow - Museo del fumetto, v.le Campania 12, Milano
Ore 20.30 - Ingresso libero
I romanzi di Diabolik & Eva Kant di Andrea Carlo Cappi
(Excalibur)
Ore 21.30 - Ingresso a pagamento con prenotazione: eventi@museowow.it
"Le sorelle diabolike", spettacolo con Monica Faggiani e Valentina Ferrari
ispirato alle sorelle Angela e Luciana Giussani, creatrici di Diabolik


Domenica 20, ore 11.00 - Blaxploitation!
Anteo - Palazzo del Cinema - Sala President
p.zza XXV aprile 8 - Ingresso libero
"Black Bad and Beautiful" di Sivlio Giobbio e Daniele Magni,
(Bloodbuster Edizioni)
presentano Andrea Carlo Cappi e Manuel Cavenaghi


Domenica 20, ore 14.00 - Il mistero di Paul - Una leggenda tra i Navigli
Mare culturale urbano - Sala polivalente
v. Giuseppe Gabetti 15 - Ingresso libero
"Il codice Beatles" di Francesco G. Lugli & Ferruccio Gattuso
(Excalibur)
presenta Andrea Carlo Cappi


Domenica 20, ore 16.30 - Milano narrata
Wow - Museo del fumetto
v.le campania 12 - Ingresso libero
AA.VV. "Sindrome 75", il romanzo a fumetti
AA.VV. "Sindrome 75", l'antologia di racconti inediti
a cura di F. G. Lugli e G. L. Margheriti
AA.VV. "Delitti alla milanese" a cura di Gian Luca Margheriti
F. G. Lugli e F. Gattuso "Il codice Beatles"
Paolo Sciortino "Un canto a Milano"
(Excalibur)
Andrea Carlo Cappi "Medina-A Milano non c'è il mare"
(Oakmond Publishing)

Iperwriters - Il sacrificio di un poeta

Photo: Bernd Dittrich on Unsplash

Iperwriters, editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 10 - Il sacrificio di un poeta

Venerdì, ore 13.
Questa volta coincide con una data: 2 novembre 1975.
Hanno assassinato Pier Paolo Pasolini.
La sera dopo Max e io camminiamo lungo un viale alberato (lui mi sta riaccompagnando a casa), al buio, smuovendo le foglie marcite che ci arrivano quasi alle ginocchia.
Siamo disgustati e sgomenti, ma anche confusamente consapevoli che qualcosa è cambiato. Evento tragico che ha spostato e dato una svolta irreversibile all'ordine sociale.
Che cosa è accaduto, precisamente?
L'epilogo di una lunga opera di eliminazione che il genio della vittima stessa ha traformato in un rito iconico per le generazioni successive. L'indesiderato non poteva ancora essere cancellato con il silenzio idiota di oggi; occorrevano violenza, strazio, sangue.
L'ultimo sacrificio umano visibile, e l'inizio di un'umanità sacrificata al pensiero orizzontale. La fine dell'artista in possesso di una lingua personale e dell'intellettuale libero. Dopo, soltanto artisti di regime e pseudointellettuali allineati. Che non ci sia mai più, mai più uno come lui.
Uno che poteva contestare la sua stessa parte politica, che aveva intuito il passaggio del potere ad una nuova élite di figli di papà “progressisti” e la nascita di una nuova casta di poveri. Un grande guru di sinistra, infatti, ha commentato la sua scomparsa così: “Finalmente ce lo siamo tolto dai piedi. Faceva solo confusione”.
Ma riuscite a immaginare che cosa ci avrebbe detto, questo confusionario, se fosse vissuto fino alle soglie degli anni Duemila? Oh, my God! E non sarebbe stato possibile chiudergli la bocca.
Ma forse sarebbero riusciti a sprofondarlo nel nulla, triturandolo nei talk show, fingendo di chiedergli perdono per le persecuzioni passate, forse facendolo sposare.
Moravia che al funerale grida: “Abbiamo perso un poeta... ne nascono soltanto due o tre in un secolo... il poeta dovrebbe essere sacro.”
Questo mi riporta nuovamente alle medie superiori. In televisione danno lo sceneggiato Odissea e Giuseppe Ungaretti recita i versi di Omero. E' vecchio, ha pochi denti e la esse sibilante: pronuncia Ulissssccce. Tutta la mia classe ride e gli rifà il verso.
Addio, cari poeti.




giovedì 10 novembre 2022

Fumetti dal vero!

Diabolik & Eva Kant alla Rinascente di Milano


Una grande notizia: i fumetti sono diventati realtà! Proprio mentre in Italia si celebrava l'appuntamento annuale di Lucca Comics and Games con la partecipazione dei più sorprendenti cosplayers, alcuni tra i personaggi più famosi della letteratura disegnata sono usciti dalla carta per entrare nel nostro mondo.
Per esempio a Lima, in Perù, la mattina di sabato 29 ottobre 2022: nei pressi di una scuola, appaiono nientemeno che Capitan America, Catwoman, Spiderman e Thor, rigorosamente in costume, accompagnati da un tipo con in spalla uno stereo che spara musica a tutto volume e un altro che filma i supereroi con un telefonino. Anche perché non capita tutti i giorni di incrociare per strada tre personaggi della Marvel Comics in team-up con uno (Catwoman) della rivale DC Comics.
Ma ecco che all'improvviso Thor e Capitan America abbattono la porta di una piccola costruzione a un piano e irrompono all'interno, seguiti da Catwoman e Spiderman... per arrestare una banda di spacciatori e sequestrare diversi chilogrammi di cocaina e altre sostanze stupefacenti. Perché i "supereroi" sono in realtà agenti della Policia Nacional de Perù, mascherati per cogliere di sorpresa - e con successo - un gruppo di narcotrafficanti al dettaglio. Il video della singolare retata (da cui provengono le immagini qui sotto) fa il giro del mondo con il titolo "Operazione Marvel".

Nel SUV della Policia e in strada poco prima della retata

Ma pochi giorni dopo, poco dopo le otto di sera di giovedì 3 novembre (v. foto in apertura) anche chi passa di fianco al Duomo di Milano e si trova di fronte a La Rinascente assiste a un curioso e incredibile spettacolo: Diabolik & Eva Kant si stanno calando lungo la facciata del palazzo per scendere su una cassaforte davanti ai portici, forzarla e fuggire a bordo di una Jaguar E-Type... dalla quale alcuni metri più in là scendono Miriam Leone e Giacomo Gianniotti, interpreti dell'imminente Diabolik-Ginko all'attacco.
Si tratta in questo caso di un clamoroso evento - con protagonista una coppia di acrobati impegnati in una coreografia particolarmente rischiosa sotto la pioggia scrosciante di quella sera (qui il mio video) - per festeggiare i sessant'anni di Diabolik a fumetti e lanciare il nuovo film dei Manetti bros dedicato alla celebre coppia criminale, che sarà nelle sale cinematografiche italiane il 17 novembre. Ne approfitto per segnalare che lo stesso giorno sarà in edicola (allegato a La Gazzetta dello Sport) il mio nuovo romanzo Diabolik-Ginko all'attacco, basato sul film.
Ma, se vi dicono che i fumetti non sono realistici, ora potete smentirli: in queste ultime due settimane i supereroi hanno catturato i narcos, mentre Diabolik & Eva Kant hanno svaligiato la cassaforte de La Rinascente! Più veri di così...


Questa puntata a sorpresa de La Boutique del Mistero è andata in onda in Happy Hour di Lukino su Radio Number One il 10 novembre 2022.

giovedì 3 novembre 2022

Iperwriters - Imbrogli di parole

Photo: Bernd Dittirich on Unsplash

Iperwriters, editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 9 - Imbrogli di parole

Venerdì, ore 13. Max e io siamo a teatro. Ci andiamo quasi ogni domenica, e talvolta il sabato sera. Stiamo assistendo a un testo tratto da Esercizi di stile di Raymond Quenau, scrittore francese di culto per chi è nato una decina e più di anni dopo di noi. Acclamato come genio. Un aneddoto di nessun rilievo viene recitato in lingue, gerghi e dialetti diversi, esistenti o inventati. Che meravigliosa scoperta, l'ambiguità del linguaggio!
Questo è il tipo di genialità che ha sostituito i classici, e poi i “classici moderni” come Genet. In Francia, come in Italia. Giochi, pasticci, frittate di parole; il senso che sfuma in un'idolatria del nonsenso.
Negli anni settanta ogni libro “serio” con qualche ambizione “artistica” era scritto in joycese (dal monologo di Molly Bloom di Ulisse), vale a dire gettando via la punteggiatura, che aiuta la mente a mantenere segnali e punti fermi nel labirinto della narrazione.
E negli anni ottanta arriva il postmoderno: il metalinguismo che diverte, sicuramente, ma disinnesca la magia primigenia della storia narrata. Ora si scrivono libri in uno stile sempre “alto” ma tanto, taaanto stanco: personaggi impossibili compiono imprese insensate. L'equivalente letterario della pittura astratta.
Oh, quanto è priva di senso la vita, fra tante geometrie impazzite! E quanto è simile a una buccia di banana il linguaggio! Così scivoloso... Un dubbio: questa letteratura è insensata perché lo è la vita, o sta tentando di infettare la vita del suo nonsense?
Lavori di lingua: ma esercitarsi nello stile non è più avere uno stile.
La letteratura poteva nascere dalla testa, in altri tempi. O dal cuore. Dal fegato. Perché non dal sesso? Ora è tutta lingua che danza, folleggia, ammicca, inganna, cazzeggia. Una lingua parlante, senza corpo.
Italo Calvino è uno scrittore italiano metalinguista che mi piaceva molto quando avevo diciotto anni. Non mi piace più. Fa parte della deriva italiana di quella scuola francese che ha distrutto gli scrittori di razza come Genet. Perfino Dominique Fernandez, che come autore omosessuale avrebbe dovuto ringraziarlo (dopo tutto Genet aveva inventato il gay pride), lo ha definito con astio uno scrittore come tutti gli altri.
Il pensiero orizzontale è una ghigliottina che non risparmia chiunque alzi la testa: Chi avevi mai creduto di essere?




giovedì 20 ottobre 2022

Iperwriters - Leggende in estinzione

Photo: Athanasios Papazacharias on Unsplash

Iperwriters, editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 8 - Leggende in estinzione

Venerdì, ore 13. Siamo sempre alla biblioteca comunale, a perdere la vita. Ma non inattivi: ci formiamo da soli, senza maestri e senza direzioni. Io leggo e scrivo, riempiendo a mano larghi quaderni. Max legge e traduce opere che oggi non sembrano esistere più.
Eravamo immersi in una Francia degli anni Cinquanta in cui la scrittura riscattava dalle sofferenze di una nascita infelice e perfino dalla povertà. Avevamo scoperto l'ultimo grande (e “maledetto”) genio francese: Jean Genet. In seguito sarebbe stato ristampato dal gruppo Saggiatore-Tropea-Pratiche nel periodo in cui con Marco Tropea iniziavo a pubblicare per le librerie: cosa che mi avrebbe resa euforica. Il Saggiatore aveva già pubblicato il saggio di Jean Paul Sartre dedicato a Genet: Saint Genet comedien et martyr.
Di Genet Max traduceva Notre Dame des Fleurs, allora non disponibile in italiano. Dovrei avere ancora i suoi quaderni pieni della sua grafia aerea ed elegante. Pubblicherei quella traduzione, se i diritti di Genet fossero liberi. Il romanzo faceva paura per la sua bellezza, e l'autore era una leggenda (ancora) vivente.
Prima della mattanza epocale, negli anni Settanta, almeno una compagnia teatrale alternativa su dieci metteva in scena Les Bonnes. Poi è arrivato lo spettacolo di Lindsay Kemp Flowers, ispirato da Nostre DameRicordo molto bene la scena in cui la protagonista Divine muore tisica, inondandosi di sangue e facendolo sgocciolare fino a terra. Che Flowers fosse una sacra rappresentazione non mi ha stupita affatto: così doveva essere.
Quello che mi ha lasciata sbalordita è stato vedere degli italiani venerare Divine e chinarsi fino a toccarle i piedi, come avrebbero fatto un secolo prima con una statua della Madonna. Bisogno del sacro?
Troppo bisogno. Occorreva svaporarlo al più presto possibile.
Non è un caso che gli scrittori francesi della generazione successiva a quella di Genet non lo abbiano mai ammirato, preso a modello, citato, copiato. Al contrario, dagli anni Ottanta e Novanta si sono moltiplicati attacchi e ridimensionamenti.
Ma tutto questo, direte, che c'entra con la letteratura italiana?
C'entra.




domenica 9 ottobre 2022

Everything, everywhere, all at once


Recensione di Andrea Carlo Cappi
 
Come dicono gli stessi sceneggiatori-registi Daniel Kwan e Daniel Scheinert (alias "i Daniels"), ecco dieci film al prezzo di uno: fantascienza nel multiverso, commedia orientale bilingue, sfondo sociale asiatico-americano, meta-film con assortimento di parodie, riflessione filosofica, vicenda strappalacrime, azione, kung-fu, un tocco di Douglas Adams (il Woody Allen del fantastico, autore di Guida galattica per gli autostoppisti) e, se vogliamo, il remake alternativo di una pellicola degli anni Duemila di cui vi dico più avanti. Non tutte le componenti sono dosate alla perfezione, ma il risultato è singolare.
In primo luogo funziona il cast, in cui Michelle Yeoh – nel ruolo della protagonista Evelyn – assurge al ruolo di... diva assoluta. Bellissima sessantenne, l’attrice sino-malese resa celebre dal cinema di Hong Kong anni Ottanta (anche al fianco di Jackie Chan) e in seguito da 007-Il domani non muore mai e La tigre e il dragone, è apparsa di recente in un paio di film Marvel, in particolare in Shang-Chi, dove mostrava una volta di più la sua eleganza marziale. Versatilità in scena e agilità nell’azione ne fanno una figura senza pari nel cinema.
Ma – oltre a una sorprendente Jamie Lee Curtis, agente delle tasse magnificamente detestabile – reggono il confronto l’ultranovantenne caratterista James Hong (il severo padre di Evelyn), la trentenne Stephanie Hsu (la figlia adolescente Joy) e il cinquantenne Ke Huy Quan (il marito), che qualcuno ricorderà nei suoi ruoli giovanili in Indiana Jones e il tempio maledetto e I Goonies. Tutti devono interpretare, cosa per nulla facile, differenti incarnazioni dei propri personaggi nel multiverso.


Per chi avesse poca familiarità con l’argomento, l'ipotesi del multiverso implica l’esistenza di un numero esteso di realtà alternative, coesistenti con quella in cui viviamo ma non sempre simili. Il concetto risale più o meno ad Anassimandro di Mileto (VI secolo a.C.) ma è divenuto popolare nella fiction più o meno sessant’anni fa con i fumetti di Flash; la DC Comics ha poi adottato l’espediente per risolvere le incoerenze tra varie versioni dei propri personaggi e oggi, al pari della Marvel Comics, per far convivere i propri vari adattamenti sullo schermo: se qualcosa era diverso... era in un altro universo. Al cinema la Marvel ci ha giocato ultimamente con Spiderman e il Dottor Strange.
Ma la vera domanda è: qualcuno ricorda The One?
Diretto nel 2001 da James Wong (anche co-sceneggiatore al fianco di Glen Morgan, con cui ha firmato parecchi episodi di The X-Files), quel film vedeva come comprimari Carla Gugino, Delroy Lindo e Jason Statham, e come protagonista Jet Li. Il celebre interprete di arti marziali, all’epoca in prestito al cinema USA, raffigurava varie versioni dello stesso personaggio nel multiverso; tra costoro, da una parte un viaggiatore interdimensionale che intende eliminare tutti gli altri "sé" per assorbirne le energie diventando un superuomo (l’Unico del titolo); e dall'altra l’ultimo ignaro alter ego superstite, costretto a confrontarsi con il sé-avversario.


Qui le cose cambiano: in uno degli altri universi, Evelyn Quan è un genio della scienza che ha scoperto come collegarsi con i mondi paralleli, facoltà che ora qualcun altro usa in modo distruttivo. Nella nostra realtà, invece, Evelyn non è riuscita in niente e, come emigrata cinese negli USA, gestisce stressata la lavanderia aperta con il marito, senza rendersi conto che questi ormai vuole il divorzio; ma intanto lei deve aggiustare i rapporti con la figlia adolescente e cercare il plauso del padre in visita dalla patria, un uomo all’antica che non ha mai accettato le sue scelte; anzi, non ha mai accettato di avere una figlia femmina, quindi difficilmente potrebbe mandar giù una nipote non solo americana, ma anche tatuata e lesbica.
Mentre la nostra Evelyn affronta un serio problema fiscale da cui dipende la sopravvivenza della lavanderia, da un’altra realtà una diversa incarnazione del marito occupa temporaneamente il corpo di quest’ultimo e le spiega che l’intero multiverso sta per essere assorbito da un immenso buco nero a forma di bagel. Solo lei, quella che ha avuto meno successo nella vita fra tutte le sue versioni possibili, può salvare ogni dimensione. Alla nostra Evelyn non resta dunque che collegarsi con altre proprie incarnazioni e mutuarne le tecniche di sopravvivenza... cosa possibile solo attuando eventi a elevata improbabilità.
Da questo momento il film diventa assolutamente imprevedibile, cambiando registro di continuo e raggiungendo paradossi assoluti, momenti grotteschi, assurdità geniali. Per dirla tutta, il lieto fine, un po’ troppo dilatato e disneyano, non tiene ben conto dei disastri che intanto sono avvenuti nelle varie realtà alternative. Ma i buoni sentimenti prevalgono e tutto si risolve con un invito alla comprensione reciproca, che vuol essere il messaggio del film. Il risultato diverte e persino a tratti commuove, oltre a mostrare una grandissima prova di Michelle Yeoh, senza la quale nessuno degli universi narrati potrebbe reggere un solo istante.

Nota del 13 marzo 2023: il film ha ricevuto i seguenti premi Oscar: miglior film, migliore regia, migliore sceneggiatura originale, miglior montaggio, migliore colonna sonora, miglior attrice protagonista (Michelle Yeoh), miglior attrice non protagonista (Jamie Lee Curtis), miglior attore non protagonista (Ke Huy Quan).

giovedì 6 ottobre 2022

Iperwriters - La sformazione

Photo: Tyler Casey on Unsplash


Iperwriters, editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 7 - La sformazione

Venerdì, ore 13. Sono, con Max, alla biblioteca comunale a perdere tre anni di vita. Alla deriva, lasciandomi trasportare dalle onde, e sperando che mi conducano da qualche parte sulla terraferma.
Ma a questo punto, se continuate a seguirmi, vi chiederete qual è la mia formazione, fra tante influenze che tendevano a sformarmi. Che cosa ho letto? Me lo hanno domandato spesso. Soprattutto gli scrittori con pedigree, scandalizzati che una come me, invece di fare la donna delle pulizie, potesse lavorare (orrore!) al loro livello.
Ecco qua: Giovanni Verga letto a tredici anni. Non era nel programma scolastico; me lo ha messo nelle mani la mia insegnante: io non dovevo perdere tempo con letture sciocche.
Alessandro Manzoni. La sua scrittura è fisica: te lo fa vedere, Don Abbondio che percorre quella stradina che costeggia il lago. Una scrittura che ti mangia e si fa mangiare.
Con Manzoni ho sentito per la prima volta quello che si può fare con le parole. Dai tempi delle scuole medie ho sognato di riuscire un giorno a compiere qualcosa che potesse avvicinarsi a una simile magia.
Poi, alle superiori, Eugenio Montale (di cui ricordo ancora versi a memoria) e tanto, tanto Pirandello. Che non era nei programmi scolastici, ma che ho divorato tutto. Grazie a Pirandello ho passato l'esame di maturità spensieratamente e senza dolore. Godendo ancora di un po' di credito di stima che era arrivato ai membri della commissione, ho dovuto rispondere a una sola domanda (che non chiedeva risposta):
“Se per Pirandello siamo tante persone quanti sono gli occhi che ci guardano, in quanti siamo in questa stanza?”
Dopo? Dopo sono arrivati gli stranieri. Wilde, Bronte, Shelley, Poe, Melville. Un innamoramento pazzo per Arthur Rimbaud. Lettrice onnivora, passavo da uno stimolo ricevuto da una lettura ad altre letture. All'Università ho letto À rebours, di Huysmans, un libro di cui uno dei docenti non conosceva neppure l'esistenza (per questo mi avrà cacciata al suo esame, sicuramente).
Eravamo approdati, Max e io, alla Francia, la terra delle leggende letterarie.

Iperwriters - Tiro al piccione su Superman

Photo: Johan Taljaard on Unsplash I perwriters - Editoriale di Claudia  Salvatori Letteratura italiacana - 59 - Tiro al piccione su Superman...