venerdì 20 gennaio 2023

Iperwriters - L'analisi del periodo

Photo: Nacho A on Unsplash

Iperwriters, editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 13 - L'analisi del periodo

Venerdì, ore 13.
Nel '79, come ho detto, comincia la mia navigazione nel mare della scrittura professionale, ovvero retribuita.
Ma a questo punto dovete concedermi un flash-back, anzi una serie di flash-back. Da dove viene un narratore/narratrice naturale alla fine degli anni '70, senza scuole di scrittura creativa, senza specifici corsi universitari e, soprattutto senza che nessuno gli/le abbia detto che si può essere scrittori/scrittrici?
Il mio primo ricordo di letteratitudine: sono alle elementari e il compito a casa è analisi del periodo. Una serie di frasi, forse una dozzina, o una quindicina, di cui individuare la proposizione principale, le coordinate e subordinate (causale, finale, temporale, consecutiva, modale, strumentale, concessiva). Non difficile. Svolgo il compito e vado ai giardini pubblici con mia madre, come ogni pomeriggio di primavera.
I giardini sono deserti. Niente compagni di classe con cui giocare, come al solito. Gioco da sola, un po' delusa.
In seguito saprò che tutti sono rimasti inchiodati a massacrarsi analizzando periodi per ore, talvolta senza venirne a capo, e che una delegazione di mamme avrebbe protestato con la maestra circa l'assegnazione di compiti talmente al di sopra delle normali capacità e forze infantili.
Scopro così che l'analisi del periodo, per me tanto leggera e divertente, era terribile.
Ma la mia maestra, che Dio la benedica, mi ha portata in prima media con un bagaglio di italiacano basico eppure completo, senza errori di sintassi, con un solo errore di ortografia (colossi con due elle, perché li volevo proprio colossali), e con l'analisi del periodo. Con la possibilità, cioè, di essere in futuro retribuita per comporre i miei modesti periodi.
Se negli anni '60 l'analisi del periodo era già oltre le umane possibilità, oggi viviamo nell'Era Illetterata Trionfante. Amici insegnanti o genitori di figli in età scolare mi dicono che i bambini non sanno più leggere e scrivere.
Fra quanti secoli, senza essere Manzoni o Marcel Proust, riavremo periodi di quattro, cinque righe sciolti, eleganti, di grande padronanza tecnica che muta in naturalezza?
Intanto non viene più pagata neppure una semplice proposizione principale. Tanto varrebbe che sparisse anche quella.

domenica 15 gennaio 2023

Le sensitive (Wonder Women, 1973)

 


Recensione di Andrea Carlo Cappi

Tra le curiosità irresistibili che si trovano da Bloodbuster, ecco un B-movie action-fantascientifico prodotto mezzo secolo fa da compagnie minori statunitensi e girato dal regista Robert O' Neil nelle Filippine. Da poco riaffiorato in dvd sotto il marchio High Show, il film riserva qualche sorpresa. Il titolo originale, Wonder Women, non ha nulla a che fare con la Wonder Woman della DC Comics che sarebbe giunta in tv di lì a poco con Lynda Carter, ma vedremo più avanti un curioso collegamento con quella serie. Il titolo italiano, Le sensitive, anche con un enorme sforzo di fantasia, non ha proprio nulla a che fare con la trama.
Ma il primo nome in cartellone è quello di Nancy Kwan, attrice sino-scozzese nata a Hong Kong e poi naturalizzata americana, che nel 1960 vinse un Golden Globe per il ruolo eponimo ne Il mondo di Suzie Wong, già interpretato a teatro. Benché la sua carriera cinematografica non sia proseguita in modo proporzionale all'esordio, ne Le sentitive l'attrice è la presenza senza dubbio più elegante di un cast in netta prevalenza femminile: la geniale e spietata dottoressa Tsu, espulsa da qualsiasi ordine della medicina mondiale per i suoi azzardati esperimenti, ma al tempo stesso molto più avanti rispetto alla sua epoca. Tanto da anticipare un tema narrativamente di moda solo vent'anni dopo: il rapimento finalizzato al traffico di organi.
Un aspetto non meno curioso, almeno per i fan del James Bond cinematografico, è quanto de Le sensitive sia stato saccheggiato esattamente dieci anni dopo e in modo quasi imbarazzante, per un film della serie. Ma occupiamoci di una cosa alla volta.


Le sensitive si apre con una serie di sequestri da parte di un commando multietnico costituito da belissime donne in graziosi mini-abiti, armate di pistole tranquillanti. Dopo l'attacco a una piscina in cui sguazzano voluttuosamente ragazze in topless (unica sequenza nudie del film) vediamo il commando catturare anche vari esemplari maschili, prevalentemente atleti. L'obiettivo è portare le vittime sull'isola privata in cui la dottoressa Tsu conserva corpi perfetti come involontari donatori per costosi trapianti per VIP, grazie al siero anti-rigetto da lei ideato. Si noti il caratterista Sid Haig, amato da Rob Zombie e Tarantino, nel ruolo dell'intermediario della dottoressa.
L'ultimo rapito, famoso giocatore di pelota basca in trasferta nelle Filippine, era assicurato presso i Lloyds di Londra per mezzo milione di dollari. La compagnia preferirebbe ritrovarlo vivo, quindi convoca a Manila il superdetective americano Mike Harber (Ross Hagen), ex CIA ed ex LAPD, di fatto un buzzurro che sotto la sahariana porta un'ingombrante arma da fuoco a canna doppia. Un falso mendicante cieco che ha assistito al rapimento (un ragazzo americano in fuga dalla leva obbligatoria per il Vietnam) indirizza Mike al boss locale Won Ton Charlie. Il quale fornisce a pagamento informazioni preziose, ma poi scatena (invano) i suoi scagnozzi su bizzari veicoli, all'inseguimento del detective in fuga su un pittoresco taxi. A un combattimento di galli Mike raccoglie una dritta: resti umani sono stati trovati dai pescatori al largo di una certa isola. In albergo il detective si lascia irretire dai capelli rossi e dalle lunghe gambe della killer Linda (l'attrice canadese Maria De Aragon) ma riesce a farla prigioniera per costringerla a portarlo sull'isola. Dove viene subito catturato dalle avvenenti guardie private della dottoressa.
Si passa alla parte più psichedelica del film: Mike viene sfiancato dal brain sex con la Tsu (mediante un apparecchio a metà tra Barbarella di Roger Vadim e Il dormiglione di Woody Allen) laddove le sicarie sono solite sollazzarsi fisicamente con gli atleti sequestrati, benché poco partecipi in quanto sotto l'effetto dei sedativi. Poiché Linda non è stata abbastanza efficiente, la dottoressa ordina che per punizione sia avviata all'espianto di organi. Mossa sbagliata in un momento delicato: la Tsu si appresta infatti a trapiantare in un nuovo giovane corpo il cervello del ricchissimo e ormai decrepito miliardario Paulson. Linda si ribella e trova un'alleata nella collega Vera (Claire Hagen, moglie del prim'attore). Per creare un diversivo viene aperta la gabbia degli esperimenti falliti della dottoressa: praticamente quattro orridi zombie che uccidono un po' di belle e cattive ragazze. Nel caos Paulson muore in sala operatoria, la Tsu fugge e Mike porta in salvo il prezioso pelotari, ancora vivo e tutto intero. Anche se nel post-finale il detective cade prigioniero di un nuovo commando di Wonder Women... Non sembra spiacergli troppo ma, dato che non esistono sequel, viene il sospetto che i suoi organi siano stati riciclati (non il cervello, naturalmente).


Si notano subito alcune ispirazioni dai film di 007 (l'isola maledetta di Licenza di uccidere; la banda di sicarie sexy di Missione Goldfinger) ma anche l'influenza dei film di Jess Franco liberamente basati sui personaggi di Sax Rohmer (da Fu Manchu a Sumuru). Sorprende però che un film di 007 del 1983, Octopussy, benché in parte basato su due racconti di Fleming (Octopussy, appunto, e Di proprietà di una signora) e su una buona trama da Guerra Fredda, sia stato rimpolpato rubando a man bassa idee da Le sensitive, riambientandole in India: dallo stravagante taxi inseguito da strani veicoli (in chiave ancora più ridicola rispetto all'originale) all'isola popolata solo da giovani e belle criminali.
Produzione da drive-in americano che richiama gli eurospy anni Sessanta, con un paio di scene che vorrebbero essere di arti marziali, Le sensitive può contare però sui deliziosi costumi di scena delle attrici. La vera co-protagonista è Maria De Aragon (Linda), non la più bella ma interessante (pare tuttavia che il suo ruolo più importante al cinema sia stato quello non accreditato del bounty-killer alieno Greedo in Guerre stellari del 1977). Spicca inoltre Shirley Washington (Maggie), con il suo perfetto look da blaxploitation completo di pettinatura afro; peraltro nella sua filmografia su Wikipedia le viene attribuita per errore un'apparizione nella serie tv Wonder Woman, in un episodio intitolato Women of Transplant Island, in realtà un titolo di lavoro de Le sensitive; ci fu però nel telefilm con Lynda Carter un episodio del 1978 in cui un milardario (John Carradine) cerca di far trapiantare il proprio cervello nel corpo di un giovane atleta... anche la vera Wonder Woman ha preso qualcosa da questo film.
La confezione del dvd contiene inoltre un suggestivo poster italiano dell'epoca (qui sotto), che ha ancora meno a che fare con i personaggi e suggerisce una pellicola sexy con scene di kung-fu e inseguimenti alla 007. Ce ne fu del resto uno fotografico ancora più subdolo (in basso) che sottintende un film erotico, e forse a questo voleva alludere il titolo italiano. Ma è noto che in quegli anni qualsiasi trucco era lecito per attirare pubblico in una sala cinematografica.




 



venerdì 16 dicembre 2022

Iperwriters - I can do that

Photo: Maksim Kaharlytitsyi on Unsplash

Iperwriters, editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 12 - I can do that

Venerdì, ore 13.
Per me è il 1978, e la svolta arriva dall’alternatività.
In tutti gli ambienti di alternativi c’è una grande mamma di tutti e, in quello che frequentavamo Max e io, la mamma era una sceneggiatrice di fumetti. Arruolata da uno studio locale con un’altra sede a Milano, che dava accesso a tutta l’editoria italiana a fumetti. Un mondo molto, mooolto diverso da quello attuale. Quasi un'era giurassica, di cui noi eravamo i dinosauri.
Niente scuole di scrittura creativa, sceneggiatura per film e comics. Si lavorava da subito e si era pagati. Si era pagati, in un paese in cui anche i laureati confondevano la sceneggiatura con la scenografia. Si era pagati quando quasi nessuno sapeva cosa fossero un soggetto e una sceneggiatura: questo dovrebbe far meditare.
Naturalmente, occorreva aver appreso quanto serviva da subito: gli sceneggiatori anziani fornivano solo consigli di carattere tecnico (per esempio: prepara il colpo di scena in pagina dispari in modo che il lettore lo trovi in pagina pari). Al resto (cultura generale, capacità di visualizzazione, inventiva, struttura, passaggi da una scena all’altra, ritmo ed equilibrio) doveva provvedere la natura.
Nel film Chorus Line un ballerino racconta di aver scoperto il suo talento guardando danzare altri: I can do that. Per me è stato così.
Sapevo costruire una storia. Come, perché? Forse per l'enorme quantità di libri e film divorati: “Tu fai tuo tutto quello che leggi”, diceva la mia insegnante di italiano alle superiori. Ma ho scoperto solo con i fumetti di avere questa capacità biologica.
Il primo soggetto accettato: la storia di uno sciamano sioux che vede la fine dei popoli americani.
Il mondo non si apriva, ma si socchiudeva abbastanza per farmi sperare. Non era il paradiso americano, ma una goccia di libertà e una fuga all’interno dell'Italia. Settantamila lire per le pubblicazioni Universo, cento per quelle della Lancio.
A questo punto la mia storia comincia a intrecciarsi veramente a quella della Letteratura Italiacana. Nella buona e nella cattiva sorte, come in ogni fottuto matrimonio.


domenica 11 dicembre 2022

Buio in scena o la nuova carne della letteratura


Recensione e retroscena di Andrea Carlo Cappi
Illustrazioni di Roberta Guardascione

Era un po' che nell'ambiente della letteratura fantastica italiana sentivo parlare del romanzo "Buio in scena" di Mario Gazzola, già finalista all'illustre Premio Laymon di Independent Legions, benché non ancora pubblicato. Per leggerlo ho dovuto aspettare che nascesse il marchio Posthuman. Perché in apparenza il libro piaceva parecchio ad alcuni editori, ne spaventava molti altri e nessuno sapeva come etichettarlo - come capita a tutto ciò che è davvero innovativo - quindi il romanzo è rimasto inedito fino all'estate 2022.
Meglio così: forse perché cresciuta in un ambiente inospitale, la creatura si è evoluta ed è diventata sempre più forte, trasformandosi in un fenomeno che ormai dallo scorso settembre è colpevole ignorare. Se qualcuno ha bisogno di etichette, ne propongo io una di stampo cronenberghiano: "la nuova carne della letteratura", ossia qualcosa che parte dalla narrativa per occupare nuovi spazi.
L'autore ammette di essere partito da una notizia di cronaca: uno spettacolo teatrale allestito con i detenuti di un carcere ebbe un tale successo da essere portato in tour in teatri veri... ma alcuni degli interpreti approfittarono dei giorni di libera uscita per riprendere certe vecchie attività criminali. Già questo spunto basterebbe per immaginare una storia alla Quentin Tarantino, giusto per usare un'etichetta. Tuttavia Mario Gazzola va ben oltre.


Nel romanzo, il regista dello spettacolo è il folle e geniale Alvaro Cortez, il quale segue i dettami di un saggio ormai introvabile (vero e proprio "libro maledetto") che propone un teatro assoluto e totalizzante. Il regista lavora quindi sui suoi attori-detenuti, innestando nel testo le loro storie personali, a costo di portare alla luce le ombre più oscure del loro inconscio. E qui all'ambientazione carceraria e alla componente noir si aggiunge una dimensione di horror psicologico con risonanze rock-blues. Non siamo di fronte a un'ibridazione letteraria elaborata a tavolino, bensì a un'opera originale, coinvolgente, affascinante e destabilizzante.
Non pago di ciò, Gazzola ha anche scritto una versione alternativa della storia, in chiave di teatro nel teatro. Insieme a Roberta Guardascione, artista il cui immaginario visivo coincide con quello letterario dello scrittore, ha dato vita a un secondo libro, interamente illustrato, per cui bisogna inventare una definizione tutta nuova: potremmo dire "graphic drama", giusto perché il termine più corretto "graphic play" potrebbe essere scambiato da chi non sa l'inglese per un videogame. Il testo teatrale "Buio in scena - Il teatro della dannazione" si inserisce tra immagini di scena e scenografie concepite dall'artista, proiettando chi legge nell'universo condiviso da entrambi gli autori.
Che Gazzola ami le contaminazioni tra varie arti si sapeva già, da quando non solo ha scritto il saggio "Fantarock" con Ernesto Assante (vincitore del Premio Vegetti), ma ne ha messo in pratica i concetti con il sorprendente esperimento di "S.O.S. - Soniche Oblique Strategie", in cui sotto la sua direzione vari autori e illustratori sono stati coinvolti in un gioco letterario tra fantascienza, rock e metaletteratura; entrambi i titoli sono editi da Arcana. 


Ma nei due volumi di "Buio in scena" narrativa, teatro, pittura, musica e realtà si fondono in forme del tutto nuove. Dico "realtà" a seguito di quanto avvenuto nel settembre 2022 al Festival Torre Crawford di San Nicola Arcella (Cosenza), legato all'omonimo concorso letterario ispirato allo scrittore Francis Marion Crawford che proprio qui scrisse molte sue opere. Erano previste la presentazione dei due ancora inediti e misteriosi libri di Gazzola, e la mostra con le relative illustrazioni di Roberta Guardascione, autrice anche dell'immagine di copertina per l'antologia annuale del Premio Torre Crawford.
Tra i racconti anonimi pervenuti al concorso ne era nascosto uno di Mario Gazzola, che si salda sia al tema dell'anno (dal racconto "La bambola fantasma" di F. M. Crawford), sia all'universo di "Buio in scena". Nessuno sapeva ancora nulla del contenuto dei due libri, ma tutti i giurati sono rimasti travolti dalla potenza del racconto, che è risultato vincitore dell'edizione 2022 ed è ora incluso nell'antologia "Un'inquietante sensazione indefinibile", disponibile da Oakmond Publishing in volume e ebook su Amazon, e nell'edizione cartacea ordinabile anche presso segreteria@premiotorrecrawford.it.
So che Mario Gazzola e Roberta Guardascione non hanno ancora finito di esplorare il mondo oscuro di "Buio in scena", ma intanto non potete rinunciare a scoprirlo in tutta la sua forza immaginifica nel romanzo e nella versione teatrale illustrata, che saranno presentati al Wow-Museo del Fumetto di Milano (viale Campania 12, ingresso libero) il 17 dicembre 2022 alle 17.00 durante l'evento "Una slitta piena di libri", che si concluderà alle 18.00 con un brindisi natalizio.










giovedì 1 dicembre 2022

Iperwriters - L'isola che c'è

Photo: Nareeta Martin on Unsplash

Iperwriters, editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 11 - L'isola che c'è

Venerdì, ore 13.
Guardo l'editoria italiana come la guardavo allora, a ventiquattro anni. Inarrivabile per noi nati negli alloggi degli schiavi, polvere umana, unto umano incrostato nelle periferie. In un'altra dimensione... come la luna, Hollywood e la finanza internazionale. Come la vita dei ricchi, che esiste, parallela alle nostre, ma separata.
L'isola che non c'è è raggiungibile: seconda stella a destra, ecc.
Questa è un'isola che c'è, e solo il pensiero di raggiungerla fa perdere le forze e affogare fra le onde. C'è di mezzo un mare senza barche.
Ho osservato la Letteratura Italiana scorrere come un fiume per le librerie nei decenni, portando a volte scrigni pieni di gioielli e a volte detriti fetenti, sempre con un sentimento di sgomenta incredulità. Non la capivo.
Insieme al monologo joyciano e al postmoderno è iniziata e poi passata una tendenza ad annunciare e creare capolavori. Il capolavoro che un tempo richiedeva una cinquantina d'anni per affermarsi si sfornava subito. A volte non era ancora compiuto e lo si stava ancora scrivendo. Forse uno degli ultimi conati per sostenere, spingere avanti l'autorialità. O forse una perfida manovra per stroncare l'imprevedibibilità del capolavoro, che nasce spontaneamente e si afferma quasi sempre creando disagio, talvolta rifiuto. Occorreva esercitare un controllo sulle opere da destinare al pubblico?
Si parlava di morte del romanzo, e si scrivevano romanzi per raccontarla.
E intanto si volevano “esiti stilistici”. Abbandonato il capolavorismo, era rimasto uno dei suoi vezzi: la scrittura in italodialettese, già sicura garanzia di dignità letteraria.
L'editoria italiana era un palazzo sontuoso abitato da cadaveri snob, e la letteratura un funerale barocco e pretenzioso. Un velo di lingua raffinata, magistralmente intessuta, disteso sul nulla. Il Nulla, il vero dio del nostro tempo, perché non chiede nulla. E' così rassicurante, così confortevole che la vita non abbia senso! Aboliti dovere, disciplina, responsabilità, perfino la pur minima seccatura.
Così mi apparivano le cose, quando mi trascinavo dalla biblioteca alla mensa universitaria (la sola cosa buona dell'Università, costava qualcosa come ottocento lire, mi pare).
Si spera sempre in un evento che cambi la vita. Ed ecco l'evento.


venerdì 18 novembre 2022

BookCity Milano 2022: libri, fumetti, cinema e teatro


Dal ricco programma di BookCity Milano 2022, una selezione di appuntamenti tra sabato 19 e domenica 20 novembre.


Sabato 19, ore 18.30 "Sindrome 75-Un'altra Milano"
Umanitaria Auditorium, v. S. Barnaba 48, Milano
Ingresso libero
"Sindrome 75", il romanzo a fumetti
"Sindrome 75 - Cronache dell'Apocalisse", la raccolta di racconti inediti
a cura di F. G. Lugli e G. L. Margheriti
(Excalibur)


Sabato 19, ore 20.30 "Serata Diabolika"
Wow - Museo del fumetto, v.le Campania 12, Milano
Ore 20.30 - Ingresso libero
I romanzi di Diabolik & Eva Kant di Andrea Carlo Cappi
(Excalibur)
Ore 21.30 - Ingresso a pagamento con prenotazione: eventi@museowow.it
"Le sorelle diabolike", spettacolo con Monica Faggiani e Valentina Ferrari
ispirato alle sorelle Angela e Luciana Giussani, creatrici di Diabolik


Domenica 20, ore 11.00 - Blaxploitation!
Anteo - Palazzo del Cinema - Sala President
p.zza XXV aprile 8 - Ingresso libero
"Black Bad and Beautiful" di Sivlio Giobbio e Daniele Magni,
(Bloodbuster Edizioni)
presentano Andrea Carlo Cappi e Manuel Cavenaghi


Domenica 20, ore 14.00 - Il mistero di Paul - Una leggenda tra i Navigli
Mare culturale urbano - Sala polivalente
v. Giuseppe Gabetti 15 - Ingresso libero
"Il codice Beatles" di Francesco G. Lugli & Ferruccio Gattuso
(Excalibur)
presenta Andrea Carlo Cappi


Domenica 20, ore 16.30 - Milano narrata
Wow - Museo del fumetto
v.le campania 12 - Ingresso libero
AA.VV. "Sindrome 75", il romanzo a fumetti
AA.VV. "Sindrome 75", l'antologia di racconti inediti
a cura di F. G. Lugli e G. L. Margheriti
AA.VV. "Delitti alla milanese" a cura di Gian Luca Margheriti
F. G. Lugli e F. Gattuso "Il codice Beatles"
Paolo Sciortino "Un canto a Milano"
(Excalibur)
Andrea Carlo Cappi "Medina-A Milano non c'è il mare"
(Oakmond Publishing)

Iperwriters - Il sacrificio di un poeta

Photo: Bernd Dittrich on Unsplash

Iperwriters, editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 10 - Il sacrificio di un poeta

Venerdì, ore 13.
Questa volta coincide con una data: 2 novembre 1975.
Hanno assassinato Pier Paolo Pasolini.
La sera dopo Max e io camminiamo lungo un viale alberato (lui mi sta riaccompagnando a casa), al buio, smuovendo le foglie marcite che ci arrivano quasi alle ginocchia.
Siamo disgustati e sgomenti, ma anche confusamente consapevoli che qualcosa è cambiato. Evento tragico che ha spostato e dato una svolta irreversibile all'ordine sociale.
Che cosa è accaduto, precisamente?
L'epilogo di una lunga opera di eliminazione che il genio della vittima stessa ha traformato in un rito iconico per le generazioni successive. L'indesiderato non poteva ancora essere cancellato con il silenzio idiota di oggi; occorrevano violenza, strazio, sangue.
L'ultimo sacrificio umano visibile, e l'inizio di un'umanità sacrificata al pensiero orizzontale. La fine dell'artista in possesso di una lingua personale e dell'intellettuale libero. Dopo, soltanto artisti di regime e pseudointellettuali allineati. Che non ci sia mai più, mai più uno come lui.
Uno che poteva contestare la sua stessa parte politica, che aveva intuito il passaggio del potere ad una nuova élite di figli di papà “progressisti” e la nascita di una nuova casta di poveri. Un grande guru di sinistra, infatti, ha commentato la sua scomparsa così: “Finalmente ce lo siamo tolto dai piedi. Faceva solo confusione”.
Ma riuscite a immaginare che cosa ci avrebbe detto, questo confusionario, se fosse vissuto fino alle soglie degli anni Duemila? Oh, my God! E non sarebbe stato possibile chiudergli la bocca.
Ma forse sarebbero riusciti a sprofondarlo nel nulla, triturandolo nei talk show, fingendo di chiedergli perdono per le persecuzioni passate, forse facendolo sposare.
Moravia che al funerale grida: “Abbiamo perso un poeta... ne nascono soltanto due o tre in un secolo... il poeta dovrebbe essere sacro.”
Questo mi riporta nuovamente alle medie superiori. In televisione danno lo sceneggiato Odissea e Giuseppe Ungaretti recita i versi di Omero. E' vecchio, ha pochi denti e la esse sibilante: pronuncia Ulissssccce. Tutta la mia classe ride e gli rifà il verso.
Addio, cari poeti.




Iperwriters - Schiavi e padroni

Photo: Ian Simmonds on Unsplash Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori Letteratura italiacana - 46 - Schiavi e padroni Venerdì, ore 1...