Su Borderfiction Zone nuovo incontro con uno degli autori della collana in ebook di Delos Digital Spy Game – Storie della Guerra Fredda. Dopo Enzo Verrengia, Giovanni Ingrosso, Andrea Carlo Cappi e Valentina Di Rienzo, questa volta parliamo con Enrico Luceri, maestro riconosciuto del mystery italiano, già vincitore del Premio Alberto Tedeschi de Il Giallo Mondadori nel 2008, che si è lasciato tentare dalla narrativa di spionaggio. Appare infatti nella collana il suo romanzo in due parti Caccia alla strega, (la prima parte il 12 dicembre 2023, la seconda parte il 16 gennaio 2024).
Enrico Luceri, dietro i veli della Storia
SG: Parlaci del tuo romanzo Caccia alla strega, che ha inizio - potremmo dire - nel momento stesso in cui comincia la Guerra Fredda e che rievoca eventi precedenti che la lasciavano presagire.
L’idea originale della storia è la singolare situazione in cui non è possibile accertare la morte di qualcuno. E allora si possono fare molte ipotesi e congetture su cosa sia accaduto davvero. Queste sono state anche le circostanze dell’omicidio di Rosa Luxemburg, per una serie di coincidenze avvenute realmente, che sarebbero state difficili da immaginare anche per il più scaltro autore di spy story.
Una donna trascinata via da un albergo berlinese dove è stata sequestrata, nei giorni dell’insurrezione comunista (o meglio, spartachista) del gennaio 1919, colpita alla testa con il calcio di un fucile e caricata su un’auto che parte nella notte buia, rischiarata solo dalle fiamme degli incendi scoppiati durante gli scontri. Un uomo in divisa militare che balza sul predellino dell’auto, estrae la pistola dalla fondina, accosta la canna alla nuca della donna e spara. La macchina si arresta su un ponte, uomini afferrano il corpo della vittima e lo gettano in un canale artificiale, dopo averlo appesantito con delle pietre.
Fine della storia. O forse inizio.
La donna è la rivoluzionaria Rosa Luxemburg, gli uomini sono i miliziani dei Freikorps, soldati dell’esercito imperiale tedesco smobilitati dopo la sconfitta nella Grande Guerra e assoldati dal governo repubblicano per reprimere i moti insurrezionali a Berlino e in Baviera. Il cadavere della Luxemburg fu ritrovato, ma l’autopsia lasciò un dubbio sulla sua identificazione. Il corpo fu seppellito nel cimitero di Friedrichsfelde, a Berlino, ma nel 1936 i nazisti lo distrussero e dispersero i resti. Qui finiscono i fatti storici e iniziano quella della mia fantasia.
Ce n’era abbastanza per costruire una realtà parallela dove la donna gettata nel canale riusciva a sopravvivere e a sfuggire in seguito alla caccia di agenti segreti spinti da intenzioni diverse, ma un solo fine: catturarla e manipolarla per il loro interesse.
SG Come sei passato dal giallo allo spionaggio?
In maniera molto semplice e naturale: lasciando la mia fantasia libera di correre in un genere narrativo affascinante, che leggo con curiosità e passione dalla mia adolescenza. Ho avuto occasione di scrivere già un romanzo breve di genere spionistico per la serie Gli Archivi Segreti della Sezione M, creata e realizzata insieme ai miei soci., colleghi e soprattutto amici Giulio Leoni e Massimo Pietroselli: un intrigo ambientato a Roma alla fine del 1934, che affonda le sue radici in un episodio di criminalità avvenuto a Londra oltre vent’anni prima e potrebbe perfino mettere in pericolo il potere di Stalin.
Anche in quella circostanza, sono stato ispirato dalla consapevolezza che nella storia esistono degli angoli oscuri che potrebbero nascondere situazioni imprevedibili e sorprendenti. A me piace illuminare quelle zone buie e dare forma a ciò che vedo con gli occhi della fantasia. Un racconto realistico, dunque, e non reale, o perlomeno tale che non sia possibile dimostrarne la solidità e nello stesso tempo smentirne la verosimiglianza. Un gioco di specchi che riflettono immagini uguali e contrarie, un’illusione manipolata da un prestigiatore, figure che nella penombra sono solo fantasmi sfuggenti sulle pareti. Matrioske che custodiscono versioni sempre più piccole e diverse fra loro di un’unica bambola, che potrebbero essere la stessa donna a età diverse della vita.
SG: Com'è nato e si è sviluppato il tuo interesse verso la narrativa spionaggio?
Ho scoperto Segretissimo nel 1974, qualche anno dopo aver letto il mio primo Giallo Mondadori. E grazie ai romanzi di Gérard de Villiers, ho viaggiato con Malko Linge in tutto il mondo. Quello dell’immaginazione, della fantasia sfrenata, tuttavia così realistico da sembrare più vero della realtà.
Era iniziato il viaggio che mi ha fatto conoscere gli angoli bui delle città attraverso i personaggi dei romanzi e gli attori dei film.
Lo sguardo dolente di Alec Leamas/Richard Burton che si aggira per Berlino, divisa in due dal Muro, ne La spia che venne dal freddo di Le Carré.
Gli occhi glaciali e ironici dello Sciacallo/Edward Fox che esplorano Parigi alla ricerca del luogo più adatto per commettere l’omicidio politico del secolo, perlomeno secondo Frederick Forsyth ne Il giorno dello Sciacallo.
Mosca negli anni della Perestroika vista da “Barley” Blair/Sean Connery ne La Casa Russia, ancora di Le Carré.
Vienna nel primo dopoguerra, occupata dagli alleati (ormai ben poco), dove si aggira l’istrionico Harry Lime/Orson Welles ne Il terzo uomo di Graham Greene.
Da Istanbul e lungo i Balcani insieme a Charles Latimer/Peter Lorre per scoprire quale volto si nasconda dietro La maschera di Dimitrios di Eric Ambler.
E naturalmente l’inevitabile James Bond/Sean Connery nella straordinaria saga letteraria di Ian Fleming. Un autore a sua volta protagonista di una vita simile a un romanzo di spionaggio, dove ancora una volta realtà e fantasia si confondono ed è difficile distinguerle. Come in ogni vera spy-story.
In anni più recenti, la lettura dei romanzi di Andrea Carlo Cappi e di Stefano Di Marino è riuscita a farmi apprezzare una narrativa di genere moderna, dove l’azione, il ritmo, le emozioni profonde e la suspense diventano esse stesse personaggi di intrighi di rara efficacia.
SG: Qual è la tua visione della spy-story come autore?
Quella di raccontare ciò che Winston Churchill aveva definito “un indovinello, avvolto in un mistero all'interno di un enigma” (“a riddle wrapped in a mystery inside an enigma”), nel suo caso a proposito della politica estera dell’Unione Sovietica. Ovvero aprire le matrioske di cui parlavo prima e arrivare fino all’ultima, ammesso che sia tale o ne nasconda altre ancora.
Quando ho deciso quale angolo buio della storia reale cercare di illuminare, costruisco un meccanismo di precisione, che mi piace paragonare a un orologio a carica. La trama, i personaggi, le ambientazioni, gli obbiettivi, i colpi di scena sono ruote dentate, cilindri, bilanciere, lancette e quadrante, e ognuno di loro deve funzionare singolarmente e insieme agli altri, contribuendo al funzionamento dell’orologio. Il ritmo dei miei romanzi deve adattarsi alla vicenda che racconto, evitando accelerazioni e frenate e aumentando d’intensità con una certa regolarità.
La mia spy-story avviene in strade oscure, panorami nebbiosi, palazzi silenziosi, piazze metafisiche, dove ogni ombra svela un profilo che potrebbe ingannare la vista e rivelarsi ben diverso da ciò che appare. Una partita fra uomini e donne, o meglio organizzazioni e regimi o stati, dove la posta in palio potrebbe essere solo un’illusione, o ciò che Alfred Hitchcock definisce MacGuffin, cioè l’espediente narrativo che scatena l’azione e alla fine è semplicemente inesistente. Una danza dei sette veli, caduto l’ultimo dei quali ci si accorge che la danzatrice non c’è.
Storie di chi dovrebbe essere altrove, piuttosto che in un certo luogo, e invece è proprio lì, grazie a un angolo oscuro che può nascondere qualsiasi sorpresa.
E se all’improvviso accendiamo un riflettore e lo puntiamo proprio su quell’angolo immerso nelle tenebre possiamo immaginare anche di vedere Ian Fleming e Bertolt Brecht seduti su due sedie scalcinate dietro un tavolino traballante che bevono gin, fumano e cercano di ricostruire l’enigma di una donna anziana e malandata, inseguita dagli agenti segreti di nazioni ostili fra loro, ma tutte ben decise a catturarla. Impresa inutile, perché è impossibile arrestare uno spettro che s’aggira per l’Europa.
L'intervista continua a questo link
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