Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori
Letteratura italiacana - 74 - Leopold
Venerdì, ore 13. Forse, quando ricevevo tanti rifiuti per Schiavo, il “fenomeno editoriale delle penne rosa shocking” non era ancora giunto a conoscenza dei direttori editoriali italiani. Come ho detto prima, non avevo finto di non scrivere un thriller ambientato nel mondo S&M. Anche non pornizzato, il libro puzzava troppo.
Cito da Jean Genet, che è sempre stato uno dei miei guru sulle vie della creatività: "Se il mio teatro puzza, è perché il vostro profuma". La letteratura italiacana profuma, profuma sempre, e tanto da nauseare. Profumi di marca e di gran classe. Profumi costosissimi. Avevo scelto di puzzare, sperando che mi capissero i pochi consapevoli che un corpo umano non deodorato e disinfestato puzza.
Ma c'era anche un'altra ragione che mi spingeva a tentare di proporre i masochisti come protagonisti e vittime, anziché farne dei traumatizzati da piccoli e pertanto serial killer da grandi. Probabilmente intendevo rendere una specie di omaggio subliminale a Leopold von Sacher Masoch. Poco letto e poco studiato qui da noi, probabilmente dagli stessi che si occupano con serietà e rispetto del povero D.A.F. de Sade.
Negli anni '70 traducevano e stampavano i suoi libri in Italia. Ne avevo alcuni. Di Masoch mi aveva colpita La madre santa (ristampato da ES nel 2013 con il titolo La madre di Dio), storia di una setta che adora una giovane come rappresentante di Dio in terra. Col tempo ne avrei colto tutte le suggestioni e i richiami storici, religiosi, culturali e antropologici. Dagli antichi culti della Madre con i relativi corpi sacerdotali maschili, passando per la cavalleria e la ricerca della Donna Segreta, le sette ereticali e le leggenda della Papessa, fino alle fiction moderne ambientate in comunità rurali di streghe (femminili o miste) in cui uomini vengono offerti in sacrificio per la fecondità della terra.
Scoprendo un grande scrittore, uno scrittore per tutti, con una sua collocazione nell'eternità dell'immaginario.
Davvero, Leopold è meritevole di ben altro che dare il nome a una “perversione”. Chi siamo noi, che provochiamo tanto dolore negli altri, per disprezzare uno che se lo procura da sé?
Non meritava certo di morire in manicomio (non si sa neppure quale manicomio, e quando sia morto). Come non lo meritavano tutti gli artisti vittime dell'universale bullismo umano e di una civiltà sempre più psicotica.
(Immagine: fotocappi)
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