sabato 12 febbraio 2022

La Boutique del Mistero: in radio con A. C. Cappi


Torna La Boutique del Mistero di Andrea Carlo Cappi su Radio Number One: la domenica pomeriggio tra le 16.15 e le 16.30 nel programma di Luca Galiati.

Rievocazioni  e retroscena di Andrea Carlo Cappi

Da domenica 13 febbraio 2022 alle 16.15 circa torna, in diretta su Radio Number One (qui le indicazioni per ascoltarla, su FM, piattaforme e app), la mia storica rubrica La Boutique del Mistero. Sarà un breve appuntamento settimanale all'interno del programma della domenica pomeriggio condotto da Luca Galiati.
In ogni mio intervento parlerò di qualcosa di curioso, misterioso, criminale, spionistico, tratto dalla realtà o dalla narrativa in tutte le sue forme (libri, fumetti, tv, cinema...) Ovvero, gli argomenti  in cui mi imbatto di volta in volta nelle ricerche per i miei libri.
 
La Boutique del Mistero, il cui titolo è rubato dichiaratamente alla celebre raccolta di racconti di Dino Buzzati, è nata nel 1999, dopo essere stato co-autore e co-conduttore di diversi programmi su reti tv private. All'inizio andava in onda su Radio Donna Network come programma settimanale mattutino di un'ora al fianco di Roberta Pellagatta, con occasionali interventi di Lapo De Carlo (memorabile la sua chiamata in diretta nei panni dell'assassino della Dalia Nera). Poi diventò un doppio appuntamento di ben due ore, in diretta il martedì notte e in replica la domenica pomeriggio, insieme a Lapo De Carlo.
Nel 2002 La Boutique del Mistero trasmigrò nientemeno che in Via Montenapoleone, nella radio omonima, dove invece il programma veniva registrato (quindi, per la fortuna dei passanti, non mi si vedeva in diretta nella vetrina di Venini, nella celebre strada milanese in cui l'emittente aveva il suo studio principale).
Il gioco funzionava: anche le storie più inquietanti diventavano intrattenimento e il pubblico apprezzava l'ironia che permeava il programma. Tra gli ospiti delle varie puntate delle diverse edizioni ricordo Alan D. Altieri, appena sbarcato dagli USA con le ultime notizie da Hollywood, e Stefano Di Marino, che raccontò come solo lui sapeva fare i retroscena del cinema di Hong Kong, che in quegli anni aveva riconquistato l'Occidente.
All'inizio del 2003 dovetti sospendere la rubrica perché, ebbene sì, rimasi senza voce per varie settimane. Poi sopraffatto da altri impegni di lavoro - libri da scrivere o tradurre, eventi da organizzare, collane editoriali da dirigere - non ebbi più il tempo di riprenderla.

Da allora sono stato varie volte ospite in numerosi programmi radiofonici o televisivi (in particolare MattinoCinque e UnoMattina), sono stato co-autore nel 2003 del serial Mata Hari con Veronica Pivetti su Rai Radio2, ma non ho più realizzato una mia rubrica al di fuori di Internet.
Alla fine del 2021 a Luca Galiati, conosciuto nel 2002 a Radio Via Montenapoleone e oggi a Radio Number One in diretta il sabato e la domenica pomeriggio dalle 14.00 alle 17.00, sono capitate di nuovo tra le mani alcune vecchie registrazioni del mio programma. Gli è venuta l'idea di riprendere quell'appuntamento in una formula più rapida e adatta ai tempi.
Non ho saputo resistere alla proposta di tornare nell'etere con un appuntamento settimanale, oltretutto su un'emittente storica che, contando le sue incarnazioni precedenti, trasmette da oltre quarantacinque anni. Pertanto, signore e signori, la Boutique riapre: ci sentiamo la domenica verso le 16.15 su Radio Number One.

Immagine: A. C. Cappi nel 2009, da una fotografia di Daniela Basilico.


venerdì 4 febbraio 2022

Iperwriters - Biodiversità invisibili: giovinezza

Foto: Paul Teysen, from Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì, ore 13. La nave Iperwriters passa, con il suo carico di giovani. Perché per i giovani c'è posto solo da noi, in mezzo al mare.
Per i giovani non c'è nulla. Non sarebbe questo il problema. Ci sono già state epoche storiche in cui per i giovani non c'era nulla, neppure il cibo, l'acqua e il fuoco: ma si sapeva. Fame, sete e freddo si percepiscono. Epoche di guerra, di povertà e di fughe da guerra e povertà, ben difficili da ignorare.
Oggi per i giovani non c'è nulla, ma non se ne ha coscienza. Non manca nulla, nel mondo contemporaneo, a parte la vita. E quasi nessuno lo sa.
I giovani sono vittime della presentificazione contemporanea, del solo qui e ora. Mentre in apparenza il mondo dovrebbe appartenere a loro, paradossalmente rimangono immobili. Schiacciati dall'immenso soffitto dei presentificati di successo che non possono o non vogliono invecchiare, vengono costretti ad evolversi in curiose forme orizzontali, vacue e irrisolte.
Queste forme orizzontali sono i sogni. Ai giovani viene detto (lo sentiamo quasi ogni giorno): non rinunciare mai al tuo sogno. Non viene loro detto che il sogno deve appunto rimanere tale. Generazione dopo generazione vanno a ingrossare le file di un esercito di sognatori vaganti da una falsa occasione all'altra.
Si sogna il film del proprio successo, con una catena di eventi che devono “fatalmente” verificarsi, altrimenti perché si vive?
Ma gli eventi slittano, non accadono o, se accadono, sono biforcuti. E mentre ti dicono "Credici, credici, altrimenti non ci crederanno gli altri!" vedi che gli altri non ci credono, e allora smetti di credere. Finché lo stato giovanile finisce, a seconda dell'età anagrafica o psichica. Allora si entra in una realtà bruta e vile, in un antiinferno che precede la vecchiaia, in cui non si sa che fare di se stessi ma ancora si è tormentati da qualche straccio di entusiasmo, qualche piccolo progetto, qualche voglia di felicità.
Certo, di tanto in tanto a qualcuno è concesso di realizzare il sogno: altrimenti, come potrebbero gli altri sognare? Ma il sogno realizzato ha una data di scadenza sempre più vicina, perché il numero dei presentificati di successo deve rimanere uguale, e il ricambio è necessario. Così, il sogno realizzato può diventare una realtà ancora più bruta e vile.
Salite a bordo, eterni bambini

venerdì 14 gennaio 2022

Iperwriters - Biodiversità invisibili: vecchiaia

Photo: Rinson Chory from Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì, ore 13. Ormai avrete capito che la nave Iperwriters non passa mai in perfetto orario. Non per elogio della lentezza, ma per vera lentezza. Il motivo è ovvio: siamo vecchi.
Ragioniamo perciò sulla prima biodiversità invisibile: i morti, che non vanno più in cielo, ma in un luogo cieco innominato ben recintato da invalicabili tabù. I morti (e dunque il pensiero dell'aldilà) non hanno più uno status sociale: esiste solo la vita in una perpetua tensione giovanile che si risolve bruscamente nel nulla.
Addio al tale, il talaltro ci ha lasciati. Non passa neppure un giorno, sui social sono finiti i like, si applaude ai funerali (finalmente Bill defunto non è più un problema?) ed è l'oblio.
I vecchi vengono appena prima dei morti nell'opera di rimozione culturale dello scorrere del tempo e della Storia. I vecchi, che nessuno ascolta e rispetta a meno che non abbiano fatto un lifting e non siano in televisione. Mentre si finge di proteggerli, non si vede l'ora che si tolgano dai piedi. E di fatto vengono trattati come il cavallo de La fattoria degli animali di Orwell, che dopo una vita spesa per il bene della comunità viene mandato al macello.
I vecchi quando diventano brutti, cioè in tutta l'evidenza della vecchiaia, non più competitivi sul mercato del sesso. I vecchi non più produttivi e utili, a cui si cerca di negare la ricompensa dovuta. I vecchi che credono ancora di avere dei diritti, malati terminali come in un film americano: la tua assicurazione non copre le spese!
Nel mondo contemporaneo presentificato ogni essere vivente nasce con una data di scadenza, come tutte le merci in vendita. Fra la data di scadenza sociale e quella naturale decisa dalla biologia e dal destino (la morte) si entra in una sorta di inferno laico dove si vaga in uno stato di marginalizzazione permanente.
E' come essere sparati verso la morte in una corsa ultrasonica, anche se tutto sembra immobile.
Diversa è la condizione di chi nasce vecchio, consapevole del cambiamento, dello scorrere del tempo e dei cicli storici, e di quanto sia innaturale l'attuale vuoto pneumatico.
Perché negare la morte e la premorte è negare la vita.
Noi di Iperwriters, vecchi ci siamo nati.

mercoledì 5 gennaio 2022

Diabolik, romanzo e film

 


Recensione di Alby Bottecchia

Clerville anni Sessanta: un misterioso quanto astuto e spietato ladro flagella la città da diversi mesi. Di lui non si conoscono né il nome né il volto solo un soprannome e un modus operandiDiabolik: un'ombra oscura e spietata che prende di mira i ricchi della città in modo sistematico, letale e inesorabile. L'ultima vittima designata del grande ladro è la bellissima Lady Kant, giovane nobildonna dall'oscuro passato e dal fascino ammaliante, proprietaria di un preziosissimo anello che fa gola al Re del Terrore (il soprannome di Diabolik presso l'opinione pubblica).
Quello che né il ladro né la ragazza possono sapere è che, proprio in occasione del tentativo di Diabolik di impadronirsi dell'anello con il Diamante Rosa, saranno destinati a incrociarsi e soprattutto a innamorarsi l'uno dell'altra. Il Re del Terrore, colpito non solo dal fascino ma anche dalla freddezza di Eva di fronte alla minaccia di morte,  ne rimarrà conquistato. E sarà proprio lei che lo aiuterà a uscire dai guai quando la situazione diverrà troppo complicata perché il grande ladro possa farlo da solo.
Infatti la sua nemesi, il tenace e implacabile ispettore Ginko della polizia di Clerville, grazie al supporto dell'attuale compagna di Diabolik, l'infermiera Elisabeth Gay, è riuscito a scovare uno dei rifugi dell'inafferrabile criminale e a tendergli una trappola. Solo la complicità e la perfetta intesa tra i due nuovi amanti consentirà a Diabolik di cavarsela ancora una volta, riuscendo nel contempo a liberare la bella Lady dalle sgradite attenzioni - e dal ricatto - del viceministro della Giustizia Giorgio Caron.
Tensione, romanticismo, azione e mistero per l'adattamento definitivo del fumetto creato nel 1962 da Angela e Luciana Giussani. Andrea Carlo Cappi rilegge in forma di romanzo l'avvincente film dei Manetti Bros (sia co-sceneggiatori che registi della pellicola, coadiuvati in fase di script da Michelangelo La Neve) con Luca Marinelli (Lo chiamavano Jeeg RobotOld GuardMartin Edennel ruolo di Diabolik, Miriam Leone (Fratelli unici, Metti la nonna in freezer, Amore a domicilio) nei panni di Eva Kant e Valerio Mastandrea (Perfetti sconosciuti, Moschettieri del re - La penultima missione, Detective per caso) nei panni dell'ispettore Ginko.
Infilate il pugnale nel fodero, tirate su il cappuccio della tuta e mettetevi al volante della Jaguar E-Type Diabolik è tornato!
Swiisss!!

venerdì 31 dicembre 2021

Iperwriters - Scuola di sopravvivenza

Photo: William William from Unsplash


Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì, ore 13.
La nave Iperwriters, come promesso, vi porta le strategie per sopravvivere se siete delle biodiversità. 
Ne abbiamo individuate quattro possibili: 
guerriglia: ma anche guerra dichiarata. Combattere per affermare la propria forma di vita contro tutto quello che è nemico, all'esterno ma soprattutto all'interno. Il rischio è un livello di tensione che può diventare intollerabile.
Immaginazione: sprofondare nel sogno e crearsi una realtà parallela autoreferenziale. Non è, come sembra, un modo di sfuggire al mondo, perché il mondo ci guarda anche mentre dormiamo. Il rischio è la derealizzazione e una follia più o meno dolce.
illusionismo: stare nel mondo e ingannarlo con abili giochi di prestigio, e cercare di educarlo divertendolo. Il rischio è di ritrovarsi nudi e indifesi se il prestige non riesce.
mimetismo: fingersi come tutti gli altri, recitando costantemente fino a raggiungere una specie di simulazione spontanea. Il rischio, se non si rimane lucidi, è di non conoscersi più.
eremitaggio: se non si ha bisogno di lavorare per guadagnare è possibile rinchiudersi in un isolamento reale, in un ambiente fatto a propria misura come le case per bambini di Maria Montessori. Il rischio è l'azzeramento dei rapporti sociali. Emily Dickinson viveva chiusa in casa, sempre vestita di bianco come un fantasma. I ragazzini del posto credevano che fosse un vero spettro. 
Ma, obietterete, queste sono soluzioni a problemi di cent'anni fa, e oggi i drammi non sono tanto estremi da richiedere atti estremi. Tutte le biodiversità sono sostenibili. 
E' più complicato di così, e il mondo è un viso pallido dalla lingua biforcuta. Le biodiversità visibili sono in una continua altalena, premiate e vezzeggiate in alcuni casi, ancora disprezzate e perseguitate in altri. Dipende dai luoghi, dagli ambienti fisici e culturali, dalla casta di appartenenza. L'ipocrisia confonde le acque delle biodiversità visibili.
Immaginiamo ora quanto può essere torbido lo stagno delle biodiversità invisibili. 
Perché ne esistono, e al prossimo passaggio ve le sveleremo. 
Au revoir.

mercoledì 15 dicembre 2021

Diabolik - Il film - La recensione


Recensione (senza spoiler) di Andrea Carlo Cappi

"Sarò breve", per citare Luca Marinelli quando ha augurato un rapido "Buona visione" al pubblico dell'Odeon all'anteprima milanese del 15 dicembre, alla vigilia dell'uscita sugli schermi d'Italia. Ma non altrettanto breve. Quindi motiverò il mio giudizio, che posso riassumere in: "un gioiello di film!"
Questa è forse una visione di parte, dato che, pur non avendo avuto a che fare di persona con il film, ne ho scritto la novelization, ovvero il romanzo basato sulla sceneggiatura. Ma la mia è la recensione di un conoscitore e appassionato di Diabolik che ha cercato anche di immedesimarsi in uno spettatore - italiano o straniero che sia - che non conosca la serie a fumetti e i personaggi e sia al primo approccio con loro. Il che è uno dei due aspetti fondamentali quando si realizza un film di questo tipo. L'altro è: non deludere chi già conosce e ama personaggi e serie. Da entrambi i punti di vista, "Diabolik-Il film" riesce perfettamente nell'intento. A dire la verità, dopo averlo visto, molte delle recensioni che avevo letto online dopo l'anteprima romana mi sembrano scritte da qualcuno cui i Manetti Bros hanno rubato le caramelle quand'erano bambini e che dopo decenni si vuole vendicare.


Forse i recensori sono andati al cinema aspettandosi di vedere un altro film: o un "Diabolik" come quello di Mario Bava del 1968, prodotto da De Laurentiis, che aderiva al linguaggio pop-psichedelico sopra le righe che segnava i cinecomics dell'epoca (pensiamo a "Barbarella") con elementi camp e intrusioni un po' troppo comiche, anche se ne rimangono impresse le scenografie del rifugio e Marisa Mell, Eva per nulla somigliante ma bellissima. O forse un film di tutta azione alla "Fast and Furious" invece che un raffinato prodotto di gusto europeo, che fa pensare all'attuale cinema di genere francese e spagnolo, poco noto in Italia.
Per chi non sapesse nulla: Diabolik & Eva sono una coppia di criminali che vive e opera (principalmente) nell'immaginario stato di Clerville, una via di mezzo tra Italia e Francia in cui i nomi di battesimo sono italiani ma cognomi e toponomastica sono di variegate origini europee. Dà loro la caccia l'incorruttibile ispettore Ginko della Polizia di Clerville (nome anche della capitale dello stato). La serie creata da Angela e Luciana Giussani nel 1962 si distingueva per i protagonisti insolitamente efferati per i fumetti dell'epoca, anche perché lettrici e lettori di fatto finivano per identificarsi e parteggiare per loro.
Le storie dei loro colpi rientrano nel genere noir chiamato "caper" e un ulteriore elemento innovativo erano le connotazioni tecnologiche, come l'uso di un'auto britannica (una Jaguar E-Type del 1961) corredata di trucchi, come di lì a poco si sarebbe visto sull'Aston Martin del '64 nella versione su schermo di 007; e l'impiego di maschere che replicano alla perfezione i volti di altre persone, come quelle che pochi anni dopo sarebbero apparse nell'adattamento cinematografico di "Fantomas" e nella serie tv "Mission: Impossible". Tali elementi, omessi nel film del '68 perché al pubblico internazionale sarebbero parse copie, quando invece erano gli originali, sono presentissimi in quello del 2021. La trama del nuovo "Diabolik" trae spunto dall'albo n. 3 del 1963 in cui Diabolik incontrò Eva per la prima volta.
La scelta degli interpreti, di cui solo Miriam Leone come Eva Kant aderisce pienamente all'aspetto del personaggio disegnato, si rivela adattissima. Il Ginko di Valerio Mastandrea è una perfetta incarnazione dell'ispettore di polizia dei fumetti, in cui molto "non detto" emerge dall'interpretazione: per esempio il profondo senso del dovere che lo costringe ad accettare anche l'impiego della pena capitale, che evidentemente non lo trova d'accordo.
Di Luca Marinelli forse la pettinatura "alla Diabolik" non è del tutto convincente, anche perché il suo volto, anziché a Robert Taylor, qui fa pensare a una versione giovane di Bruno Cremer (attore francese che per primo interpretò magnificamente Duca Lamberti, l'eroe di Scerbanenco, ne "Il caso Venere Privata" e, molti anni dopo, il commissario Maigret di Simenon). Riuscita anche la connotazione di Elisabeth, la "prima fidanzata" di Diabolik, qui incarnata da Serena Rossi. Lodi speciali a Vanessa Scalera nel ruolo di Flora, segretaria del viceministro e a Claudia Gerini nella parte deliziosamente snob della signora Morel.
E, ancora a proposito di "non detto ma recitato", nei due protagonisti emerge un aspetto molto interessante: chi ha letto i fumetti conosce il passato di Diabolik e quello di Eva, nel film ancora ignoto per quanto riguarda lui e appena accennato nel caso di lei. Ebbene, i due personaggi lasciano trasparire aspetti psichiatricamente compatibili con le loro esperienze: il pubblico del film ancora non sa cosa sia capitato loro, ma ne vede le conseguenze nei loro sguardi, nella loro gestualità, nel loro comportamento. Una lettura di una profondità del tutto inaspettata. E questo, soprattutto in Eva, fa una certa impressione.
Un'altra conquista dell'interpretazione di Diabolik da parte di Marinelli - ma anche di tutti gli attori, bravissimi, che interpretano il criminale quando assume le sembianze di un altro personaggio - è che riesce a fare davvero paura. Non per niente il personaggio è soprannominato "il Re del Terrore".


Perfetta, tra costumi, scenografie, pettinature e automobili, la ricostruzione di Clerville, Bellair e Ghenf negli anni '60: città, italiane ma non del tutto, ricreate con grande cura e precisione. Pregevole il montaggio, con un uso impeccabile dello split screen tipico degli anni '60 e del caper (pensiamo a "Il caso Thomas Crown"). Notevole la colonna sonora, non solo i brani cantati da Manuel Agnelli ma - minuto per minuto - l'intero "score" di Pivio e Aldo De Scalzi. E aggiungo un apprezzamento per i gioielli realizzati da Bulgari.
Per chi conosce il mondo di Diabolik, un paio di inside jokes: il giudice è Mario Gomboli, direttore di Astorina (casa editrice fondata dalle sorelle Giussani, che tuttora pubblica Diabolik) e principale sceneggiatore della serie, oltre che co-autore del soggetto del film; mentre il disegnatore che - come si usava un tempo - ritrae dal vero i protagonisti del processo... è interpretato dal vero disegnatore Giuseppe Palumbo. Non si riesce a vedere in viso un altro personaggio a me ben noto: Daniele Magni (uno dei poliziotti della sequenza di apertura), grande esperto di cinema e, insieme a Manuel Cavenaghi, animatore del negozio specializzato "Bloodbuster" di Milano.
Si potrebbe notare qualche difetto, un paio di omissioni nella sceneggiatura, che passano del tutto inosservate allo spettatore e non inficiano la riuscita del film. Ma non ne parlo, per non dare pretesti a certi critici che, impegnati com'erano a stroncare interpreti e registi, ovviamente non sono riusciti a notarli. Ma sono dettagli spiegati nel mio romanzo. Anche a questo serve la novelization, che trovate, per portare acqua al mio mulino, nelle migliori librerie e nei bookshop online.


venerdì 10 dicembre 2021

Iperwriters - Le biodiversità visibili

Foto: Parsoa Khorsand from Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì, ore 13.
La nave Iperwriters passa, carica di ogni sorta di biodiversità. 

Mi è capitato una volta di leggere un testo biografico su Thelonius Monk, il musicista jazz nero. Sembra che Monk abbia affermato, a un certo punto della sua vita, che il razzismo non lo riguardava. Era un'invenzione di altri, creata da altri per bisogni, interessi, scopi che non avevano niente a che fare con lui

Semplice, no? Ma è il tipo di semplicità a cui non si pensa mai, se non dopo che qualcuno l'ha pensata. Occorre mantenere il giusto tono sociale di complicazione perché non si sappia che le biodiversità non esistono, in quanto tutto quello che esiste da prima della rivoluzione industriale è naturale. 

Se siete oggetto di razzismo/sessismo/xenofobia/discriminazione di qualsiasi tipo, e vi siete sorpresi a pensare: Tutto questo non mi appartiene, che c'entro io? allora siete fortunati, perché possedete abbastanza cultura e amor proprio da non dare per scontato che il mondo abbia ragione su di voi. 

Mi chiedo perché le fiction mettano tanto volentieri in scena il dramma vissuto nella propria interiorità da personaggi discriminati, spesso assolutamente non consapevoli che il problema è nel contesto.
Certo, non è per niente facile esserne consapevoli. Se, come afferma Sartre, l'inferno sono gli altri, gli altri ci circondano globalmente. 

Non solo ci opprimono dall'alto, ma ci risucchiano dal basso, e ci spiano e controllano da ogni lato. Ci trasformano in quello che vedono in noi, nell'anima e nella carne. 

Occorre molta forza, quando il mondo è diverso rispetto alle leggi di natura, per ricordare che è il mondo a essere in gabbia, non noi

Occorre una spina dorsale robusta per non farsi spezzare, e una mente in grado di salire per avere una visione aerea del tutto e attribuire a ogni cosa la sua giusta dimensione in rapporto alle altre.

Ma, in ogni modo, anche consapevoli, che cosa possiamo fare se siamo diversi da chi si pone, o viene posto, come prioritaria (talvolta unica) forma di vita? Se non possiamo ignorare del tutto il mondo e dobbiamo interagire per esistere?
Al prossimo container le possibili strategie per sopravvivere.


Iperwriters - Tiro al piccione su Superman

Photo: Johan Taljaard on Unsplash I perwriters - Editoriale di Claudia  Salvatori Letteratura italiacana - 59 - Tiro al piccione su Superman...