Recensione di Andrea Carlo Cappi
Quando
parlo di Agatha Christie mi è difficile non pensare alla sua
principale studiosa ed esegeta in Italia, Lia Volpatti, e a una sua
osservazione sulla teatralità del giallo classico: a riprova
citava, tra le altre, la tipica situazione in cui Hercule Poirot
raduna in scena i sospettati per dare inizio alla sua spiegazione
finale. E alla teatralità non rinuncia Kenneth Branagh,
regista e interprete della versione 2017 di Assassinio sull'Orient
Express, quando arriva alla
soluzione del caso, costruendo una doppia scenografia: da un lato,
citando visivamente L'ultima cena leonardesca,
con gli indiziati in fila dietro a un tavolo allestito in una
galleria ferroviaria a fare da spettatori all'esibizione del
prim'attore; dall'altro lato il detective, che recita la sua parte
con le luci e la sagoma della locomotiva alle spalle. Come ha
osservato Giovanna Pimpinella, impegnata sul suo blog in un compendio
della Regina del Giallo libro per libro, Kenneth Branagh cerca di
fare Shakespeare anche quando fa la Christie.
In questo
caso però si tratta di uno dei capolavori di Dame Agatha,
famoso anche per l'ambientazione: il leggendario treno in servizio
tra Istanbul e Parigi, celebrato in letteratura anche da Graham
Greene e Ian Fleming. Per chi avesse poca familiarità con il
mystery d'epoca, la trama vede Poirot – il geniale e azzimato
detective belga con cui l'autrice si era imposta nel genere fin dal
1920 – costretto a indagare su un omicidio commesso a bordo dell'Orient Express, bloccato dalla neve in mezzo ai Balcani.
Nel 1974,
a quarant'anni dall'uscita del libro, Sidney Lumet ne diresse un
impeccabile adattamento cinematografico che lanciò la moda dei
film all-star tratti dai gialli della scrittrice, nessuno tuttavia
perfetto quanto il primo. Merito del ricchissimo cast, con un Albert
Finney che ricalcava ogni aspetto dell'icona di Poirot e una Ingrid
Bergman premiata con un Oscar, ma anche di una sceneggiatura e una
regia che esaltavano proprio l'aspetto dialogico e teatrale della
vicenda senza rinunciare a scene di grande effetto come la partenza
del treno dalla stazione di Istanbul, esaltata da una notevole
colonna sonora. E qui cito invece l'osservazione di uno scrittore e
saggista che se ne intende, Stefano Di Marino: perché rifare a tutti i costi un film che è già stato realizzato in modo perfetto?
Curioso
a dirsi, uno dei difetti della versione di Branagh, prodotta dalla
Scott Free di Ridley Scott, è proprio cercare di essere più
cinematografica del necessario. Si sospetta l'aspirazione di qualche
ufficio marketing di attirare un pubblico giovanile, abituato ai film
d'azione; non dev'essere un caso, del resto, se molti interpreti sono
fin troppo giovani per la parte, in qualche caso minando la
credibilità del ruolo. Dubito però che gli spettatori
si convertano ad Agatha Christie solo perché qui l'Orient
Express viene fermato da una valanga realizzata al computer, anziché
da un semplice muro di neve sui binari. Questo tipo di operazione ha
funzionato con lo Sherlock Holmes di Guy Ritchie, basato su storie
originali in chiave avventurosa e portato al limite dello steampunk,
perché era una variante clamorosamente diversa del personaggio
di sir Arthur Conan Doyle, in un'epoca in
cui, tra i molti apocrifi letterari e le nuove riletture televisive,
è divenuto legittimo sperimentarne versioni alternative.
Inutile
fare un confronto interprete per interprete dei due adattamenti di
Assassinio sull'Orient Express:
il paragone con Sean Connery, Vanessa Redgrave, Anthony Perkins,
Lauren Bacall e via dicendo sarebbe schiacciante. Vale semmai la pena
di considerare l'errore principale nel montaggio, ossia la
frammentazione di certi dialoghi tra Poirot e i singoli indiziati,
per accelerare il ritmo anche quando non sarebbe richiesto, con
l'effetto però di non dare ai vari indizi il peso che
meritano. Così come risulta artificioso l'inserimento di scene
d'azione (o quasi) destinate a dare una maggiore fisicità a
Poirot.
Non
bisogna tuttavia essere troppo prevenuti: dopotutto i migliori film su miss
Marple - l'altra celebre investigatrice seriale dell'autrice - sono stati quelli con Margareth Rutherford, tutt'altro che la
fragile vecchina descritta dalla Christie e, oltretutto, interprete
solo di una pellicola basata su un romanzo con miss Marple:
delle altre tre, due erano tratte da romanzi con Poirot e una era
basata su una sceneggiatura originale. Sicché, dopo aver visto
il detective belga interpretato in tanti modi diversi – da Tony
Randall a Peter Ustinov, fino al fedelissimo David Suchet – desta
quantomeno un certo interesse la versione di Branagh, più
drammatica ed emotiva, con ombre di un amore perduto che lascia
sospettare sviluppi in possibili film successivi. Dove, nel caso,
auspico un minor uso del computer e un maggior uso di soluzioni
registiche, come quella senza dubbio interessante della scoperta del
cadavere, ripresa interamente dall'alto. In sostanza, l'Assassinio
sull'Orient Express del 2017 è un piacevole spettacolo, ma
non certo un capolavoro in grado di scalzare dalla memoria la
versione precedente.
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