Mi è capitato una volta di leggere un testo biografico su Thelonius Monk, il musicista jazz nero. Sembra che Monk abbia affermato, a un certo punto della sua vita, che il razzismo non lo riguardava. Era un'invenzione di altri, creata da altri per bisogni, interessi, scopi che non avevano niente a che fare con lui.
Semplice, no? Ma è il tipo di semplicità a cui non si pensa mai, se non dopo che qualcuno l'ha pensata. Occorre mantenere il giusto tono sociale di complicazione perché non si sappia che le biodiversità non esistono, in quanto tutto quello che esiste da prima della rivoluzione industriale è naturale.
Se siete oggetto di razzismo/sessismo/xenofobia/discriminazione di qualsiasi tipo, e vi siete sorpresi a pensare: Tutto questo non mi appartiene, che c'entro io? allora siete fortunati, perché possedete abbastanza cultura e amor proprio da non dare per scontato che il mondo abbia ragione su di voi.
Mi chiedo perché le fiction mettano tanto volentieri in scena il dramma vissuto nella propria interiorità da personaggi discriminati, spesso assolutamente non consapevoli che il problema è nel contesto.
Certo, non è per niente facile esserne consapevoli. Se, come afferma Sartre, l'inferno sono gli altri, gli altri ci circondano globalmente.
Non solo ci opprimono dall'alto, ma ci risucchiano dal basso, e ci spiano e controllano da ogni lato. Ci trasformano in quello che vedono in noi, nell'anima e nella carne.
Occorre molta forza, quando il mondo è diverso rispetto alle leggi di natura, per ricordare che è il mondo a essere in gabbia, non noi.
Occorre una spina dorsale robusta per non farsi spezzare, e una mente in grado di salire per avere una visione aerea del tutto e attribuire a ogni cosa la sua giusta dimensione in rapporto alle altre.