domenica 10 aprile 2022

L'uomo al cianuro

Image: from a photo by Craig Whitehead on Unsplash

La Boutique del Mistero, di Andrea Carlo Cappi

Trattenete il respiro! Oggi parlo di un caso di delitti, amore e armi segrete ai tempi della Guerra Fredda, passato alla storia dello spionaggio. Siamo all'epoca della Guerra Fredda, con la Germania divisa in due: a Ovest la Repubblica Federale Tedesca (nell'area di influenza occidentale) e a Est la Repubblica "Democratica" Tedesca (membro del Patto di Varsavia e sotto il controllo dell'Unione Sovietica). In mezzo al territorio di quest'ultima si trova la città di Berlino, rimasta suddivisa dopo la II guerra mondiale nei settori francese, inglese e americano, che costituiscono Berlino Ovest, e il settore russo, saldato al resto della Germania Est.
Un giorno del 1961 a Berlino Ovest - proprio mentre è in costruzione quello che diventerà famoso come "il Muro di Berlino" che circonderà la zona occidentale della città - alle autorità federali si presenta un giovanotto che confessa di avere commesso anni prima due omicidi a Monaco di Baviera, in Germania Ovest. I poliziotti lo credono un mitomane: a loro risulta che le due vittime, tutt'e due noti oppositori del regime sovietico, in esilio nella Repubblica Federale, siano morte per un attacco cardiaco.
Ma il giovanotto rivela di essere un agente del KGB e mostra alla polizia una strana pistola costituita da una doppia canna, con due grilletti laterali, in grado di sparare un soffio letale di gas al cianuro in faccia alla vittima e provocare una morte apparentemente naturale.
Di lì a poco esploderà la moda di James Bond e il pubblico crederà che gli strani attrezzi usati dagli agenti segreti siano una trovata del cinema. In realtà sono decenni che i servizi di spionaggio di tutto il mondo inventano armi e strumenti che possano passare inosservati. Fra tutti, i costrruttori più abili sono i tecnici del Dipartimento 13 del KGB, specializzato in delitti perfetti.

Le nozze di Inge e Bohdan Stachinsky

Il protagonista di questa storia è un'agente del KGB nato in una zona dell'Ucraina prima appartenente alla Polonia, poi all'URSS: Bohdan Stachinsky viene reclutato a forza nel 1950: per evitare l'arresto dei suoi famigliari che si oppongono al regime sovietico, è costretto a fare l'informatore. Viene istruito dai servizi segreti russi, impara il tedesco in Germania Est e riceve documenti falsi a nome Joseph Lehmann, che gli permetteranno di viaggiare in Germania Ovest.
A Berlino Est, durante la sua "vacanza-studio", si è innamorato di una ragazza di nome Inge Pohl e viene autorizzato a sposarla. Ma giunge il momento di lavorare sul serio. Nel 1957 va in missione a Monaco di Baviera, armato di un primo prototipo di pistola con cartucce di gas al cianuro. Il bersaglio è l'ex primo ministro ucraino in esilio Lev Rebet che, sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti, ora è un attivo oppositore del regime sovietico. L'operazione ha successo: la morte di Rebet viene classificata come infarto.
Nel 1959 Stachinsky ha una nuova missione, ancora a Monaco di Baviera. Il bersaglio è un altro leader ucraino in esilio, Stepan Bandera: controverso politico di estrema destra, finito anche lui in un lager nazista durante la guerra, ora è un collaboratore dei servizi segreti britannici. Stachinsky usa su di lui un modello aggiornato di pistola al cianuro, a doppia canna. Risultato garantito. E anche questo assassinio passa per attacco cardiaco.

La pistola al cianuro di Stachinsky

Dopo il successo delle sue impeccabili eliminazioni di leader ucraini, a Mosca il killer viene insignito dell'Ordine della Bandiera Rossa e attende la prossima missione. Ma succede qualcosa nella famiglia Stachinsky: a Berlino Est il figlio appena nato si ammala e muore. L'agente del KGB ottiene il permesso di raggiungere la moglie per i funerali del bambino. Ma a questo punto la coppia decide di fuggire in Occidente. Ora o mai più, dato che si sta costruendo il muro che isolerà Berlino Ovest dall'area circostante, proprio per impedire la fuga dei tedeschi dell'est in quell'enclave di Europa occidentale all'interno del mondo sovietico.
Marito e moglie riescono a eludere la sorveglianza del KGB a Berlino Est, raggiungono un checkpoint e passano nella zona occidentale della città, usando i documenti falsi a nome Lehmann. Ora sono dall'altra parte. Stachinsky però sa che, come disertore, il KGB lo condannerà a morte, lo troverà e cercherà di ucciderlo. Quindi ha un'unica possibilità di salvezza: si presenta alle autorità della Germania Ovest, si autodenuncia per i due omicidi e consegna l'arma del delitto: la pistola al cianuro.
All'inizio non gli crede nessuno. Il controspionaggio federale sa benissimo che i due leader ucraini erano sulla lista nera del KGB, ma l'autopsia ha decretato "infarto". Senonché, riesumata l'ultima vittima, si trovano effettivamente tracce di cianuro nel suo corpo. Bisognava solo sapere che cosa cercare. Stachincky viene quindi processato e condannato per omicidio, ma intanto fornisce informazioni ai servizi segreti della Germania Ovest. Dopo quattro anni viene scarcerato e sparisce con la moglie sotto nuove false identità.


La pistola al cianuro (nella foto qui sopra) rimane una delle armi più incredibili della Guerra Fredda e nel 1964 lo scrittore Ian Fleming ne parla in un romanzo di James Bond, "L'uomo dalla pistola d'oro". L'ho riesumata anch'io, nel romanzo "Mosaico Iran". Rimane il dubbio: quante altre persone saranno state eliminate in quegli anni dal KGB senza che nessuno se ne sia mai accorto?

(Questa puntata de La Boutique del Mistero è andata in onda domenica 17 aprile 2022 su Radio Number One)

venerdì 8 aprile 2022

Iperwriters - Biodiversità invisibili: grandezza

Photo: Vidar Nordli Mathisen on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì, ore 13. La nave Iperwriters passa, in cerca di persone grandi, che dovrebbero essere ben visibili, in mezzo al mare.
Ma è difficile vederle, perché gli occhi sono disabituati alla grandezza. Come si dice? Se guardi un elefante da vicino non vedi l'elefante, ma la sua pelle. Oggi non si vede neppure la pelle, il naso non percepisce l'odore, e le orecchie non sentono i barriti.
Ogni grandezza è diventata un granello di sabbia, guardata da una sorta di cannocchiale rovesciato. E alla fine la piccolezza è uno stato di natura e si nasce già piccoli.
Siete abbastanza vecchi da ricordare i vecchi libri, le vecchie enciclopedie? Vi ricordate della grandezza umana che vi veniva proposta come esempio? I grandi della Storia. I grandi del Pensiero. I grandi dell'Arte.
Sì, va bene, ci sono in edicola le collane di libri e audiolibri dedicate ai grandi di questo e di quello. Grandi morti, perciò manovrabili. Di tanto in tanto, a qualche ex grande invecchiato ma ancora in vita, si dedica un film biografico.
Ma dove sono i grandi del presente? Verranno forse scoperti in futuro?
No, perché il futuro è già adesso, e la personalità umana è stata limata e mutilata di tutte le qualità che la facevano grande: creatività, intelligenza libera, audacia, stile inimitabile, fascino, carisma da leggenda.
E negli altri campi? Lo abbiamo detto: medicina, perché i ricchi vorranno essere curati bene. Tecnologia, da cui dipende l'esistenza stessa.
E se siete delle grandi anime? Potrete ancora essere santi. Porterete i viveri agli indigenti, sarete gentili, ascolterete megalomani logorroici, vi farete truffare, perdonerete gli insulti, risponderete al male col bene. Tuttavia la vostra santità sarà un'attività sì riconosciuta, ma innocua e un po' ridicola. Dopo tutto, negli ultimi decenni i santi sono piovuti dal cielo come le alluvioni. Che avrete fatto di straordinario?
Forse per questo alcune persone mangiano fino a pesare più di cento chili, e ancora, ancora, fino a inchiodarsi alla loro poltrona. Si distruggono, ma qualcuno sarà costretto a occuparsi di loro. Se una grande anima non viene vista, è difficile ignorare un grande corpo. Se non altro perché costa alla comunità.
Continueremo a parlarne nei prossimi container, analizzando una delle origini della grandezza, passata o forse futura: il talento.





lunedì 4 aprile 2022

Anni '20: whiskey & piombo

Image: wallpapercave.com

 
La Boutique del Mistero, di Andrea Carlo Cappi

Immaginate di vivere un secolo fa negli Stati Uniti d’America e dire: "Andiamo a farci un aperitivo". Ebbene, non si può: è vietato. Birra, vino a alcool sono illegali dal 17 gennaio 1920, quando per legge è entrato in vigore il Proibizionismo su scala nazionale. È ovvio che la gente non vuole smettere di bere, quindi la richiesta non diminuisce, ma il prodotto circola solo di contrabbando.
Finora la malavita in America gestisce taglieggiamento, prostituzione, lotto clandestino; il narcotraffico non è ancora diventata un’industria. Ma, visto che le organizzazioni criminali sono già illecite, un reato in più o in meno non fa differenza e il contrabbando di alcool, il bootlegging, è un mercato molto redditizio.
I gangster come Al Capone (sotto nella foto) diventano ricchi e potenti, veri e propri VIP, con una tale influenza nella cultura di massa da cambiare la storia della musica, della letteratura e del cinema.


Antefatto: il Proibizionismo americano nasce nell’Ottocento, con il cosiddetto “movimento per la temperanza”, che non distingue tra il consumo moderato e l’alcolismo e vede il saloon come un luogo di perdizione. Dal 1840 sbarcano in America ondate di immigrati da Germania, Italia e Irlanda, abituati a bere birra, vino e whisky, quindi il Male è identificato con lo Straniero. Nel 1893 nasce un’organizzazione chiamata Lega Anti-Saloon.
Nel 1919 è appena finita la Prima Guerra Mondiale e il mondo è nel pieno di una pandemia: la cosiddetta “influenza spagnola” che semina tra i 50 e i 100 milioni di morti nel mondo (difficile calcolare la cifra esatta, data l'epoca). Ebbene, come se non bastasse il leader della Lega Anti-Saloon, Wayne Wheeler, scrive il testo di una legge, presentata dal parlamentare repubblicano Andrew Volstead, poi approvata dal Senato, che diventa il XVIII Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti.
A fine anno tutti fanno scorta di bottiglie in vista del Proibizionismo e i più furbi studiano il modo di aggirare la legge. Per esempio nel Tennessee è consentita la produzione di whiskey a scopo farmaceutico, quindi mai come allora i medici lo prescrivono come terapia ai pazienti. In California è permessa la produzione di vino per la messa, anche se non tutto quello che esce dalle cantine finisce nelle chiese. In Messico l’alcool non è vietato, quindi aumenta il turismo a San Diego, California, da cui si può fare una rapida gita oltre confine a Tijuana.
Ma per il resto ci sono tre modi per far circolare l’alcool: la produzione in distillerie clandestine, non sempre di qualità; il contrabbando dall’estero, per chi predilige gin, rum o tequila; e l’hijacking, l’assalto in stile western ai camion che trasportano liquori di una gang rivale. Motivo per cui nei convogli che trasportano le bevande clandestine si istituisce la figura dello shotgun rider, che tiene pronto il Tommy Gun, il celebre mitragliatore Thompson con il caricatore a disco.


Tutto questo, come dicevo, incide sulla cultura americana. I liquori si consumano in locali clandestini chiamati speakeasies, uno dei quali, il Cotton Club di Harlem a New York, è un night-club per VIP in cui si esibiscono grandi del jazz come Duke Ellington e Cab Calloway (abbiamo citato di recente il film che ne racconta la storia, degli stessi autori de Il Padrino).
Siamo appunto nell’Età del Jazz, raccontata in presa diretta da Francis Scott Fitzgerald nel romanzo Il grande Gatsby, che verrà portato sullo schermo almeno cinque volte, con attori come Alan Ladd, Robert Redford o Leonardo Di Caprio. Il protagonista Gatsby ha fatto i soldi con il contrabbando di alcool. Come nella realtà li fa Joe Kennedy, padre del futuro presidente John Fitzgerald Kennedy.

"Il grande Gatsby", I edizione italiana

A Hollywood il "gangster" diventa uno dei protagonisti più richiesti, con film come Piccolo Cesare o la prima versione di Scarface. Ma ci sono anche eroi dalla parte dei buoni, come Eliot Ness, agente FBI e capo della squadra degli Intoccabili e che riesce a sconfiggere Al Capone e che poi ispirerà una serie di telefilm con Robert Stack e il film con Kevin Costner, Sean Connery e Robert De Niro (v. le due foto sotto).
Alla fine, nel 1933, il governo americano rinsavisce e ratifica il XXI Emendamento, che annulla il Proibizionismo. Ma intanto il crimine organizzato ha imparato nuove tecniche, che metterà a frutto con il narcotraffico.


Qualche curiosità personale: molti anni fa ho scritto il testo di una canzone, Il signor Capone, poi musicata da Banda Putiferio e inclusa nel libro+cd Liscio assassino. Il brano, firmato Barbini-Cappi, ha vinto il premio "Romagna Mia 2.0".
Il Proibizionismo viene citato anche nel mio serial Martin Mystère e il potere del Falco apparso in appendice agli albi mensili di Martin Mystère dal maggio 2021 all'aprile 2022; e se ne ripercorrono alcune tappe anche nel mio romanzo di spionaggio Sickrose-Matadora (firmato François Torrent) edito da Segretissimo Mondadori, in edicola a marzo-aprile 2022 e disponibile in ebook.

(Puntata trasmessa il 10 aprile 2022 su Radio Number One).





Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker.


domenica 27 marzo 2022

Martin Mystère: 40 anni di impossibile

Illustrazione di Giancarlo Alessandrini

La Boutique del Mistero, di Andrea Carlo Cappi

Leggi anche: I nuovi segreti del professor Mystère

Nel 2021 Sergio Bonelli Editore, la maggiore casa editrice italiana di fumetti, ha celebrato ottant'anni di attività e sessant'anni di albi di Zagor. Tra pochi giorni festeggia un altro compleanno importante: quarant'anni di Martin Mystère, detective dell'impossibile, arrivato per la prima volta in edicola nell'aprile del 1982.
Chi è Martin Mystère? Un archeologo americano di lontane origini francesi (una lunga storia spiega il suo cognome) che viaggia per il mondo raccogliendo materiale per i suoi libri e per il suo programma tv. Il suo campo di indagine sono i grandi misteri del passato, da Atlantide al Santo Graal, ma anche enigmi e fenomeni che la scienza non riesce ancora a spiegare. Lo affiancano nelle sue avventure Diana Lombard, prima assistente, poi fidanzata e infine moglie, e il suo migliore amico, Java, uno degli ultimi uomini di Neanderthal.
A inventare Martin Mystère è stato uno dei più importanti fumettisti italiani: Alfredo Castelli, che ha cominciato la sua carriera da giovanissimo come collaboratore alle sceneggiature di Diabolik. Dopodiché ha creato molti personaggi sia nel campo del fumetto thriller-avventuroso, come L'Ombra e Gli Aristocratici, sia in quello umoristico come Zio Boris e l'Omino Bufo (che disegna lui stesso, con effetti comici irresistibili). Ma con Martin Mystère, Castelli da una parte ha tirato le somme di una lunga tradizione di narrativa, dall'altra ha anticipato buona parte di quanto abbiamo trovato in libri, fumetti, cinema e tv dagli anni Ottanta a oggi.


Castelli, tuttora il principale sceneggiatore della serie, ha cominciato a lavorare a questo progetto a metà anni Settanta, ispirandosi ad alcuni eroi dell'avventura più classica. Il primo è Allan Quatermain, dello scrittore britannico H. Rider Haggard, portato sullo schermo da Stewart Granger con Deborah Kerr ("Le miniere di re Salomone"), poi da Richard Chamberlain con Sharon Stone (in un remake e nel seguito "Gli avventurieri della città perduta") e infine da Sean Connery nel suo ultimo film ("La leggenda degli uomini straordinari", dai fumetti di Alan Moore).
Un altro, per esempio, è Doc Savage, personaggio della narrativa popolare americana degli anni Trenta, interpretato al cinema da Ron Ely negli anni Settanta. Per intenderci, sono gli stessi riferimenti su cui nello stesso periodo Steven Spielberg e George Lucas hanno basato Indiana Jones, mettendoci anche un pizzico di Charlton Heston in un film anni Cinquanta intitolato "Il segreto degli incas". Quindi di sicuro i due archeologi-avventurieri Indiana Jones e Martin Mystère hanno in comune le stesse origini, oltre a essere apparsi sulla scena quasi contemporaneamente.
Tuttavia Martin Mystère ha anticipato anche altri elementi, che poi si sono ritrovati in altre storie: da "X-Files" a "Men in Black", dai film di "National Treasure" con Nicholas Cage a "Il codice da Vinci". E ha aperto la strada a un altro grande personaggio di Bonelli Editore: Dylan Dog, apparso nel 1986. Infatti Martin e Dylan sono amici e hanno lavorato insieme in varie occasioni.


Dato che ha origini letterarie, Martin Mystère trova spazio anche sotto forma di racconti e romanzi non disegnati. Oltre ad avere co-sceneggiato alcuni albi della serie una ventina di anni tra (con Andrea Pasini e gli splendidi disegni di Lucia Arduini), sono l'autore che ne ha scritto più storie non a fumetti. Uno dei miei romanzi di Martin Mystère ha vinto nel 2018 il Premio Italia come miglior fantasy e quattro sono ora in versione Audiobook su Storytel. Ne uscirà uno nuovo in luglio in edicola. Inoltre, dallo scorso anno, nelle ultime pagine degli albi mensili a fumetti viene pubblicata una mia serie a episodi.
Il numero del quarantennale, in edicola il 9 aprile 2022, sarà particolarmente ricco di sorprese. Intanto sabato prossimo, il 2 aprile dalle 16.10. si festeggerà il compleanno di Martin Mystère insieme al suo creatore Alfredo Castelli e ad alcuni celebri fumettisti italiani. L'appuntamento sarà a Lucca, nel corso della manifestazione Lucca Collezionando, e a organizzarlo è Amys, l'associazione culturale che riunisce lettori ed esperti di Martin Mystère, che mi fa spesso da consulente per le mie storie della serie, e che mi ha convocato come presentatore. Sarà un appuntamento irrinunciabile per tutti gli appassionati del grande fumetto made in Italy.


La Boutique del Mistero torna domenica 3 aprile alle 16.20 su Radio Number One, nel programma pomeridiano di Luca Galiati, con il relativo dossier l'indomani in Borderfiction Zone.




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker.

lunedì 21 marzo 2022

C'era una volta il Padrino

La Boutique del Mistero, di Andrea Carlo Cappi

Cinquant'anni fa: una decina di giorni dopo una fastosa anteprima al Loew's Theatre di New York, il 24 marzo 1972 usciva nei cinema degli Stati Uniti un film entrato nel mito: Il Padrino. Come capita con le pellicole di culto, c'è una lunga storia prima e dopo il film.
L'idea parte da Mario Puzo, uno scrittore la cui famiglia è originaria della provincia di Avellino, nato nel 1920 a New York nel quartiere di Hell's Kitchen (letteralmente "la cucina dell'Inferno"), una delle zone peggiori della città. Puzo, sotto lo pseudonimo "Mario Cleri" diventa uno scrittore pulp, di quelli che raccontano storie d'azione, lavorano molto e guadagnano poco.
Ma le cose cambiano quando a quarantotto anni si mette a lavorare a un romanzo sul crimine organizzato italo-americano nella prima metà del Novecento. Può darsi che Puzo si sia in parte ispirato a un famoso romanzo di Francis Marion Crawford (scrittore americano vissuto in Italia) intitolato Corleone, perché sceglie proprio quella località della Sicilia come luogo di provenienza dei suoi personaggi: è il motivo per cui in America l'immigrato Vito Andolini diventa "Vito Corleone".


La Paramount Pictures intuisce le potenzialità cinematografiche della storia e acquista i diritti del libro per 80.000 dollari ancora prima che venga pubblicato. Il romanzo Il Padrino esce nel 1969, diventa un bestseller e rimane primo in classifica per sedici mesi di seguito. A questo punto bisogna assolutamente fare il film, ma non si trova un regista disponibile. Il progetto viene proposto invano anche a Sergio Leone, ma questi forse ha già in mente il proprio film di gangster, che anni dopo diventerà C'era una volta in America.
Alla fine il compito è affidato a un regista italo-americano poco più che trentenne, Francis Ford Coppola, che ha vinto l'Oscar come co-sceneggiatore di Patton, generale d'acciaioCoppola e Puzo scrivono insieme la sceneggiatura, anche questa poi premiata con l'Oscar. Oltre al musicista Nino Rota - già storico collaboratore di Fellini - si aggiunge alla miscela un altro ingtrediente fondamentale: per il ruolo di don Vito Corleone si candida a forza Marlon Brando, che in quel momento avrebbe dovuto girare Ultimo tango a Parigi, ma ne ha fatto rinviare le riprese per poter partecipare a Il Padrino. L'attore vincerà a sua volta un Oscar per questo film, ma non andrà a ritirarlo.
Il film lancia Al Pacino come "antidivo" e rende celebri alcune espressioni colorite dei dialoghi: "andare ai materassi" (entrare in guerra con gang rivali), "dormire con i pesci" (finire ammazzato) e più di ogni altra "ti faccio un offerta che non puoi rifiutare". Quest'ultima riguarda gli interventi del Padrino per favorire la carriera del cantante-attore Johnny Fontaine, personaggio chiaramente ispirato a Frank Sinatra e ai suoi rapporti con le gang. In risposta, Sinatra inserirà la stessa frase nel testo della sua versione del brano Mack the Knife, da L'opera da tre soldi di Kurt Weill e Bertolt Brecht, cantando nei suoi concerti "Ti faccio un'offerta/ che non puoi rifiutar..."


Il film dura tre ore, ma poteva essere ancora più lungo: Puzo e Coppola hanno dovuto rinunciare a parecchie scene e persino tagliare materiale già girato. Il successo de Il Padrino permetterà di riutilizzarlo sia per una successiva versione tv, sia per il seguito del 1974, Il Padrino - Parte seconda, che racconta anche la storia del giovane Vito Corleone (interpretato da Robert De Niro) e che vincerà sei Oscar, portando nel 1990 anche a Il Padrino - Parte terza, di cui nel 2020 esce una nuova versione più fedele alle idee originali di Puzo e Coppola.
Nel frattempo Mario Puzo è divenuto un nome richiestissimo a Hollywood: sceneggia Superman e Superman II con Christopher Reeve e la partecipazione di Marlon Brando, e sempre con Coppola Cotton Club con Richard Gere. Scrive altri romanzi di successo, alcuni dei quali collegati alla saga del Padrino, che dopo la sua morte nel 1999 sarà proseguita dallo scrittore Mark Winegardner. Sembra che Puzo stesse preparando Il Padrino - Parte quarta e ogni tanto corre voce che la saga cinematografica possa proseguire, anche se Francis Ford Coppola ha già annunciato che non sarebbe lui a dirigere un eventuale prossimo film.
La Boutique del Mistero di Andrea Carlo Cappi torna domenica 27 marzo alle 16.20 su Radio Number One, nel programma pomeridiano di Luca Galiati, con il relativo dossier l'indomani in Borderfiction Zone.




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker.

venerdì 18 marzo 2022

Iperwriters - Biodiversità invisibili: intelligenza (che comprende anche cultura)

Photo: Athanasios Papazacharias from Unsplash


Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì, ore 13. La nave Iperwriters ha un radar che cerca di individuare le persone buone e deficienti perdute in mezzo al mare.
Chi è intelligente non dice mai la verità, ricordate? Bene. Non si può fargliene una colpa. Da quando un'ideologia ci vuole tutti intelligenti, la tentazione di adattarsi all'intelligenza sociale è irresistibile. Nel mondo globalizzato, pare, si è raggiunto il livello massimo di intelligenza che una civiltà possa raggiungere.
Di più non si può fare. Oltre non si può andare.
Non c'è nessun bisogno di una Intelligenza Artificiale: nessun computer, nessun androide, nessuna realtà virtuale più reale del reale. L'intera umanità globale, interconnessa e digitalizzata, è una Intelligenza Artificiale che pensa il miglior pensiero che sia mai stato pensato.
Ma che cosa succede a chi è ancora intelligente e non artificiale e interconnesso? A chi pensa altri pensieri, che per l'Intelligenza Artificiale sono cattivi?
Guai a voi se siete intelligenti alla vecchia maniera, specialmente se non sapete simulare l'Intelligenza Unica e siete sinceri patologici.
E forse siete anche colti, cosa probabile se malati di intelligenza indipendente, curiosi e capaci di cercare quello che vi interessa, non quello che è stato pensato per voi. Cinquanta volte di più guai a voi.
Potrete salvarvi, se avete un dono per le materie scientifiche, entrando in quelle categorie di intelligenti e colti ancora utili per i ricchi: medici, ingegneri, architetti, informatici. O nelle categorie riconoscibili e manovrabili, come organizzatori di eventi, direttori di musei e propagandisti per la salvezza della cultura.
Che in realtà non si vuole salvare. Se così fosse, pittori e scrittori verrebbero subito dopo l'autorità suprema nella gerarchia sociale, come nell'antico Egitto, e un insegnante di italiano sarebbe pagato nel corso di una vita quanto il valore di un'intera tenuta agricola, come nell'antica Roma.
Se siete colti fuori dalle strade sicure vivrete esperienze surreali, e scoprirete che ve ne vorranno per la vostra cultura, perché offenderà e creerà disagio. E non aspettatevi salvezza da nessuna barca, che invece di raccogliervi vi prenderà a colpi di remo.
A presto.

martedì 15 marzo 2022

Biagio Proietti: un uomo e le sue visioni

Biagio Proietti (foto A. C. Cappi)

Ricordo di Andrea Carlo Cappi

Tra le notizie di sabato 12 marzo 2022, a qualcuno può essere sfuggita quella della scomparsa a ottantadue anni di uno dei massimi creatori dell'immaginario italiano. Biagio Proietti è stato romanziere, saggista, sceneggiatore, autore teatrale, regista, autore e conduttore televisivo. Per chi lo ha conosciuto, un vero maestro, una miniera di ricordi e di esperienze (ascoltate per esempio questa sua intervista a RadioRai del 2018), un grande amico. Oltre a presentarlo più volte in incontri pubblici, ho avuto persino la fortuna di averlo come arguto relatore di miei libri.
Biagio era associato spesso al giallo italiano nella sua espressione migliore, motivo per cui lo si incontrava spesso in festival specializzati, da GialloLatino (dove era una presenza irrinunciabile) a Grado Giallo a Giallo Pistoia. Erano illuminanti le sue scelte tanto nella scrittura di storie originali (da solo o con la moglie Diana Crispo, scomparsa di recente) quanto nell'adattamento di opere per lo schermo: dal film La morte risale a ieri sera tratto da I milanesi ammazzano al sabato di Scerbanenco, ai racconti di Edgar Allan Poe ai romanzi di S. S. Van Dine, fino a una geniale versione tv di Madame Bovary di Flaubert.
Alle sue "visioni" Mario Gerosa ha dedicato un libro, Biagio Proietti: un visionario felice, con contributi dello stesso Biagio, di Stefano Di Marino, Enrico Luceri e miei, ripercorrendone la carriera tra cinema, tv e narrativa. Per me è stato un ottimo pretesto per vedere o rivedere le sue opere e per leggere i suoi romanzi.

Biagio Proietti (foto A. C. Cappi)


Più volte ho citato alcuni dei suoi record personali. A fine anni Sessanta ha firmato la sceneggiatura della prima grande co-produzione televisiva europea nel campo del thriller, Coralba, girata a colori quando ancora da noi le trasmissioni erano in bianco e nero; se i tedeschi hanno imparato a realizzare serie poliziesche, si può dire che sia merito di Biagio. Già all'epoca ne sentivo parlare come di un capolavoro, anche se venivo mandato a dormire dopo Carosello e ne intravedevo appena la sequenza dei titoli di testa, con una canzone di Frank Sinatra.
Nel 1976, poco dopo che la Rai aveva mandato in onda con successo la megaproduzione Sandokan, Biagio Proietti e Diana Crispo ne superarono abbondantemente gli ascolti sceneggiando il memorabile Dov'è Anna?, che ribaltava le consuetudini del giallo televisivo italiano con una storia profondamente radicata nella realtà contemporanea, al punto che una puntata portò a cambiare una legge e un'altra invece non poté nemmeno essere girata perché troppo scottante per l'epoca. L'episodio mancante si trova però nella loro novelization, uno dei rari esempi in tal senso in Italia, giustificato dal trionfo di pubblico: la puntata conclusiva fu vista da ventotto milioni di telespettatori, una cifra mai raggiunta prima e mai superata dopo. Io ero tra loro.
Dico sempre che uno degli aspetti migliori del mio lavoro è avere di tanto in tanto l'occasione di incontrare i miei miti e a volte farci persino amicizia. Vale soprattutto nel caso di Biagio Proietti, con cui speravo di organizzare finalmente un nuovo incontro al Festival Torre Crawford. Perché la sua capacità innata di intrattenere e affascinare il pubblico si manifestava anche senza bisogno di uno schermo.

Iperwriters - Tiro al piccione su Superman

Photo: Johan Taljaard on Unsplash I perwriters - Editoriale di Claudia  Salvatori Letteratura italiacana - 59 - Tiro al piccione su Superman...