Recensione di Andrea Carlo Cappi
Ci sono strumenti intramontabili nella creazione della supense e gli omicidi seriali ne fanno parte. A patto che, come in questo caso, la vicenda sia ben scritta e ben costruita, in modo da creare nel pubblico la tensione della caccia all'assassino, ma sfuggire agli stereotipi sempre in agguato in tale sottogenere.
Ne L'epatologo troviamo infatti un commissario con qualche problema, trasferitosi a Roma dalla Liguria, e un classico profiler - Damiano Danti, figura ricorrente nei romanzi di Marco Marinoni - ma soprattutto una struttura narrativa solida e coinvolgente, che ci trascina pagina dopo pagina alla soluzione del mistero e al confronto finale.
I dettagli sono inquietanti, già dalla quarta di copertina e dalla suggestione del titolo, ma l'autore vi si sofferma senza compiacimento, solo per il tempo necessario a fornire le informazioni necessarie sul modus operandi del serial killer. Perché il suo interesse non è raccontare una semplice storia di macelleria, bensì proporre un enigma che segue un piano preciso, che si rivelerà sconcertante nella sua perfezione. Perché i volti del male, in questo caso, possono essere duplici.
La storia si apre con un cadavere recente che appare in un luogo improbabile, un ospedale abbandonato da anni, scoperto da una studentessa di musica in cerca di sfondi sonori. E da questa scena iniziale davvero suggestiva emerge la doppia vita dell'autore, musicista prima ancora che romanziere.
Le mutilazioni subite dalla vittima lasciano aperte molte ipotesi: l'assassino è, verosimilmente, un chirurgo, ma a quale scopo sequestrare un uomo, espiantargli il fegato e tenerlo in vita per quasi un giorno, se non distorcere il giuramento di Ippocrate? Si tratta di un oscuro rituale esoterico, oppure l'unico aspetto "rituale", per usare la terminologia tecnica, è dato dagli elementi che si ripetono di delitto in delitto?
Ma anche le sottili diversità tra un crimine e l'altro, la selezione dei bersagli - uomini o donne che nulla sembrano avere in comune - persino la scelta e i dettagli dei luoghi in cui le vittime sono collocate, raccontano un segreto che il colpevole vuole rivelare attraverso i propri delitti. Se solo si riuscisse a ricostruirlo per tempo, perché il cosiddetto "Epatologo" è pronto a rimuovere con straordinaria efficienza chiunque lo ostacoli nel suo percorso, poliziotti inclusi.
Ne risulta un thriller appassionante, di quelli che amo definire "in provincia di Jeffery Deaver", non solo per la tensione generata, ma anche perché l'autore di sicuro ha dovuto documentarsi e studiare parecchio per scrivere questo romanzo con assoluta precisione, esattamente come è solito fare il maestro americano della suspense. Così tutto, dalla topografia di Roma alle metodologie di indagine scientifica messe in atto, è descritto con estrema competenza, aggiungendo credibilità alla vicenda.
Non è possibile entrare in dettagli senza guastare i colpi di scena, quindi mi limito a dire che la ricostruzione del movente dell'assassino da parte degli investigatori non deluderà neppure i cultori del giallo classico, che alla violenza prediligono l'aspetto intellettuale ed enigmistico, purché non gratuito né fine a se stesso.
Versione rielaborata, se ho ben capito, di uno dei primissimi romanzi di Marinoni, arricchito forse dell'esperienza e dai successi di questi anni, L'epatologo viene presentato tra il 6 e il 7 settembre 2024 al Festival Torre Crawford di San Nicola Arcella (Cosenza), ormai tappa abituale dei tour promozionali dello scrittore; che anche quest'anno, del resto, è tra quelli selezionati per l'antologia del Premio Torre Crawford, rendendolo un ospite doppiamente gradito.
Marco Marinoni, L'Epatologo (Mursia, collana Giungla Gialla, 2024), 374 pagine, 18 euro