Alfredo Castelli (Foto: A. C. Cappi) |
Ricordo di Andrea Carlo Cappi
Il destino non è stato clemente con Alfredo Castelli: malattia e terapie, benché affrontate fin quanto possibile con l'armatura dell'ironia, lo hanno segnato visibilmente negli ultimi tre anni, senza però impedirgli di concedersi ai fan per eventi e mostre organizzate in onore del "più grande fumettista italiano", per usare le parole del suo amico storico e collega Mario Gomboli. Proprio insieme a Gomboli, Alfredo esordì, ancora liceale, nel 1965 con le Sorelle Giussani presso la redazione di Diabolik, testata a cui sarebbe tornato varie volte nella sua carriera.
I fumetti erano l'attività principale, ma per la sua preparazione e i suoi interessi potrebbe essere accostato a figure imponenti della cultura italiana come Umberto Eco e Oreste Del Buono. Sue sintetiche bio-bibliografie - per quanto riduttive rispetto al lavoro sconfinato come creatore di personaggi celebri, sceneggiatore, disegnatore, saggista - stanno comparendo ovunque, insieme ai post sui social network con cui gli viene reso omaggio dal suo vasto pubblico nel giorno della scomparsa.
Quindi preferisco raccogliere giusto qualche manciata di ricordi dal nostro repertorio. E i primi risalgono all'infanzia: come tutti i lettori del Corriere dei Ragazzi dei primi anni '70, conoscevo Alfredo Castelli non solo come sceneggiatore delle storie de Gli Aristocratici e L'Ombra, o delle pagine umoristiche di Otto Kruntz, Zio Boris o L'Omino Bufo (quest'ultimo disegnato da lui stesso) ma anche come... personaggio nella rubrica Tilt!, in cui spesso gli autori ironizzavano sulla loro vita in redazione.
Lo incontrai di persona nell'autunno del 1994, quando era già il BVZA (Buon Vecchio Zio Alfred) in quanto creatore e sceneggiatore principale del BVZM (Buon Vecchio Zio Marty) ovvero Martin Mystère, pubblicato da Sergio Bonelli Editore. L'amico Andrea Pasini, uno degli autori della testata, gli aveva fatto leggere i miei racconti della serie Cacciatore di libri sul Giallo Mondadori. Le prime cose che Alfredo mi disse furono che da uno di questi aveva preso spunto per una storia breve di Martin Mystère e che gli sarebbe piaciuto che scrivessi un racconto con il mio personaggio al fianco del suo.
Oltre a precedere la collaborazione come co-sceneggiatore insieme ad Andrea Pasini per quattro albi della serie, quel racconto fu la mia iniziazione come autore di narrativa tie-in: il mio lavoro su Martin Mystère negli anni successivi sarebbe stato il biglietto da visita per scrivere anche i romanzi di Diabolik. Nel 2017 Alfredo avrebbe convinto Sergio Bonelli Editore a farmi continuare i romanzi di Martin Mystère come appuntamento annuale e dal 2021 a pubblicare miei serial sul detective dell'impossibile in appendice agli albi a fumetti.
Per scrivere di Martin, spesso mi baso non solo sul personaggio, ma anche su Alfredo, rubandogli alcuni tratti comportamentali. Per le storie mi ha sempre lasciato assoluta libertà di manovra, sicuro del mio rispetto nei confronti della sua creatura. Data la crescente difficoltà negli ultimi tempi a comunicare mentre era in terapia, ho fatto tesoro delle indicazioni che mi ha dato quando siamo riusciti a sentirci al telefono.
Purtroppo, tra il lockdown e la sua salute, ormai da anni abbiamo dovuto rinunciare agli incontri a pranzo in privato, occasioni in cui apprezzare la sua ironia e parlare davvero di tutto, dalla letteratura alla geopolitica, oltre a discutere delle storie a venire di Martin Mystère o di progetti collaterali, come possibili tie-in su altri suoi personaggi per rinverdirne i fasti al di fuori dei fumetti.
Tra le cose che mi mancheranno, oltre ai suoi giochi di prestigio a tavola durante i raduni di appassionati, rientra senz'altro la sua capacità di realizzare con precisione meticolosa perfetti "falsi" giocando tra realtà e fantasia, come le copertine di un inesistente pulp magazine degli anni '30 di cui si parlava in un mio serial e persino la "fotografia" del negozio immaginario a New York in cui Martin ne trovava le copie.
Ma, soprattutto, mi mancherà la sua mente prodigiosa a portata di telefono (quando non perdeva le chiamate, beninteso). Se nel mondo reale esistesse ciò che si vede in Martin Mystère, poter trapiantare almeno i suoi neuroni e le sue esperienze in un corpo robotico dalla durata illimitata sarebbe stato un grande dono per l'umanità.