martedì 11 aprile 2023

Mister Hyde: il doppio e il suo doppio


"Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde" di Robert Louis Stevenson (1886) è un capolavoro della narrativa gotica, ma anche un'icona del dualismo dell'animo umano, oltre che - come sottolineò Stephen King in un suo saggio - una disamina dell'ambiguo potere della scienza che si ricollega al "Frankenstein" di Mary Shelley. E, fatto molto curioso, è anche il romanzo che fu scelto per inaugurare la rinascita de "Il Giallo Mondadori" dopo la Seconda guerra mondiale, pur essendo del tutto estraneo alle linee della collana, prima e dopo.
Correva voce che il manoscritto originale del lungo racconto fosse bruciato nel caminetto di casa Stevenson, per mano dell'autore o, secondo altre versioni, di sua moglie. Quindi sarebbe esistito un "doppio perduto" di una storia sulla perdizione del "doppio".
Tempo fa ci arrivò un curioso messaggio che riportammo - sospettosi - su questo blog. Ma ora riceviamo dalla casa editrice Edikit un brano di un testo di imminente pubblicazione in un volume a cura di Mario Gazzola, che potrebbe scuotere tutte le convinzioni in merito al dottor Jekyll. Nell'enigmatica nota con cui il curatore accompagna l'estratto si fa riferimento anche a un "Hyde e l'altro", opera di una contemporanea di Stevenson di nome Jane Mason, da cui proviene l'illustrazione di apertura.
Dov'è stato recuperato dunque l'estratto che segue, in cui incontriamo un Hyde spaventosamente lucido, pronto a esprimere appieno le proprie malefiche potenzialità? E sarà un caso se questo misterioso manoscritto stevensoniano torna alla luce in un'epoca in cui la natura (umana e non) ha risvegliato in Occidente le paure ataviche dell'uomo, dalla pestilenza alla guerra?

... Le mie escursioni notturne nei goffi ma energici panni del bieco Hyde divennero sempre più frequenti, man mano che guadagnavo maggiore sicurezza nella miscelazione dei componenti e nei dosaggi della pozione da assumere. E parimenti più ardite divennero le mie imprese e le gratificazioni che ne traevo, pur senza trovarmi mai veramente sazio: ogni piacere, ogni godimento, per quanto sfrenato, qualsiasi forma di possesso e abuso riuscissi (e riuscivo sempre) a stabilire sul prossimo che per sua sfortuna incappava sul mio cammino, non bastava mai a saziare la mia brama di spingermi oltre.
Era esattamente come in tutti quei libri gotici che avevo letto, il profondo studio di Baring-Gould o i racconti a tinte forti di altri scrittori francesi, come quel Dumas, che sembrava aver profetizzato il mio stesso destino, oppure Guy de Maupassant (sempre i dannati francesi!), in cui un uomo qualsiasi durante le fasi lunari di luna piena si trasforma in un lupo ferocissimo e insaziabile. Ma quello del licantropo è un mito comune a molte culture ben prima della letteratura gotica contemporanea, non è solo una creatura di fantasia per spaventare bambini e donzelle, e neppure un prodotto della malattia mentale, come sostengono diversi psicologi moderni. Esso non rappresenta che il ritorno a quel primitivo stato di ferocia naturale che esalta i sensi e gli istinti sopiti del carnivoro umano, dalle menadi greche ai vlukodlak slavi fino ai berserker scandinavi, i terribili compagni di Odino nella Caccia Selvaggia, un altro rituale di sangue ben rappresentato dal dipinto del pittore norvegese Arbo.
Il lupo sbrana la preda per istinto, è nella sua natura, e incarna la Paura per antonomasia della razza umana: quella dell’aggressione e della violenza. L’uomo che ritrova il lupo in sé si scopre più robusto, più forte, il naturale dominatore del creato. E, come dimostrano i riti orgiastici di tante culture tribali, più potente e vorace è anche il suo sesso. Proprio come in me ora. Edward Hyde non era dunque un mostro, bensì semplicemente l’uomo riportato alla sua originaria natura ferina. L’uomo che sedeva fiero al vertice della piramide naturale, che si nutriva e si serviva a proprio piacimento delle creature che lo circondavano nella valle dell’Eden, che dominava la femmina com’essa aveva bisogno fisiologico d’esser dominata.
Un lupo, ma con la profondità mentale che solo all’uomo garantisce l’inesauribilità del desiderio, in forza del quale la brama più divorante, il piacere più dolce, è sempre quello che sta ancora dinanzi ai nostri occhi come una chimera da conquistare. Come un frutto per Tantalo.
Questo era il vero potere del mio farmaco: la droga avrebbe scatenato il potere della mia mente di mutare il mio stesso corpo (o, chissà, forse solo la sua percezione da parte del mondo), aprendo la porta del mio studio privato allo scellerato Hyde, che non sarebbe mai stato riconosciuto quale alter ego luciferino dello stimato e mite dottor Jekyll. E così avrebbe potuto andare liberamente fino al fondo più oscuro di un’esistenza votata al Male assoluto, senza correre rischi di punizioni da parte della legge degli uomini e senza impedire che l’altra metà della mia anima, quella proba e virtuosa, proseguisse il proprio cammino nel Bene.
A volte pensavo che avrei dovuto condividere la mia scoperta con il resto dell’umanità: avrei potuto preparare la dose più grande possibile della mia pozione, alla diluizione più intensa, quindi introdurmi con la scusa di qualche ricerca medica per la salute pubblica e finalmente versarla nell’acquedotto municipale di Londra. Sarebbe stata l’apoteosi demoniaca di un genio del Male: non più un semplice malfattore dei vicoli notturni, ma un gigante della statura di un Satana miltoniano, che col suo gesto blasfemo avrebbe liberato dalle catene della “civiltà”, del “bene”, le menti di tutti gli uomini, persino quelle delle donne.
Finalmente Hyde avrebbe regnato su un immenso baccanale di lupi feroci e menadi infoiate, come all’inizio dei tempi nelle selve primitive, di nuovo e per sempre.

PS del 14 aprile 2023: la soluzione dell'enigma a questo link.

venerdì 7 aprile 2023

Iperwriters - Il costo della cultura

Photo: Mika Baumeister on Unspash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 18 - Il costo della cultura

Venerdì, ore 13. E' stata una vera sfortuna vivere in un'epoca in cui la cultura si regala. Ovvero, si finge di promuoverla per immetterla nel circuito degli svuotacantine, assimilando libri e film a mobili vecchi, abiti vecchi, stoviglie vecchie, e ogni sorta di roba vecchia.
Per analizzare il processo (e le motivazioni) che hanno trasformato la cultura e le arti nella donna-gallina del finale di Freaks di Todd Browning (la ricordate?) occorrerebbero tre o quattrocento di questi editoriali.
Parliamo di potere d'acquisto e facciamo un po' di comparazioni. Tutti sappiamo che un ebook, oggi, costa da 0 a 0,99 damned euro. Non ne diamo la colpa alla digitalizzazione: infine, se per un ebook si pretendessero 100 euro, 100 euro verrebbero pagati.
Mezzo secolo fa, negli anni '70, un libro, anche in edizione economica, costava quanto un ingresso al cinema o in discoteca. Un classico nel pubblico dominio costava, perché gli editori sostenevano costi di stampa. Con le nostre paghette, da giovani, dovevamo scegliere se leggere o comprare un biglietto ferroviario per passare una domenica al mare. E per avere un libro in edizione di lusso aspettavamo Natale o il compleanno. La cultura aveva un suo costo, com'era giusto, perché noi ne capivamo il valore.
Max e io, da giovani, andavamo al cinema almeno tre sere alla settimana. Avevamo un abbonamento per un posto fisso a teatro che non avremmo potuto permetterci: regalo di mia suocera, molto costoso. Ho quindici scaffali di libri in casa, un piccolo patrimonio se potessi rivenderli rivalutati con un interesse del dieci per cento annuo.
Oggi i giovani vengono pagati per comprare libri, andare al cinema, a teatro e nei musei. Ora, conosciamo le leggi di mercato: il sentimento del valore di un oggetto cresce in proporzione al suo prezzo. Se te lo svendono, pensi che valga poco. Se te lo regalano, è una delusione. Se ti costringono a comprarlo, lo rivendi. A quegli sventurati che ancora ne fanno uso: probabilmente, insegnanti che già stanno cercando di farti capire l'importanza della lettura.
Strano paradosso di un sistema capitalista: pubblicità progresso con invito alla lettura e opere letterarie tirate dietro in perdita.
Ma anche questo è parte di un lavoro, in corso da decenni, per azzerare ogni merito alla creatività umana.

giovedì 30 marzo 2023

Il mondo di Diabolik: Cologno Monzese, 1° aprile 2023

A. C. Cappi in "Diabolik sono io" di Giancarlo Soldi

Sabato 1° aprile 2023 alle 17.00 a Cologno Monzese (Milano) presso la Biblioteca Civica, piazza Mentana 1 (MM2 Cologno Centro), per "Eureka-Fumetti in biblioteka" a cura di Sbam Comics, "Il mondo di Diabolik": origini, retroscena, curiosità, con Andrea Carlo Cappi. (Ingresso libero).

Andrea Carlo Cappi, scrittore, è autore dei romanzi di Diabolik & Eva Kant e del saggio ufficiale "Fenomenologia di Diabolik". Collabora con la casa editrice Astorina con articoli sugli speciali "Il Grande Diabolik" e "Diabolik Magnum". Ha pubblicato le novelization dei film "Diabolik" e "Ginko all'attacco" dei Manetti bros. ed è apparso nel ruolo di se stesso nel docu-film "Diabolik sono io" di Giancarlo Soldi.



giovedì 23 marzo 2023

Iperwriters - Le nonne del Corsaro Nero

Photo: Maksim Kaharlitsky on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 17 - Le nonne del Corsaro Nero

Venerdi, ore 13. Ovviamente, non ho assorbito e metabolizzato soltanto libri. La mia è stata la prima generazione italiana cresciuta (allevata?) dalla televisione. Prima nelle case dei vicini, in brevi flash allucinatori che riempivano di delizia. Talvolta di deliziosa paura, come quando Belfagor, il fantasma del Louvre, avanzava lungo le sale del museo, nel suo paludamento nero e con la sua maschera funeraria.
Ricordo Ivanhoe, una serie di telefim di cui cantavamo la sigla in coro ai giardini pubblici. Narrava, con ogni probabilità, le imprese di Ivanhoe.
Alle medie inferiori, con l'apparecchio in casa, seguivo La nonna del Corsaro Nero, un musical avventuroso-satirico che tutti (tutti, l'ho scoperto nel corso del tempo) gli scrittori della mia età hanno amato. La serie non si trova negli archivi della RAI. È perduta per sempre, e la piangiamo. La sigla faceva: "Un grande urrà per nonna sprint, la vecchia che è più forte di un barile di gin..." ecc.
Esiste ancora invece, ed è disponibile, Biblioteca di Studio Uno, con Quartetto Cetra, altra serie (assai letteraria) che ho adorato nella mia adolescenza.
Più avanti, alle medie superiori, passavo un pomeriggio alla settimana guardando Gulp - Fumetti in tivù, un programma divulgativo di storia e critica del fumetto. Avevamo una sfufa in cucina che riscaldava soltanto metà della casa e la televisione in soggiorno, alla fine di un lungo corridoio, che d'inverno era una ghiacciaia. Accendevano una stufetta più piccola, a bombola. Il piacere che provavo riscaldandomi i piedi gelati è coniugato nella mia memoria al piacere di scoprire i fumetti.
Ovviamente ne leggevo a vagonate, in quel periodo. Potevo passare da I promessi sposi a Satanik apprezzando e godendo entrambi, senza soluzione di continuità mentale.
Erano tutte droghe e realtà corrette, per me. Amabili nonne del corsaro nero che mi addolcivano la vita, come fate su una culla.
E poi i due film settimanali, e gli sceneggiati gialli. Mi chiedevano, all'epoca del mio primo romanzo giallo, come avessi potuto ideare e padroneggiare una struttura di quel genere, avendo letto solo (e poca) Agatha Christie.
E si stupivano. Io mi stupivo del loro stupore. Per assimilare una struttura gialla non bastavano Perry Mason e il tenente Sheridan?

venerdì 10 marzo 2023

Iperwriters - Correzioni della realtà

Photo: Renan Savidan on Unsplash

Iperwriters, editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 16 - Correzioni della realtà

Venerdì, ore 13. Il 13 è un numero fortunato o sfortunato a seconda delle culture e dei paesi. E' una fortuna o una sfortuna stare stretti nella realtà?
C'è chi nasce per l'azione e nella realtà sta come un delfino fra le onde. Non ha bisogno di immaginare, perché il suo paradiso è già intorno a lui/lei (o forse questo tipo di persone, come i delfini, sono minacciate da inquinamenti e disagi ambientali?)
C'è chi nasce per l'immaginario, e la scienza moderna non sa o non vuole spiegare perché (l'assunto è che di base siamo tutti uguali... come le formiche operaie).
Ricordo la prima volta in cui ho immaginato qualcosa di irreale. Sono piccola, in seconda o terza elementare. Ho una compagna di scuola preferita, che mi tradisce preferendomi un'altra, prendendomi perfidamente in giro. Conosco l'amarezza del tradimento, e l'umiliazione mi appare intollerabile.
Dopo non so quanto tempo, tempo per assimilare e riprendermi, sto seduta davanti a una finestra. Guardo fuori e lascio andare la mente. Comincio a immaginare che la compagna di scuola mi ami, mi preferisca a ogni altro essere umano. Camminiamo insieme tenendoci per mano, in perfetta armonia. Su un sentiero fiorito, nel sole.
Queste correzioni della realtà diventeranno presto abituali, quasi automatiche. Una sedia davanti alla finestra, lo sguardo perduto in lontananza, tutta la noia e disgusto trasmutati in luce.
Qualcuno potrà giudicarlo deviante, patologico. Ma, a meno che non si considerino normali bullismo, perfidia e piacere nell'infliggere sofferenza, diciamo che è normale correggere la realtà. Non resta che far torto o patirlo, essere bulli o correggerli almeno con l'immaginazione.
Due o tre anni dopo, in quinta elementare, ho capito di saper scrivere vincendo un concorso per il miglior tema sulla visita alla centrale del latto locale. Inventando un teaser, il mio gatto che leccava la ciotola del latte. Questo gatto, che avrei voluto, non esisteva. Avevo corretto la realtà.
Correggendo la realtà con l'immaginazione si può arrivare ovunque, dal passato più leggendario al futuro più inimmaginabile.
Si può riuscire a correggerla di fatto: per tutta la vita mi sarei procurata la compagnia di gatti.
Per andare a vivere in Atlantide ci vorrà più impegno.

mercoledì 8 marzo 2023

Eva Kant: 60 anni nel crimine


Il 1°marzo 1963 il pubblico del fumetto italiano incontra un nuovo personaggio, che affianca il protagonista della testata Diabolik e rimarrà al suo fianco per i sessant'anni successivi e oltre. Si chiama Eva Kant (il cognome si pronuncia come si legge, come quello del filosofo tedesco) e porterà un cambiamento profondo nella storia del fumetto.
Angela Giussani ha dato vita alla serie ispirandosi al primo romanzo del ciclo di Fantômas dei francesi Allain & Souvestre trasferendone le situazioni mezzo secolo dopo, nei più tecnologici anni Sessanta. Subito affiancata dalla sorella Luciana, rimane sorpresa del successo del primo albo e del suo protagonista, apparsi nel novembre 1962. Forse anche per la misteriosa sparizione del disegnatore del numero uno, hanno tardato qualche mese a mandare in edicola il secondo albo, uscito il 1°febbraio 1963, ma il terzo arriva puntuale quattro settimane dopo. Si intitola L'arresto di Diabolik.
Nella serie, ancora sotto l'influenza del romanzo di Allain & Souvestre, Diabolik è l'equivalente di Fantômas, l'ispettore Ginko è la trasposizione dell'ispettore Juve, il giornalista Fandor si è trasformato in Gustavo Garian, destinato negli anni ad avere un ruolo minore. Manca ancora una figura femminile, un personaggio che replichi la complice di Fantômas, Lady Beltham. Le sorelle Giussani danno vita a Lady Eva Kant, ma proprio dopo la sua apparizione la serie Diabolik comincerà ad allontanarsi dal modello originale, seguendo sentieri sempre nuovi e originali.

Illustrazione di Giuseppe Palumbo, copyright Astorina Srl

Le sorelle Giussani sono tra le prime donne italiane a dedicarsi al fumetto. Trattandosi di un giallo dalle connotazioni criminali, si firmano A. e L. Giussani forse nel timore che il pubblico non sia interessato a leggere storie di quel genere non scritte da uomini: dopotutto le già numerose autrici di gialli, a partire da Agatha Christie, sono più orientate sulla detective story più classica.
Il loro primo personaggio, che ruba e uccide impunito, è già di per sé una rivoluzione nel fumetto, solitamente popolato da eroi senza macchia e senza paura. Ma l'ingresso di Eva Kant è una seconda rivoluzione: una donna che lotta per la propria parità, conquistandola un po' alla volta negli episodi successivi, non perché Diabolik sia maschilista, ma solo perché per le sue esperienze passate non si fida di nessuno. Tuttavia stiamo parlando di un'antieroina innovativa, di fatto femminista come le sue autrici, che si distingue dalla maggior parte delle "fidanzatine" di altri personaggi dei fumetti precedenti, il cui ruolo era spesso solo quello di essere salvate dall'eroe.
Anche nell'aspetto Eva Kant lascia il segno. Non sfugge una possibile influenza dell'immagine di Grace Kelly in Caccia al ladro di Hitchcock, dove l'attrice interpreta l'aspirante complice del ladro gentiluomo incarnato da Cary Grant. La prima apparizione a fumetti di Lady Kant ricorda decisamente l'entrata in scena di Grace Kelly nel film. In questo la sua attuale interprete cinematografica, Miriam Leone (nellimmagine di apertura), è assolutamente perfetta.


Se Diabolik dà origine a una lunga serie di epigoni a fumetti, dei quali il più rilevante è senz'altro Kriminal di Magnus & Bunker, anche Eva Kant ispira qualche imitatrice, come Zakimort (pubblicata dalla casa editrice di Gino "Ginko" Sansoni, marito di Angela Giussani) o Satanik (anch'essa di Magnus & Bunker) nelle storie della quale si trovano maggiori componenti fantastiche e suggestioni erotiche.
Ma Eva Kant, tra tutte, è l'eroina criminale destinata alla carriera più lunga, giunta ai sessant'anni il 1° marzo 2023, anche se per lei, in base alla regola "bisestile" (un anno di invechciamento ogni quattro di pubblicazioni) ne sono passati solo quindici. Fin dalla sua apparizione la testata potrebbe anche ribattezzarsi Diabolik & Eva Kant. Ma ci sono state diverse storie in cui è stata lei stessa protagonista unica, con il proprio marchio in copertina, dai fumetti al mio quarto romanzo originale della serie, Eva Kant - Il giorno della vendetta del 2009.
La prima storia che ha visto insieme la diabolika coppia ha avuto un "remake" a fumetti che ne espandeva la vicenda ed è approdata nel 2021 sul grande schermo con Diabolik-Il film dei Manetti Bros. diventando nel contempo un mio romanzo. Ma anche nel film successivo, Diabolik - Ginko all'attacco! del 2022 (anch'esso basato su una storia a fumetti degli anni Sessanta e ora trasposto in un mio libro), Eva ha un ruolo quasi superiore a quello del suo compagno di avventure. La casa editrice Astorina ne ha celebrato l'anniversario con l'albo inedito in edicola nel marzo 2023: Nel nome dei Kant, mentre l'8 marzo è arrivato in dvd in edicola e sulle piattaforme tv il film Ginko all'attacco!

(Di Eva Kant si è parlato su Radio Number One il 1° marzo 2023)

Tutto sui romanzi di Diabolik & Eva Kant a questo link.

mercoledì 1 marzo 2023

Hopscotch (2 sotto il divano, 1980)


Retrospettiva di Andrea Carlo Cappi

La metamorfosi di un romanzo in sceneggiatura e film è spesso un percorso curioso: un libro in genere nasce da una singola mente solitaria, mentre ciò che approda sullo schermo è il prodotto di molti fattori, non ultimi la scelta degli interpreti, il periodo in cui viene girato e il tipo di mercato in cui dev'essere proposto.
Nel caso di Hopscotch, tuttavia, l'evoluzione è particolarmente atipica: da un asciutto noir a sfondo spionistico a un thriller internazionale in chiave di commedia. Ma non un tradimento, bensì un gioiello quasi dimenticato che, forse ancora meglio del testo originale, veicola il pungente messaggio politico contenuto in entrambe le opere.


Nei primi anni Settanta il romanziere americano Brian Garfield (1939-2018) è già autore di una sessantina di libri, molti dei quali western in franchise sotto pseudonimo. Nel 1972 ha conquistato fama mondiale con il romanzo Il giustiziere della notte (Death Wish) trasposto da Michael Winner nel celebre e controverso film con Charles Bronson, che avrà quattro sequel nel ventennio successivo e un remake con Bruce Willis nel 2018; mentre il "vero" seguito del romanzo, Death Sentence (del 1975, apparso nel 1982 ne Il Giallo Mondadori come Il giustiziere della notte n.2) ispirerà a sua volta un film nel 2007.
Il prolifico Garfield pubblica uno o due romanzi all'anno, tra cui un piacevolissimo noir-western umoristico a quattro mani con l'amico Donald E. Westlake, 20.000 lingotti sopra i mari (Gangway, del 1973) e nel 1975 scrive la spy-story Hopscotch, con cui vince l'anno dopo il prestigioso Edgar Award conferito dai Mystery Writers of America. Il libro è pubblicato in Italia da Mondadori a fine 1976 nella collana da edicola Segretissimo con il titolo Spionaggio d'autore. All'uscita del film sarà riproposto con lo stesso titolo nella collana da libreria Classici dello spionaggio.
Hopscotch è il nome in inglese del gioco della campana e si riferisce ai continui spostamenti del protagonista del romanzo da una "casella" all'altra in varie parti del mondo, per sfuggire ai suoi ex datori di lavoro della CIA. Miles Kendig è infatti un ex agente della "Compagnia" costretto poco dopo i cinquant'anni d'età a un pensionamento forzato dopo aver servito per un trentennio il suo paese, prima come soldato e poi come spia: annoiato e malinconico, ha deciso di giocare un'ultima partita, denunciando in un memoriale le pratiche dei servizi segreti - in particolare del suo - condite con rivelazioni scottanti.
Mentre ancora lo sta scrivendo, organizza abilmente la pubblicazione del suo libro intitolato Conspiracy of Killers, ma trasforma se stesso in un bersaglio. A dargli la caccia sono Myerson (direttore della sua sezione della CIA), Cutter (ex allievo di Kendig e suo successore) e gli ex colleghi Follett e Ross, coadiuvati dall'FBI nel territorio USA; ma anche Yaskov, veterano del KGB in Europa. Quindi, sfruttando contatti e luoghi segreti che conosce grazie alla sua esperienza sul campo, il protagonista deve far perdere le proprie tracce prima che qualcuno lo faccia tacere per sempre.


Il libro è figlio dei suoi tempi. In quel periodo gli Stati Uniti sono arrivati in fondo a un processo di autocritica cominciato con l'assassinio di Kennedy nel 1963 e culminato con lo scandalo Watergate del 1972. Nel 1975 viene creato il Church Committee, presieduto dal senatore Frank Church, che porta alla luce i lati più oscuri della CIA. Gli americani non si fidano più del loro servizio segreto e la narrativa riflette l'umore dell'epoca, come testimonia il romanzo I sei giorni del Condor di James Grady (Six Days of the Condor, 1974), da cui proprio nel 1975 viene tratto il film di Sydney Pollack I tre giorni del Condor (Three Days of the Condor).
Lo stesso vale per Hopscotch, in cui viene citato di sfuggita l'ex agente della CIA E. Howard Hunt, inquietante figura centrale del caso Watergate (ma anche autore di spy story sotto pseudonimo, i cui libri vengono pubblicati tempestivamente in Italia in Segretissimo con il suo vero nome in copertina, dopo che è stato scoperto e condannato, acquisendo un'improvvisa notorietà internazionale).
Brian Garfield scrive una propria sceneggiatura basata sul suo romanzo, mantenendone l'atmosfera noir. Ma tutto cambia quando nel progetto di portare Hopscotch sullo schermo viene coinvolto l'attore Walter Matthau.


Ho sempre sospettato che l'idea di far entrare Matthau nel film sia nata dalla somiglianza tra Miles Kendig e il protagonista di Chi ucciderà Charley Varrick? (Charley Varrick, 1973, di Don Siegel) tratto dal romanzo del 1968 The Looters di John H. Reese, altro scrittore proveniente dal western: in quella vicenda, il personaggio eponimo viene braccato dopo avere svaligiato una banca in cui una gang criminale nasconde i propri proventi illeciti.
Con quella pellicola l'attore lascia per qualche anno la commedia per il noir, girando la trasposizione a San Francisco del romanzo Il poliziotto che ride (1968) della coppia svedese Sjöwall & Wahlöö, L'ispettore Martin ha teso la trappola (The Laughing Policeman, 1973), e Il colpo della metropolitana (The Taking of Pelham 123, 1974) dal romanzo omonimo di John Godey. Ma, dopo questa parentesi, forse non ha intenzione di girare un film che in chiave "seria" ricorderebbe troppo quello di Siegel. Quindi condiziona esplicitamente la propria partecipazione a una nuova sceneggiatura sotto forma di commedia. Non solo: sarà lui a scegliere buona parte dei brani classici e lirici che accompagnano la colonna sonora, da Mozart a Rossini (con una battuta sui diversi Figaro della lirica, che immagino scritta proprio da Matthau) fino a Puccini.
Così sul primo script interviene il regista-scrittore britannico Bryan Forbes, che firmerà la sceneggiatura insieme a Garfield. Alcune battute resteranno identiche a come sono nel libro, anche se in corso d'opera saranno apportate ulteriori modifiche. Alcune variazioni sono del regista del film, il veterano Ronald Neame, che nel campo della spy story ha già diretto due classici: L'uomo che non è mai esistito del 1956, basato sull'omonimo resoconto di Ewen Montagu dell'Operazione Mincemeat, e Dossier Odessa del 1974 dal romanzo di Frederick Forsyth. Altre, come dicevo, sono per mano dello stesso Walter Matthau, tra cui la prima e l'ultima scena con Glenda Jackson. Perché una delle modifiche più significative è l'inserimento di un unico e continuativo love interest per il protagonista, che all'inizio del romanzo si limitava a trascorrere una notte a Parigi con l'avvenente vedova Stein, incontrata a un tavolo da poker, e più avanti aveva una fugace relazione con Carla Fleming, pilota di aerei da turismo reclutata per una delle sue fughe.
Nasce quindi per il film il personaggio di Isobel von Schönenberg, vedova di un ricco austriaco, ex agente occasionale della CIA, ora amante e ironica complice di Kendig. La parte viene offerta all'attrice inglese Glenda Jackson, che accetta con entusiasmo, avendo già recitato con Walter Matthau nel brillante Visite a domicilio (House Calls, 1978, di Howard Zieff). Il ruolo di Carla - qui solo abile pilota - andrà invece a Lucy Saroyan, figlia dell'attrice teatrale Carol Grace che, dopo il divorzio dallo scrittore William Saroyan, si era risposata proprio con Matthau. Per restare in famiglia, a interpretare l'agente della CIA Ross è David Matthau, figlio del precedente matrimonio dell'attore.


Il film dipinge buona parte degli agenti della CIA come incompetenti, quando non arroganti come il caposezione Myerson (Ned Beatty), di cui viene delineata magistralmente la personalità in una precisa sequenza: mentre questi interrompe una riunione con Kendig per parlare al telefono con la moglie, l'agente ha il tempo di osservare le fotografie appese alle pareti, in cui Myerson appare insieme a Richard Nixon, Henry Kissinger e John Wayne, a una battuta di pesca mentre esibisce la sua preda e in posa alla Clint Eastwood al tiro a segno, con accanto incorniciati i bersagli in cui ha fatto centro.
La chiave umoristica del film non altera la sequenza degli avvenimenti del libro, anche se cambiano molte delle ambientazioni e alcuni dei passaggi sono più lineari, a tutto vantaggio peraltro della solidità della trama. Nella sequenza di apertura si spiega anche la ragione per cui Miles Kendig perde il suo incarico: un confronto con il rivale Yaskov durante l'Oktoberfest di Monaco si è risolto con un accordo tra gentiluomini in cui l'agente del KGB (forse un po' idealizzato, nell'elegante interpretazione di Herbet Lom) ha accettato di buon grado la sconfitta. Myerson non è in grado di capire certe sfumature, a differenza di Cutter (Sam Waterston) che pur, dovendo catturare Kendig, nel film non è troppo dispiaciuto dal fatto che il suo superiore venga ripetutamente beffato. Da questo punto di vista, il film, quasi più del romanzo, è un'ottima lezione su come si possa costruire una vicenda spionistica.
Una curiosità: nel romanzo una delle false identità di Kendig è "Parker", che usa per contattare "Dortmund", alias di Yaskov; è noto che Parker e Dortmunder sono i più famosi personaggi seriali di Donald E. Westlake, amico e collega di Garfield. Nel film l'editore britannico del memoriale di Kendig (qui intitolato proprio Hopscotch) si chiama Parker Westlake. Ma gli inside jokes si moltiplicano: nel romanzo, forse per puro caso, appaiono i cognomi Fleming, Follett e Ross; se il primo è lo stesso dell'autore di James Bond; il secondo è quello di uno scrittore britannico poco noto nel 1975, ma che nel 1978 sarebbe divenuto celebre per La cruna dell'ago (Edgar Award nel 1979); mentre Ross era uno dei suoi numerosi pseudonimi usati in precedenza. Nel film, oltre a questi nomi, compare anche un certo Ludlum, che richiama ovviamente l'autore di molti bestseller spionistici.


In chiusura, qualche osservazione sulle versioni italiane: riletta oggi, la traduzione del 1976 appare piuttosto datata, specie perché all'epoca Il Giallo Mondadori e Segretissimo mantenevano l'usanza del "voi" nei dialoghi, spesso usato anche quando i personaggi si potrebbero dare semplicemente del "tu". Ben riuscito invece il doppiaggio del film, anche se viene inserita una battuta inesistente nei dialoghi originali, a proposito di un albergo dove in passato Kendig e Isobel sarebbero finiti "sotto il divano".
Ma in qualche modo bisognava giustificare la scelta un po' improbabile del titolo 2 sotto il divano, che riecheggia Tre sul divano (Three on a Couch, 1966), commedia sulla psicoterapia diretta e interpreta da Jerry Lewis. D'altro canto il titolo italiano del romanzo era troppo serio e la traduzione letterale di quello originale, "Campana", sarebbe stata fraintesa (nel doppiaggio viene citato come "salto della quaglia"). In realtà il divano appare unicamente nel manifesto con cui la pellicola venne distribuita dalle nostre parti. Non mancarono lo stesso gli equivoci: quando uscì al cinema, se non erro nel dicembre 1980, ricordo una signora che lo scambiò per il titolo di una commedia sexy.
Il film è ricomparso qualche anno fa in dvd, ma di recente mi sono impadronito di un'ottima edizione spagnola in blu-ray - con il titolo 1 enredo para 2 (più o meno "Un intrigo per due") - contenente anche la traccia originale e quella doppiata in italiano.

Iperwriters - Tiro al piccione su Superman

Photo: Johan Taljaard on Unsplash I perwriters - Editoriale di Claudia  Salvatori Letteratura italiacana - 59 - Tiro al piccione su Superman...