venerdì 20 maggio 2022

Il giallo secondo Sciascia


Recensione di Andrea Carlo Cappi

L'editore Graphe.it ripropone in volume un saggio di Leonardo Sciascia sul romanzo poliziesco, accompagnato dal debito apparato bio-bibliografico e da una prefazione dell'esperta Eleonora Carta. Apparse sotto forma di due brevi articoli nel 1975 e poi riunite in un unico testo - il che spiega forse l'assenza di riferimenti a un nome significativo come Dürrenmatt e il fatto che Borges sia citato solo in una delle varie edizioni - le osservazioni dello scrittore sono ovviamente significative, per chi conosce le sue incursioni in una narrativa che del genere riprendeva e smontava alcuni meccanismi.
Si sa che Sciascia era un lettore di gialli e non solo di quelli "trasversali" di Gadda o Greene. La sua competenza in materia è ben visibile, soprattutto quando esamina la detective story imperniata sulla figura dell'investigatore pressoché onnisciente, con funzione di deus ex machina o quantomeno di portatore di una sorta di giustizia divina. Non a caso ne ritrova un modello nella Bibbia, nella figura del profeta Daniele e delle sue "indagini".
Osserva come l'investigatore "classico" sia più spesso un "tipo" che un personaggio: vale a dire una figura con caratteristiche immutabili, che in pratica non ha un passato, non invecchia, non ha quasi una vita privata al di fuori del romanzo e dell'indagine contingente, vista esclusivamente come un problema intellettuale. Acute le osservazioni su Edgar Allan Poe e le storie del suo cavalier Dupin, in cui appare la prima figura di "spalla del detective", ossia lo stesso (anonimo) narratore. Applicando il dubbio metodico, Sciascia arriva persino a chiedersi se il delitto di Mary Rogers - che ispirò il racconto Il delitto di Marie Roget, in cui si diede, attraverso la finzione, una soluzione molto vicina a quella successivamente scoperta per il caso originale - sia avvenuto realmente oppure non sia a sua volta una finzione nella finzione ideata da Poe in una nota alla ripubblicazione del suo racconto.

La teoria che Sciascia riprende e discute è che il pubblico non voglia fare troppa fatica mettendosi in competizione con il detective, ma semplicemente godersi la lettura come passatempo passivo, al pari della visione di un film. Per questa ragione uno stimolo intellettivo come quello dei romanzi di R. Austin Freeman avrebbe riscosso minor successo rispetto, per esempio, ai libri di Arthur Conan Doyle con Sherlock Holmes, in cui è il dottor Watson a svolgere il compito che dovrebbe spettare a chi legge, ossia porsi domande.
Di fronte a investigatori sempre uguali a loro stessi (inclusi Philo Vance di S.S. Van Dine, Ellery Queen di "Ellery Queen" e l'avvocato Perry Mason di Erle Stanley Gardner) o che rasentano la macchietta - in particolare Hercule Poirot di Agatha Christie - Sciascia conferisce lo status di vero "personaggio" dai risvolti umani - non "tipo" - solo al Jules Maigret di Simenon. Minore tolleranza è rivolta a Edgar Wallace - che, pur essendo stato l'autore di punta delle prime annate de Il Giallo Mondadori, usciva spesso dai rigori del filone classico - così come ai "gialli d'azione" americani, anche se vengono citati i capisaldi Dashiell Hammett e Raymond Chandler. Di Sanantonio, il personaggio di Frédéric Dard, Sciascia apprezza soprattutto il linguaggio irriverente nei confronti del pubblico.
Tuto questo però è un indizio sul tipo di gialli che Sciascia aveva letto e leggeva. Be', teniamo presente anche che lo spazio che aveva a disposizione in due articoli era senz'altro ridotto e non era possibile citare tutti gli aventi diritto. Per esempio, benché pubblicato su Il Giallo Mondadori fin dagli anni Sessanta e quindi già notissimo all'epoca, non viene menzionato Ed McBain, artefice di una tipologia di poliziesco diverso dai modelli precedenti. Né si tiene conto di Giorgio Scerbanenco, cui Garzanti aveva dato ampio risalto nelle sue collane. Nel 1975 inoltre era uscito da troppo poco il primo romanzo di Loriano Macchiavelli per prevedere gli sviluppi tanto dell'autore quanto di un giallo italiano che non sarebbe stato riconosciuto ancora per quindici anni. Ed era ben lontano dall'arrivare in Italia Manuel Vázquez Montalbán, che all'epoca in Spagna muoveva i primi passi su un sentiero non dissimile da quello dello stesso Sciascia.

Tuttavia il grande autore siciliano cade in alcuni pregiudizi. Definisce "sadici" gli agenti segreti di Peter Cheyney e - forse per fortuna - non fa alcun riferimento a Ian Fleming, pubblicato in quegli anni ne I Gialli Garzanti, dove dagli anni Cinquanta aveva grande successo Mickey Spillane. E su quest'ultimo, da intellettuale di sinistra, Sciascia lancia gli strali tipici della categoria: lo scrittore americano non esitava a far scaricare le pistole di Mike Hammer su agenti sovietici infiltrati negli USA e il suo anticomunismo (di maniera) era una colpa addirittura più grave del suo tasso di "sesso e violenza", relativamente elevato per quei tempi, specie in confronto agli investigatori asessuati del giallo classico.
D'altro canto Spillane scriveva per un pubblico americano nell'epoca della caccia alle streghe maccarthista, che era però anche l'epoca degli spietati servizi segreti stalinisti. Ne parlava del resto anche Fleming, seppur da un punto di vista più europeo e quindi più problematico: il creatore di 007 era contrario alla malefica commissione del senatore McCarthy e, almeno fino a un certo punto, un simpatizzante della rivoluzione cubana. Ma ciò non implica che nella realtà tutti i comunisti fossero automaticamente buoni in quanto comunisti, e chi raccontava nefandezze sovietiche fosse per forza cattivo come persona e come scrittore. Già prima di Sciascia, Umberto Eco aveva esaminato Fleming e Spillane con una maggiore apertura mentale.  
Tale punto di vista "ideologico" non toglie però importanza alla visione critica che Sciascia dà del giallo e che è alla base di una parte importante delle sue opere. Stiamo pur sempre parlando di un intellettuale di sinistra che affronta un argomento che certi suoi colleghi, ancora a metà degli anni Settanta, nemmeno consideravano "letteratura" e disprezzavano apertamente come un prodotto destinato alle menti semplici e incolte. Proprio questo atteggiamento snob degli altri intellettuali del settore ha contribuito, perfettamente sincronizzato con altri fattori, al disinteresse di massa verso i libri che oggi possiamo constatare in Italia. Pertanto con questo saggio Sciascia non soltanto ha il merito di avere difeso il romanzo poliziesco, ma anche quello di avere incentivato il pubblico alla lettura.


domenica 15 maggio 2022

Iperwriters - Biodiversità invisibili: talento - 3

Photo: Athanasion Papazacharias on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì, ore 13. La nave Iperwriter passa, lasciandosi alle spalle i numerosi successi planetari che hanno solcato i mari di quest'epoca.
Il talento ha successo, dite? Se ci crediamo sempre e non rinunciamo al sogno mai? E per qualcuno, come si suol dire, il sogno continua?
Vero Ma, se lo analizzate a fondo, il talento che ha successo è utile, manovrabile e soprattutto inoffensivo. Per quante siano le sue varianti non è una voce unica (una voce d'autore), ma parla con la Voce Unica Omologata. E comunque ha sempre una data di scadenza: altri talenti sono in coda e hanno diritto alla scena.
Così, chi sopravvive a uno degli innumerevoli talent show viene inghiottito da altri format televisivi in cui deve fare cose (spesso imbarazzanti) che non hanno nulla a che fare con il suo specifico talento, o interpretare/clonare grandi talenti a cui la cultura del passato ha permesso di diventare iconici. Mentre questi ultimi dovranno a loro volta esibirsi e promuovere nuovi aspiranti talenti. Triplo scopo: destrutturare e riportare a terra chi è mitico, creare in tutti l'illusione di poterlo diventare, e amalgamare tutti in una marmellata di Voce Unica fruibile da tutti.
Ma infine, obietterete, fra quanti passano e vanno in televisione qualcuno resta per anni, per decenni.
Ma chi resta? Chi ha abbandonato ogni ambizione di singolarità, o non ne ha mai posseduta, e passa dall'avere talento a gestire i talenti: farli esibire nel circo mediatico e gareggiare; giudicarli, criticarli, formattarli in Voce Unica e consegnarli al pubblico. E comunque, chi lavora con il talento degli altri può restare, ma deve dichiarare di tanto in tanto: "Io non so fare nulla".
Quando ero molto giovane ho creduto alle filosofie “progressiste”: ecco sorgere una società ludica in cui ciascuno dovrà svolgere per tre giorni alla settimana un lavoro bruto, noioso e ripetitivo al servizio della comunità, e gratificarsi per il resto del tempo in qualche attività artistica. Così il bene della creatività non sarà privilegio di pochi, ma tutti potranno goderne.
Nell'ingenuità dei miei diciotto anni mi pareva talmente bello che non pensavo potesse avverarsi. Si è avverato, e non è per niente bello.
Oggi so che non serviva a creare un mondo di creativi gioiosi. Serviva a creare un mondo di lavoratori schiavi.
E relitti di vero talento.

Il caso Lindbergh

Charles Lindbergh e lo Spirit of St. Louis

La Boutique del Mistero, di Andrea Carlo Cappi

La vicenda di cui ci occupiamo stavolta è il caso che nel maggio del 1932 la stampa degli Stati Uniti definì "il crimine del secolo", sia per l'efferatezza delle circostanze, sia per la notorietà indiretta della vittima.
La storia tuttavia comincia cinque anni prima, nel maggio del 1927, con un'impresa avventurosa entrata nella storia dell'aviazione. Charles Lindbergh, sconosciuto pilota di origine svedese che lavora per il servizio di posta aerea degli Stati Uniti, ha trovato alcuni sponsor privati, tra cui una piccola fabbrica che ha realizzato per lui un apparecchio monoposto battezzato "Spirit of St. Louis". Con questo aereo decolla il 20 maggio 1927 da Long Island, New York, e atterra trionfale il 21 maggio a Le Bourget, Parigi, dopo 33 ore e mezza di volo ininterrotto tra nubi, ghiaccio e nebbia.
Da quel momento non è più uno sconosciuto: è il primo aviatore al mondo ad avere compiuto da solo la traversata dell'Atlantico. Riceve la Legion d'Onore francese, la Medaglia d'Onore del Congresso americano e il grado di colonnello dell'aviazione. E apre la strada ai viaggi aerei come li intendiamo oggi. Due anni dopo, il 27 maggio, sposa Anne Morrow, figlia dell'ambasciatore statunitense in Messico, da cui ha un figlio nel 1930, Charles Lindbergh Jr. Potrebbe essere l'uomo più felice del mondo. Ma nel 1932 torna sulle prima pagine per una tragedia che ispirerà anche un celebre romanzo di Agatha Christie.

La richiesta di riscatto dei rapitori

Il 1° marzo 1932, alle dieci di sera, nella casa dei Lindbergh nel New Jersey la bambinaia entra nella stanza del piccolo Charles, che ha poco più di un anno e mezzo. Il bambino non è nella culla. Sul davanzale della finestra c'è un biglietto sgrammaticato che chiede un riscatto di 50.000 dollari: dall'esame del testo, l'autore dovrebbe essere di lingua madre tedesca. In luogo della firma c'è un simbolo che risale agli antichi cristiani chiamato "vesica piscis" (due cerchi identici sovrapposti) e tre buchi nel foglio. Il marchio misterioso serve forse a distinguere i messaggi dei veri rapitori da quelli di mitomani e approfittatori che si faranno avanti, data la notorietà del padre del rapito.
La notizia fa, inevitabilmente, il giro del mondo. Delle indagini si occupano il sovrintendente Schwarzkopf della polizia del New Jersey (padre del generale che guiderà la Prima Guerra del Golfo), il capo dell'FBI J. Edgar Hoover, ma anche lo stesso Lindbergh, coadiuvato dall'avvocato William J. Donovan, che un decennio dopo diventerà capo dell'OSS, il servizio segreto americano. Persino il gangster Al Capone offre il suo aiuto, a patto che lo si faccia uscire subito di prigione, ma nessuno si fida.
il 1° aprile, seguendo le istruzioni dei rapitori, un intermediario consegna il riscatto, che comprende un particolare tipo di banconote, i "certificati oro", che andranno fuori corso entro un paio di anni: l'idea è che i rapitori saranno costretti a cambiarle in fretta, facendosi scoprire. Il piccolo Charles però non viene restituito alla famiglia. Il 12 maggio un camionista nota qualcosa di strano sul ciglio di una strada a soli sette chilometri da casa Lindbergh: è il cadavere di un bambino colpito alla testa e sepolto frettolosamente. Il bambino viene identificato come Charles Lindbergh Jr. Forse è stato ucciso la stessa notte del rapimento.

Chi l'ha visto?

Si sospetta un complice dall'interno, in particolare una domestica inglese, Violet Sharpe, che risulterà del tutto innocente... ma solo dopo che si è suicidata per la disperazione, ingerendo un detergente per argento contenente cianuro. Il colpevole non si trova, anche se alla Polizia continuano ad arrivare lettere poco attendibili. Il caso è così misterioso che nel 1933 Agatha Christie ne trae ispirazione per il suo romanzo "Assassinio sull'Orient Express", pubblicato l'anno dopo: nel libro al posto di Charles Lindbergh Jr. c'è la piccola Daisy Armstrong e si immagina che il rapimento fosse opera di una gang del crimine organizzato, all'epoca in ascesa negli USA.
Nel settembre 1934 a New York il trucco dei "certificati oro" funziona. Un benzinaio riceve una banconota da un cliente che si comporta in modo sospetto, annota il numero di targa e la porta in banca, temendo che sia falsa. Risulta essere una delle banconote del caso Lindbergh. La polizia risale così a Bruno Richard Hauptmann, immigrato tedesco nel Bronx, nel cui garage si trovano 14.000 dollari del riscatto. Il sospetto dice che a lasciarli è stato il suo ex socio tedesco Isidor Fisch, tornato in Germania e morto sei mesi prima di tubercolosi. Ma la grafia sui messaggi corrisponde a quella di Hauptmann, che viene processato, condannato alla sedia elettrica e giustiziato nel 1936. Secondo qualcuno era innocente, ma è più probabile che avesse complici non identificati.
Infatti nel 2003, in un archivio della Polizia, si ritrova uno dei tanti messaggi anonimi giunti all'epoca: è scritto in tedesco e alla lettera è allegata una tavoletta di legno forata, in cui i buchi corrispondono al millimetro con quelli sui messaggi originali dei rapitori. Il testo dice "Sono uno dei rapitori del bambino Lindbergh e non Bruno Richard Hauptmann" e la firma è l'antico simbolo della "vesica piscis", (v. foto sotto) accompagnata dalla sigla del partito nazista tedesco. E qui il mistero si infittisce: dopo il 1939 Lindbergh era stato sospettato di simpatie naziste, per aver preso pubblicamente posizione contro l'intervento americano in guerra. Temeva forse che qualcuno colpisse di nuovo la sua famiglia? Forse nel caso Lindbergh c'è un mistero che ancora non è stato esplorato.

(Questa puntata de La Boutique del Mistero è andata in onda domenica 15 maggio 2022 su Radio Number One).




domenica 8 maggio 2022

Dracula: l'immortale

Immagine da wallpapercave.com

La Boutique del Mistero, di Andrea Carlo Cappi

Tra i vari compleanni illustri del 2022 ricorre il centoventicinquesimo di un personaggio leggendario: il conte Dracula, apparso per la prima volta nel romanzo omonimo dello scrittore irlandese Bram Stoker pubblicato il 26 maggio 1897. Il primo film che ne fu tratto, Nosferatu, risale a venticinque anni dopo, il 1922, quindi esattamente un secolo fa (anche se Dracula era già apparso un anno prima in un altro film... ne parleremo prossimamente).
Il conte vampiro è uno dei personaggi più riutilizzati tra libri, cinema, fumetti e tv. Ma è anche un punto di partenza e di riferimento - a volte persino un cliché - per chiunque abbia voluto scrivere storie di vampiri nel secolo e un quarto successivi.
In realtà il Dracula del romanzo riassume in sé da una parte il mito ancestrale del non-morto che esce dalla bara per succhiare il sangue dei vivi, dall’altra il ricordo della dinastia dei principi di Valacchia nel XV secolo. Il principe Vlad II divenne cavaliere dell’Ordine del Drago con il soprannome Dracul, che vuol dire al tempo stesso "Il Drago" e "Il Diavolo"; il suo figlio e successore Vlad III fu chiamato "Draculea", ovvero "Vlad figlio di Dracul". Come si è arrivati a Dracula il vampiro?


Il Dracula inteso come personaggio storico - che vedete ritratto qui sopra - non ha niente a che vedere con le leggende sui vampiri. Tuttavia, nella guerra contro i turchi in Romania, il principe di Valacchia Vlad Draculea si guadagnò un nuovo soprannome: Vlad l’Impalatore, per il supplizio cui condannava i suoi avversari.
È considerato un condottiero eroico ma al tempo stesso sanguinario. Quando venne dato per morto, nel 1476, qualcuno sospettò che in realtà fosse ancora vivo, da qualche parte. Qualcuno temeva addirittura che potesse tornare dal regno dei morti...
Tali suggestioni riemergono alla fine dell’Ottocento, quando il vampiro diventa una moda letteraria nella narrativa in lingua inglese. Bram Stoker studia la storia e i miti dell'Europa orientale e si imbatte nel personaggio di Vlad Draculea, trasformandolo in Dracula, il vampiro.


Nella versione di Stoker, il nobluomo è un non-morto – che in rumeno si dice nosferatu – il quale dopo quattro secoli decide di lasciare il suo castello in Transilvania e trasferirsi a Londra, in cerca di nuovo sangue. Ma si trova di fronte un manipolo di coraggiosi guidato dal professor Van Helsing, che applica in modo scientifico i metodi anti-vampiro tradizionali. Nel romanzo e nella versione teatrale dello stesso Stoker, alla fine Dracula viene ucciso.
Tuttavia, come molti personaggi di successo, conoscerà nuove vite per mani di altri autori e numerosi registi. Io stesso non ho resistito: ho fatto rivivere Vlad in Danse Macabre, in cui immagino che Bram Stoker si sia ispirato a fatti realmente avvenuti e che Dracula e alcune sue vittime-vampire siano ancora oggi in circolazione. Ma la storia mediatica del vampiro più famoso di tutti i tempi riserva ancora molte sorprese e torneremo a parlare di lui prossimamente.
Scopri inoltre con Andrea Carlo Cappi i vampiri in letteratura, fumetti e cinema in queste settimane nella videorubrica Sui Generis del Premio Torre Crawford:
-puntata 2.4: Vampiri tra noi
-puntata 2.5: Mi gioco il vampiro
-puntata 2.6... Oh, quanti bei vampiri!

(Questa puntata de La Boutique del Mistero è stata trasmessa su Radio Number One l'8 maggio 2022.)




venerdì 6 maggio 2022

Iperwriters - Biodiversità invisibili: talento - 2

Photo: Vidar Nordli Mathisen on Unsplash


Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì, ore 13. La nave Iperwriters vi aveva promesso di svelare i modi impiegati per uccidere il talento.
In realtà non c'è nulla da svelare e il modo è uno solo: l'indifferenza maturata in decenni di sapiente e raffinata ignorantizzazione dei popoli.
In un'epoca come la nostra, in cui si parla ma non si vive, basta non parlare di qualcuno o qualcosa perché quel qualcuno o qualcosa non esista. Beati i tempi in cui vi mettevano al rogo. Protestate, dite che preferite vivere e fare l'opinionista non pagato sui social? Ma un eretico che bruciava contava, per pochi istanti nel fuoco. C'era la possibilità che il suo pensiero sopravvivesse. Fino alla fine dell'era Gutenberg, un talento bruciato ha potuto accedere ai reami del mito.
Oggi uno scrittore viene cancellato mentre è in corso di pubblicazione: un meccanismo a orologeria lo dissolve in polveri sottili fin dall'uscita del libro. Basta che non se ne parli!
Arrivate al secondo o terzo libro? Diranno: non è bello come il primo. Continuate a pubblicare? Passerà il vostro tempo e dovrete uscire di scena. Siete i primi a inventare qualcosa di nuovo? Non se ne accorgerà nessuno; la vostra invenzione sarà attribuita a un altro più utile e desiderato.
Nonostante tutto, insistete? Conosco scrittori che hanno pubblicato una dozzina di libri, e nessuno li ha mai sentiti nominare. Sepolti dal silenzio? No. Il meccanismo a orologeria può essere anche più subdolo e perfido: se n'è parlato inserendoli in un gruppo e proponendoli al pubblico come componenti di un collettivo. Cioè trasformandoli in categoria riconoscibile e fruibile, e inviando il messaggio subliminale che ciascuno di loro non ha fatto poi nulla che non possano fare altri, cioè tutti.
L'autorialità (nessuno sa più quali elementi la compongono: vedi grandezza) è stata abolita, come la personalità umana.
Avrete notato che anche il cinema d'autore si è estinto. Se qualche ex autore continua a lavorare, all'uscita dalla sala si sente dire: Non ha più quella cosa che aveva una volta.
Si assiste perfino a un fenomeno impensabile nel secolo scorso: la rottamazione degli attori. Anche le grandi star, fino a ieri semidei moderni, diventano spazzatura!
Ma, obietterete, di tanto in tanto qualche talento ha un successo planetario. Vero. Vale solo per cuochi e cantanti. Vedremo come e perché.




martedì 3 maggio 2022

The Batman (2022)



Recensione di Alby Bottecchia

Giovedì 31 ottobre: in una Gotham City mai così cupa e piovosa, un brutale omicidio sconvolge l'opinione pubblica; in piena campagna elettorale, il sindaco uscente Don Mitchell Jr. viene assassinato in casa sua dallo spietato serial killer che la città conoscerà con il nome di Enigmista.
A occuparsi del caso, al fianco del tenente di polizia James Gordon interpretato da Jeffrey Wright (Alì, Syriana, Casino Royale), è l'alter-ego del miliardario Bruce Wayne: Batman interpretato da Robert Pattinson (Harry Potter e il calice di fuoco, Twilight saga, Tenet), un brillante detective mascherato divenuto il protettore della città dopo l'assassinio dei propri genitori.
Bruce e Gordon seguono gli indizi che l'Enigmista si lascia dietro dopo ogni omicidio. Per il giovane detective mascherato sarà il primo vero caso in cui la sua grinta, il suo coraggio e le sue risorse verranno messe a dura prova da un avversario duro e spietato, che non solo lo sfiderà sul piano intellettivo ma anche su quello morale. E ciò porterà il giovane a voler diventare, più che un simbolo di vendetta, un simbolo di speranza per una Gotham che mai come ora ha bisogno di lui.
Ad aiutare Batman a destreggiarsi tra indizi, agguati e ambiguità c'è la giovane e fascinosa Selina Kyle, interpretata da Zoe Kravitz (X-men-l'inizio, Animali Fantastici: i crimini di Grindelwald) destinata a colpire il cuore del nostro eroe e forse a fargli riscoprire un sentimento da anni sepolto dalla rabbia e dal senso di colpa.
La caccia all'Enigmista diventa perciò anche un viaggio di redenzione nei confronti dell'eredità della famiglia Wayne (a cui il criminale è legato da un oscuro segreto sepolto nel passato del padre di Bruce) e proprio il riscatto del passato e l'accettazione del suo destino trasformerà Batman nell'eroe che non ci meritiamo, ma di cui abbiamo disperatamente bisogno.
Il regista Matt Reeves e il co-sceneggiatore Peter Craig riportano Batman alle origini del mito, facendogli riscoprire le radici da detective troppo a lungo ignorate dal cinema e rendendolo protagonista di un noir cupo, teso e ricco di azione che riporta il mio supereroe preferito finalmente al centro dell'attenzione dopo la "gestione" di Ben Affleck. Infilatevi il costume e allacciate la bat-cintura: il detective è tornato per restare! "I'm vengeance."

Premio Torre Crawford 2022: avventuratevi nella scrittura!


Occasione da non perdere! Il 31 maggio 2022 scadono i termini della terza edizione del Premio Torre Crawford. Leggete il bando di concorso, scoprite come partecipare e raccogliete la sfida: potreste entrare a far parte della nuova antologia "Un'inquietante sensazione indefinibile" edita in settembre da Oakmond Publishing.

Iperwriters - Tiro al piccione su Superman

Photo: Johan Taljaard on Unsplash I perwriters - Editoriale di Claudia  Salvatori Letteratura italiacana - 59 - Tiro al piccione su Superman...