Istruzioni per l'uso di 007, di Andrea Carlo Cappi
Da dove viene James Bond? Quanti sono i film della serie? Qual è il rapporto tra romanzi e film? Perché esistono ‘diversi’ James Bond? Questo articolo cerca di rispondere in breve a tutte queste domande, per chiarire certi aspetti del nuovo ‘No Time To Die’.
Mentre elaborava strategie – davvero romanzesche – contro il Terzo Reich per il servizio segreto della Royal Navy, l’ex-giornalista britannico Ian Fleming decise che avrebbe ideato e pubblicato la spy-story ‘definitiva’. Di fatto il primo romanzo con James Bond 007, ‘Casinò Royale’ (scritto nel 1952, edito l’anno dopo), fu un raffinato a tragico hardboiled che dalla California di Hammett e Chandler spostava lo scenario nell’Europa della Guerra Fredda. Non era il primo libro del genere: in Francia c’era già Jean Bruce con i romanzi dell’agente OSS 117 (curiosa la somiglianza tra le cifre) e in Inghilterra Peter Cheyney proseguiva il suo lavoro tra spy-story british e noir all’americana, cominciato durante la Seconda guerra mondiale.
Il romanzo 'definitivo' di Fleming non sarebbe stato l’ultimo: dopo lo scarso successo in patria di quella prima brillante storia di 007, una recensione di Raymond Chandler aprì a James Bond le porte del vasto mercato americano e quindi globale, con la vendita dei diritti per cinema e tv, e il contratto per un secondo romanzo, ‘Vivi e lascia morire’, pubblicato nel Regno Unito mentre i telespettatori USA vedevano una riduzione tv di ‘Casinò Royale’ con Barry Nelson (il primo Bond dello schermo), Linda Christian, all’epoca moglie di Tyrone Power (nel ruolo di ‘Valerie Mathis’, ibrido tra Vesper Lynd e René Mathis nel libro), e Peter Lorre, ex-Mostro di Düsseldorf (nella parte di Le Chiffre).
Il Mito Bond era già in lavorazione. Dopo varie false partenze negli anni ‘50 – quali la serie tv mancata 'James Bond of the Secret Service' che sarebbe poi diventata ‘Licenza di uccidere’ e un film non realizzato dal produttore Kevin McClory, poi diventato ‘Thunderball-Operazione Tuono’ – la Bondmania sarebbe esplosa in tutta la sua potenza solo dopo altri dieci anni, alla fine del 1964. alla terza apparizione di Sean Connery in un film della EON Production. Purtroppo Fleming moriva nell’estate precedente, a cinquantasei anni, perdendosi l’acclamazione assoluta.
In tutti questi decenni sono esistiti parecchi Bond: quello dei romanzi di Fleming, tormentato eroe noir, era passato attraverso avventure urbane ed esotiche (e, per quei tempi, erotiche) e in un’occasione persino parzialmente western, continuando a essere una proiezione del proprio creatore; per poi passare nelle mani di successori selezionati e autorizzati da una società creata dallo stesso Fleming, con risultati a volte di routine, a volte eccezionali. Quello del cinema si sarebbe lanciato gradualmente verso la fantatecnologia, restando però sempre influenzato dalle mode del momento: l’era spaziale, la blaxploitation (ovvero il filone, spesso noir, con soli interpreti neri), i kung-fu-movies, il fantacinema fine anni ‘70, il narco-noir anni ‘80 tra ‘Scarface’ e ‘Miami Vice’, gli action-movie di Hong Kong degli anni ‘90...
E cambiando stile e carattere (e rapporto con le donne) a seconda degli interpreti ma soprattutto degli sceneggiatori, che a volte tenevano d’occhio la cronaca internazionale e che ogni tanto (ma non sempre) andavano a rileggersi i romanzi o i racconti da cui prendevano i titoli i film prodotti dalla EON di Saltzman & Broccoli (poi del solo Albert R. Broccoli, infine di sua figlia Barbara e del figliastro Michael G. Wilson). E ora spiego perché sia appena uscito il film ‘Bond 25’ anche se al cinema ne sono stati proiettati ventisette.
Nel frattempo uscivano infatti nel 1967 una parodia con ‘Casinò Royale’ (frutto di diritti cinematografici non acquistati dalla EON... perché erano alla deriva tra altre compagnie dal 1954) e nel 1983 un remake di ‘Thunderball’ con il rientro di Sean Connery, ‘Mai dire mai’, frutto dei diritti d’autore condivisi con Fleming da McClory. A cavallo tra i due millenni, Pierce Brosnan riesce a conciliare elementi di tutti gli interpreti: fascino, ironia, eleganza, cinismo autoimposto e occasionale fragilità (fino ad allora vista solo in George Lazenby), ma non sempre è servito da sceneggiature all’altezza. Poi con Daniel Craig le regole cambiano...
Continua con: Bond Story - 2: da Casinò Royale a No Time To Die