Percorso di
Andrea Carlo CappiSessant’anni fa lo staff de Il Giallo Mondadori si
accorse che tanto in Francia quanto nel mondo anglosassone si stava
sviluppando sempre di più la variante del thriller chiamata
spy-story, che per raccontare le sue vicende si agganciava
alla realtà politica internazionale del momento: la Guerra
Fredda, nella fattispecie. Così, sul modello di analoghe edizioni francesi, nell'ottobre del 1960 Mondadori diede vita a una nuova testata con lo stesso formato del
Giallo, destinata anch’essa alle edicole – canale
vitalissimo ai tempi e ancora fondamentale oggigiorno – che in
qualche caso avrebbe superato nelle vendite la sorella
maggiore. Era nato Segretissimo, che dopo sei decenni di vita è forse l'unica collana al mondo interamente dedicata alla narrativa di spionaggio. E da oltre vent'anni è anche la nuova frontiera del thriller italiano.
Prima dell'ottobre 1960, le occasionali storie di spionaggio
rientravano nella tradizionale collana mondadoriana del Giallo settimanale, rinata nel
dopoguerra. Per esempio quelle firmate da Peter Cheyney, già
padre dell’agente federale Lemmy Caution portato in quegli anni
sullo schermo da Eddie Constantine. Da una delle spy-story del
romanziere britannico (pubblicata in italiano come A colpi di
mitra) fu tratto il film
Corriere diplomatico con Tyrone Power. Cheyney era uno
degli autori hardboiled di punta de Il Giallo
Mondadori degli anni Cinquanta,
tanto che alla sua morte la vedova concesse al direttore Alberto
Tedeschi l’autorizzazione a farne completare un romanzo incompiuto,
lavoro che (se la memoria non mi inganna) venne affidato allo
scrittore Franco Enna.
Ma con gli anni Sessanta la proposta
di narrativa spionistica era tale da indurre Mondadori alla creazione
di una nuova collana dedicata al sottogenere e accompagnata da notizie di cronaca internazionale sull'argomento. Segretissimo fu inaugurato con una grafica innovativa e le sofisticate illustrazioni di Ferenc
Pinter su fondo nero; poi venne ripreso – sempre su fondo nero – lo
stile de Il Giallo Mondadori: il cerchio
rosso contenente un’illustrazione di Carlo Jacono, che già
realizzava le copertine per l'altra collana. La nuova
pubblicazione, inizialmente mensile poi settimanale, raggiunse presto
le centinaia di migliaia di copie vendute per ogni numero: di fatto
si trattava ogni volta di un colossale bestseller, malgrado la
permanenza in edicola fosse di una sola settimana. E non c'è
da stupirsi.
Anche se si trattava quasi sempre di narrativa pulp
nel senso pressoché etimologico del termine (azione e
avventura a basso prezzo in formato rivista), anche se non sempre gli
autori e i traduttori avrebbero potuto essere in lizza per il Nobel,
e anche se l'orientamento degli scrittori era spesso fin troppo
occidentale e atlantico a ogni costo (esiste persino la leggenda che
fosse la CIA a finanziare le avventure di Nick Carter, erede
spionistico del classico detective americano nato a fine Ottocento) i
personaggi di Segretissimo avevano in ogni caso il pregio di
raccontare sotto forma di romanzo la realtà di quegli anni. In
presa diretta.
Certo, era facile criticare il contenuto ideologico
di molti romanzi o disprezzare la forte componente erotica che entrò in alcuni romanzi (soprattutto quelli di De Villiers) a partire dagli anni Settanta-Ottanta. D’altra parte
il sesso è sempre stato una delle armi principali nel mondo
dei servizi segreti (ne ho parlato ampiamente nel mio libro di
non-fiction Le grandi spie:
basta pensare a Mata Hari, Marthe Richard, Christine Keeler...) quindi è inutile fingere che non esista. Tant'è che negli anni Sessanta le meravigliose copertine
dipinte de Carlo Jacono, per quanto assai poco esplicite, furono
oggetto di sequestro da parte di solerti pretori, che misero anche i sigilli allo studio dell'artista. Qualche anno dopo, vedendo censurata preventivamente in redazione una delle sue immagini più scottanti, Jacono nascose il corpo nudo di una ragazza dipingendovi sopra il vetro opaco di una
cabina-doccia e annotò a margine della tavola
l’invito, nel caso la correzione non fosse bastata, a chiamare un
esorcista.
I primissimi romanzi pubblicati furono tutti opera del
francese Jean Bruce, dalla fortunata serie OSS 117,
che in italiano diventava
misteriosamente OS 117:
forse, più che con l’OSS, il servizio segreto USA degli anni
Quaranta da cui proveniva il protagonista, si temeva un’associazione
di idee dei lettori italiani con le SS, che avevano lasciato una scia
di morti e un pessimo ricordo soltanto di quindici anni
prima. Il personaggio del principe pirata
Hubert Bonisseur de la Bath era nato nel 1949, opera dell’ex-agente
segreto antinazista Jean Brochet, che aveva adottato come nom de
plume il cognome di un collega
americano. Il suo personaggio precedeva di quattro anni
l’agente 007 James Bond di Ian Fleming e le storie cambiavano formula di volta in
volta: in prima persona, in terza, in prima persona alternata di vari
personaggi, più scherzose o più serie a seconda
dell’umore di Bruce. Il cinema cominciò ad appropriarsene
negli anni Cinquanta, ma fu soprattutto dopo il successo dei film di
007 che OSS117 ebbe spazio sul grande schermo. Di recente è
stato ripreso in chiave umoristica in due brillanti pellicole con
Jean Dujardin (e se ne aspetta da tempo una terza). Alla morte
prematura di Bruce la saga fu proseguita prima dalla moglie Josette e
poi dai figli.
Su
Segretissimo apparvero poi avventure spionistiche firmate da
alcuni degli autori più famosi de Il Giallo
Mondadori (James Hadley Chase,
Rex Stout, Ellery Queen, Brett Halliday, per dirne alcuni), ma la
parte del leone continuarono a farla le serie. Da quella di Francis
Coplan, agente FX18, di Paul Kenny (pseudonimo degli autori belgi Van
den Pahuyse & Libert), che iniziò nel 1953 ed ebbe alcune
versioni cinematografiche, a quella tuttora di enorme successo di Sua
Altezza Serenissima (SAS) Malko Linge di Gérard De Villiers,
inaugurata dopo la morte di Fleming nel 1964, perché il suo
editore francese non voleva restare a corto di bestseller
spionistici.
Oltre a quelle francofone, c’erano naturalmente le serie in
lingua inglese: dagli USA Nick Carter,
firmata da un pool di autori sotto lo pseudonimo collettivo di...
Nick Carter; Matt Helm di
Donald Hamilton, che ebbe versioni cinematografiche umoristiche con
Dean Martin e una serie in tv (ma nei panni di investigatore
privato), con Anthony Franciosa; Sam Durrell di
Edward S. Aarons; Phil Sherman di Don Smith; Domino
di John Tiger, ispirata alla memorabile serie tv Partita a
due; Gli
acquanauti di Ken Stanton, che
faceva concorrenza a Clive Cussler per le ambientazioni subacquee.
E
dalla Gran Bretagna Jonas Wilde,
l’eliminatore di Andrew York; poi Boysie Oakes, il
Liquidatore di John Gardner e il dottor Jason Love di
James Leasor, che ebbero entrambi divertenti trasposizioni sullo schermo. Il
capostipite James Bond – che secondo un testimone sarebbe stato
rifiutato intorno al 1960 dallo storico direttore de Il Giallo Mondadori,
Alberto Tedeschi, poi redarguito per il tragico errore dal signor
Mondadori stesso – approdò nella collana molto più
tardi, con i sequel scritti da John Gardner e dall’ottimo Raymond
Benson. Ma non mancavano numerosi romanzi singoli, tra
cui alcuni veri gioielli del sudafricano Desmond Bagley, e persino
spy-story di altre nazionalità. Infine, negli anni Ottanta,
arrivarono anche i primi autori italiani senza pseudonimo, Remo
Guerrini e Andrea Santini.
La fine della Guerra Fredda nel 1989 ha
fatto pensare ad alcuni che la testata fosse destinata
all’estinzione, come ormai avrebbe dovuto essere tutta la narrativa
di spionaggio. Ma il mercato e la Storia hanno smentito tutte le
previsioni in tal senso. Segretissimo si è trasformato
ed è rimasto per una ventina d’anni più un libro da
edicola che una rivista, pur riprendendo presto l’abitudine dei
contenuti speciali, in particolare il racconto in appendice.
Per qualche tempo è stato anche meno riconoscibile, senza la
sua grafica tradizionale. Ma poi il classico cerchio rosso ha ripreso a campeggiare in copertina e infine dalla primavera del 2012 la collana ha di nuovo cambiato formato, portandosi a una versione più
moderna e compatta di quello originario.
Così, nonostante tutti i
prodotti da edicola abbiano diminuito le vendite, la testata si è
rilanciata e oggi continua a vendere migliaia e migliaia di copie,
sia della collana mensile di inediti, sia degli speciali, sia della
collana mensile parallela che alterna riedizioni (a volte anche
ritradotte) della serie che per oltre mezzo secolo si è
dimostrata di maggiore successo, SAS di
Gérard De Villiers.
Oggi proprio gli italiani – alcuni
dei quali, me compreso, sono celati sotto pseudonimi stranieri, anche
se lo speciale Legion
del 2008 ne ha rivelati parecchi – sono tra le presenze più
importanti: la serie Il Professionista di
Stephen Gunn, pseudonimo ormai noto di Stefano Di Marino, è anzi quella di maggior successo dopo
SAS, tanto da
allietare i suoi seguaci anche con la collana di speciali Il
Professionista Story, contenente
due romanzi a numero, che propone non solo riedizioni ma anche
storie inedite che si inseriscono tra un’avventura e l’altra,
raccontando la saga in ordine cronologico. Ai sessant’anni di
Segretissimo corrispondono anche i venticinque anni de Il
Professionista, festeggiati con uno speciale giunto in edicola
proprio nell'ottobre 2020.
Un libro che resta in vendita un mese in
edicola (un paio di mesi gli speciali) e vende così tanto, per
il mercato italiano ha oggettivamente più successo della
maggior parte dei volumi pubblicati in libreria, la cui vita media
non è poi molto più lunga e la visibilità dura
ancora meno. Solo che è un successo non misurato dal mondo
editoriale e dalla critica. Bestseller non riconosciuti, di cui metodicamente non si parla. Per fortuna i lettori rimangono fedeli e
altri se ne aggiungono, grazie alle forme di comunicazione sorte in
questi anni: dal blog di Segretissimo
all’ingresso della collana nel mondo degli e-book.
Per quale motivo il successo di
Segretissimo perdura,
nonostante i suoi detrattori? Intanto, come ha insegnato la
severa lezione dell’11 settembre 2001, «lo spionaggio non è
morto, ha ancora molto da raccontare» (parole di John Le
Carré). E poi perché di fronte a una letteratura
thriller, gialla o noir da libreria spesso ripetitiva, Segretissimo
continua a proporre un genere che è invece in incessante
evoluzione e ha da tempo abbandonato i piacevoli ma datati cliché
di un tempo. Chi non legge questi libri può anche divertirsi a
bollarli come seriali e di nicchia (queste invece sono parole
dell’ufficio marketing di una casa editrice fallita poco dopo
averle pronunciate, segno che di editoria ne capivano, vero?) E la
critica può anche cercare di ignorare il fenomeno,
considerandoli libretti facili e di scarso valore... non certo opere
di veri autori noir. Giusto?
Sbagliato. Perché il
noir, per usare una parola oggi abusata, nasce dal giallo, che a sua
volta è letteratura di intreccio. Quindi deve avere sia
l’atmosfera, sia una trama solida e coerente che spinga il lettore
a vedere come va a finire (Dashiell Hammett insegna, si pensi a un
capolavoro di denuncia socio-politica come Piombo e sangue!)
Perché un romanzo che appartiene
di diritto a un genere popolare deve avere anche una forte componente
di intrattenimento, deve dare emozioni; e solo in questo modo, se
l’autore desidera anche trasmettere un messaggio o
semplicemente dipingere determinate situazioni internazionali, il
lettore è in grado di coglierle appieno. Stephen Gunn predisse
la svolta di al-Qaeda poi realizzatasi nel 2001 e François
Torrent (il mio alias) annunciò con oltre un anno d’anticipo
l’arrivo dell’ISIS. Dunque certi libri andrebbero letti con particolare attenzione.
Perché scrittori di questo
genere non ci si improvvisa: si può credere di poter scrivere
un giallo (per poi nobilitarlo con la parola noir) dopo aver
visto un paio di fiction tv, o un thriller dopo aver letto un paio di
storie di serial killer, anche se le differenze tra prodotti
originali e prodotti imitativi si vedono. Ma non basta aver visto un
paio di film di 007 per poter produrre una vera storia di
spionaggio.
Perché, infine, in Italia c’è
una tradizione epica cominciata da Emilio Salgari, il quale, romanzando vicende reali che andavano dalla Malesia al Sudan, di fatto era
l’autore di Segretissimo di
quegli anni; e non va dimenticato anche il nostro cinema di
genere, ora tanto amato da Tarantino e dai suoi colleghi. Una
tradizione di cui non si parla, per ignoranza e disattenzione, ma che
si è rivitalizzata proprio con gli autori italiani di
Segretissimo. E tutto questo, anche rispetto agli amati e
documentatissimi romanzi pulp-spionistici degli anni
Sessanta-Settanta, rappresenta un notevole passo avanti tanto per
Segretissimo quanto per tutta
la letteratura di genere.