mercoledì 7 novembre 2018
lunedì 29 ottobre 2018
Wine&Words con Cronaca Vera
Sabato 3 novembre 2018, dalle 18.30 al Momart (v. Trieste 14, Marina di Andora, Savona) Monsieur Le Pop presenta il primo appuntamento di Wine&Words: degustazione di vini e incontro con Giuseppe Biselli, direttore di Cronaca Vera, conduce Andrea Carlo Cappi Tutte le informazioni qui.
mercoledì 24 ottobre 2018
Tie-in: l'altra faccia della scrittura
Riflessioni
di Andrea Carlo Cappi
Fino a poco tempo fa, sapevo
dell'esistenza della International Association of Media Tie-in Writers
per aver letto che ne faceva parte Raymond Benson, scrittore del quale ho
tradotto diversi noir e buona parte della sua produzione su James
Bond 007. È stato lui a presentarmi all'associazione, di cui
sono entrato a far parte la scorsa estate, come – almeno credo –
primo autore in lingua italiana. E ho scoperto che ci sono autori che discutono di questioni che sinora avevo affrontato da solo.
La
IAMTW raccoglie scrittori che si dedicano (anche) a personaggi e
universi narrativi non creati da loro: dalle novelizations basate
su sceneggiature per cinema e tv, ai racconti e romanzi sequel di
saghe celebri (come, appunto, James Bond), alle storie inedite
costruite intorno a serie di film, telefilm, fumetti e videogiochi.
Nel mio caso si tratta di fumetti, avendo pubblicato romanzi con protagonisti Diabolik & Eva Kant, gli "eroi
neri" creati da Angela e Luciana Giussani, e su Martin Mystère,
il detective dell'impossibile di Alfredo Castelli.
Il tie-in trae
origine da due tipi diversi di narrativa. Una è quella
seriale, d'appendice o pulp, in cui poteva capitare che una saga
fosse scritta da autori diversi. Basta pensare a Nick
Carter, il celebre detective poi
ripreso in chiave umoristica a fumetti da Bonvi negli anni Settanta:
le sue avventure furono scritte tra il 1886 e gli anni Cinquanta da
un'infinità di autori che si firmavano tutti "Nicholas
Carter". L'usanza fu ripresa con la rinascita di Nick Carter
negli anni Sessanta in versione agente segreto: sotto lo stesso
pseudonimo si sono alternati numerosi scrittori, da Michael Avallone
a Martin Cruz Smith.
Le novelizations,
come ha sottolineato un recente articolo di Deborah Allison sui due
diversi adattamenti della sceneggiatura del film del 1978 Capricorn
One (uno per il mercato
americano, di Ron Goulart, e uno per il mercato britannico, di Ken
Follett sotto lo pseudonimo Bernard L. Ross), sono nate addirittura
negli anni Venti; dal momento che, molto prima della tv e dell'home
video, per rivivere l'emozione di un film era necessario trovare una
sala che lo proiettasse, l'editoria creò un'alternativa
efficace e accessibile: trasformare in libro un film che non fosse
tratto da un testo precedente. Il fenomeno oggi forse è meno
diffuso, ma nel frattempo scrivere un romanzo da una sceneggiatura è
divenuto un'arte a sé stante.
In
una scena di Manhattan,
Woody Allen deprecava la moda dei romanzi basati su sceneggiature di
film. In realtà, come in qualsiasi settore della narrativa, ci
sono solo libri belli e libri brutti. Le novelizations migliori
sono quelle che, partendo dalla trama e dai dialoghi scritti dagli
sceneggiatori, approfondiscono la psicologia dei personaggi,
sviluppano i retroscena, colmano a volte anche qualche lacuna della
storia, che può sfuggire sullo schermo ma non nella parola
scritta. Un bravo scrittore di tie-in può
anche produrre un romanzo di qualità superiore al film su cui
si basa. Mi è capitato di constatarlo proprio con Raymond
Benson, che oltre ad avventure originali di 007 adattò a
romanzo tre film dell'era di Pierce Brosnan: il risultato era
addirittura superiore all'originale.
Per darvi un'idea delle diverse esperienze di un autore di tie-in, Benson è un maestro degli ibridi tra vari media: ha collaborato sotto pseudonimo a romanzi del ciclo Splinter Cell di Tom Clancy, adattato come giochi per computer avventure di 007 e The Mist di Stephen King, scritto romanzi basati sull'universo dei videogiochi Metal Gear Solid, Hitman e, con John Milius, Homefront. Nel frattempo continua a firmare i suoi mystery.
Per darvi un'idea delle diverse esperienze di un autore di tie-in, Benson è un maestro degli ibridi tra vari media: ha collaborato sotto pseudonimo a romanzi del ciclo Splinter Cell di Tom Clancy, adattato come giochi per computer avventure di 007 e The Mist di Stephen King, scritto romanzi basati sull'universo dei videogiochi Metal Gear Solid, Hitman e, con John Milius, Homefront. Nel frattempo continua a firmare i suoi mystery.
Se
dubitate del fatto che da un film si possa trarre un buon romanzo,
pensate che non è un lavoro molto diverso da ricavare una
sceneggiatura da un libro: si tratta di passare da un medium a
un altro adattando la storia a un contesto diverso. Ma, se
ancora non siete convinti, pensate a tutte le volte che William
Shakespeare ha preso la trama di un racconto altrui e ne ha fatto un
capolavoro del teatro. Oppure a quale lavoro di riscrittura e
rielaborazione di storie e personaggi preesistenti abbiano fatto
tutti gli autori che si sono dedicati al "ciclo bretone",
ossia le storie della Tavola Rotonda, da Geoffrey di Monmouth a
Chretien de Troyes, da Thomas Malory a John Steinbeck, passando per
T. H. White, l'autore de La spada nella roccia.
Talvolta
i miei libri su Diabolik o Martin Mystère sono stati
definiti novelizations di fumetti*,
forse anche con una sfumatura di disprezzo. Non ci sarebbe niente di
male se lo fossero: molto prima che me ne occupassi io, entrambi i
personaggi erano stati protagonisti di interessanti romanzi basati su
sceneggiature di storie già pubblicate a fumetti. Ma in realtà
non si tratta di questo. I miei sono romanzi originali, quindi un
lavoro di tipo diverso: storie mie, che tuttavia hanno protagonisti
ideati da altri autori.
Non
va mai dimenticato che il pubblico si attende di trovare lo stesso
tipo di emozioni che conosce dalle storie a fumetti. E qui, da una
parte, ci si trova nella stessa posizione di uno sceneggiatore che
scrive un nuovo episodio di una serie a fumetti o televisiva o
cinematografica di cui non è il creatore: devi conoscere a
fondo i personaggi, per sapere cosa possano o non possano fare,
altrimenti il pubblico si accorgerà che i conti non tornano.
Dall'altra parte, occorre passare dal linguaggio visivo per cui i personaggi
sono nati in origine a quello assai diverso della narrativa: si fa a
meno delle immagini – anche se i lettori avranno bene in mente le
fattezze dei protagonisti – ma si guadagna in introspezione
psicologica.
Dal
momento che ho una produzione piuttosto vasta, posso dire che quando
scrivo un tie-in non
mi sento meno autore di quando lavoro a un romanzo
appartenente a una delle mie numerose serie. Anche perché in
entrambi i casi i miei riferimenti – la redazione di Diabolik e
il creatore di Martin Mystère coadiuvato
dagli esperti dell'Amys – non solo
collaborano attivamente con me, ma mi lasciano molta libertà
creativa, pur nel rispetto delle caratteristiche dei personaggi e
dell'universo in cui si muovono. Al tempo stesso, come lettore, so
che non mi piacerebbe leggere una storia in cui l'autore tradisse gli
uni e l'altro.
Per
questo è stato doppiamente gratificante vincere con il mio
romanzo originale con Martin Mystère uscito nel 2017, La Donna Leopardo, il Premio Italia
2018 per il miglior fantasy: come i lettori del fumetto hanno
ritrovato i loro personaggi rappresentati in modo fedele, così
la giuria dell'Italcon ha valutato il mio libro come un'opera
originale, indipendentemente dalla sua appartenenza a una serie non
creata da me. Naturalmente, se mi venisse chiesto di lavorare su
personaggi che non conosco altrettanto bene... dovrei mettermi a
studiare, fino a essere in grado di pensare
come loro.
Sono esistiti tie-in italiani? Certo. Per esempio, alla fine degli anni Sessanta, come accennavo, nacquero ben due serie di romanzi basati su sceneggiature per fumetti di Diabolik, una in Italia e una in Francia, sull'onda del lancio internazionale del film distribuito dalla Paramount Pictures, Danger: Diabolik di Mario Bava.
In tempi più recenti, Antonio Bellomi pubblicò novelizations di avventure storiche di Martin Mystère e in seguito fece comparire il detective dell'impossibile in team-up con suoi personaggi in alcuni racconti della sua serie sul Club Pi Greco. Ora, nella sua nuova versione alternativa, il giovane Martin è uno dei personaggi della Bonelli approdati in libreria, con un romanzo di Pierdomenico Baccalario. (Le mie storie, come quelle di Bellomi, si attengono invece alla continuity della serie storica).
Ma ci sono altri esempi illustri, come gli adattamenti delle sue sceneggiature di celebri serie tv di Biagio Proietti, da solo (Coralba, in ebook da Delos) o a quattro mani con Diana Crispo (Chiunque io sia, basato su La mia vita con Daniela, e il mitico Dov'è Anna?, nel quale i due sceneggiatori inserirono anche un episodio mai realizzato per la televisione, perché ritenuto troppo scabroso all'epoca.)
Da tutto questo si deduce però che non ci si possa improvvisare tie-in writer. Negli Stati Uniti si è creata una schiera di professionisti della narrativa che non esitano ad affrontare saghe amatissime come Star Trek o Star Wars, X-Files o Supernatural, eroi dei fumetti come Batman (ricordo che ne scrissero maestri quali Stuart M. Kaminsky o Joe R. Lansdale), oppure personaggi che hanno fatto la storia della narrativa d'avventure come Tarzan o Doc Savage, o ancora mostri sacri del giallo come Mike Hammer, il detective di Mickey Spillane riportato in vita da Max Allan Collins. Ma questo in fondo vale per tutta la narrativa di genere: occorre conoscerne a fondo le regole, se si vuole scrivere qualcosa che non sia solo un banale déjà vu.
In tempi più recenti, Antonio Bellomi pubblicò novelizations di avventure storiche di Martin Mystère e in seguito fece comparire il detective dell'impossibile in team-up con suoi personaggi in alcuni racconti della sua serie sul Club Pi Greco. Ora, nella sua nuova versione alternativa, il giovane Martin è uno dei personaggi della Bonelli approdati in libreria, con un romanzo di Pierdomenico Baccalario. (Le mie storie, come quelle di Bellomi, si attengono invece alla continuity della serie storica).
Ma ci sono altri esempi illustri, come gli adattamenti delle sue sceneggiature di celebri serie tv di Biagio Proietti, da solo (Coralba, in ebook da Delos) o a quattro mani con Diana Crispo (Chiunque io sia, basato su La mia vita con Daniela, e il mitico Dov'è Anna?, nel quale i due sceneggiatori inserirono anche un episodio mai realizzato per la televisione, perché ritenuto troppo scabroso all'epoca.)
Da tutto questo si deduce però che non ci si possa improvvisare tie-in writer. Negli Stati Uniti si è creata una schiera di professionisti della narrativa che non esitano ad affrontare saghe amatissime come Star Trek o Star Wars, X-Files o Supernatural, eroi dei fumetti come Batman (ricordo che ne scrissero maestri quali Stuart M. Kaminsky o Joe R. Lansdale), oppure personaggi che hanno fatto la storia della narrativa d'avventure come Tarzan o Doc Savage, o ancora mostri sacri del giallo come Mike Hammer, il detective di Mickey Spillane riportato in vita da Max Allan Collins. Ma questo in fondo vale per tutta la narrativa di genere: occorre conoscerne a fondo le regole, se si vuole scrivere qualcosa che non sia solo un banale déjà vu.
*Nota posteriore: questo articolo fu scritto molto prima che scrivessi novelizations non dei fumetti ma dei film di Diabolik.
sabato 20 ottobre 2018
Stefano Di Marino: avventure nell'ignoto
Recensione di Andrea Carlo Cappi
Da
oltre vent'anni i lettori della storica collana Segretissimo di Mondadori seguono con entusiasmo le avventure de Il
Professionista, firmate da
Stefano Di Marino con lo pseudonimo ormai da tempo svelato di
“Stephen Gunn”. Un successo ineguagliato, di cui i media si guardano bene dal parlare. Eppure, se esistessero classifiche dei bestseller per i
libri venduti in edicola, ogni titolo della serie sarebbe in testa per
settimane, proprio come risulta esserlo in versione ebook nella categoria “guerra
e spionaggio” di Amazon.
Nondimeno Di Marino, oltre a essere lo
scrittore di genere più attivo e più venduto in Italia,
è anche uno dei pochi in grado di affrontare con noncuranza e
talento qualsiasi filone, dall'avventura al western, dal giallo al
fantastico. Almeno una volta all'anno Dbooks.it, attento editore
indipendente, pubblica un suo corposo romanzo che esce dagli schemi
abituali. Quest'anno a Strani Mondi, l'appuntamento
milanese d'autunno con la letteratura fantastica, è stato
presentato in anteprima Kalimantan – Il fiume dei diamanti, in cui l'autore ha
riunito con abile contaminazione molte sue passioni nel campo della narrativa
popolare.
La
vicenda si apre ai giorni nostri in chiave noir, con la spettacolare
evasione di Dino Rital – ovvero, in gergo marsigliese, “Dino
l'Italiano” – arrestato a Copenhagen per un clamoroso furto
d'arte. A liberarlo è Margot van Horn, giovane donna d'affari (sporchi), interessata a scoprire dove il ladro abbia nascosto il
suo bottino, una reliquia indonesiana che, sostiene lei, sarebbe di
proprietà della sua famiglia.
Dopo questo prologo, la storia
si dipana su due piani temporali. Parte della vicenda si svolge nel
1857, quando l'avventuriero olandese Thomas van Horn, giocando tra
diplomazia e pirateria, con l'aiuto dell'amante e complice Purina, si
impadronisce del tesoro del sultano di Tarakan, nel Kalimantan
occidentale. Tra una
battaglia navale e una tempesta, la loro nave finisce alla foce di un
fiume in cui la corrente sembra procedere a rovescio, trascinandola
in secca nei pressi di un luogo singolare nella giungla inesplorata.
È qui che, all'ombra di un antichissimo tempio appartenuto a
una civiltà scomparsa, si trova il villaggio governato dal
misterioso professor Wells e custodito da una legione di tagliatori
di teste. Potrebbe essere un rifugio sicuro per van Horn e il suo
equipaggio, ma ben presto vengono alla luce segreti inconfessabili e
orrori indicibili.
L'altra
parte della vicenda si svolge al giorno d'oggi. Margot van Horn,
discendente di Thomas, è intenzionata a trovare quel luogo
misterioso e appropriarsi delle ricchezze che nasconde. Rital
potrebbe essere l'alleato ideale nell'impresa. Così,
trascinato in un labirinto di ambigue alleanze e costretto a scontri
violenti tra fazioni rivali, l'italiano si lascia coinvolgere
nell'avventura che li porterà sulle tracce del pirata.
Il lettore non può fare a meno di notare gli
intenzionali parallelismi tra personaggi e situazioni delle varie
epoche, a testimonianza che i tempi cambiano, ma la natura umana
rimane sempre la stessa. Tuttavia, se si pensa di sapere già tutto
ciò che aspetta i protagonisti, si resterà sorpresi: in
agguato ci sono orrori ancora più indicibili di quelli con cui
fece i conti l'antenato di Margot.
Di Marino e Cappi al Ribs and Beer, Milano, 18 ottobre 2018 (foto Dbooks.it) |
Ne
abbiamo parlato alla successiva presentazione del romanzo, nel corso
del primo aperitivo letterario del ciclo Ribs & Books
presso il ristorante-pub Ribs and Beer a Milano Lambrate, in gemellaggio con il mio Martin Mystère - Le guerre nel buio. Sono emersi i
nomi di Emilio Salgari, H. G. Wells e di Edgar Rice Burroughs, ma
anche di Joseph Conrad e Richard Connell (l'autore de La
pericolosa partita), e potremmo
includere nel gruppo anche Jules Verne. Tra i numerosi riferimenti
letterari, spicca il nome di Alfredo Castelli, i cui fumetti
anticiparono clamorosamente fin dal 1975 – con Allan
Quatermain, ispirato all'omonimo
personaggio di H. Rider Haggard, cui fece seguito Martin
Mystère nel 1982 –
molta della fiction degli anni a venire, da Indiana Jones
alla Lega dei Gentiluomini Straordinari,
da X-Files a Men
in Black. Non a caso, entrambi i
romanzi – Kalimantan
e Le guerre nel buio –
contengono riferimenti al mitico conflitto tra le civiltà
ancestrali e altamente tecnologiche di Atlantide e Mu, che avrebbe
portato alla reciproca distruzione e a un cataclisma di proporzioni
planetarie, antefatto di molti episodi della saga di Martin Mystère.
Ciò
che rende unico Di Marino è la naturalezza
con cui riesce a descrivere duelli, arrembaggi, orrori e sentimenti, passioni e ossessioni... tutto con la giusta misura. Smentendo i pregiudizi su questo tipo di
narrativa, i suoi personaggi, donne e uomini che siano, non sono figure
anonime: gli basta una frase o una battuta di dialogo per farci
comprendere cosa provino, persino dubbi e incertezze dietro una facciata fintamente imperturbabile. Show, don't tell,
come si suol dire.
Il risultato è un romanzo incalzante di 435
pagine, che un editore più blasonato avrebbe riempito di spazi
bianchi fino ad arrivare a 600 pagine e a un prezzo ben superiore ai
17,50€. Ma un editore più blasonato non si avventurerebbe a pubblicare un
libro del genere, perché – per nostra fortuna – non
assomiglia a nessun bestseller presente sul mercato.
Aperitivo "Ribs&Books", 18 ottobre 2018 (foto: Marco Donna) |
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