venerdì 26 agosto 2022

Iperwriters - Pensiero orizzontale

Photo: Thais Morais on Unsplash

Iperwriters, editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 4 - Pensiero orizzontale

Venerdì, ore 13.
Mi sto avvicinando agli esami di maturità, e da un anno a scuola non lavoro più. Mi devono perfino prestare i libri in classe. Colpa del mio carattere troppo diritto e intransigente: se lo studio non serve a ottenere l'amore dei coevi, perché affaticarsi?
Mantengo comunque la mia fama di secchiona. Vedo persone che disprezzano i secchioni alzarsi alle sei del mattino per ripassare, ma la secchiona sono sempre io: la secchioneria è naturale, non acquisita.
Con gli insegnanti spendo un credito di stima pregressa. Credo che alcuni di loro mi vogliano bene, perché ho amato (e amo ancora) quello che insegnano. Forse sono la fune a cui aggrapparsi per non sprofondare, l'antidepressivo per non piombare nella derealizzazione totale. Almeno con me hanno la sensazione di stare insegnando.
Sono accusati di non saper rendere la materia stimolante.
Ora, alcune opere della Letteratura Italiana sono stimolanti, trip allucinatori fra i più potenti al mondo. Immaginate di essere dei pusher e di dover vendere della roba che fa viaggiare fra le galassie, e la vostra utenza vi dice: "Non la rendi stimolante, dacci prima una tazza di caffè".
Il nuovo insegnante di filosofia tiene lezioni che mi drogano e mi lasciano incantata per ore. Fa questo effetto soltanto a me; per gli altri non è stimolante.
Gli faccio leggere qualcosa di mio, una piccola satira della classe in forma di commedia.
Mi prende da parte dopo la lezione e fa un disegno alla lavagna. Un angolo retto. Sulla linea verticale diverse brevi stanghette la intersecano, equidistanti. Altrettante sulla linea orizzontale.
“Le società antiche erano verticali” dice. “Le persone stavano le une sopra le altre. Le società moderne sono orizzontali. Le persone stanno le une accanto alle altre. Tutte uguali. Tutte alla stezza altezza”.
Guardo quelle linee uguali nella forma, quelle che salgono e quelle che (mi sembra) restano ferme e stagnanti, tutte ridotte alla stessa altezza dall'orizzontalità.
Solo ora comprendo il significato di questa dimostrazione: allora non potevo: volevo salire, anzi volare.
Quello che tuttora non so è l'intenzione del mio professore. Voleva ammaestrarmi e correggermi o avvertirmi e prepararmi?

giovedì 4 agosto 2022

Iperwriters - Pensiero gioioso

Photo: Maksym Kaharlytsky on Unsplash


Iperwriters, editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 3 - Pensierio gioioso

Venerdì, ore 13.
Ho sedici anni, e sto navigando alle medie superiori. Pessima navigazione: passare dalla periferiaccia al semicentro non è stato un guadagno. Niente più Rossana, e nessun ascensore sociale. Per temperamento, o forse per aver ereditato i geni recessivi dei miei avi possidenti terrieri, mi sono sempre trovata meglio con quelli nati nelle capanne degli schiavi che con quelli della classe media. Sono un'aristocratica.
Comunque, la mia scuola era una criptomonarchia retta da due contestatori sessantottini e da Gioia. Gioia non è una persona con una identità anagrafica (anche il nome è inventato), ma una creazione letteraria composta da più entità e da più incontri: non per questo meno reale.
Gioia è una ripetente alta, furba e belloccia. Sta con un tipo che tenta di fare il cantautore (ha scritto una canzone per lei) e ha già fatto sesso (con l'attuale fidanzato e con un ex), cosa che le conferisce un prestigio immenso. Ha lunghi capelli neri ma a volte una parrucca bionda, e porta una giacca di renna con frange, il massimo del trendy, allora.
Non si comprende (e neppure lei comprende) perché abbia continuato dopo la scuola dell'obbligo. Non fa assolutamente nulla, neppure ginnastica. Per lei Dante era una femminuccia svenevole che avrebbe dovuto scoparsi Beatrice, altro che angelicarla. Socrate e Platone sono due palline che fa rimbalzare nel divertimento generale. Op, Socrate. Op, Platone.
Gioia spesso mi bullizza, per esempio fingendo di accarezzarmi i capelli dopo aver ben unto le mani con la focaccia alla cipolla. Oppure mi provoca: “Chi credi di essere? Ti senti superiore a tutte noi.”
Superiore? Con i primi soldi mi sarei comprata una giacca di renna come la sua (senza frange però).
La studio senza sosta per carpire i segreti della sua popolarità. Riesco a ottenere soltanto la sua pietà. Quando passo un momento nero cerca di consolarmi: “Non dire che non hai nessun avvenire. Intanto, sai scrivere molto bene”.
“E a che mi servirà...?”
Non so dire altro in quel momento, ma oggi aggiungerei:
“... se il mondo sarà governato da persone come te?”

domenica 31 luglio 2022

Marilyn e Diana: due morti "accidentali"

Marilyn e i Kennedy, dipinto di Carlo Jacono (1998)


Ultimo appuntamento della stagione e doppio mistero, sul filo di due anniversari che ricorrono nelle prossime settimane. Il primo è quello della scomparsa di un mito di Hollywood: la trentaseienne Marilyn Monroe il 5 agosto 1962. Sessant'anni fa l'attrice fu trovata morta nella sua casa di Brentwood, Los Angeles, uccisa da un'overdose di sonnifero.
L'autopsia decretò un "probabile suicidio", anche se un'inchiesta successiva ammise una possibile overdose accidentale. Si sa che Marilyn - vittima di gravi traumi nell'infanzia - era in cura presso uno psichiatra, il dottor Ralph Greenson, che le prescriveva farmaci in quantità industriale. Aveva persino una domestica-infermiera, la signora Eunice Murray, che aveva il compito di somministrarle i medicinali, ma a volte Marilyn li prendeva anche per suo conto. Non è da escludere che si sia trattato di un tragico errore.
Senonché Marilyn era suo malgrado al centro di diversi intrighi, che hanno dato origine a mille ipotesi di complotto. Si sa che era sotto la sorveglianza dell'FBI, perché frequentava vari intellettuali (incluso il drammaturgo Arthur Miller, suo ex-marito), fra cui si sospettava ci fossero spie sovietiche. Era stata amante del presidente John Kennedy, che in quel momento era in pessimi rapporti con la CIA. Poi era stata amante del fratello Robert Kennedy, ministro della Giustizia, impegnato nella lotta al crimine organizzato. Però era stata anche amante di Frank Sinatra, di cui sono note le amicizie mafiose. Marilyn potrebbe essere stata vittima di una vendetta trasversale nei confronti dei Kennedy, che sarebbero stati entrambi assassinati negli anni successivi.
Ma anche a non voler essere complottisti, c'è una coincidenza sospetta: l'ultimo fidanzato di Marilyn, il regista messicano José Bolaños, era amico di Howard Hunt, l'agente della CIA di cui abbiamo parlato a proposito del caso Watergate; Hunt è sospettato anche di essere coinvolto nella morte del presidente Kennedy. A questo punto c'è da chiedersi se la morte di Marilyn Monroe sia stata davvero un suicidio o un'overdose accidentale.


Il secondo anniversario di cui parliamo oggi è tra un mese: venticinque anni dalla morte di Lady Diana Spencer, del suo fidanzato e del loro autista, il 31 agosto 1997 in un incidente a Parigi. Anche lei è scomparsa a soli trentasei anni, anche lei è al centro di ipotesi di complotto.
Dopo il divorzio dal principe Carlo era diventata un'importante figura mediatica, superando in popolarità la famiglia reale britannica. Aveva dato inizio a una campagna internazionale contro le mine antiuomo e sostenuto il Partito Laburista, che doveva in parte a lei la vittoria alle elezioni. Si era fidanzata con il produttore cinematografico Dodi al Fayed, figlio dell'egiziano Mohammed al Fayed - proprietario dei grandi magazzini Harrods a Londra dell'Hotel Ritz a Parigi - e nipote del celebre finanziere saudita Adnan Kashoggi. E oltretutto l'ex-marito, allora come oggi erede al trono d'Inghilterra, non poteva risposarsi con la fidanzata Camilla finché Lady Diana era viva. Sotto molti aspetti era una donna scomoda e in certi ambienti già a metà agosto correva la voce che sarebbe successo qualcosa entro la fine dell'estate.
E infatti "qualcosa" è successo il 31 agosto, anche se all'epoca non si poteva parlare di "complotto". I media accusavano prima i paparazzi che correvano dietro a Lady Diana - ma che lei aveva imparato a gestire benissimo - e poi l'autista Henri Paul che non era affatto ubriaco come si sosteneva all'epoca, come avrebbero dimostrato le riprese dalle videocamere di sicurezza del Ritz di Parigi. Io invece scoprii uno dei possibili metodi per sabotare l'automobile e causare l'incidente, e ci si scrissi sopra un romanzo intitolato "Ladykill-Alla ricerca della verità sulla morte di Lady D", che si trova su Amazon nella nuova edizione di Oakmond Publishing dello scorso anno. Dopo venticinque anni è ancora considerato la ricostruzione più plausibile di un ipotetico complotto e punta il dito su un gruppo clandestino legato ai servizi segreti di Londra, all'epoca già sospettato di vari omicidi. Posso dire che all'epoca è stato molto apprezzato da Corrado Augias e ha ancora oggi lettrici e lettori.
D'altra parte, come dice lo studioso del complottismo Bob Brotherton, autore del saggio "Suspicious Minds", è sbagliato credere ciecamente a qualsiasi complotto, ma è altrettanto sbagliato escluderli a priori, perché talvolta c'è davvero qualcuno che insabbia o disinforma.





domenica 24 luglio 2022

I delitti di rue Lasueur



Ottant'anni fa, nella Parigi occupata dai nazisti, comincia la propria attività criminale un personaggio sconcertante che nell'immediato dopoguerra la stampa francese soprannominerà "dottor Satana". Ma nel 1942 il dottor Marcel Petiot, sposato e con un figlio, gode di grande stima per la sua attività di volontariato: viene considerato il "medico dei poveri". In realtà vive una doppia vita, se non tripla, che si riflette nelle numerose false identità che adotta in quel periodo, diventando di volta in volta un presunto eroe della Resistenza e uno spietato serial killer a scopo di lucro, che agisce mimetizzato dietro le grandi tragedie di quel periodo: la guerra e i campi di sterminio nazisti.
Che nel dottor Petiot ci sia qualcosa che non torna, in realtà è emerso in tempi non sospetti: nel 1936 fu sorpreso a rubare in una libreria e confessò di essere cleptomane. Dopo sei mesi in una casa di cura gli venne diagnosticato un trauma psichico riportato quando era rimasto ferito durante la Prima guerra mondiale. Dopodiché Petiot è tornato a fare il dottore, comprando una casa in rue Lasueur 21 che doveva servirgli come secondo studio medico, ma verrà usata per tutt'altro.
Nel 1942 si procura un paio di complici ignari, presentandosi con il nome di battaglia di "dottor Eugène", leader di un inesistente gruppo di partigiani chiamato Fly-Tox (una marca di insetticida). Poiché molti ebrei cercano di lasciare Parigi per sfuggire alle deportazioni, Petiot decide di sfruttare l'orrida situazione e promette dietro lauto compenso di farli fuggire all'estero con i loro averi, dando loro appuntamento in rue Lasueur 21. In realtà i fuggiaschi entrano nella casa e spariscono per sempre, lasciando dietro di loro denaro, gioielli e qualsiasi altra cosa possano trasportare.


Nel 1943 tuttavia la Gestapo si convince che un gruppo della Resistenza stia davvero portando in salvo le vittime della persecuzione nazista, perciò costringe un commerciante ebreo a fare da esca e da spia, mandandolo lungo il supposto canale di fuga. Ma anche lui sparisce nel nulla. Intanto però la Gestapo identifica Petiot, lo arresta e lo tortura perché faccia i nomi dei membri del gruppo Fly-Tox, che in verità non è mai esistito. Lui non parla e alla fine viene rilasciato. I suoi compagni di prigonia lo considerano un eroe, perché non ha tradito nessuno. Ma solo perché non c'era nessuno da tradire, in un'orrida truffa che si concludeva con la morte delle vittime.
Nessuno finora ha scoperto il segreto della casa degli orrori e Petiot se la caverebbe, se l'11 marzo 1944, nel tentativo di liberarsi dei cadaveri accumulati, non ingolfasse la caldaia. Dal camino esce fumo nero e maleodorante. I vicini chiamano pompieri e polizia, che trovano i resti smembrati di una decina tra uomini e donne, e una montagna di borse e valigie dei fuggiaschi uccisi nella casa (v. foto sotto). Petiot riesce a far pedere le proprie tracce e assume le mentite spoglie di un partigiano, il "capitano Valery". La farebbe di nuovo franca, se non fosse riconosciuto e arrestato dopo la liberazione di Parigi da parte degli Alleati.
Al clamoroso processo, nel 1946, Petiot dichiara di avere ucciso sessantatré persone, ma tutti nemici o traditori della Francia, e sempre combattendo al servizio della Resistenza, anche se non ci sono prove che ne abbia fatto parte all'epoca dei delitti.


Rimangono senza spiegazione a cosa servisse nella casa di rue Lasueur una stanza triangolare con uno spioncino in una parete e come le vittime fossero assassinate. Al processo c'è persino un momento di pura fantascienza, quando uno dei suoi ignari complici, ancora convinto che Petiot fosse un partigiano, testimonia di averlo visto uccidere un soldato tedesco servendosi di una pistola a raggi!
Ma alla fine il "dottor Satana" viene riconosciuto colpevole di ventisette omicidi, condannato a morte e ghigliottinato il 25 maggio 1946.
Quanto ai misteri irrisolti del caso, si può solo fare appello alla fantasia, cosa che ho fatto io nel mio nuovo romanzo della serie "Martin Mystère" appena uscito in edicola da Sergio Bonelli Editore, "La farfalla dalle ali di ossidiana", in cui il detective dell'impossibile segue la pista dell'arma a raggi attribuita al dottor Petiot.



Il prossimo appuntamento con "La Boutique del Mistero" - ultimo della stagione - è domenica 31 luglio, all'interno del programma di Lukino su Radio Number One, in due parti alle 15.15 e alle 16.15.

giovedì 21 luglio 2022

Iperwriters - Rossana

Photo: Bernd Dittrich on Unsplash

Iperwriters, editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 2 - Rossana

Venerdì, ore 13. La nave Iperwriters porta (me ne rendo conto scrivendo) la storia dei miei rapporti con le Belle Lettere o, come dite oggi, l'abbozzo di un romanzo di formazione. Avevo tredici anni quando la mia insegnante (volontaria) di scrittura creativa mi ha mostrato la via di fuga dalla vita che altri avevano creato per me.
Eravamo in due a scrivere bene in italiano. L'altra era la mia compagna di banco e grande amica Rossana. Il suo nome era Rosanna, in realtà. Molto più etnico e molto meno prezioso: e lei ne soffriva. Si faceva chiamare Rossana per la protagonista femminile di Cyrano.
Non so come e dove avesse potuto avvicinare Rostand. Forse un libro del padre, o del nonno. Ma che una ragazzina fiutasse e si immergesse in quel mondo era un fenomeno raro, quasi un miracolo nella nostra periferiaccia. Una prova inconfutabile di Letteratitudine (prendo a prestito il titolo di un noto blog), ovvero di attitudine alla Letteratura.
Un'altra, o un altro, non avrebbe prestato la minima attenzione a Cyrano (un'opera straniera, neppure roba di scuola) per dedicarsi a cose più importanti, per esempio bullizzare i bambini più piccoli.
Ricordo il severo sarcasmo della nostra insegnante nei suoi confronti: “Non scrivere che le cime degli alberi sono svettanti, solo perché abbiamo appena letto Manzoni. Cosa credevi di fare? Usa parole tue”. La prof non risparmiava neppure me, che scrivevo colossi con due elle (unico errore con cui ero uscita dalle elementari).
A Rossana e a me la prof pareva ingiusta: gli altri potevano scrivere tutto l'italiacano che volevano, e lei se ne fregava. Ma capivamo anche che in classe lavorava soltanto per noi, e non era una sensazione sgradevole. Per nulla.
Comunque, con Rossana avevamo stabilito che da grandi avremmo fatto la scrittrice o l'archeologa. Ci parevano i soli mestieri degni di essere presi in seria considerazione. Gli altri, quelli che ci proponevano nelle capanne degli schiavi in cui eravamo nate e cresciute, erano improponibili.
Ho ancora una poesia di Rossana, dedicata a me, scritta per parafrasare A Silvia di Leopardi: "Claudia, rimembri ancor quel tempo..."
Che tu sia benedetta, Rossana, dovunque ti trovi adesso.

domenica 17 luglio 2022

La Pietra del Destino



Dopo avere parlato dei Beatles, restiamo sui miti britannici, con una storia vera ma incredibile che comincia tre millenni fa: tutti i sovrani d'Inghilterra, da sette secoli a questa parte, sono incoronati sopra un oggetto mitico che, secondo un'antica leggenda, sarebbe stato portato sulla Terra dagli dei: la Pietra del Destino, comunemente nota come Stone of Scone.
La storia comincia un migliaio di anni prima di Cristo, quando le popolazioni gaeliche d'Irlanda adorano i Tuatha De Danaan, divinità che si sono presentate all'umanità con quattro doni: il Calderone di Dagda, che moltiplica il cibo; la Lancia di Lug, che non manca mai il bersaglio; la Spada di Nuada, che rende invincibile chi la porta in battaglia: e la Pietra di Fal, ovvero la Pietra del Destino, che lancia un grido di gioia quando chi è destinato a diventare Re d'Irlanda vi appoggia sopra un piede.
Anche se da qualche millennio nessuno sente più gridare alcuna pietra, nelle Isole Britanniche rimane fino a oggi la tradizione che un sovrano sia incoronato in presenza di una roccia sacra, identificata come la Pietra del Destino. Tant'è che nel 1950 qualcuno ha persino cercato di rubarla.



In epoca cristiana, i monaci amanuensi trascrivono i miti dei Tuatha De Danaan, ma non potendo definirli "dei" li descrivono di fatto come supereroi ante litteram. Molti elementi di queste storie finiranno poi rimescolati nelle vicende di Re Artù: dei quattro doni degli dei, il Calderone magico diventa il Santo Graal, la Lancia di Lug diviene la Lancia di Longino, e la spada di Nuada diventa Excalibur, infisse in una Pietra del Destino: solo chi estrae la spada dalla roccia in cui è conficcata è il vero re di Bretagna.
Alcuni studiosi identificano la Pietra del Destino con la Pietra dell’Incoronazione di Tara (foto sopra), un monolito nella Contea di Meath, in Irlanda. Secondo altri invece, nel VI secolo dopo Cristo la Pietra sarebbe stata trasportata in Scozia, per essere usata nelle cerimonie di incoronazione dei sovrani scozzesi presso l’abbazia di Scone, da cui il nome di Stone of Scone (sotto: la copia della Pietra ora nell'abbazia).
Nel 1296 re Edoardo I d’Inghilterra conquista la Scozia e, per affermare il suo dominio su tutta la Gran Bretagna, si appropria della Pietra di Scone e se la porta a Londra, nell’abbazia di Westminster, facendola installare all’interno del Trono su cui vengono incoronati sovrani e sovrane del Regno Unito (v. immagine di apertuta).


La Pietra rimane a Westminster fino alla mattina di Natale del 1950, quando un gruppo di giovani nazionalisti scozzesi la ruba per riportarla in Scozia. Solo che non è molto maneggevole: durante la fuga cade e si rompe. Viene aggiustata a Glasgow dal fabbricante di lapidi Bertie Gray, il quale riunisce i frammenti con una barra d’ottone contenente un rotolo di carta: cosa vi sia scritto è un segreto che l’uomo si porterà nella tomba nel 1975.
A qualche mese dal furto, dietro segnalazione anonima, la polizia ritrova la Pietra tra i ruderi dell’abbazia di Arbroath, avvolta nella bandiera scozzese con la croce di Sant'Andrea. I responsabili del furto sono identificati ma non condannati, per evitare complicazioni politiche, e la reliquia torna a Westminster, all’interno del Trono, dove si trova il 2 giugno 1953, quando dopo il primo anno di regno, viene incoronata Elisabetta II. Il 30 novembre 1996, giorno di Sant'Andrea, la regina la riporta in Scozia, nel castello di Edimburgo*.
Ma c'è chi dice che la Pietra usata per la cerimonia a Londra sia un falso fabbricato ad arte da Bertie Gray e quella vera sia ancora nascosta in Scozia, in attesa dell'indipendenza e di un nuovo re...

*Nota posteriore: in occasione dell'incoronazione di re Carlo III - settant'anni dopo la madre Elisabetta II - il 6 maggio 2023, la Stone of Scone è stata riportata temporaneamente a Londra, ma solo per la durata della cerimonia.

(Questa puntata de La Boutique del Mistero è andata in onda domenica 17 luglio 2022 su Radio Number One).


lunedì 11 luglio 2022

Beatles: lo strano caso di Paul McCartney


La Boutique del Mistero, di Andrea Carlo Cappi

Una settimana fa parlavamo di scandali a proposito del cinquantennale del caso Watergate e ho accennato allo scandalo Partygate del primo ministro britannico Boris Johnson, che proprio giovedì per questa ragione ha dato le dimissioni. Per fortuna la Gran Bretagna ha creato anche miti duraturi tra cui quello dei Beatles, che sta per compiere sessant'anni e che viene celebrato da un romanzo presentato a Milano venerdì scorso.
Il 4 settembre '62 i Beatles - cioè Paul McCartney, John Lennon, George Harrison e il batterista Ringo Starr che si è appena unito alla band - entrano per la prima volta in sala di registrazione agli Abbey Road Studios di Londra e il 5 ottobre lanciano il loro primo 45 giri, "Love Me Do", dando inizio al fenomeno che un paio di anni dopo diventa la Beatlesmania e che segna tutti gli anni Sessanta: il periodo della British Invasion, in cui musica e spettacolo dalla Gran Bretagna dilagano in tutto il mondo e la Swingin' London diventa un punto di riferimento culturale per musica, cinema e televisione.
Il più prolifico e attivo dei Beatles è senz'altro Paul McCartney, che lo scorso 18 giugno ha compiuto ottant'anni. Ma Sir Paul è anche il protagonista suo malgrado di fake news nate cinquantacinque anni fa, che sono l'esatto contrario di quelle che riguardano Elvis Presley. Mentre di Elvis, morto nel 1977, si dice che in realtà sia ancora vivo, a proposito di McCartney a partire dal 1967 si racconta che in realtà sia morto e che gli altri Beatles lo abbiano sostituito con un sosia: è la leggenda chiamata "Paul is dead", ovvero "Paul è morto".

La foto di copertina di "Abbey Road"

Secondo la leggenda, il 9 novembre 1966, quando i Beatles sono all'apice del successo mondiale, il ventiquattrenne Paul McCartney ha una discussione con gli altri membri della band negli Abbey Road Studios. Esce di pessimo umore, parte a tutta velocità sulla sua Aston Martin e muore decapitato in un drammatico incidente d'auto.
La morte di Paul sarebbe un trauma insanabile per il pubblico britannico e per l'immagine del Regno Unito a livello globale, quindi il servizio segreto di Sua Maestà, l'MI5, decide di nascondere la notizia. A questo scopo, secondo la leggenda, si allestisce una clamorosa messinscena: viene reclutato un giovanotto di nome William Shears Campbell, vincitore di un concorso per il miglior sosia di Paul McCartney. I Beatles superstiti lo addestrano a imitare il vero Paul e lo usano come controfigura. Perché l'inganno regga, sospendono le esibizioni dal vivo, altrimenti il pubblico si accorgerebbe della differenza.
Ma i Beatles vogliono far sapere come siano andate realmente le cose e cominciano a disseminare indizi sulle copertine degli album, nei loro brani musicali e, addirittura, in messaggi cifrati che si possono ascoltare solo suonando i dischi al contrario. Quindi solo i fan più attenti possono scoprire l'orribile verità.

La foto di copertina di "Paul is Live"

Qualcosa trapela già nei primi mesi del 1967, quando a Londra comincia a circolare la voce che Paul McCartney sia morto in un incidente d'auto. Le fake news varcano l'oceano e si diffondono in America nel 1969. A questo punto i fan di tutto il mondo cominciano ad andare a caccia di indizi nei dischi dei Beatles (per esempio sulla copertina dell'album "Abbey Road", in cui McCartney è l'unico a piedi scalzi), convincendosi che Paul sia morto e al suo posto ci sia un sosia.
McCartney è costretto e rilasciare interviste e farsi fotografare, per dimostrare al mondo che le voci sono false. Nel frattempo i Beatles si sciolgono nel 1970 e Paul comincia la sua carriera in proprio, tenendo concerti con la moglie Linda e con il gruppo The Wings, prova definitiva che è vivo ed è proprio lui, come attesterà la copertina dell'album "Paul is Live", parodia di quella di "Abbey Road".
Lo scorso 18 giugno, il giorno del suo ottantesimo compleanno, è uscito dall'editore Excalibur un brillante romanzo di Francesco G. Lugli e Ferruccio Gattuso, "Codice Beatles", che rielabora la leggenda in modo originale: è un thriller in cui un giornalista italiano scopre la verità sulla presunta morte di Paul McCartney e si trova coinvolto in un intrigo internazionale con le atmosfere surreali dei film e delle canzoni dei Beatles. Una storia piena di ironia e di mistero ma anche di tanta passione per la band di Liverpool. Io vi aspetto con la rubrica "La Boutique del Mistero" domenica 17 luglio alle 16.20 su Radio Number One, nel programma pomeridiano di Luca "Lukino" Galiati.




Iperwriters - Tiro al piccione su Superman

Photo: Johan Taljaard on Unsplash I perwriters - Editoriale di Claudia  Salvatori Letteratura italiacana - 59 - Tiro al piccione su Superman...