venerdì 18 ottobre 2024

Iperwriters - Superman è morto

Photo: Eddie Zhang on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 57 - Superman è morto

Venerdì, ore 13. Chiusa la digressione sulle cartolibrerie, la nave Iperwriters riprende la sua traversata.
Volevano far morire Superman, o fingevano di volerlo morto. Non ricordo. Al principio avevo infatti intenzione di intitolare il mio romanzo Superman è morto. Ma gli eroi ascesi al Cielo del mito raggiungono l'eternità, e così i supereroi dei fumetti. Infatti, Superman non sarebbe mai morto nella fiction e il romanzo è stato Superman non muore mai.
Un punto di svolta nel mio percorso professionale. Alle soglie dei quarant'anni non avevo ancora combinato quasi nulla. A quarant'anni oggi si è ancora ragazzi, ma per noi nati negli anni '50 significava sentirsi fuori dai giochi. Non ero la scrittrice che avrei voluto essere. Stavo per abbandonare l'ambizione nutrita da sempre di far parte un giorno della maledetta letteratura italiacana.
Con Superman non muore mai è accaduto qualcosa, una specie di incantesimo. C'è un tempo, in ogni arte o mestiere, in cui si lotta per apprendere, si tenta di riuscire, si fallisce; e dopo ogni fallimento superare la ferita all'autostima e ricominciare è sempre più duro. Questo tempo, lungo o breve, appare interminabile.
E poi c'è un attimo, e a stento ci si crede, un attimo che arriva inatteso, in cui la tecnica che prima non potevamo padroneggiare diventa qualcosa come una seconda natura. Lo sforzo c'è ancora, ma come quello di un atleta che si impegna a fondo, e nell'esecuzione sperimenta leggerezza e felicità. Sentire di essere riusciti a fare quello che si voleva in un lavoro creativo è la gioia più rara che esista al mondo.
Superman non muore mai non è un'opera perfetta, e per le edizioni più recenti ho ripulito e lucidato la struttura e apportato alcuni modifiche. Ma è la prima opera veramente mia. E per mia intendo che poteva essere ideata e scritta soltanto da me, e non da altri. Da esperienze soltanto mie, ruminate e trasformate soltanto a modo mio.
Dopo questo inizio comincia per me il decennio migliore, dalla metà degli anni '90 fino al 2005 circa. Divento una fucina che consuma entusiasticamente libri, film e serie televisive, elabora spunti, idee, proigetti. Alcuni dei quali portati a compimento.
Fare quello che si vuole con gli elementi della fiction, come un giocoliere con i suoi strumenti, è inebriante.

martedì 15 ottobre 2024

Il trafficante di Manila


Recupero di Andrea Carlo Cappi

Un gruppo di avventurieri si lancia in una caccia al tesoro: tre milioni di dollari in lingotti d'oro nascosti nella base militare sull'isola di Corregidor, al largo di Manila, contesa durante la II guerra mondiale tra statunitensi e giapponesi. Sono passati oltre vent'anni dalla fine del conflitto e l'unico a conoscere l'ubicazione esatta dell'oro è morto da tempo; ma Pat Morrison (Burt Reynolds) americano che vive di espedienti a Manila, riesce a localizzare quattro ex soldati - Jesús, Draco, Hansen e Trev - che, insieme, possono ricostruire il percorso fino al tesoro nella galleria sotterranea in cui è stato occultato prima dell'arrivo dei nipponici.
Film interessante, anche se non del tutto riuscito: forse la svista maggiore è una scena di apertura che vorrebbe essere comica, in una riserva indiana negli USA: uno degli ex soldati è l'apache Draco, che sogna di ritrovare a Manila una fiamma del tempo di guerra e per questo abbandona la sua donna in patria (nel corso della vicenda ritroverà la ragazza dei suoi sogni che però, senza voler fare body shaming, nel frattempo ha acquisito la stessa taglia della consorte Native American).
Dopo questo avvio fuorviante, pur senza elevarsi al di sopra del B-movie, Il trafficante di Manila (1969) imbocca i binari del caper (cioè una storia imperniata su un "colpo") con tutte le difficoltà impreviste che i personaggi devono affrontare, da cui il titolo originale Impasse.


Lo stesso Morrison è piuttosto imprudente: per cominciare è l'amante di Mariko, graziosa moglie giapponese di Jesús, membro filippino del gruppo di ex militari; oltretutto l'americano si innamorerà della signorina Bobby Jones (Anne Francis), tennista professionista giunta a Manila per un torneo e figlia di Trev, che si è fatto credere morto per non rovinarle la vita. E, da qui, tutto cio che può andare storto, andrà storto. Hansen viene arrestato dopo una rissa. Trev, colto da un attacco di cuore mentre assiste di nascosto a un match della figlia, appena è fuori pericolo viene sequestrato dal subdolo giornalista Wombat, che ha scoperto i suoi segreti e chiede un riscatto.
Sicché occorre organizzare l'evasione di Hansen e il salvataggio di Trev, occasione per Burt Reynolds di esibirsi in inseguimenti a rotta di collo per le strade della città e scazzottate acrobatiche. Nel contempo Hansen, razzista, farebbe volentieri a meno di trovarsi in squadra con un apache e un filippino, e dà origine a ulteriori tensioni. Morrison però riesce a farsi dare le istruzioni da Trev e insieme agli altri tre raggiunge l'isola di Corregidor per infiltrarsi nella base, controllata dell'esercito filippino, e andare alla ricerca del tesoro. Ma un nuovo impasse rimette tutto in discussione: il colpo va riprogettato e, la seconda volta, risulterà ancora più rischioso della precedente.
Si sa che ho un debole per le trame di questo genere, quindi - anche se non siamo di fronte a un capolavoro - consiglio la visione di questo film agli appassionati del caper, ai/alle fan di Burt Reynolfds e ai cultori delle produzioni cinematografiche realizzate nelle Filippine, di cui si vedono scorci di fine anni Sessanta. Per la cronaca, l'ho recuperato di recente in dvd in Spagna, ma mi risulta che sia reperibile anche in Italia.








martedì 8 ottobre 2024

Solo chi cade può risorgere


Recupero di Andrea Carlo Cappi

Mi sono sempre domandato come, per questo classico del noir statunitense, si sia arrivati a un titolo così magniloquente come Solo chi cade può risorgere, partendo da quello originale, difficilmente traducibile, Dead Reckoning: il termine significa "navigazione stimata" e indica la posizione di un natante o un aereo valutata in base a una posizione certa precedente, alla direzione e alla velocità; ma alla lettera suona come "calcolo a morto" e si presta a macabri doppi sensi; ed è stato impiegato come sottotitolo per l'episodio di Mission: Impossible del 2023, di cui si attende la seconda parte.
Presentato in anteprima a San Francisco il 31 dicembre 1946, distribuito negli USA nel gennaio successivo e approdato un po' alla volta nel resto del mondo, il film che vede in scena la coppia Humphrey Bogart-Lizabeth ha assunto in traduzione una varietà di titoli quali in Francia En marge de l'anquête ("A margine dell'inchiesta") in Francia, in Spagna Callejon sin salida ("Vicolo cieco", poi riciclato anche per Il trafficante di Manila del 1969), in Messico Mujer maldita ("Donna maledetta"). Quello usato in Italia, dove risulta uscito il 19 febbraio 1948, è sicuramente il più originale e memorabile.
A parte le osservazioni da traduttore, ho rivisto con piacere questo film dopo decenni e per la prima volta in lingua originale, su un dvd della Sinister Film datato 2017 (anche con audio in italiano e sottotitoli), con l'indiscutibile vantaggio di non ricordare come andasse a finire.


Siamo appena dopo la fine della Seconda guerra mondiale. In una cittadina statunitense (di fantasia) chiamata Gulf City un uomo corre sotto la pioggia, sfuggendo alle auto della polizia e forse a qualcun altro. Si rifugia in una chiesa cattolica, dove scorge il parroco a colloquio con un cappellano militare ancora in uniforme, rimpatriato da poco. Il fuggiasco (Humphrey Bogart) ha bisogno di parlare con qualcuno e decide di confidarsi con il cappellano. Ha inizio un lungo flashback, con la voce fuori campo di Bogart che rimanda alla narrazione in prima persona del romanzo noir di quegli anni, benché il film sia basato su un soggetto originale per il cinema.
Apprendiamo che l'uomo in fuga si chiama Warren "Rip" Murdock, da civile titolare di una compagnia di taxi a St. Louis, in guerra capitano dei paracadutisti. Lui e il sergente Johnny Drake (William Prince), oltre che amici, erano un duo inarrestabile oltre le linee nemiche; e, per evitare che si parli di omosessualità inconfessata, il capitano è un donnaiolo impenitente mentre il sergente è rimasto fedele al ricordo di una ragazza rimasta in patria, legato alle note di una canzone. Pochi giorni prima, i due militari sono stati riportati di fretta negli USA dall'Europa, senza che venisse loro rivelato il motivo. Finché, su un treno per Washington, hanno appreso che il giovane sergente stava per ricevere una medaglia al valore del Congresso. A questa notizia, alla prima occasione Johnny si è dato alla fuga, facendo perdere le proprie tracce.
Rip, incaricato informalmente di rintracciarlo, ha intuito che Johnny si fosse arruolato sotto falso nome per nascondere qualcosa del proprio passato, che sarebbe riemerso appena fossero state pubblicate sui giornali le sue foto come eroe di guerra. il primo indizio è la medaglietta dell'Università di Yale, da cui il sergente non si separava mai. Da qui il capitano è risalito al vero nome, J. J. Preston, e all'ultimo indirizzo, a Gulf City, nel cui unico albergo degno di tale nome ha trovato un messaggio firmato con il grido di guerra dei paracadutisti: Jeronimo: Il giovane sapeva che Murdock lo avrebbe cercato.


Ma Johnny non si fa vivo. Il capitano prova a controllare in obitorio la presunta vittima di un incidente stradale, ora carbonizzata: riconosce tra gli oggetti personali la medaglietta di Yale. Dai giornali locali delle settimane precedenti all'arruolamento del giovane scopre che Johnny Preston era ricercato per l'omicidio del ricco signor Chandler, a causa di una donna: la signora Coral Chandler (Lizabeth Scott), ex cantante di un night-club; fra i testimoni, un cameriere del locale. 
Rip rifiuta di credere che l'amico sia un assassino. Va a parlare con il cameriere, scopre che Johnny ha lasciato a quest'ultimo un messaggio per lui, ma non riesce a farselo consegnare. Ci si mettono di mezzo il proprietario del club Martinelli (Morris Carnovsky) e il suo braccio destro Krause (Marvin Miller), ma soprattutto l'apparizione di Coral, che viene invitata a esibirsi nella canzone che aveva conquistato Johnny, Either it's love or it isn't. Per quanto sospettoso nei confronti di lei, Rip non può che restarne affascinato. Quando il mattino dopo si risveglia in albergo con un cadavere nella stanza, non gli resta che chiedere l'aiuto di Coral per uscire dalla situazione, nella speranza di dimostrare quantomeno l'innocenza dell'amico.
Non racconto altro di questa storia decisamente noir, con qualche concessione alle regole di Hollywood. C'è una punta scherzosa di maschilismo in Rip Murdock, che lui stesso smentisce quando riconosce il coraggio di Coral, intrappolata di fatto in un mondo in cui sono certi uomini a dettare le regole, spesso con l'inganno e con la violenza. Si potrebbe notare anche che i personaggi collegati alla malavita hanno cognomi italiani, il che a dire il vero capitava spesso nella realtà di quegli anni. Ma colpisce il contrasto tra chi è andato in guerra e ne è rimasto segnato, e la realtà in patria dove invece tutto è rimasto come prima: la testimonianza di un'epoca, una volta di più attraverso una storia noir.



 

sabato 28 settembre 2024

Una strana coppia in giallo


Recensione di Andrea Carlo Cappi

Presentazione a Milano, Admiral Hotel, v. Domodossola 16 (ingresso libero) sabato 28 settembre 2024 a "Torre Crawford Milano 2024", h15.00-19.00, in collaborazione con Borderfiction Eventi e Vini Selezione Zona Brera

Non sono passati inosservati, da un annetto a questa parte, i romanzi di Cristina Aicardi & Ferdinando Pastori, alias "I Pastardi". La prima è caporedattore del ben noto web magazine Milano Nera, per il quale in oltre un decennio ha letto e recensito un numero imprecisato di gialli, noir e thriller; il secondo è autore di vari romanzi e racconti (e amo ricordare che il suo Nero imperfetto si guadagnò da Pinketts e me il titolo di miglior noir di quell'anno): insieme quindi fanno un bel po' di competenza nel settore.
Ma, più che sul noir in senso stretto, i due si sono lanciati sul sottogenere che oggi viene chiamato cozy (o cosy) crime, anche se nel loro caso mi verrebbe da rispolverare la vecchia definizione "giallo-rosa", tanto per i toni da commedia brillante delle storie, quanto per i rapporti tra i due protagonisti. A dire il vero un pizzico di noir qua e là si ritrova, dando un brivido in più a vicende peraltro solide sul piano della trama poliziesca.
Nel primo romanzo, Dolce da morire, la brianzola Olga Cazzaniga Peroni, bionda quarantottenne con una forte propensione ai carboidrati, assume il detective privato milanese quarantacinquenne Franco Reali perché chiarisca le intenzioni del fidanzato della di lei nipote, sospetto cacciatore di dote. Ma, per proteggere il proprio investimento, Olga vuole a tutti i costi seguire da vicino l'indagine e, abituata al continuo scambio di frecciate in famiglia con la madre "Frau" Irma (con cui coabita) e la sorella Ottavia, si fa largo a colpi di sarcasmo nella vita e nel lavoro del detective, mettendone a dura prova la pazienza.


Una strana coppia di detective, quindi, con Olga che non si nega qualche pensierino sull'avvenente investigatore ma, combinandone di tutti i colori, sembra sbriciolare ogni possibilità di uno sviluppo sentimentale. Eppure si guadagnerà la simpatia di Cassandra, segretaria dell'agenzia; di Giona, l'irrinunciabile giovane nerd informatico; e del "Nero", il duro dagli occhi azzurri che dà man forte a Franco negli aspetti più criminali delle indagini. Ma, soprattutto, costringe persino l'investigatore ad ammettere che proprio Olga, malgrado tutto, riesce a dare ogni tanto una svolta decisiva alla vicenda.
Tutta colpa di Chopin, edito anche questo da Laurana nella collana Calibro 9, comincia pochi giorni dopo la conclusione del primo romanzo, riprendendone le situazioni in sospeso: il Nero che, con incosapevole e non ammessa gelosia da parte di Franco, ha invitato Olga a cena; e la Badessa, misteriosa signora dei traffici illeciti, con cui il detective e il suo amico hanno contratto un debito per risolvere il caso precedente... ed è giunta l'ora di saldarlo.
Ma intanto un'amica della sorella di Olga è stata derubata da un topo di appartamento e, visto che i Carabinieri non le danno molte speranze di poter recuperare gioielli e ricordi di famiglia, si rivolge a Franco Reali perché faccia un tentativo... naturalmente sotto la supervisione incondizionata della bionda brianzola. Così, tra battute e battibecchi, riprende la collaborazione fra i due, a tratti disastrosa, a tratti sorprendentemente fruttifera, specie quando ciò che sembrava un semplice furto porta alla luce una storia ben più complessa.

Quei Pastardi gialli, per dirla alla Frank Miller, azzeccano tutti gli ingredienti per una gustosa serie narrativa - sia nella storia principale, sia in quella orizzontale tra un libro e l'altro - analgamandoli con personaggi che, più li si conosce, più diventano simpatici... e umani, quando lasciano trasparire qualche debolezza. Non a caso, la reazione più diffusa è la domanda: quando arriva il prossimo libro?
Un dettaglio tecnico: i fanatici del "punto di vista" di un unico personaggio per ogni scena (un po' lo sono anch'io) andranno in tilt, perché qui la scelta è proprio di saltare dall'uno all'altro, soprattutto tra Olga e Franco, quasi a sottolineare che, malgrado tutto, i due elementi opposti finiscono per creare una sola entità investigativa.

Cristina Aicardi & Ferdinando Pastori
Dolce da morire, 245 pagine, 17 €
Tutta colpa di Chopin, 232 pagine, 17 €
Laurana Editore 

venerdì 27 settembre 2024

Iperwriters - Ascesa e caduta delle cartolibrerie (due)

Photo: Maksym Kaharlitsky on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 56 - Ascesa e caduta delle cartolibrerie (due)

Venerdì, ore 13. Doveva essere quel giorno e quell'ora, quando ho visto il mio ultimo romanzo storico proprio qui, nella cartolibreria che ora chiuderà per sempre.
Di certo, era il 2013. L'inizio della caduta. Non mi riferisco alla mia (non sono accentratrice a tal punto) ma a quella di tutti. Di tutta una cerchia di scrittori della mia generazione, e ovviamente delle cartolibrerie.
Se ricordate il precedente editoriale, fate un confronto fra i prodotti che esponevano nei decenni passati e i prodotti attuali.
Forse anche prima, ma certamente dopo il 2010 il valore del libro è crollato precipitevolissimevolmente. Inaccettabili i rilegati da diciotto euro, e perfino gli economici da otto. Troppi soldi, troppi, per un libro, se si volevano l'avvento degli ebook e l'esplosione delle autoproduzioni. Come mi ha detto una volta la mia amica emigrata a Berlino: “Solo chi si è fatto un feudo mettendo la faccia in televisione con un programma suo potrà sopravvivere in libreria. Gli altri saranno tutti uguali.”
E io aggiungo (e perdonatemi: non è veterofemminismo, è un fatto) che l'Italia non è un paese per donne. Nessuna Ruth Rendell si è affermata qui, e NON per mancanza di talento.
Tornando ai libri... è stato con orrore che ho visto, in un'edicola a pochi passi da casa, un lotto di pubblicazioni di Marco Tropea svendute a due euro. Compresi i miei romanzi, su cui negli anni '90 avevo puntato tutto.
In seguito, nelle fiere antiquarie, i cartacei si sarebbero venduti a un euro. Ora, è richiesto che vengano dati in regalo. La cartolibreria regala i suoi fondi di magazzino, e diverse persone espongono fuori dalle porte in cassette i volumi di cui vogliono liberarsi.
Io sto per cambiare casa e farò la stessa cosa. Dovrò sacrificare una parte della mia biblioteca, ma spenderò comunque una certa cifra per traslocare un piccolo o grande pezzo di storia e cultura d'Occidente. Passioni, cuciosità intelletuali, sorprese e scoperte mie e di mio marito.
Ma potrei anche andarmene soltanto con i documenti, pochi effetti personali e la gatta, senza portare nulla di mezzo secolo di lavoro letterario, peraltro già perduto nei buchi neri della memoria storica.
Per inciso: quelli della cartolibreria mi regalerebbero i loro scaffali.
Belli, robusti, ma vuoti.


giovedì 26 settembre 2024

L'aquila noir di Sergio Iosca


Recensione di Andrea Carlo Cappi

Presentazione a Milano, Admiral Hotel, v. Domodossola 16 (ingresso libero) sabato 28 settembre 2024 a "Torre Crawford Milano 2024", h15.00-19.00, in collaborazione con Borderfiction Eventi e Vini Selezione Zona Brera

Per diversi anni ho passato le mie notti in cucina, a leggere dattiloscritti di polizieschi e thriller made in USA per conto di un importante casa editrice. Fin dalle prime pagine si vedeva se un testo era stato scritto da qualcuno che sapeva il fatto suo, quindi valeva la pena di prepararsi un caffè, tenere whisky e sigari a portata di mano e immergersi nella lettura, per compilare poi una scheda in modo che al mattino la direzione sapesse se doveva fare subito un'offerta per acquistarne i diritti.
Questo è un romanzo da whisky e sigari. Se le bozze de L'innocenza dell'aquila mi fossero state proposte senza il nome dell'autore nel frontespizio, le avrei scambiate per la traduzione in italiano dell'avvicente romanzo d'esordio di un autore di Miami, che conosce bene le regole del gioco e ha già in mente una valida e solida serie narrativa di cui questo è solo il primo episodio.
Curiosamente, però, l'autore è il milanese Sergio Iosca (anche se dalla sua biografia risulta più internazionale di quanto si possa pensare). E si vede che, come Sergio Leone sapeva fare western più appassionanti di quelli di Hollywood, così uno scrittore italiano può scrivere un noir americano più efficace di molti prodotti che arrivano dagli States.

Inanzitutto, ci presenta un protagonista interessante, che rientra nella tradizione hardboiled senza indulgere troppo nei cliché. All'anagrafe si chiama Ned Orlowsky, ma in famiglia, nella riserva dei Seminoles, è conosciuto con il nome Native American di Eagle Eye. (A proposito, qualcuno ricorda Hawk, l'indiano, serie tv del 1966 su un poliziotto irochese a New York, interpretato da Burt Reynolds che in realtà era di origini cherokee? I polizieschi con protagonisti Native American sono rarissimi.) 
Ned lavora a Miami come giornalista, dopo avere servito in Iraq come guardia di una base americana; non ha vissuto drammatiche esperienze di combattimento, ma è stato segnato dalla corruzione e dalla decadenza che ha visto proprio tra i suoi commilitoni nelle retrovie. Ben radicato in una città multietnica senza dimenticarsi degli insegnamenti dei suoi avi, cui fa ricorso nei momenti più difficili, Eagle Eye - come Philip Marlowe - riesce a mantenersi innocente negli ambienti più marci, anche quando un picchiatore mafioso gli spacca le costole con un tirapugni per aver mostrato la sua faccia da indiano in un momento inopportuno.
Ma l'autore costruisce con sapienza anche l'entourage del protagonista: Kenzie, l'ex delinquente che gestisce il suo diner di fiducia; Rose, la vicina di casa trans cubana che gli cura la gatta Mimosa quando lui è in giro; Melo, il fotografo del giornale; e, forse il personaggio collaterale più azzeccato, Frida, l'anatomopatologa sessantenne tatuata e appassionata di musica rock.

A innescare la vicenda è il ritrovamento del cadavere di Genny Criscuolo, rampollo della principale famiglia mafiosa di Miami, ucciso con un colpo di grosso calibro in piena faccia. Il clan, retto ancora dall'anziano patriarca Vincent, cerca di silenziare il clamore intorno all'omicidio del nipote, anche perché la famiglia è in affari con il sindaco e il maggiore palazzinaro della città, e non vuole attirare troppo l'attenzione dell'FBI.
Il giornalista - che ha conosciuto Genny in Iraq, dove il giovane mafioso ha messo subito in piedi i traffici peggiori - alza le spalle quando il suo stesso quotidiano minimizza la notizia. Fino a quando non riceve una richiesta d'aiuto dall'amica Prisca, affascinante donna in carriera che ultimamente frequentava i Criscuolo. E che, subito dopo, scompare. Ned/Eagle Eye parte subito alla ricerca di "Priss" e, a suo rischio e pericolo, non ha pace finché non scopre la verità. Lasciandoci alla fine con un unico interrogativo: quando esce la sua prossima avventura?
Un solo rimprovero "tecnico": da trent'anni non riesco a leggere nulla senza l'occhio ossessivo del correttore di bozze e qui avrei ritoccato alcuni a capo, corsivi e altri dettagli, cui forse un lettore "non del mestiere" nemmeno fa caso. Ma, dal momento che ne trovo anche in libri di case editrici più o meno grandi, è legittimo in un romanzo autopubblicato su Amazon, un mondo che andrebbe tenuto d'occhio, alla ricerca di piacevoli sorprese come questa.

Sergio Iosca, L'innocenza dell'aquila, 327 pagine, KDP
Ebook: 1,99€
Cartaceo: 9.99€

mercoledì 25 settembre 2024

Il treno thriller di Cristina Cabelli Bonetti


Recensione di Andrea Carlo Cappi

Presentazione a Milano, Admiral Hotel, v. Domodossola 16 (ingresso libero)
sabato 28 settembre 2024 a "Torre Crawford Milano 2024", h15.00-19.00,
in collaborazione con Borderfiction Eventi e Vini Selezione Zona Brera

Il treno è uno degli scenari più classici del mystery, del noir e del thriller: un ambiente chiuso semovente in cui si intrecciano vite di sconosciuti (come quelli di Patricia Highsmith o, peggio ancora, quelli di Aldo Lado), si incrociano spie e criminali, si compiono rapine più o meno grandi e, se per caso a bordo c'è Hercule Poirot, di sicuro almeno un passeggero non arriverà vivo a destinazione.
Ultima carrozza di Cristina Cabelli Bonetti è imperniato su alcune persone che si incontrano sul Milano-Nizza delle 7.10 del mattino, ma non è solo una variazione su temi criminal-ferroviari; è anche l'apoteosi della narrazione a mosaico, in cui un doppio esercizio di stile - tutt'altro che facile per chi ha scritto il romanzo, ma ottimamente riuscito per chi lo legge - non è fine a se stesso, ma serve a mantenere sempre accesa la nostra attenzione.
In primo luogo, la storia non è raccontata né da un narratore esterno, né da un unico punto di vista. Si apre con un'allusione a uno degli incipit più efficaci della storia del cinema - quello di Viale del tramonto di Billy Wilder - e un personaggio che in altre storie sarebbe stato "il buono", ma non in questa; prosegue sul treno, che diventa l'ossatura della vicenda alternando soggettive diverse; per poi incorporare flashback, sempre dal punto di vista di vari personaggi. 

In secondo luogo, la trama è presentata a schegge di vari momenti chiave nell'arco di vent'anni. Se in un giallo convenzionale è una figura indagante a portare alla luce il passato, qui invece spetta al pubblico il compito di raccogliere i frammenti e ricomporli nell'ordine giusto, man mano che l'autrice li lascia cadere nelle pagine, fino a disporre dell'immagine completa.
E qui devo ammettere di essere di parte: da ben prima che arrivassero sugli schermi i film di Christopher Nolan o di Quentin Tarantino, forse da quando mi capitò di leggere il fondamentale Due rampe per l'abisso di Rex Stout, mi appassionano le storie che non rispettano rigorosamente la successione cronologica degli eventi, per guidare invece il pubblico in un percorso di rivelazioni graduali.
Ed è proprio questo aspetto a trasformare - come dicono gli anglofoni - in un pageturner una vicenda in cui si intrecciano un detective privato dal cinismo assoluto, un killer professionista che rischia di diventare vittima del proprio datore di lavoro, un assassino seriale che nega a se stesso di esserlo, un giovane adottato in cerca dei propri genitori naturali, una donna in fuga dal proprio presente. E l'ultima carrozza diventa la diligenza di Ombre rosse.

Abbiamo già incontrato Cristina Cabelli Bonetti come autrice di Civico 22 e Incubi. Ora la ritroviamo - sempre autopubblicata su Amazon, per scelta di assoluta indipendenza - come abile macchinista di un romanzo che miscela giallo e noir e, per la sua forza di attrazione verso lo scioglimento finale, è assolutamente un thriller.

Cristina Cabelli Bonetti Ultima carrozza, 255 pagine, KDP.
Ebook: 1,99 € Cartaceo: 9,99 €

Iperwriters - Tiro al piccione su Superman

Photo: Johan Taljaard on Unsplash I perwriters - Editoriale di Claudia  Salvatori Letteratura italiacana - 59 - Tiro al piccione su Superman...