Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori
Letteratura italiacana - 29 - Campo di decentramento
Venerdì, ore 13.
1984. Pieno decentramento culturale, e pienone di artisti locali. Tutti a guardarmi dall'alto dei cieli in cui volano gli autori.
Non che io sia senza peccato. Ci sono cascata, e ho provato a fare l'autore. C'era una miriade di corsi per imparare a fare l'artista e ne ho frequentati diversi. Ho realizzato dei film in formato Super8, che allora richiedevano tecnica e fatica (li guardo oggi riversati in dvd e credo che sarei riuscita, come cineasta), ho messo in scena un paio di spettacoli teatrali (pochi lo sanno, ma i miei primi tentativi letterari erano rivolti verso il teatro).
Niente da fare. Quella che in una intervista ho chiamato polvere creativa sparsa vorticava incessantemenente, ma il risultato era l'immobilità. E gli artisti continuavano a volare sopra di me come eleganti aironi. Felici, loro, anzi giulivi. Io ero in preda a uno strisciante malessere.
C'era il Premio Tedeschi della Mondadori per un giallo italiano inedito. Max mi diceva tenta, tenta. Un nostro amico, immigrato dalle capanne degli schiavi dell'ex regno delle due Sicilie, era appassionato di fumetti, gialli e cinema (sarebbe diventato proiezionista) e anche lui mi diceva tenta, tenta. Insomma, l'idea mi stava entrando in testa.
Vedevo bene che le esperienze da artista locale venivano vanificate, e non potevo avere accesso al fumetto d'autore, mancandomi il talento per il disegno. Tornando alla prosa, alla scrittura, avrei volato come un airone, o almeno un'anatra.
Avevo aderito al censimento dei giovani artisti della mia città, ed ero apparsa in poche righe su un volumetto: copertina grigio marciapiede costellata di cicche. I giovani artisti erano mozziconi di sigaretta gettati via?
Poco tempo dopo l'apparizione di questo catalogo, un giornale locale esce con un articolo in cui vengono sbeffeggiati gli artisti come imbecilli velleitari e autoreferenziali. E scelgono ad esempio me, facendo il mio nome. E' troppo.
Ovviamente non rispondo, non invio lettere al vetriolo. Ma implodo per il furore. Perdio, impreco, basta. Preferisco scrivere i miei fumetti che vengono distribuiti e letti su tutto il territorio mazionale, che sfinirmi in attività inutili ed essere insultata al posto di altri. E vaffanculo agli artisti.
Urgeva un cambiamento, al più presto possibile. C'era il Premio Tedeschi, e Max mi diceva tenta, tenta, tenta.