|
Charles Lindbergh e lo Spirit of St. Louis |
La Boutique del Mistero, di Andrea Carlo Cappi
La vicenda di cui ci occupiamo stavolta è il caso che nel maggio del 1932 la stampa degli Stati Uniti definì "il crimine del secolo", sia per l'efferatezza delle circostanze, sia per la notorietà indiretta della vittima.
La storia tuttavia comincia cinque anni prima, nel maggio del 1927, con un'impresa avventurosa entrata nella storia dell'aviazione. Charles Lindbergh, sconosciuto pilota di origine svedese che lavora per il servizio di posta aerea degli Stati Uniti, ha trovato alcuni sponsor privati, tra cui una piccola fabbrica che ha realizzato per lui un apparecchio monoposto battezzato "Spirit of St. Louis". Con questo aereo decolla il 20 maggio 1927 da Long Island, New York, e atterra trionfale il 21 maggio a Le Bourget, Parigi, dopo 33 ore e mezza di volo ininterrotto tra nubi, ghiaccio e nebbia.
Da quel momento non è più uno sconosciuto: è il primo aviatore al mondo ad avere compiuto da solo la traversata dell'Atlantico. Riceve la Legion d'Onore francese, la Medaglia d'Onore del Congresso americano e il grado di colonnello dell'aviazione. E apre la strada ai viaggi aerei come li intendiamo oggi. Due anni dopo, il 27 maggio, sposa Anne Morrow, figlia dell'ambasciatore statunitense in Messico, da cui ha un figlio nel 1930, Charles Lindbergh Jr. Potrebbe essere l'uomo più felice del mondo. Ma nel 1932 torna sulle prima pagine per una tragedia che ispirerà anche un celebre romanzo di Agatha Christie.
|
La richiesta di riscatto dei rapitori |
Il 1° marzo 1932, alle dieci di sera, nella casa dei Lindbergh nel New Jersey la bambinaia entra nella stanza del piccolo Charles, che ha poco più di un anno e mezzo. Il bambino non è nella culla. Sul davanzale della finestra c'è un biglietto sgrammaticato che chiede un riscatto di 50.000 dollari: dall'esame del testo, l'autore dovrebbe essere di lingua madre tedesca. In luogo della firma c'è un simbolo che risale agli antichi cristiani chiamato "vesica piscis" (due cerchi identici sovrapposti) e tre buchi nel foglio. Il marchio misterioso serve forse a distinguere i messaggi dei veri rapitori da quelli di mitomani e approfittatori che si faranno avanti, data la notorietà del padre del rapito.
La notizia fa, inevitabilmente, il giro del mondo. Delle indagini si occupano il sovrintendente Schwarzkopf della polizia del New Jersey (padre del generale che guiderà la Prima Guerra del Golfo), il capo dell'FBI J. Edgar Hoover, ma anche lo stesso Lindbergh, coadiuvato dall'avvocato William J. Donovan, che un decennio dopo diventerà capo dell'OSS, il servizio segreto americano. Persino il gangster Al Capone offre il suo aiuto, a patto che lo si faccia uscire subito di prigione, ma nessuno si fida.
il 1° aprile, seguendo le istruzioni dei rapitori, un intermediario consegna il riscatto, che comprende un particolare tipo di banconote, i "certificati oro", che andranno fuori corso entro un paio di anni: l'idea è che i rapitori saranno costretti a cambiarle in fretta, facendosi scoprire. Il piccolo Charles però non viene restituito alla famiglia. Il 12 maggio un camionista nota qualcosa di strano sul ciglio di una strada a soli sette chilometri da casa Lindbergh: è il cadavere di un bambino colpito alla testa e sepolto frettolosamente. Il bambino viene identificato come Charles Lindbergh Jr. Forse è stato ucciso la stessa notte del rapimento.
|
Chi l'ha visto? |
Si sospetta un complice dall'interno, in particolare una domestica inglese, Violet Sharpe, che risulterà del tutto innocente... ma solo dopo che si è suicidata per la disperazione, ingerendo un detergente per argento contenente cianuro. Il colpevole non si trova, anche se alla Polizia continuano ad arrivare lettere poco attendibili. Il caso è così misterioso che nel 1933 Agatha Christie ne trae ispirazione per il suo romanzo "Assassinio sull'Orient Express", pubblicato l'anno dopo: nel libro al posto di Charles Lindbergh Jr. c'è la piccola Daisy Armstrong e si immagina che il rapimento fosse opera di una gang del crimine organizzato, all'epoca in ascesa negli USA. Nel settembre 1934 a New York il trucco dei "certificati oro" funziona. Un benzinaio riceve una banconota da un cliente che si comporta in modo sospetto, annota il numero di targa e la porta in banca, temendo che sia falsa. Risulta essere una delle banconote del caso Lindbergh. La polizia risale così a Bruno Richard Hauptmann, immigrato tedesco nel Bronx, nel cui garage si trovano 14.000 dollari del riscatto. Il sospetto dice che a lasciarli è stato il suo ex socio tedesco Isidor Fisch, tornato in Germania e morto sei mesi prima di tubercolosi. Ma la grafia sui messaggi corrisponde a quella di Hauptmann, che viene processato, condannato alla sedia elettrica e giustiziato nel 1936. Secondo qualcuno era innocente, ma è più probabile che avesse complici non identificati.
Infatti nel 2003, in un archivio della Polizia, si ritrova uno dei tanti messaggi anonimi giunti all'epoca: è scritto in tedesco e alla lettera è allegata una tavoletta di legno forata, in cui i buchi corrispondono al millimetro con quelli sui messaggi originali dei rapitori. Il testo dice "Sono uno dei rapitori del bambino Lindbergh e non Bruno Richard Hauptmann" e la firma è l'antico simbolo della "vesica piscis", (v. foto sotto) accompagnata dalla sigla del partito nazista tedesco. E qui il mistero si infittisce: dopo il 1939 Lindbergh era stato sospettato di simpatie naziste, per aver preso pubblicamente posizione contro l'intervento americano in guerra. Temeva forse che qualcuno colpisse di nuovo la sua famiglia? Forse nel caso Lindbergh c'è un mistero che ancora non è stato esplorato.