Recensione (senza spoiler) di Andrea Carlo Cappi"Sarò breve", per citare Luca Marinelli quando ha augurato un rapido "Buona visione" al pubblico dell'Odeon all'anteprima milanese del 15 dicembre, alla vigilia dell'uscita sugli schermi d'Italia. Ma non altrettanto breve. Quindi motiverò il mio giudizio, che posso riassumere in: "un gioiello di film!"
Questa è forse una visione di parte, dato che, pur non avendo avuto a che fare di persona con il film, ne ho scritto la novelization, ovvero il romanzo basato sulla sceneggiatura. Ma la mia è la recensione di un conoscitore e appassionato di Diabolik che ha cercato anche di immedesimarsi in uno spettatore - italiano o straniero che sia - che non conosca la serie a fumetti e i personaggi e sia al primo approccio con loro. Il che è uno dei due aspetti fondamentali quando si realizza un film di questo tipo. L'altro è: non deludere chi già conosce e ama personaggi e serie. Da entrambi i punti di vista, "Diabolik-Il film" riesce perfettamente nell'intento. A dire la verità, dopo averlo visto, molte delle recensioni che avevo letto online dopo l'anteprima romana mi sembrano scritte da qualcuno cui i Manetti Bros hanno rubato le caramelle quand'erano bambini e che dopo decenni si vuole vendicare.
Forse i recensori sono andati al cinema aspettandosi di vedere un altro film: o un "Diabolik" come quello di Mario Bava del 1968, prodotto da De Laurentiis, che aderiva al linguaggio pop-psichedelico sopra le righe che segnava i cinecomics dell'epoca (pensiamo a "Barbarella") con elementi camp e intrusioni un po' troppo comiche, anche se ne rimangono impresse le scenografie del rifugio e Marisa Mell, Eva per nulla somigliante ma bellissima. O forse un film di tutta azione alla "Fast and Furious" invece che un raffinato prodotto di gusto europeo, che fa pensare all'attuale cinema di genere francese e spagnolo, poco noto in Italia. Per chi non sapesse nulla: Diabolik & Eva sono una coppia di criminali che vive e opera (principalmente) nell'immaginario stato di Clerville, una via di mezzo tra Italia e Francia in cui i nomi di battesimo sono italiani ma cognomi e toponomastica sono di variegate origini europee. Dà loro la caccia l'incorruttibile ispettore Ginko della Polizia di Clerville (nome anche della capitale dello stato). La serie creata da Angela e Luciana Giussani nel 1962 si distingueva per i protagonisti insolitamente efferati per i fumetti dell'epoca, anche perché lettrici e lettori di fatto finivano per identificarsi e parteggiare per loro.
Le storie dei loro colpi rientrano nel genere noir chiamato "caper" e un ulteriore elemento innovativo erano le connotazioni tecnologiche, come l'uso di un'auto britannica (una Jaguar E-Type del 1961) corredata di trucchi, come di lì a poco si sarebbe visto sull'Aston Martin del '64 nella versione su schermo di 007; e l'impiego di maschere che replicano alla perfezione i volti di altre persone, come quelle che pochi anni dopo sarebbero apparse nell'adattamento cinematografico di "Fantomas" e nella serie tv "Mission: Impossible". Tali elementi, omessi nel film del '68 perché al pubblico internazionale sarebbero parse copie, quando invece erano gli originali, sono presentissimi in quello del 2021. La trama del nuovo "Diabolik" trae spunto dall'albo n. 3 del 1963 in cui Diabolik incontrò Eva per la prima volta.
La scelta degli interpreti, di cui solo Miriam Leone come Eva Kant aderisce pienamente all'aspetto del personaggio disegnato, si rivela adattissima. Il Ginko di Valerio Mastandrea è una perfetta incarnazione dell'ispettore di polizia dei fumetti, in cui molto "non detto" emerge dall'interpretazione: per esempio il profondo senso del dovere che lo costringe ad accettare anche l'impiego della pena capitale, che evidentemente non lo trova d'accordo.
Di Luca Marinelli forse la pettinatura "alla Diabolik" non è del tutto convincente, anche perché il suo volto, anziché a Robert Taylor, qui fa pensare a una versione giovane di Bruno Cremer (attore francese che per primo interpretò magnificamente Duca Lamberti, l'eroe di Scerbanenco, ne "Il caso Venere Privata" e, molti anni dopo, il commissario Maigret di Simenon). Riuscita anche la connotazione di Elisabeth, la "prima fidanzata" di Diabolik, qui incarnata da Serena Rossi. Lodi speciali a Vanessa Scalera nel ruolo di Flora, segretaria del viceministro e a Claudia Gerini nella parte deliziosamente snob della signora Morel.
E, ancora a proposito di "non detto ma recitato", nei due protagonisti emerge un aspetto molto interessante: chi ha letto i fumetti conosce il passato di Diabolik e quello di Eva, nel film ancora ignoto per quanto riguarda lui e appena accennato nel caso di lei. Ebbene, i due personaggi lasciano trasparire aspetti psichiatricamente compatibili con le loro esperienze: il pubblico del film ancora non sa cosa sia capitato loro, ma ne vede le conseguenze nei loro sguardi, nella loro gestualità, nel loro comportamento. Una lettura di una profondità del tutto inaspettata. E questo, soprattutto in Eva, fa una certa impressione.
Un'altra conquista dell'interpretazione di Diabolik da parte di Marinelli - ma anche di tutti gli attori, bravissimi, che interpretano il criminale quando assume le sembianze di un altro personaggio - è che riesce a fare davvero paura. Non per niente il personaggio è soprannominato "il Re del Terrore".
Perfetta, tra costumi, scenografie, pettinature e automobili, la ricostruzione di Clerville, Bellair e Ghenf negli anni '60: città, italiane ma non del tutto, ricreate con grande cura e precisione. Pregevole il montaggio, con un uso impeccabile dello split screen tipico degli anni '60 e del caper (pensiamo a "Il caso Thomas Crown"). Notevole la colonna sonora, non solo i brani cantati da Manuel Agnelli ma - minuto per minuto - l'intero "score" di Pivio e Aldo De Scalzi. E aggiungo un apprezzamento per i gioielli realizzati da Bulgari. Per chi conosce il mondo di Diabolik, un paio di inside jokes: il giudice è Mario Gomboli, direttore di Astorina (casa editrice fondata dalle sorelle Giussani, che tuttora pubblica Diabolik) e principale sceneggiatore della serie, oltre che co-autore del soggetto del film; mentre il disegnatore che - come si usava un tempo - ritrae dal vero i protagonisti del processo... è interpretato dal vero disegnatore Giuseppe Palumbo. Non si riesce a vedere in viso un altro personaggio a me ben noto: Daniele Magni (uno dei poliziotti della sequenza di apertura), grande esperto di cinema e, insieme a Manuel Cavenaghi, animatore del negozio specializzato "Bloodbuster" di Milano.
Si potrebbe notare qualche difetto, un paio di omissioni nella sceneggiatura, che passano del tutto inosservate allo spettatore e non inficiano la riuscita del film. Ma non ne parlo, per non dare pretesti a certi critici che, impegnati com'erano a stroncare interpreti e registi, ovviamente non sono riusciti a notarli. Ma sono dettagli spiegati nel mio romanzo. Anche a questo serve la novelization, che trovate, per portare acqua al mio mulino, nelle migliori librerie e nei bookshop online.