giovedì 5 settembre 2024

Situation Tragedy: oltre la graphic novel


Recensione di Andrea Carlo Cappi

Dopo le due versioni (con il marchio PostHuman e disponibili su Amazon) di Buio in scena - romanzo e versione teatrale illustrata - e dopo il romanzo illustratissimo Hyde in Time (pubblicato da Edikit) esiste finalmente l'atteso Situation Tragedy, terzo frutto della collaborazione tra due visionari: lo scrittore di fantascienza Mario Gazzola e l'illustratrice Roberta Guardascione.
Qui è difficile stabilire se si tratti di un romanzo illustrato o di un'opera d'arte visiva che contiene una narrazione, perché i due elementi - testo e immagini - sono fusi in un'unica entità. Come mi pare d'aver scritto nella prefazione, il risultato è un'esperienza immersiva nel mondo creato dai due autori.
La trama si sviluppa da un racconto di Gazzola apparso diversi anni fa nell'antologia Crepe nella realtà, ma in questa versione estesa si avvertono le esperienze vissute nel frattempo da tutti noi durante la pandemia. Tutto si svolge in un colossale condominio del prossimo futuro, i cui abitanti non escono più di casa. Ma ogni singolo appartamento è un canale televisivo e tutti sono al tempo stesso protagonisti di un reality show oltre che spettatori di quello dei loro vicini.

In questo microuniverso-megacondominio le regole sono ferree: occorre mantenere elevata l'audience, altrimenti si rischia di diventare solo comparse nei canali altrui. O, peggio ancora, di perdere l'appartamento.
La resa visiva del libro - un'altra bellissima e curatissima pubblicazione di Edikit - trascina il pubblico all'interno di un perenne spettacolo nello stile della televisione più spietata, in cui tutte le esistenze dei protagonisti sono fagocitate dallo show e dalla pubblicità, tra suggestioni di Ballard, Pohl, Cronenberg e della fantascienza più pungente, critica e satirica degli ultimi settant'anni. Ma dove finisce la reality e dove comincia l'allucinazione?
Qualcuno - un ex conduttore di programmi tv generalisti e nazional-popolari ai tempi delle reti "tradizionali" - comincia ad avvertire qualche crepa nella realtà preconfezionata in cui lui e tutti i vicini sono costretti a vivere, e sente il bisogno di indagare nei luoghi proibiti, per scoprire cosa ci sia dietro lo schermo.

Più che un semplice libro, dunque, un'esperienza artistica assoluta e disturbante, psichedelica e affascinante, che ci riporta alle funzioni primarie della science fiction: proiettarci davanti agli occhi frammenti di un futuro possibile, costruito sulla base delle tendenze del mondo in cui viviamo; intrattenere, ma anche indurre alla riflessione.
Quando ho cominciato a occuparmi di questo tipo di letteratura, non esisteva ancora il termine "distopico", ma si leggevano 1984 di Orwell, Il mondo nuovo di Huxley e Un'arancia a orologeria di Anthony Burgess (poi più noto come Arancia meccanica dalla traduzione del film di Kubrick). Situation Tragedy ne raccoglie il testimone, creando nel contempo un'opera innovativa che merita di essere letta e vissuta, prima che diventi la nostra quotidianità.
Se ne parla il 6-7 settembre al Festival Torre Crawford (San Nicola Arcella, Cosenza) in compagnia di Mario Gazzola, già finalista e poi vincitore del Premio Torre Crawford e, quest'anno, ospite d'onore anche dell'antologia della V edizione.

Mario Gazzola - Roberta Guardascione Situation Tragedy (Edikit), 100 pagine interamente illustrate di grande formato, 22,00 euro

mercoledì 4 settembre 2024

Marco Marinoni e i volti del male

 



Recensione di Andrea Carlo Cappi

Ci sono strumenti intramontabili nella creazione della supense e gli omicidi seriali ne fanno parte. A patto che, come in questo caso, la vicenda sia ben scritta e ben costruita, in modo da creare nel pubblico la tensione della caccia all'assassino, ma sfuggire agli stereotipi sempre in agguato in tale sottogenere.
Ne L'epatologo troviamo infatti un commissario con qualche problema, trasferitosi a Roma dalla Liguria, e un classico profiler - Damiano Danti, figura ricorrente nei romanzi di Marco Marinoni - ma soprattutto una struttura narrativa solida e coinvolgente, che ci trascina pagina dopo pagina alla soluzione del mistero e al confronto finale.
I dettagli sono inquietanti, già dalla quarta di copertina e dalla suggestione del titolo, ma l'autore vi si sofferma senza compiacimento, solo per il tempo necessario a fornire le informazioni necessarie sul modus operandi del serial killer. Perché il suo interesse non è raccontare una semplice storia di macelleria, bensì proporre un enigma che segue un piano preciso, che si rivelerà sconcertante nella sua perfezione. Perché i volti del male, in questo caso, possono essere duplici.

La storia si apre con un cadavere recente che appare in un luogo improbabile, un ospedale abbandonato da anni, scoperto da una studentessa di musica in cerca di sfondi sonori. E da questa scena iniziale davvero suggestiva emerge la doppia vita dell'autore, musicista prima ancora che romanziere.
Le mutilazioni subite dalla vittima lasciano aperte molte ipotesi: l'assassino è, verosimilmente, un chirurgo, ma a quale scopo sequestrare un uomo, espiantargli il fegato e tenerlo in vita per quasi un giorno, se non distorcere il giuramento di Ippocrate? Si tratta di un oscuro rituale esoterico, oppure l'unico aspetto "rituale", per usare la terminologia tecnica, è dato dagli elementi che si ripetono di delitto in delitto?
Ma anche le sottili diversità tra un crimine e l'altro, la selezione dei bersagli - uomini o donne che nulla sembrano avere in comune - persino la scelta e i dettagli dei luoghi in cui le vittime sono collocate, raccontano un segreto che il colpevole vuole rivelare attraverso i propri delitti. Se solo si riuscisse a ricostruirlo per tempo, perché il cosiddetto "Epatologo" è pronto a rimuovere con straordinaria efficienza chiunque lo ostacoli nel suo percorso, poliziotti inclusi.

Ne risulta un thriller appassionante, di quelli che amo definire "in provincia di Jeffery Deaver", non solo per la tensione generata, ma anche perché l'autore di sicuro ha dovuto documentarsi e studiare parecchio per scrivere questo romanzo con assoluta precisione, esattamente come è solito fare il maestro americano della suspense. Così tutto, dalla topografia di Roma alle metodologie di indagine scientifica messe in atto, è descritto con estrema competenza, aggiungendo credibilità alla vicenda.
Non è possibile entrare in dettagli senza guastare i colpi di scena, quindi mi limito a dire che la ricostruzione del movente dell'assassino da parte degli investigatori non deluderà neppure i cultori del giallo classico, che alla violenza prediligono l'aspetto intellettuale ed enigmistico, purché non gratuito né fine a se stesso.
Versione rielaborata, se ho ben capito, di uno dei primissimi romanzi di Marinoni, arricchito forse dell'esperienza e dai successi di questi anni, L'epatologo viene presentato tra il 6 e il 7 settembre 2024 al Festival Torre Crawford di San Nicola Arcella (Cosenza), ormai tappa abituale dei tour promozionali dello scrittore; che anche quest'anno, del resto, è tra quelli selezionati per l'antologia del Premio Torre Crawford, rendendolo un ospite doppiamente gradito.

Marco Marinoni, L'Epatologo (Mursia, collana Giungla Gialla, 2024), 374 pagine, 18 euro

venerdì 30 agosto 2024

Iperwriters - Lettere ai mostri

 

Photo: Shaah Shahidh on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 54 - Lettere ai mostri

Venerdì, ore 13. Avevo pubblicato su un'antologia Mondadori un racconto dal titolo Lettera a un mostro. Mi era stato ispirato dal primo film della saga Nightmare. Un bambino scrive a Freddy Krueger perché ha un mostro nella vita: uno di quelli umani, in carne e ossa.
Ero io quel bambino, dopo tutto. Un bambino che invia lettere ai personaggi della fiction per trovare un momento di sollievo dall'orrore del reale che lo tortura ogni giorno. Scrivere a Jack lo Squartatore non fa male quanto la sassata, lo sputo, l'insulto di un bullo.
Le lettere che avrei voluto scrivere non sarebbero state destinate agli assassini dell'immaginario, ma ai veri e spietati mostri da cui mi sentivo circondata. Quelli che mi bloccavano nella sabbia mobile dell'inesistenza e della derealizzazione.
Una dama del nuovo movimento giallonoir, che non aveva mai speso una parola per il mio lavoro, mi dice che con Lettera a un mostro l'ho sorpresa (perché non se lo aspettava da me) e che (mi concede) ora devo raggiungere la stessa intensità anche nel romanzo, perché capisci, è molto più difficile mantenerla per trecento cartelle che non per tre.
Il racconto Lettera a un mostro aveva segnato un punto di svolta. L'avevo scritto in una sola sera, dalle 19 a mezzanotte, per una qualche tipo di urgenza. E con tutti i sentimenti, le rabbie, gli odi e gli amori. Qualcosa si era sbloccato dentro di me. Per Andrea Carlo Cappi, era un capolavoro. Volevo scrivere un intero romanzo con tutti i sentimenti, le rabbie, gli odi e gli amori.
L'idea arriva da un articolo sulla dislessia infantile. Penso a una bambina dislessica che impara a leggere associando le immagini dei fumetti alle parole contenute nei balloon, e da grande diventa sceneggiatrice.
Un giro vorticoso di neuroni, una tempesta mentale. Fumetti e gialli avevano fino allora segnato la mia vita. Perché non accoppiarli e far loro partorire un figlio? Un giallo ambientato nel mondo del fumetto.
Intendevo rendere omaggio a due forme espressive disprezzate, e anche raccontare qualcosa di me.
Il fumetto nella mia simbologia personale rappresenta l'infanzia, la corsa in edicola per comprare il giornalino, l'età dell'innocenza, delle nuvole parlanti in un cielo blu, dell'avvenire roseo e dell'ingenuità felice.
Poi il dramma: il giornalino è strappato, l'infanzia violata.



giovedì 15 agosto 2024

Iperwriters - Others are strange

Photo: Jonas Msuj on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 53 - Others are strange

Venerdì, ore 13. Certamente, la gente è strana quando sei uno straniero solo. Anche senza la canzone dei Doors lo sapevo già. Ma non mi sono mai sentita in difetto. Mai un solo momento. Ho avuto dubbi e insicurezze sulla riuscita di questo o quel lavoro o progetto: questo non significa sentirsi sbagliati nel nucleo fondamentale e intimo del proprio essere.
È la gente a diventare strana quando si trova di fronte a qualcosa di non riconoscibile, non catalogabile, non allineato. Qualcosa che va da sé, che segue una propria strada, che è semplicemente... vivo.
Ma, mi direte, non ero riconoscibile e catalogabile? Figlia di operai, povera e donna. Avrei dovuto essere la bandiera per la quale combattere e dare il sangue. Non esageriamo, versare sangue non si usa più. Ma avrei potuto aspettarmi di essere benvoluta, coccolata, supportata, promossa, premiata, no?
No.
Ora, per molto, molto tempo non ne comprendo il perché.
Mi pare di essere circondata da un immenso mondo gelido, buio, inospitale, in cui i miei tentativi di dimostrare che esisto vengono tollerati a denti stretti o respinti con fastidio, come se fossi una cameriera non lavata seduta fra gli invitati a un party.
Quando rendi la gente strana, tanta stranezza alla fine ti aggredisce e ti fa ammalare. Non puoi guardare negli occhi la gente che vede della stranezza in te.
Certo, di tanto in tanto vedevo la luce, e incontravo angeli. Nulla di biblico, o cattolico: intendo esseri vivi, intelligenti e onesti. Angeli nella merda. Avevo un angelo come compagno di vita, uno che, essendo migliore di me sotto tutti i punti di vista, rendeva la gente ancora più strana di quanto la rendessi io. Max sarebbe stato un grande attore (ho un articolo su Il resto del Carlino che lo definisce effettivamente così), ma i teatranti locali lo ignoravano. Quando non lo odiavano.
Gli angeli, se non chiedono scusa di esserlo, vengono demonizzati. La loro gentilezza naturale spaventa la casta padrona, la cui “disponibilità” è solo artificio.
Se consideriamo l'arroganza stellare dei radicalchic e il loro odio verso i poveri, si può comprendere quanto possano sentirsi minacciati dai talenti di chi sbuca fuori dalle fosse biologiche sociali.

venerdì 2 agosto 2024

Iperwriters - People are strange

Foto: Nareeta Martin on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 52 - People are strange

Venerdì, ore 13. Non sono soddisfatta di Columbus Day. Per quanto, rileggendolo, mi stupisca il mestiere acquisito per magia verde (naturale) fuori da tutti i corsi di scrittura che peraltro erano ancora di là da venire. Nel '92 non ne sono per niente soddisfatta: è una torta ben cucinata, ma infine non aggiunge nulla a quanto già scriutto da altri e non se ne sentiva la mancanza.
I giornali di destra mi attaccano per il mio politically correct sceneggiato, facendo quasi una parodia della trama. Ci resto male. Perché, a quanto sembra, se non piaccio a destra non piaccio neppure a sinistra.
Faccio fatica a comprenderne la ragione, ma non piaccio a sinistra, ed è un fatto. Non dipende da quello che scrivo, ma da quello che sono. Potrei sfornare cinque volumi da mille pagine in politicocorrettese, e sarebbe inutile.
Dopo le prime amicizie infantili e adolescenziali, molto intense, con persone nate come me nelle capanne negli schiavi, non ho più avuto amici. Dai primi ambienti postsessantottini ai collettivi femministi, dai politicizzati ai poeti, la mia vita con i radicalchic somiglia alla canzone dei Doors People are strange:

People are strange/When you're a stranger/Faces look ugly/When you're alone (….) No one remembers your name

Occhi vuoti, facce disgustate, smorfie, ondate di freddezza. E (anche dieci anni più tardi, dopo aver vinto il Premio Scerbanenco, il massimo riconoscimento per gli autori di thriller) nessuno mi nomina mai.
Degli artisti locali, ho già parlato a lungo: tutta una gelatina di genialoideria. Subisco anche filosofi da bar e docenti universitari che parlano come le mie zie con la terza media. Intellettuali carichi di una spocchia tetra che mi valutano il culo e mi chiedono: "Perché porti quei reggiseni a coppa?" (non li portavo affatto) oppure leggeri come nuvole, che mi valutano il culo e mi chiedono ridacchiando: "Ma tu non ti diverti mai?"
E il nuovo movimento giallonoir in cui i radicalchic si stanno arruolando in massa? Non godo di gran stima neppure come scrittrice di genere.
Sarei di serie B anche in una bocciofila.


venerdì 19 luglio 2024

Iperwriters - Viva Topolin

Photo: Anil Reddy on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 51 - Viva Topolin

Venerdì, ore 13. Torniamo al '91. Come ho detto, avevo già collaborato a Topolino. Da bambina, cantavo Viva Topolin e mi ero iscritta al Club di Topolino, facendo anche una discreta carriera: da socio semplice a qualcosa come ispettore generale. Inviavo le mie letterine ad Arnoldo Mondadori Editore, in Via Bianca di Savoia. Che tenerezza...
Non ricordo come e quando ho deciso di provare a collaborare direttamente con la testata, senza passare per agenzie. Conoscevo Massimo Marconi, caposervizio sceneggiature. Gli era piaciuto il mio lavoro. È tutto: avrei lavorato con lui per i successivi otto anni.
Ricordo che la prima storia firmata col mio nome, e non con la sigla d'agenzia, è stata Calamity Minni. Sulla mia pagina Wikipedia sono state elencate tutte, credo.
Non saprei calcolare il numero preciso di storie e di tavole che ho scritto per le testate Disney. Fra le novecento e le mille tavole, tra firmate e non.
La Disney Italia, in crescita negli anni '90, con una sede sua nel centro di Milano, sfornava nuove pubblicazioni e dava lavoro a moltissime persone. Per una sceneggiatrice freelance era quanto di più vicino possibile alla sicurezza e a un reddito garantito.
Ero quasi inserita in un'azienda. Gruppi di studio, aggiornamenti, incontri, conferenze. Dovevamo sapere tutto sulle nuove iniziative, sui film in uscita, su acquisizioni e licensing. Più aziendale di così.
Dev'essere stato nel '92 che ho partecipato al primo meeting Disney. Includeva i collaboratori esterni, con viaggio in aereo e ospitalità in albergo. La meta era nientemente che Eurodisney a Parigi. Peccato che quei tre giorni di giugno fossero i più freddi e piovosi di tutti i tempi.
Nelle ore libere ho visitato il parco con un collega, sotto una pioggia battente. Non ci sentivamo di fare la coda per le giostre più frequentate. Siamo entrati solo nella ghost house, che ricordo come fosse ieri.
Un ascensore circondato da scene campestri idilliache scendeva in un paesaggio che si faceva sempre più nero, paludoso e cimiteriale. Un vagoncino in viaggio fra ologrammi di fantasmi danzanti e svariati orrori. Gran finale: le nostre immagini circondate da mostri saltellanti sulle nostre teste e spalle. Come nella vita, ne avremmo ignorato l'esistenza, se un apposito specchio magico non li avesse resi visibili.
Complimenti ai progettisti, e viva Topolin.

venerdì 5 luglio 2024

Iperwriters - L'assassino nudo

Photo: Wendy Duble on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 50 - L'assassino nudo

Venerdì, ore 13. Scrivo Columbus Day nel '91: uscirà l'anno successivo. Ma non è il mio secondo giallo. E neppure il secondo giallo a essere pubblicato.
Facciamo un salto indietro, all'87. Il mio secondo giallo, dal titolo Assassinio all'Otto, non ha trovato collocazione su Il Giallo Mondadori. L'Otto è un raccordo stradale e pedonale con ascensore che collega la zona a mare e quella a monte. Non ricordo molto di quell'opera, a parte che avrei utilizzato il modus operandi e parte dell'intreccio per un lavoro successivo. E il movente, molto agatocristiano: l'assassina uccide l'amica che l'ha tradita. Non nell'amore, ma nell'amicizia che è più importante dell'amore... o almeno così si dice.
Il quotidiano il Lavoro mi aveva intervistata e collaboravo saltuariamente con quel giornale.
Mi commissionano un giallo a puntate per intrattenere i lettori durante i mesi estivi. Cinquanta puntate, da giugno.
Mi pare, se non ricordo male, di aver presentato un soggettone per approvazione. Ma sicuramente si sono fidati di me, perché hanno cominciato a pubblicare le puntate mentre ero in pieno corso d'opera. Avevo una serie di moduli da riempire con un limite di righe e caratteri. Abituata a sceneggiare, non ho avuto nessun problema. Forse consegnavo un lotto di puntate ogni settimana, non so. Ma ero soddisfatta, quando riuscivo a dosare la narrazione e chiudere efficamente ognia puntata.
L'idea era arrivata da una spiaggia di nudisti sulla riviera ligure frequentata da amici gay, che sarebbero diventati alcuni dei personaggi. Volevo esprimere la mia simpatia per i movimenti omosessuali, perché gli attivisti avevano coraggio ad esporsi nei tardi anni '80, senza l'ombrello del politically correct. E per i nudisti, che si si comportano in genere molto civilmente con le donne, trattandole con lo stesso garbo che se si trovassero in una sala da tè.
Il titolo era già lì ad aspettarmi: L'assassino nudo.
La spiaggia era stata oggetto di polemiche l'anno prima, ma lo scandalo sarebbe scoppiato un anno dopo. Uno scandalo bello grosso, con coinvolgimento delle autorità locali. L'avevo preannunciato, in qualche modo.
Mi sono davvero divertita.

Una strana coppia in giallo

Recensione di Andrea Carlo Cappi Presentazione a Milano, Admiral Hotel, v. Domodossola 16 (ingresso libero)  sabato 28 settembre 2024 a &quo...