venerdì 23 febbraio 2024

Iperwriters - Il paese più bello

Photo: Roger Hoyles on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 41 - Il paese più bello

Venerdì ore 13. Ancora verso la fine degli anni Ottanta. Viviamo nel paese più bello e più negletto dell'entroterra, a cui tutti preferiscono luoghi privi di laghi, luoghi asciutti scelti dai ricchi per le villeggiature. Inventati dai ricchi solo perché ci hanno costruito le loro case, creando una bellezza artificiale. Ma nel nostro paese la bellezza è naturale. I dintorni sono talmente belli da ospitare un concorso di pittura. Tutti sanno che i dintorni sono meravigliosi, con le incantevoli frazioni appese a mille metri di altezza, i laghetti, il prato chiamato "delle fate", i sentieri panoramici, i boschi di castagni. Ma quando si tratta di abitarci è come se non lo fossero.
Siamo arrivati lì da disoccupati, confusi e speranzosi. Ma stanno per tornare i fumetti, e anche le pubblicazioni.
Il nostro tenore di vita è basso, bassissimo, e tale resterà, anche nei periodi alti in cui ci limiteremo a risparmiare per l'avvenire. Una modesta casa ex contadina, impianti essenziali, mobili misto Ikea/rigattiere. Qualcuno arriccerà il naso con disprezzo, entrandoci. Niente auto, niente lussi, niente fashion, niente trend, niente status. Niente cellulare, nei primi anni in cui circolavano con umani attaccati a parlare nel vuoto. Ma il computer sì, siamo stati fra i primi ad averlo. La connessione a internet sì, siamo stati i primi ad averla, almeno a livello locale.
Ci vestiamo di stracci. Non da straccioni ottocenteschi, con i buchi negli indumenti e nelle scarpe, ma anticipando quel glamour per tutti che è comune oggi e omologa tutto il popolo che non è vip.
Nessuno vivrebbe come noi. Una condizione che chiunque della classe media (o appena un po' arricchito) non accetterebbe mai. Non si vive senza il parquet (che tutti vogliono, anche se lo chiamano palché), senza il divano di pelle bianca e senza andare al ristorante da cinque stelle sulle guide.
Noi, in quei ristoranti, ci andiamo solo per i compleanni e gli anniversari. E qualche volta, se siamo euforici, brindiamo: Al nostro ultimo anno da pezzenti.
Va bene così. La nostra idea di una buona vita è così. Non un lavoro da schiavi e una botta da sbronzi di due settimane di vacanza all'anno. Ma vivere in un luogo verde e acquatico (non turistico), svolgendo un lavoro che si ama, sempre al lavoro e sempre in vacanza.
Sta per iniziare uno dei periodi più felici della nostra vita.

lunedì 19 febbraio 2024

L'ossessione del Duce per Maiorca


Recensione di Andrea Carlo Cappi

Meriterebbe maggiore risonanza nel nostro paese questo libro denso di rivelazioni clamorose sul passato recente della Spagna e dell'Italia. Dopo quindici anni di ricerche, l'autore ha portato alla luce segreti finora sepolti in archivi di mezzo mondo, che oltre a cambiare certe prospettive della Guerra Civile spagnola danno risposta a misteri irrisolti da più di ottant'anni. Tutto ruota intorno a un fatto pressoché dimenticato: la conquista "imperiale" dell'isola di Maiorca da parte dell'Italia fascista nel 1936, costata la vita a migliaia di persone.
Pubblicato nel 2022 in Spagna (da Arzalia) e nel 2023 in Italia (da LoGisma, nella collana Le Frecce) il saggio Un'occasione d'oro per Mussolini ha un sottotitolo -  Quando la Repubblica Spagnola pianificò di vendere parte del suo territorio al fascismo - più che sufficiente a far saltare sulla sedia chiunque abbia minime nozioni di storia del XX secolo. Ma il contenuto non si limita a questo e solleva ulteriori questioni su cui varrebbe la pena di indagare.
Oltre al ricco apparato fotografico che certifica i documenti scoperti nella ricerca, nel volume è riportato, in appendice, il memoriale inedito di un tenente italiano di stanza a Maiorca tra il 1937 e il 1938. Aggiungo poi che il taglio dato dall'autore è molto piacevolmente narrativo, accompagnato da elementi autobiografici sui momenti chiave della sua indagine.

Un minimo di contestualizzazione è necessario. In Italia nel 1922 il futuro "Duce" Benito Mussolini viene nominato primo ministro da re Vittorio Emanuele III, diventando un dittatore osannato dalle folle; viene imitato in Spagna l'anno dopo da Miguel Primo de Rivera, che tuttavia cade nel 1930, trascinando con sé re Alfonso XIII nel 1931. Nasce quindi la Seconda Repubblica Spagnola (la prima risaliva al 1873-74). Nel 1936, in un periodo di gravi tensioni sociali tra moti e repressioni, vince le elezioni il Fronte Popolare di sinistra. Il 17 luglio però si solleva in risposta un'insurrezione militare sostenuta dall'estrema destra e dal clero, in cui il generale nazionalista Francisco Franco ha il ruolo principale. Scoppia la Guerra Civile tra i territori rimasti fedeli della Repubblica e quelli già occupati dai franchisti. Com'è noto, si tratta in realtà della prova generale della II guerra mondiale.
Franco ottiene infatti l'appoggio militare dell'Italia fascista e della Germania nazista, responsabili di pesanti bombardamenti sulla Spagna; di questi il più tristemente celebre è su Guernica (sì, quello raffigurato nell'omonimo quadro di Picasso), con 200-300 vittime tra i civili. Nel contempo, la Repubblica Spagnola ottiene un sostegno a doppio taglio da parte dell'Unione Sovietica: l'obiettivo reale di Stalin è infatti quello di liberarsi di tutte le componenti repubblicane non allineate alla sua politica, creando un devastante scontro interno e appropriandosi intanto con successo dell'oro della Banca di Spagna. Alla fine, il 1° aprile 1939, la Repubblica soccombe e Franco sale al potere a Madrid. Malgrado gli aiuti che ha ricevuto dai nazifascisti, il nuovo dittatore non partecipa al loro fianco alla II guerra mondiale, grazie anche a una saggia e costosa mossa dello spionaggio britannico, che corrompe il suo entourage perché la Spagna rimanga fuori dal conflitto. Franco non condivide quindi il destino di Mussolini e Hitler e rimane al suo posto fino alla morte il 20 novembre 1975. Dopodiché la Spagna tornerà alla monarchia, ma soprattutto alla democrazia con la Costituzione del 1978.
Sull'intervento italiano a sostegno di Franco durante la Guerra di Spagna c'è un aspetto su cui si tace, perché ci facciamo una pessima figura. Si ricorda, certo, che l'Aviazione Legionaria fascista usava l'isola di Maiorca come base di partenza per bombardare i territori repubblicani nella penisola. E chi visita Palma di Maiorca può notare che il viale chiamato La Rambla è conosciuto anche come "Via Roma". Ma ci si dimentica che dall'agosto 1936 all'aprile 1939 Maiorca fu di fatto sotto il controllo diretto dell'Italia fascista, per i primi due anni rappresentata dal console generale Arconovaldo Bonacorsi (o Bonaccorsi) alias "conte Aldo Rossi". In quel periodo si parla di arresti di massa, di prigioni disumane come quella di Can Mir e di circa tremila esecuzioni sommarie di civili. Viene però da chiedersi per quale motivo Mussolini, dopo essersi impadronito di un'isola sulla quale ha investito parecchio in termini di denaro e di piombo, alla vittoria di Franco gliela riconsegni senza discutere. Questo è un interrogativo che mi sono posto spesso anch'io e al quale ho trovato finalmente risposta in questo libro.

Il primo capitolo di Un'occasione d'oro per Mussolini potrebbe sembrare l'inizio di un romanzo di Ken Follett, ma è l'accurata ricostruzione su base documentale dell'incontro tra Ventimiglia e Montecarlo nel marzo 1937 di José Chapiro, emissario dell'ambasciata spagnola a Parigi, con una spia fascista che potrebbe essere tale Francesco "Franco" Giuntini. La parola d'ordine è "Schulmeister", che in tedesco significa "maestro (di scuola)", ma è anche il cognome di Karl Ludwig Schulmeister, doppiogiochista austriaco al servizio della Francia di Napoleone Bonaparte.
L'obiettivo della missione di Chapiro è proporre a Mussolini, a nome della Repubblica, la cessione di alcuni territori spagnoli, per la precisione i possedimenti in Africa, le Canarie e soprattutto le Baleari, buona parte delle quali sono di fatto già sotto il dominio italiano. Il governo del socialista Largo Caballero auspica che, una volta soddisfatte le mire coloniali del Duce, questi sospenderà il sostegno a Franco e convincerà anche Hitler a fare altrettanto; seguiranno peraltro trattative meno eclatanti anche con il Terzo Reich. Il fatto è che la Repubblica è impossibilitata a sostenere da sola una sollevazione militare interna e al tempo stesso un'illecita guerra non dichiarata da parte dell'Italia e della Germania. Con questo sacrificio, la Repubblica spera di poter placare i propri nemici esterni, affrontare soltanto i franchisti e salvaguardare almeno il territorio peninsulare. Ma non si raggiungono accordi e, quando Caballero è sostituito alla guida del governo da Juan Negrin, l'Operazione Schulmeister viene chiusa... e insabbiata, nascondendo che la Spagna democratica, in preda a un'evidente disperazione, si è offerta di alienare pezzi del proprio territorio a una potenza straniera.
Tuttavia, per quanto in pubblico dichiari mendacemente di non avere obiettivi coloniali sulla Spagna, Mussolini considera ormai Maiorca come un'isola italiana, tanto da dare ordine che come tale venga presentata nei testi di geografia per le scuole: com'è noto bisogna sempre indottrinare i bambini, non per niente alcuni piccoli maiorchini sono portati in Italia perché siano inquadrati nei Balilla. Il motivo dell'ossessione del Duce: sa già che una nuova guerra avrà come teatro il Mediterraneo e che Maiorca, felicemente collaudata come base del'Aeronautica e della Marina italiane, sarebbe perfetta per lanciare attacchi aerei su Gibilterra e impedire il passaggio di navi francesi e britanniche. Allora perché non forzare la mano a Franco e tenersela anche dopo l'aprile 1939?

Il libro spiega i motivi storici per cui il Duce è costretto a un piano di riserva, un'altra delle rivelazioni esplosive dell'autore. Ci sono di mezzo proprietari terrieri maiorchini che vendono in segreto e illegalmente uno smisurato appezzamento sulla costa di nord-est dell'isola allo Stato Italiano, sotto la copertura di una fittizia società spagnola in cui figurano come membri del consiglio di amministrazione. Insieme a loro appaiono due agenti segreti italiani: il capo dello spionaggio del Duce a Maiorca e un'altra spia fascista, a suo tempo infiltrata nel movimento democratico Giustizia e Libertà di Carlo Rosselli (attivo in Spagna dalla parte della Repubblica e assassinato nel 1937 in Francia insieme al fratello Nello).
Il piano di Mussolini prevede la costruzione di una nuova base, la creazione di una vera e propria colonia segreta fascista e il trasferimento a Maiorca di centomila italiani che riprendano gradualmente il controllo dell'isola. Varie circostanze fanno sì che il programma si fermi alle fasi iniziali, ma in questa stessa operazione sono state acquisite anche altre proprietà non ancora identificate e di cui si ignora l'impiego negli anni successivi. Personalmente non escludo che qualcuno ne abbia fatto uso in seguito, anche durante la Strategia della Tensione.
La lettura di questo libro porta inoltre a riflettere su quali conseguenze disastrose abbia una politica internazionale di appeasement, ossia per amor di quieto vivere consentire a un dittatore di occupare indisturbato territori altrui. La storia è maestra di vita, ma sotto questo aspetto noi italiani siamo ripetenti impenitenti.

venerdì 9 febbraio 2024

Iperwriters - Una scandalosa distopia

Photo: Christian Lue on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 40 - Una scandalosa distopia

Venerdì, ore 13. Nel precedente editoriale ci domandavamo come sarebbe il mondo se le letterature scatenassero nella maggioranza delle persone la stessa passione di una partita di calcio.
Proviamo a immaginare.
Ci sarebbero solo scrittrici e scrittori di quelli su cui oggi si fanno i biopic, film o serie tv. Dei giganti, dei veri mostri. E sarebbero la versione contemporanea degli dei dell'Egitto, degli dei della Grecia, degli dei delle saghe nordiche, di tutti gli dei e gli eroi di tutte le mitologie della storia umana. Verrebbero coperti d'oro. Pagati cifre quasi irreali, e nessuno direbbe una parola contro: nel loro caso non si oserebbe proporre di “ridistribuire la ricchezza”. Godrebbero di un'ammirazione del tutto scevra da invidia, perché non si invidia chi non è di questa terra. Perché una prestazione letteraria da campione è una cazzo di prestazione letteraria da campione, da far dire di che pianeta sei?, e a nessuno che non fosse davvero un campione salterebbe in testa di esserlo. Susciterebbero un timore reverenziale, qualcuno bacerebbe loro la mano, la mano scrivente di Dio. Si pronuncerebbero i loro nomi (perfino quelli ridicoli) con una solennità liturgica e insultarli, coprirli di immondizia e bava e sputi sarebbe come profanare un'ostia consacrata. Alla morte di uno di loro celebrazioni e lutto nazionale, come quando muore un re (unico caso in cui si ripristina la monarchia) e al funerale parteciperebbero in migliaia, milioni, fisicamente o mediaticamente.
E vediamo ora come vivrebbero i lavoratori del calcio in un mondo al contrario.
Grandi o piccoli, campioni o dilettanti, non avrebbero meriti, perché per loro non ci sarebbe merito, ma solo un'avvilente e ringhiosa competizione al di sotto dei pochi a cui il sistema (male e per poco) consente di dare un calcio. Non sarebbero pagati e dovrebbero svolgere un'altra attività per guadagnare. Inesistenti nei form da compilare nelle banche, compatiti dai parenti, costretti a giocare secondo schemi ripetitivi. Chiusi nelle bolle social autoreferenziali a parlare dei loro goal, assist, fuorigioco e rigori. E quando uno di loro morisse, quattro secche righe in cronaca sputate fra i denti, o niente.
Sì, sì, avete ragione, come storia fantasy è sgradevole, odiosa.
Neppure leggibile.

mercoledì 7 febbraio 2024

Alfredo Castelli, lo zio del fumetto

Alfredo Castelli (Foto: A. C. Cappi)

Ricordo di Andrea Carlo Cappi

Il destino non è stato clemente con Alfredo Castelli: malattia e terapie, benché affrontate fin quanto possibile con l'armatura dell'ironia, lo hanno segnato visibilmente negli ultimi tre anni, senza però impedirgli di concedersi ai fan per eventi e mostre organizzate in onore del "più grande fumettista italiano", per usare le parole del suo amico storico e collega Mario Gomboli. Proprio insieme a Gomboli, Alfredo esordì, ancora liceale, nel 1965 con le Sorelle Giussani presso la redazione di Diabolik, testata a cui sarebbe tornato varie volte nella sua carriera.
I fumetti erano l'attività principale, ma per la sua preparazione e i suoi interessi potrebbe essere accostato a figure imponenti della cultura italiana come Umberto Eco e Oreste Del Buono. Sue sintetiche bio-bibliografie - per quanto riduttive rispetto al lavoro sconfinato come creatore di personaggi celebri, sceneggiatore, disegnatore, saggista - stanno comparendo ovunque, insieme ai post sui social network con cui gli viene reso omaggio dal suo vasto pubblico nel giorno della scomparsa.
Quindi preferisco raccogliere giusto qualche manciata di ricordi dal nostro repertorio. E i primi risalgono all'infanzia: come tutti i lettori del Corriere dei Ragazzi dei primi anni '70, conoscevo Alfredo Castelli non solo come sceneggiatore delle storie de Gli Aristocratici e L'Ombra, o delle pagine umoristiche di Otto Kruntz, Zio Boris o L'Omino Bufo (quest'ultimo disegnato da lui stesso) ma anche come... personaggio nella rubrica Tilt!, in cui spesso gli autori ironizzavano sulla loro vita in redazione.

Lo incontrai di persona nell'autunno del 1994, quando era già il BVZA (Buon Vecchio Zio Alfred) in quanto creatore e sceneggiatore principale del BVZM (Buon Vecchio Zio Marty) ovvero Martin Mystère, pubblicato da Sergio Bonelli Editore. L'amico Andrea Pasini, uno degli autori della testata, gli aveva fatto leggere i miei racconti della serie Cacciatore di libri sul Giallo Mondadori. Le prime cose che Alfredo mi disse furono che da uno di questi aveva preso spunto per una storia breve di Martin Mystère e che gli sarebbe piaciuto che scrivessi un racconto con il mio personaggio al fianco del suo.
Oltre a precedere la collaborazione come co-sceneggiatore insieme ad Andrea Pasini per quattro albi della serie, quel racconto fu la mia iniziazione come autore di narrativa tie-in: il mio lavoro su Martin Mystère negli anni successivi sarebbe stato il biglietto da visita per scrivere anche i romanzi di DiabolikNel 2017 Alfredo avrebbe convinto Sergio Bonelli Editore a farmi continuare i romanzi di Martin Mystère come appuntamento annuale e dal 2021 a pubblicare miei serial sul detective dell'impossibile in appendice agli albi a fumetti.
Per scrivere di Martin, spesso mi baso non solo sul personaggio, ma anche su Alfredo, rubandogli alcuni tratti comportamentali. Per le storie mi ha sempre lasciato assoluta libertà di manovra, sicuro del mio rispetto nei confronti della sua creatura. Data la crescente difficoltà negli ultimi tempi a comunicare mentre era in terapia, ho fatto tesoro delle indicazioni che mi ha dato quando siamo riusciti a sentirci al telefono.

Purtroppo, tra il lockdown e la sua salute, ormai da anni abbiamo dovuto rinunciare agli incontri a pranzo in privato, occasioni in cui apprezzare la sua ironia e parlare davvero di tutto, dalla letteratura alla geopolitica, oltre a discutere delle storie a venire di Martin Mystère o di progetti collaterali, come possibili tie-in su altri suoi personaggi per rinverdirne i fasti al di fuori dei fumetti.
Tra le cose che mi mancheranno, oltre ai suoi giochi di prestigio a tavola durante i raduni di appassionati, rientra senz'altro la sua capacità di realizzare con precisione meticolosa perfetti "falsi" giocando tra realtà e fantasia, come le copertine di un inesistente pulp magazine degli anni '30 di cui si parlava in un mio serial e persino la "fotografia" del negozio immaginario a New York in cui Martin ne trovava le copie.
Ma, soprattutto, mi mancherà la sua mente prodigiosa a portata di telefono (quando non perdeva le chiamate, beninteso). Se nel mondo reale esistesse ciò che si vede in Martin Mystère, poter trapiantare almeno i suoi neuroni e le sue esperienze in un corpo robotico dalla durata illimitata sarebbe stato un grande dono per l'umanità.

venerdì 26 gennaio 2024

Iperwriters - Finale di coppa

Photo: William William on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 39 - Finale di coppa

Venerdì, ore 13. Flash back. Lasciatemi ancora un po' in quegli anni, dall'85 in poi, quando ogni estate andavo al Mystfest di Cattolica.
Devo dire che di me, dei miei coevi scrittori, dei libri, dei film, non fregava niente a nessuno. il Mystfest era ben organizzato, piacevole, molto stimolante, ma non aveva pubblico. Andavo in spiaggia, e dalle chiacchiere occasionali con altri bagnanti emergeva che il popolo turistico-vacanziero ne ignorava perfino l'esistenza. Eravamo una bolla di “addetti ai lavori” che si scambiavano informazioni, si intervistavano e si davano rituali celebrativi. Nessun interesse da parte di persone che non fossero giornalisti, scrittori o aspiranti scrittori o lavoratori del settore, neppure se era possibile contattare personalità come Ed Mc Bain o James Ellroy o Claude Chabrol o Lucio Fulci.
Ho visto gente esterna alla nostra bolla affluire e riempire una piazza solo quando è arrivato un attore, e non per la sua attività di attore, ma per una pubblicità diventata un celebre tormentone.
Due popoli diversi, che non avevano nulla da spartire e coesistevano come l'acqua e l'olio, senza fondersi.
Gli scrittori si riunivano ai tavolini all'aperto di un bar accanto al cinema dove avvenivano le proiezioni dei film. Andrea G. Pinketts, lo sceriffo di Cattolica, diceva: "C'è solo questo, vale la pena solo per questo, per la nostra conversazione.”
Se la comunità non partecipa a un evento culturale è inutile organizzare, spostarsi, proporre. I libri e i film possiamo vederli anche restando a casa. E si può converrsare più comodamente senza fare ore di treno.
Ricordo una sera. La nostra postazione al bar era stava invasa da indigeni e turisti, perché uno schermo trasmetteva la finale di coppa di un evento calcistico. Forse la coppa del mondo, ma non ne sono del tutto sicura.
Eravamo accaldati e assordati, e non potevano neppure più parlare.
A un certo punto dico: "Come sarebbe il mondo se facessero quel tifo per le opere letterarie?"
E Patrizia Pesaresi commenta: "Albertine contro Karamazov".
Intendeva dire, ovviamente, finale di coppa fra Proust e Dostoevskij.
Ma questo vorrebbe dire che i due popoli diversi sarebbero un solo popolo. E già, come sarebbe il mondo se una partita Proust-Dostoeskij fosse la passione e religione di un intero popolo?

venerdì 12 gennaio 2024

Iperwriters - I miei coevi scrittori

Photo: Bobby Kalman on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 38 - I miei coevi scrittori

Venerdì, ore 13. I miei coevi scrittori sulla scia dell'evoluzione dei generi, come me. Compagni di strada. Ecco una sintesi dell'introduzione a Sotto mentite spoglie di Patrizia Pesaresi, che ho avuto il piacere e l'onore di pubblicare per Iperwriters.
Ho conosciuto Patrizia Pesaresi nel 1985, al Mystfest di Cattolica. Io avevo vinto il premio Tedeschi per il romanzo inedito e lei il Premio Gran Giallo Città di Cattolica per il racconto. Un esordio stupefacente: Uno per tutti, pubblicato nella collana Giallo Mondadori e, in seguito, giustamente, in altre antologie e riviste, e tradotto in Francia. Hieronymus Bosch nel suo trittico Il carro del fieno denuncia con il suo pennello, seminando indizi cifrati, un crimine commesso nel suo tempo e rimasto impunito. Siamo già molto più avanti, e a un livello internazionale. Il thriller storico con rivisitazioni di filosofi e artisti nel ruolo di indagatori arriverà solo nel decennio successivo. Da quel primo incontro, infatti, le nostre carriere di scrittrici si
inabissano, per tornare in superficie solo verso la metà degli anni Novanta. Ricordo di aver assistito a una presentazione alla Libreria del Giallo di Milano del suo romanzo Dopo la prima morte, edito nel 2005 da Dario Flaccovio. Un libro affascinante e ancora una volta sorprendente, per svariati motivi: perché dimostra di aver assimilato la lezione della grande Patricia Highsmith e fa apparire in controluce uno dei miei personaggi storici preferiti, Lawrence d'Arabia. Qualche tempo dopo, leggendo libri per un'agenzia letteraria, mi capita fra le mani Sotto mentite spoglie. Ecco la mia valutazione di allora: "La storia parte come un giallo storico, poi vi si intrecciano fili di fantapolitica, esoterismo, feuilleton, erotismo e spy-story. Un lavoro sapientemente costruito nella struttura, interessante nella miscelazione di generi, originale nel far entrare in gioco un personaggione come Aleister Crowley."
Patrizia Pesaresi attingeva alla grande tradizione britannica. Forse in un paese di lingua inglese avrebbe avuto più successo e “visibilità”. Il nostro comune amico Gianfranco Orsi, direttore del Giallo Mondadori ai nostri tempi, ha scritto di lei su Thrillermagazine: “una scrittrice tra le più innovative e originali del noir di oggi”. Troppo originale e innovativa, direi, in un paese in cui è proibito essere originali e innovativi.

giovedì 28 dicembre 2023

Iperwriters - Gli (apparenti) opposti si attraggono

Photo: Borderpolar Photographer on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 37 - Gli (apparenti) opposti si attraggono

Venerdì, ore 13. Siamo all'inizio degli anni '90, e quasi al termine di sette anni di macerazione intellettuale e professionale.
L'ascensore sociale, o quello che io avevo preso per tale e in realtà era solo un contenitore senza pulsanti, ha un tetto chiuso sopra la mia testa. Ci sono solo un paio di giallisti italiani in attività, e per i nuovi autori (al momento) lo spazio è limitato all'ambito del Premio Tedeschi, che si vince una volta sola. Quel po' di gloria locale (interviste, un ingaggio per un giallo a puntate, inviti, i miei parenti quasi fieri di me), svanita. La grande editoria “alta” è per me una piovra aliena.
Il mio unico tentativo di letteratura “seria”, La donna senza testa, è fallito. E del resto mi hanno detto che "altro è la letteratura" rispetto a quello che faccio.
Mi muovo ambiguamente in un contesto ambiguo. Ho una formazione umanistica, con passioni prevalenti per la filosofia e la storia, ma scrivo intrattenimento. La mia posizione sociale riflette questo stato: ho troppo talento per lasciarmi scivolare nell'ignoranza generalizzata, ma sono priva del tipo di talento richiesto.
La soluzione?
Bene, dopo molti tormenti decido di ignorare il tormento. Il problema è creato da contingenze storiche inesistenti in passato. Basta scrivere seguendo se stessi e anche fare letteratura. La lezione la conoscevano già gli gnostici duemila anni fa: fare di due mani una sola mano.
Basta ignorare il Novecento, il secolo dell'assassinio dell'arte e del divorzio fra letterature alte e basse, e prendere a modello gli scrittori ottocenteschi, il cui valore non era dato dalla pratica di un genere o da variazioni stilistiche, ma da un risultato estetico intrinseco nell'opera, nel cuore dell'opera, fatto di potenza immaginativa, ricerca della perfezione e intensità al calor bianco. Arte e intrattenimento.
Quel risultato estetico, quello scintillio inventivo, negli anni successivi, lo avrei trovato in alcuni dei miei coevi scrittori italiani di genere, e non nei capolavori moderni (o venduti come tali) che effettivamente si vendevano, diventando paradossalmente il vero intrattenimento del nostro tempo.
I miei coevi che, invece di fare i novecenteschi vendendo minuzie sussiegose, facevano gli ottocenteschi.

Iperwriters - Tiro al piccione su Superman

Photo: Johan Taljaard on Unsplash I perwriters - Editoriale di Claudia  Salvatori Letteratura italiacana - 59 - Tiro al piccione su Superman...