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Iperwriters, editoriale di Claudia Salvatori
Letteratura italiacana - 13 - L'analisi del periodo
Venerdì, ore 13.
Nel '79, come ho detto, comincia la mia navigazione nel mare della scrittura professionale, ovvero retribuita.
Ma a questo punto dovete concedermi un flash-back, anzi una serie di flash-back. Da dove viene un narratore/narratrice naturale alla fine degli anni '70, senza scuole di scrittura creativa, senza specifici corsi universitari e, soprattutto senza che nessuno gli/le abbia detto che si può essere scrittori/scrittrici?
Il mio primo ricordo di letteratitudine: sono alle elementari e il compito a casa è analisi del periodo. Una serie di frasi, forse una dozzina, o una quindicina, di cui individuare la proposizione principale, le coordinate e subordinate (causale, finale, temporale, consecutiva, modale, strumentale, concessiva). Non difficile. Svolgo il compito e vado ai giardini pubblici con mia madre, come ogni pomeriggio di primavera.
I giardini sono deserti. Niente compagni di classe con cui giocare, come al solito. Gioco da sola, un po' delusa.
In seguito saprò che tutti sono rimasti inchiodati a massacrarsi analizzando periodi per ore, talvolta senza venirne a capo, e che una delegazione di mamme avrebbe protestato con la maestra circa l'assegnazione di compiti talmente al di sopra delle normali capacità e forze infantili.
Scopro così che l'analisi del periodo, per me tanto leggera e divertente, era terribile.
Ma la mia maestra, che Dio la benedica, mi ha portata in prima media con un bagaglio di italiacano basico eppure completo, senza errori di sintassi, con un solo errore di ortografia (colossi con due elle, perché li volevo proprio colossali), e con l'analisi del periodo. Con la possibilità, cioè, di essere in futuro retribuita per comporre i miei modesti periodi.
Se negli anni '60 l'analisi del periodo era già oltre le umane possibilità, oggi viviamo nell'Era Illetterata Trionfante. Amici insegnanti o genitori di figli in età scolare mi dicono che i bambini non sanno più leggere e scrivere.
Fra quanti secoli, senza essere Manzoni o Marcel Proust, riavremo periodi di quattro, cinque righe sciolti, eleganti, di grande padronanza tecnica che muta in naturalezza?
Intanto non viene più pagata neppure una semplice proposizione principale. Tanto varrebbe che sparisse anche quella.