domenica 12 giugno 2022

Diabolik: il mistero del numero 1

Diabolik & Eva a Milano (copyright Astorina Srl),
tavola di Giuseppe Palumbo per il "Corriere della Sera"

La Boutique del Mistero, di Andrea Carlo Cappi

In questi giorni nei media si torna a parlare di Diabolik e non solo perché il 2022 è l'anno in cui il personaggio dei fumetti di Angela e Luciana Giussani compie tra cinque mesi sessant'anni di pubblicazioni, ma perché continuano a susseguirsi notizie che lo riguardano.
Tre settimane fa i registi Marco e Antonio Manetti hanno completato  le riprese del secondo e terzo film della loro trilogia di Diabolik in Calabria, la loro terra d'origine. In edicola è appena arrivato il nuovo "Diabolik Magnum", che in 600 pagine a fumetti raccoglie alcune delle storie più importanti della serie. Venerdì scorso, il 10 giugno, ricorreva il centenario dalla nascita di Angela Giussani, la prima ideatrice del personaggio. E mercoledì prossimo, il 15 giugno, saranno intitolati alle sorelle Angela e Luciana i giardini pubblici di piazza Grandi a Milano, consacrandoli a due concittadine che, precorrendo i tempi, sono state imprenditrici editoriali e creatrici di un mito.
Oggi una copia originale del numero uno di "Diabolik", intitolato "Il re del terrore" e pubblicato all'inizio di novembre del 1962 vale diverse migliaia di euro ed esistono persino falsari specializzati che ne fabbricano imitazioni che spacciano (e vendono) per vere. Ma dietro il numero uno di "Diabolik" c'è un vero e proprio mistero, che ha persino ispirato un film.

Da "Il re del terrore" (tavola di Zarcone)

Nel 1962 la casa editrice Astorina, appena fondata da Angela Giussani, prepara il primo albo di Diabolik, che all'epoca potrebbe essere anche l'ultimo, perché nessuno ancora può prevedere il successo del personaggio. I disegni sono affidati a un disegnatore trentenne di nome Angelo Zarcone, che in redazione viene soprannominato "il Tedesco", perché si presenta con un bambino biondo avuto da una tedesca e perché sembra vestito come un turista germanico sulle spiagge romagnole. Zarcone viene pagato in anticipo, ma pare sia sempre in ritardo con le consegne e i suoi disegni sono piuttosto frettolosi.
Consegnate le ultime tavole del fumetto, Zarcone scompare nel nulla. Non si fa più vivo, non abita più alla pensione in cui era alloggiato. Nessuno sa dove sia finito. Al punto che, passati vent'anni, le sorelle Giussani si rivolgono al più famoso detective privato italiano, Tom Ponzi, sperando di ritrovarlo, senza esito. In tutti questi anni, malgrado si sia parlato sempre più spessp di lui, non si sono più avute notizie né da lui né da suoi parenti.
Negli anni Duemila lo studioso di fumetti Gianni Bono si rivolge al direttore artistico di Diabolik, che del numero uno aveva realizzato la bellissima e storica copertina, Brenno Fiumali, chiedendogli di disegnare un identikit del misterioso Zarcone: l'aspetto curioso è che, almeno nel ricordo di Fiumali, Zarcone assomiglia molto a Diabolik come appare nel numero uno, con le folte sopracciglia nere e gli occhi di ghiaccio che siamo abituati ad associare al volto del protagonista dei fumetti. Sembra quasi che Diabolik sia lui, sparito dopo "aver fatto il colpo".

L'attore Luciano Scarpa nel film "Diabolik sono io"

Nel 2018 la vicenda ha ispirato un film del regista Giancarlo Soldi, intitolato "Diabolik sono io", a metà fra un thriller e un documentario, uscito al cinema e ora disponibile in streaming e in dvd. Mentre vari personaggi reali - tra cui ci sono anch'io - ricostruiscono il mito di Diabolik, un uomo vittima di amnesia con lo stesso volto di Diabolik vaga per Milano cercando di ricostruire il proprio passato, tracciando ossessivamente su fogli e muri gli stessi occhi di ghiaccio e le stesse sopracciglia nere... Ma è solo una delle mille ipotesi che si possono fare sull'oscuro destino del disegnatore scomparso.
In ogni caso, le sorelle Giussani non erano soddisfatte della rea visiva numero uno e nel 1964 lo fecero rifare completamente, sulla stessa sceneggiatura, da Gino Marchesi, che nel frattempo era diventato uno dei disegnatori ufficiali della serie.
Nel 2022, in occasione del quarantennale, la sceneggiatura de "Il re del terrore" venne ampliata da Alfredo Castelli (l'autore di Martin Mystère e altri personaggi, che aveva cominciato a lavorare nei fumetti proprio con "Diabolik", insieme a Mario Gomboli che ora ne è il direttore) e disegnata da Giuseppe Palumbo. Da questa versione è stato tratto un "audiofumetto", adattato da Arturo Villone e interpretato da Luca Ward, che in quel periodo dava la voce a Diabolik nei serial di Radio RAI.
La Boutique del Mistero torna in diretta domenica 19 giugno alle 16.20 su Radio Number One, con il relativo dossier il giorno dopo su Borderfiction Zone.

domenica 5 giugno 2022

L'ultima notte di John Belushi

 

La Boutique del Mistero, di Andrea Carlo Cappi

Giugno 2022: i Rolling Stones hanno dato inizio al loro tour del sessantennale, che presto li vedrà in scena a Milano con tre veterani della band: Mick Jagger, Keith Richards e Ron Wood, che non hanno avuto una vita equilibrata, specie per quanto riguarda l'uso di droghe. Fra i tanti rischi che hanno corso, Richards e Wood in particolare possono considerarsi fortunati per avere scampato, quarant'anni prima a Los Angeles il destino toccato al loro amico John Belushi, star dei Blues Brothers, morto all'apice della propria fama.

Il cinque marzo 1982, all'età di trentatré anni, Belushi viene trovato morto nel letto del bungalow numero tre del Chateau Marmont Hotel sul Sunset Boulevard. Non è chiaro se si tratti di cause naturali, overdose di eroina, suicidio o addirittura omicidio. Sul corpo non ci vedono segni di violenza o di iniezioni. Gli unici indizi nella stanza sono qualche traccia di marijuana e di cocaina, ma non di eroina.
Viene chiamato sulla scena l'ex coroner capo di Los Angeles, il medico legale di origine giapponese Thomas Noguchi, considerato da vent'anni il maggiore esperto di morti di celebrità a Hollywood, a partire da Marilyn Monroe: è il dottor Noguchi, facendo pressione centimetro per centimetro sulle braccia di Belushi, a trovare i segni invisibili di due iniezioni. Dal momento che non c'è una siringa nella stanza, qualcuno l'ha fatta sparire. E in albergo una donna è stata vista uscire dal bungalow...


Mentre la polizia sta ancora effettuando i rilievi, si presenta in albergo Cathy Smith, cantante canadese venticinquenne (nella foto), che ha appena sentito la notizia: è lei la donna che ha passato la notte con Belushi. Ha ancora con sé la siringa e il cucchiaino usati da lei e John e li consegna agli investigatori, dicendo che quando è uscita alle dieci e un quarto del mattino lui era ancora vivo.
L'autopsia chiarisce che la causa della morte è un'overdose di speedball, un cocktail di cocaina ed eroina. Che Belushi fosse un consumatore di alcool e cocaina è un fatto noto, ma la moglie Judith dichiara che non ha mai fatto uso di eroina e l'amico Dan Aykroyd, l'altra metà dei Blues Brothers, afferma che Belushi aveva paura degli aghi e non può essersi fatto l'iniezione da solo.
Nel frattempo Cathy Smith vende per ventimila dollari al giornale "National Enquirer" la sua versione dell'ultima notte di John Belushi: è stata lei a preparare lo speedball e a fargli la prima iniezione, ma ribadisce che era ancora vivo quando lei se n'è andata, quindi la dose fatale se la sarebbe iniettata lui da solo, più tardi.


La vera storia è più complessa. Di recente Belushi è ricaduto nella droga e si è rivolto a Keith Richards e Ron Wood dei Rolling Stones per prcurarsela. Loro lo mettono in contatto con la propria spacciatrice di fiducia a Los Angeles, la cantante Cathy Smith. Quella sera Belushi è all'On The Rox, un locale sul Sunset Boulevard, con Robert De Niro e Robin Williams, in attesa che arrivi la Smith con la sua merce. La serata prosegue poi tra alcool e sostanze nel bungalow dello Chateau Mormont Hotel. Alle tre e mezza Belushi e la Smith, ubriachi fradici, restano soli. Lui non si sente bene e lei si offre di farlo stare meglio, senza dirgli che cosa gli sta iniettando.
A scoprire la verità è il dottor Michael Baden, il maggior esperto di morti per droga del Paese, che con un lavoro degno di Sherlock Holmes sul corpo della vittima riesce a stabilire che Belushi non si è iniettato da solo neanche la seconda dose di speedball, quella fatale, che risale alle otto e trenta del mattino. Quindi è stata lei a somministrargliela ed è uscita dal bungalow mentre lui era in fin di vita per overdose.
La cantante Cathy Smith, che nel frattempo è scappata in Canada, viene condannata per omicidio colposo. Torna negli Stati uniti nel 1986 e sconta quindici mesi in carcere. Smette di spacciare, ma viene poi arrestata di nuovo in Canada per possesso di eroina. Muore nel 2020 per malattia, lasciando purtroppo come suo principale contribito alla storia della musica l'overdose fatale di John Belushi.


(Questa puntata de La Boutique del Mistero è andata in onda domenica 5 giugno 2022 su Radio Number One)

giovedì 2 giugno 2022

Iperwriters - Biodiversità invisibili: autismo

 

Photo: Venti Views on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì, ore 13. La nave Iperwriters passa, carica di invisibili. Gli autistici (preveniamo la vostra obiezione), lo sappiamo, non sono invisibili.
Forse neppure discriminati, piuttosto aureolati da un'empatia generale. Perché, è ovvio, sono del tutto inoffensivi, non hanno il minimo peso sociale e la minima possibilità di intervenire nelle alte sfere del potere.
Gli autistici potrebbero essere i nati vecchi, gli eterni bambini, le intelligenze eccellenti, i santi, gli artisti di talento a cui è stato proibito vivere e che hanno scelto di (o non hanno avuto altra scelta che) rinchiudersi in un loro mondo su misura come un antico eremita nella sua cella, solo con Dio.
E pensiamo a volte che tutto il proliferare di storie, film, serie televisive, docufiction su autistici di genio non sia che un modo dell'attuale civiltà di risarcire tutti i nati vecchi, gli eterni bambini, le intelligenze eccellenti, i santi, gli artisti di talento a cui è stato proibito vivere. Un rigurgito di colpa? Forse. O forse no. E' difficile credere che il mondo contemporaneo abbia pietà.
L'esaltazione dell'autistico (anche gli schizofrenici vanno forte in tivù) deve restare sul piano dell'immaginario, del simbolico. Perché si pensi che ogni persona possa inserirsi veramente nel tessuto sociale. Ma avete mai visto un autistico di genio nella vita reale?
Io ho un sogno.
Diversi anni fa un uomo autistico è scomparso durante una gita nella capitale. Ne scompaiono moltissime, di persone. Ma di quest'uomo si continua a parlare, per qualche ragione. O forse lui è stato scelto fra i tanti anonimi, come il milite ignoto, perché potessimo domandarci: dove va, cosa fa, come vive, come riesce a mangiare un autistico solo e senza denaro?
Ma io sogno che sia sopravvissuto in qualche comunità di esseri come lui, e che un giorno torni, consapevole e forte come un capo, alla testa di un esercito suo, e riconquisti la terra che forse diecimila anni fa gli apparteneva.
E che, come un re, rifondi un regno di nati vecchi, eterni bambini, intelligenze eccellenti, santi e artisti di talento a cui è stato proibito vivere. Un nuovo mondo, o il ristabilirsi di un'antica giustizia.
E con il regno degli autistici finalmente dotati di parola e azione tornino anche gli alberi e gli animali estinti.

domenica 29 maggio 2022

Dracula: i film maledetti


La Boutique del Mistero, di Andrea Carlo Cappi

Come abbiamo detto in una puntata precedente, il 2022 non è stato solo il centoventicinquesimo anniversario del romanzo Dracula dello scrittore irlandese Bram Stoker, celebrato lo scorso 26 maggio, ma anche il centenario del primo film che ne sia stato tratto: Nosferatu, diretto nel 1922 dal regista F. W. Murnau.
A dire il vero quello di Murnau non è il primo film a utilizzare il vampiro che Stoker aveva reso celebre nel 1897: già nel 1921 era apparso in una pellicola proiettata a Vienna e Budapest, con una trama diversa, concepita da una futura leggenda di Hollywood.
Quanto a Nosferatu, di cui per questioni legali non sarebbe dovuta sopravvivere nemmeno una copia e invece si è conservato fino ai giorni nostri, ha una vicenda misteriosa tutta sua anche fuori dal film: per esempio, si dice che l’attore protagonista fosse davvero un vampiro...


Andiamo con ordine: il primo film a citare Dracula è appunto del 1921, anche se da Stoker riprende solo il personaggio del vampiro. È una coproduzione austro-ungarica intitolata Drakula Halala ("La morte di Dracula"), ambientata in un manicomio: un paziente si crede Dracula, oppure è davvero Dracula che si finge pazzo? Rischia di farne le spese la figlia di un altro paziente, che pare destinata a diventare vittima e sposa del presunto vampiro,
Il regista è un oggi pressoché ignoto Karoly Lajthay, che in quegli anni lavorò anche con Bela Lugosi, attore che in seguito avrebbe avuto parecchio a che fare con Dracula: nel parleremo prossimamente. Anche il soggettista e co-sceneggiatore, un certo Mihaly Kertész, sarebbe rimasto sconosciuto, se poco dopo non fosse diventato famosissimo a Hollywood con lo pseudonimo di Michael Curtiz, regista tra l’altro di un grande cult-movie: Casablanca.
Drakula Halala è scomparso. Nessuno lo ha più visto dal 1926, non ne rimane più neanche una copia e le uniche informazioni che si posseggono derivano da un romanzo - una novelizarion ante litteram - che fu ricavato dalla sceneggiatura di Michael Curtiz. Sono stati fatti persino tentativi di remake, ricostruendo un'ipotetica sceneggiatura proprio a partire dal romanzo. La storia della sparizione di questo film ha ispirato Tutto quel buio, un thriller di Cristiana Astori che fa parte giustappunto della serie di romanzi che la scrittrice dedica ai film perduti dellla storia del cinema.

Ma anche il secondo film su Dracula, il primo tratto effettivamente dal romanzo di Stoker e presentato al pubblico un secolo fa, ha il suo bagaglio di maledizioni. Per cominciare, non potendo pagare i diritti cinematografici del libro, il regista Murnau lo adatta cambiando i nomi di tutti i personaggi e intitolando il film Nosferatu, "non-morto" in rumeno. La trama però è chiaramente basata sul romanzo e ciò non passa inosservato a Florence Stoker, la vedova dello scrittore, che fa causa al produttore e la vince. Pertanto viene decretato che tutte le copie del film dovranno essere distrutte. Per fortuna qualcuna si salva e sarà un bene per la storia del cinema. Forse sono state dstrutte al suo posto tutte le copie del film ungherese.
Ma il grande mistero è l’attore protagonista di Nosferatu, Max Shreck, il cui nome in tedesco significa "Massimo Spavento" e che nel film appare difatti con un aspetto terrificante. Si dice che fosse lo stesso regista, truccato in modo irriconoscibile. Si dice pure che Murnau abbia scritturato un vero nosferatu perché recitasse nel film, ipotesi che ha ispirato il film L’ombra del vampiro con John Malkovich.
In realtà all’epoca esisteva davvero un attore teatrale di nome Max Shreck e in una sua fotografia ufficiale lo si vede senza trucco e con un aspetto più umano... anche se non si sa molto di più sul suo conto né sulle sue abitudini alimentari. Tim Burton gli ha reso omaggio battezzando "Max Shreck" il cattivo interpretato da Christopher Walken nel film Batman-Il ritorno. Ma quella dell’attore-vampiro non è l’unica leggenda oscura a circolare intorno ai film di Dracula. Ce ne sono altre che racconteremo tra qualche settimana...


(Questa puntata de La Boutique del Mistero è andata in onda su radio Number One il 29 maggio 2022)

domenica 22 maggio 2022

Mata Hari, la spia innocente


La Boutique del Mistero, di Andrea Carlo Cappi

Torniamo a parlare di agenti segreti, con la vicenda di Mata Hari, un personaggio storico del primo Novecento, considerato il prototipo della spia al femminile e ripreso più volte da cinema e televisione. Io stesso ho collaborato come sceneggiatore a un serial radiofonico RAI con Veronica Pivetti come protagonista.
Nella maggior parte delle interpretazioni, Mata Hari è una femme fatale, una pericolosa seduttrice e una spia nemica senza cuore. In realtà è una donna molto più avanti rispetto ai suoi tempi, che costruisce su di sé il personaggio di una misteriosa danzatrice indonesiana, trasformandosi nella prima grande diva della propria epoca, ma alla fine viene ingiustamente sfruttata come capro espiatorio a scopo politico.
Ciò che non tutti sanno è che Mata Hari, che in malese significa "Occhio dell'Aurora", è un nome d'arte. In realtà si chiama Margaretha Zelle ed è nata in Olanda nel 1876. Quando compie diciott'anni la famiglia non può più mantenerla e Margaretha accetta la proposta di matrimonio di un capitano dell’esercito coloniale olandese in Indonesia, Rudoph MacLeod, di origine scozzese. Quindi parte per l'Oriente, si sposa e ha due bambini. In realtà la vita matrimoniale è un inferno. Il marito insidia una cameriera, che si vendica avvelenando i figli della coppia, uno dei quali muore. Alla fine i Macleod divorziano, il marito si tiene la figlia superstite e Margaretha torna in Europa. E da qui comincia la metamorfosi in Mata Hari.

Mata Hari fotografata da Paul Boyer

Margaretha Zelle si ritrova a Parigi nel 1903. Senza un soldo, vive di espedienti. Si fa chiamare Lady MacLeod, fingendosi la vedova di un lord britannico, finché non si inventa una nuova identità: Mata Hari, principessa indonesiana esperta di danze orientali... che si inventa lei, come tutto il resto. Ma è così brava che diventa subito una diva internazionale, conosce i grandi artisti della Belle Epoque, frequenta principi e generali e si esibisce nei grandi teatri d'Europa. Tutto grazie a una magnifica finzione che affascina il pubblico.
Purtroppo, mentre si trova in Germania nel 1914, scoppia la Prima guerra mondiale e a Mata Hari vengono sequestrati bagagli e denaro. A questo punto accetta di lavorare per i servizi segreti tedeschi, riferendo dietro compenso le informazioni che scopre da nobili e militari che passano per il suo letto. In realtà non si impegna troppo: vuole solo farsi risarcire le perdite che ha subito per colpa della Germania.
Ma anche ai servizi segreti francesi non passa inosservato che Mata Hari potrebbe essere un'ottima spia. Così nel 1916 si fa reclutare dal capitano Ladoux di Parigi e viene mandata a Madrid, con l'incarico di sedurre un ufficiale prussiano per scoprirne i segreti. Ormai è diventata a tutti gli effetti un'agente segreta francese.

Mata Hari fotografata da Paul Boyer

Ma in quel periodo la guerra sta andando molto male per la Francia. Quando viene alla luce la passata e presuna collaborazione di Mata Hari con i servizi segreti tedeschi, il capitano Ladoux decide di servirsene in tutt'altro modo: nel 1917 la fa tornare a Parigi e la arresta, accusandola di essere una spia nemica e attribuendole la reponsabilità delle sconfitte francesi. La povera Mata Hari viene processata, condannata e mandata davanti al plotone di esecuzione. Per questo passa alla storia come la grande traditrice della Francia. Dai documenti emersi dagli archivi in oltre un secolo, sembra invece che sia stata solo la vittima innocente di un'operazione di propaganda.
Chi volesse approfondire la vicenda trova su YouTube  un mio documentario autoprodotto su Mata Hari. Chi invece vuole saperne di più sulla letteratura di spionaggio, in queste settimane tengo un videocorso di spy story sul sito e sulla pagina Facebook del Premio Torre Crawford.
E, a proposito, per chi si trova a Roma domenica 29 maggio tra le 12.00 e le 14.00, il Premio Torre Crawford organizza un brunch letterario, durante il quale lo scrittore Alfredo Martinelli e io ci sfideremo improvvisando racconti in diretta con la partecipazione del pubblico. L'appuntamento è domenica 29 maggio a mezzogiorno in punto al Foodoo, viale Medaglie d'Oro 342, Roma. Per La Boutique del Mistero ci ritroviamo invece in diretta sempre il 29 maggio alle 16.20 (in collegamento da Roma dopo lo spettacolo) su Radio Number One, con il relativo dossier il giorno dopo su Borderfiction Zone.







venerdì 20 maggio 2022

François Torrent e l'agente Nightshade: il ventennale

Selene Feltrin è Nightshade in una foto di A. C. Cappi

Confessioni di Andrea Carlo Cappi

Ci sono "eccellenze italiane" che a volte vengono trascurate. Tra queste la collana "Segretissimo" di Arnoldo Mondadori Editore, dedicata al thriller spionistico e pubblicata nelle edicole senza interruzione dal 1960. Se ne parla poco o nulla nei media, un po' perché i romanzi in edicola, a differenza di quelli che escono in libreria, non sono conteggiati come bestseller anche quando hanno grande successo; un po' perché negli anni sono stati editi sempre più romanzi italiani, spesso però firmati con pseudonimi stranieri per aggirare l'ostacolo dell'esterofilia del pubblico. Oggi la maggior parte della collana è opera proprio dalla scuola italiana di Segretissimo, la cosiddetta "Legione", ma i media non se ne sono ancora accorti.
Della Legione hanno fatto parte autori e autrici di diversa provenienza ed esperienza. I nomi ormai entrati nella leggenda sono Sergio "Alan" D. Altieri, scrittore di culto, e l'ineguagliabile Stefano Di Marino alias Stephen Gunn, la cui serie "Il Professionista" ha superato i venticinque anni di pubblicazioni e il centinaio di episodi.
Quest'anno uno dei nomi "stranieri" della Legione compie vent'anni e diciotto romanzi, che sarebbero un buon traguardo per chiunque. Sedici appartengono a una serie cominciata nel 2002 e due a una recente serie spin-off (oltre a vari racconti e novelettes, e altri tre romanzi pubblicati dall'autore nella stessa collana con la propria vera identità). Il nome è François Torrent e le caratteristiche dominanti del suo ciclo sono una visione della spy-story molto europea e un'aderenza continua ai fatti della cronaca internazionale. François Torrent, in realtà, sono io. Ecco com'è andata.

Nel marzo 2002 fa la sua prima apparizione in edicola da Segretissimo Mondadori il personaggio di Mercy "Nightshade" Contreras, protagonista di "Nightshade-Missione Cuba", L'autore sono io, Andrea Carlo Cappi, già attivo da una decina di anni con il mio nome, ma qui pubblicato - secondo l'usanza degli pseudonimi stranieri - sotto il nome François Torrent.
Mercedes "Mercy" Contreras, nome in codice "Nightshade", è una contractor spagnola che collabora con i servizi segreti di diversi paesi, spesso con un certo grado di insubordinazione. La serie, accolta subito da grande successo, fa parte di un ciclo detto "Kverse", che ne comprende anche altre: la preesistente "Medina" nata nel 1994 sulle pagine de Il Giallo Mondadori, dove firmavo senza pseudonimo, e le successive "Sickrose" (in Segretissimo), "Black" (da altri editori) e "Dark Duet" (in ebook da Delos).
Nel 2009 - con lo speciale "Legion" - i veri nomi degli autori italiani di Segretissimo vengono rivelati ufficialmente: a partire da quel momento, anche se per tradizione lo pseudonimo rimane in copertina, nella biografia in appendice si comunicano le identità reali di chi scrive.
Dal 2012 le uscite di Segretissimo sono disponibili in edicola e contemporaneamente in ebook, per un periodo più prolungato, sulle principali librerie online e in tutti i formati.
Dal 2015, con il romanzo "Bersaglio Isis", uno di quelli in assoluto di maggior successo, la serie assume la denominazione "Agente Nightshade".
Dal 2019 i primi titoli di "Nightshade" e quelli di "Medina" sono ripubblicati in una versione estesa in una collezione di Oakmond Publishing in volume e in ebook su Amazon, tutti sotto il mio vero nome. La collezione include il volume supplementare "Nightshade-Dossier Contreras", che raccoglie, attraverso i ricordi di Mercy Contreras, racconti e romanzi brevi che costituiscono il prequel del Kverse, tra cui molti inediti.
Nel 2021 nasce per Segretissimo - sempre con lo pseudonimo François Torrent - la serie spin-off "Sickrose", le cui storie si inseriscono nella continuity del ciclo: "Sickrose-Sicaria" prelude ad "Agente Nightshade-Nucleo Leningrad", del quale "Sickrose-Matadora" del marzo 2022 è l'ideale proseguimento.
Nel giugno 2022 Nightshade e François Torrent festeggiano insieme 20 anni di pubblicazioni in Segretissimo con l'uscita in edicola e ebook della novità "Agente Nightshade - Complotto Zerkalo", che racconta i retroscena dell'attuale guerra in Ucraina, pur essendo stato scritto nei due mesi precedenti l'invasione.
Inoltre a inizio luglio 2022 sarà disponibile in volume e ebook da Oakmond la riedizione estesa di "Nightshade - Operazione Nightfall", pubblicato originariamente da Segretissimo nel 2011; nella nuova versione del romanzo è stato inserito un episodio pubblicato in passato come racconto a parte, che costituisce il primo incontro tra Mercy e "Il Professionista" Chance Renard, protagonista dei romanzi di Stefano Di Marino.
Di seguito trovate tutti i titoli di Nightshade e Sickrose disponibili nell'estate 2022 in volume/ebook da Oakmond e quelli in ebook da Segretissimo. Per accedere all'acquisto è sufficiente fare click sulla copertina. "Complotto Zerkalo" è in edicola nei mesi di giugno e luglio 2022, mentre "Operazione Nightfall" sarà in vendita su Amazon a partire dal 4 luglio 2022. I due vecchi titoli mancanti di Nightshade, "Protocollo Hunt" e "Programma Firebird", usciranno in riedizione da Oakmond nel 2023.



















In edicola e book, giugno 2022: Agente Nightshade-Complotto Zerkalo.
Su Amazon, luglio 2022: Nightshade-Operazione Nightfall (riedizione estesa)

Il giallo secondo Sciascia


Recensione di Andrea Carlo Cappi

L'editore Graphe.it ripropone in volume un saggio di Leonardo Sciascia sul romanzo poliziesco, accompagnato dal debito apparato bio-bibliografico e da una prefazione dell'esperta Eleonora Carta. Apparse sotto forma di due brevi articoli nel 1975 e poi riunite in un unico testo - il che spiega forse l'assenza di riferimenti a un nome significativo come Dürrenmatt e il fatto che Borges sia citato solo in una delle varie edizioni - le osservazioni dello scrittore sono ovviamente significative, per chi conosce le sue incursioni in una narrativa che del genere riprendeva e smontava alcuni meccanismi.
Si sa che Sciascia era un lettore di gialli e non solo di quelli "trasversali" di Gadda o Greene. La sua competenza in materia è ben visibile, soprattutto quando esamina la detective story imperniata sulla figura dell'investigatore pressoché onnisciente, con funzione di deus ex machina o quantomeno di portatore di una sorta di giustizia divina. Non a caso ne ritrova un modello nella Bibbia, nella figura del profeta Daniele e delle sue "indagini".
Osserva come l'investigatore "classico" sia più spesso un "tipo" che un personaggio: vale a dire una figura con caratteristiche immutabili, che in pratica non ha un passato, non invecchia, non ha quasi una vita privata al di fuori del romanzo e dell'indagine contingente, vista esclusivamente come un problema intellettuale. Acute le osservazioni su Edgar Allan Poe e le storie del suo cavalier Dupin, in cui appare la prima figura di "spalla del detective", ossia lo stesso (anonimo) narratore. Applicando il dubbio metodico, Sciascia arriva persino a chiedersi se il delitto di Mary Rogers - che ispirò il racconto Il delitto di Marie Roget, in cui si diede, attraverso la finzione, una soluzione molto vicina a quella successivamente scoperta per il caso originale - sia avvenuto realmente oppure non sia a sua volta una finzione nella finzione ideata da Poe in una nota alla ripubblicazione del suo racconto.

La teoria che Sciascia riprende e discute è che il pubblico non voglia fare troppa fatica mettendosi in competizione con il detective, ma semplicemente godersi la lettura come passatempo passivo, al pari della visione di un film. Per questa ragione uno stimolo intellettivo come quello dei romanzi di R. Austin Freeman avrebbe riscosso minor successo rispetto, per esempio, ai libri di Arthur Conan Doyle con Sherlock Holmes, in cui è il dottor Watson a svolgere il compito che dovrebbe spettare a chi legge, ossia porsi domande.
Di fronte a investigatori sempre uguali a loro stessi (inclusi Philo Vance di S.S. Van Dine, Ellery Queen di "Ellery Queen" e l'avvocato Perry Mason di Erle Stanley Gardner) o che rasentano la macchietta - in particolare Hercule Poirot di Agatha Christie - Sciascia conferisce lo status di vero "personaggio" dai risvolti umani - non "tipo" - solo al Jules Maigret di Simenon. Minore tolleranza è rivolta a Edgar Wallace - che, pur essendo stato l'autore di punta delle prime annate de Il Giallo Mondadori, usciva spesso dai rigori del filone classico - così come ai "gialli d'azione" americani, anche se vengono citati i capisaldi Dashiell Hammett e Raymond Chandler. Di Sanantonio, il personaggio di Frédéric Dard, Sciascia apprezza soprattutto il linguaggio irriverente nei confronti del pubblico.
Tuto questo però è un indizio sul tipo di gialli che Sciascia aveva letto e leggeva. Be', teniamo presente anche che lo spazio che aveva a disposizione in due articoli era senz'altro ridotto e non era possibile citare tutti gli aventi diritto. Per esempio, benché pubblicato su Il Giallo Mondadori fin dagli anni Sessanta e quindi già notissimo all'epoca, non viene menzionato Ed McBain, artefice di una tipologia di poliziesco diverso dai modelli precedenti. Né si tiene conto di Giorgio Scerbanenco, cui Garzanti aveva dato ampio risalto nelle sue collane. Nel 1975 inoltre era uscito da troppo poco il primo romanzo di Loriano Macchiavelli per prevedere gli sviluppi tanto dell'autore quanto di un giallo italiano che non sarebbe stato riconosciuto ancora per quindici anni. Ed era ben lontano dall'arrivare in Italia Manuel Vázquez Montalbán, che all'epoca in Spagna muoveva i primi passi su un sentiero non dissimile da quello dello stesso Sciascia.

Tuttavia il grande autore siciliano cade in alcuni pregiudizi. Definisce "sadici" gli agenti segreti di Peter Cheyney e - forse per fortuna - non fa alcun riferimento a Ian Fleming, pubblicato in quegli anni ne I Gialli Garzanti, dove dagli anni Cinquanta aveva grande successo Mickey Spillane. E su quest'ultimo, da intellettuale di sinistra, Sciascia lancia gli strali tipici della categoria: lo scrittore americano non esitava a far scaricare le pistole di Mike Hammer su agenti sovietici infiltrati negli USA e il suo anticomunismo (di maniera) era una colpa addirittura più grave del suo tasso di "sesso e violenza", relativamente elevato per quei tempi, specie in confronto agli investigatori asessuati del giallo classico.
D'altro canto Spillane scriveva per un pubblico americano nell'epoca della caccia alle streghe maccarthista, che era però anche l'epoca degli spietati servizi segreti stalinisti. Ne parlava del resto anche Fleming, seppur da un punto di vista più europeo e quindi più problematico: il creatore di 007 era contrario alla malefica commissione del senatore McCarthy e, almeno fino a un certo punto, un simpatizzante della rivoluzione cubana. Ma ciò non implica che nella realtà tutti i comunisti fossero automaticamente buoni in quanto comunisti, e chi raccontava nefandezze sovietiche fosse per forza cattivo come persona e come scrittore. Già prima di Sciascia, Umberto Eco aveva esaminato Fleming e Spillane con una maggiore apertura mentale.  
Tale punto di vista "ideologico" non toglie però importanza alla visione critica che Sciascia dà del giallo e che è alla base di una parte importante delle sue opere. Stiamo pur sempre parlando di un intellettuale di sinistra che affronta un argomento che certi suoi colleghi, ancora a metà degli anni Settanta, nemmeno consideravano "letteratura" e disprezzavano apertamente come un prodotto destinato alle menti semplici e incolte. Proprio questo atteggiamento snob degli altri intellettuali del settore ha contribuito, perfettamente sincronizzato con altri fattori, al disinteresse di massa verso i libri che oggi possiamo constatare in Italia. Pertanto con questo saggio Sciascia non soltanto ha il merito di avere difeso il romanzo poliziesco, ma anche quello di avere incentivato il pubblico alla lettura.


Iperwriters - Tiro al piccione su Superman

Photo: Johan Taljaard on Unsplash I perwriters - Editoriale di Claudia  Salvatori Letteratura italiacana - 59 - Tiro al piccione su Superman...