giovedì 22 novembre 2018
giovedì 15 novembre 2018
Il Lado della pagina
Aldo Lado in una foto di Andrea Carlo Cappi |
Riflessioni e recensioni di Andrea Carlo Cappi
L'idea che
il pubblico ha di un film è quella degli attori, dei costumi, della fotografia, della musica (nel caso che esamineremo, spesso, quella del maestro Ennio Morricone). In generale, si dimentica della parte
iniziale e fondamentale: quella della scrittura. Alfred Hitchcock –
benché non scrivesse mai di persona i copioni dei suoi film,
anche se a volte ne ideava i soggetti e interveniva pesantemente sul
lavoro degli sceneggiatori – diceva che, una volta completata la
scrittura, avrebbe voluto una macchina IBM che realizzasse il film
senza bisogno di andare sul set. Perché la fase di scrittura è
quasi più importante del resto.
A volte i
registi lavorano su una sceneggiatura altrui, altre volte vi
partecipano, altre ancora ne sono gli autori. Ma prima ancora viene
il soggetto, che può essere un appunto preso su un tovagliolo
al bar o un corposo racconto che delinea i tratti principali del
film. Ma il percorso tra l'idea di un film e il prodotto finito è
irto di ostacoli: Sergio D. Altieri (o Alan D. Altieri, com'era noto
in Italia) ricordava i corridoi degli studi di Hollywood lastricati
di dattiloscritti abbandonati: sceneggiature di film che nessuno
aveva e avrebbe mai realizzato. Ma molte storie fanno naufragio
ancora prima di arrivare a quella fase, restando allo stadio di
soggetti messi in un cassetto per ragioni a volte futili: il
produttore ha esaurito i soldi, oppure ritiene che i gusti del
pubblico siano cambiati, oppure ancora – qui parlo per esperienza
personale – non sa nemmeno lui che cosa voglia.
Aldo Lado
è uno che il cinema lo ha fatto sul serio, cominciando
cinquant'anni fa come aiuto regista (con Bernardo Bertolucci sul set
de Il conformista tratto da Moravia, per esempio) per poi
firmare quindici titoli come regista e molti di più come
sceneggiatore, senza contare le serie televisive e i film come
produttore, tra cui Farinelli. Gli appassionati di thriller lo
ricordano per due capolavori del genere, La corta notte delle
bambole di vetro e Chi l'ha vista morire?, cui si aggiunge
il memorabile L'ultimo treno della notte; ma nella sua
carriera ha affrontato tematiche diverse, con Sepolta viva (da
un romanzo di Marie Eugénie Saffray), La disubbidienza
(da Alberto Moravia), La cosa buffa (da Giuseppe Berto) o La
cugina (da Ercole Patti), per cimentarsi anche nella fantascienza
con L'umanoide e tornare alla sua visione personale del
thriller con Il notturno di Chopin.
Tra
parentesi e a titolo di pura curiosità, Aldo Lado è –
alla pari con Alberto De Martino quando girò il pastiche
jamesbondiano OK Connery – il regista italiano che ha
lavorato con il maggior numero di attori immortalati da film di
007... pur non avendo mai fatto un film del genere: ha lanciato la
giovanissima Barbara Bach ne La corta notte delle bambole di vetro
e l'ha recuperata ne L'umanoide insieme a Corinne Clery e
Richard Kiel, mentre ha diretto l'ex-Bond George Lazenby e il mitico
Adolfo Celi in Chi l'ha vista morire? Avrebbe battuto il
record se avesse realizzato un progetto per cui aveva già
preso contatti con Ursula Andress.
Perché
anche lui ha un cassetto pieno di soggetti perduti, che non esita ad
aprire per noi con un libro originale e unico nel suo genere: I
film che non vedrete mai (edito
da Angera Film nel 2017, 212 pagine di grande formato a 16,50 euro).
Il volume è un triplice percorso nel cinema italiano e
internazionale: una raccolta di storie concepite per lo schermo e mai
realizzate, tranne una che si è modificata passando di mano e
diventando Il giorno del cobra di
Enzo G. Castellari; una sintetica autobiografia dell'autore
che intervalla i singoli racconti narrando cosa succedeva tra un
soggetto e l'altro; e un viaggio attraverso mezzo secolo di cinema, i
cui produttori a volte cercavano di seguire le mode del momento, a
volte davano – stranamente – ascolto all'autore, per poi alla
fine capitolare di fronte a una televisione di qualità sempre
più incerta.
A Lado
piacciono le sfide: se già il suo lavoro di sceneggiatore e
regista ha coperto uno spettro molto ampio di scenari e argomenti, i
film che non vedremo mai testimoniano le idee di un autore che non ha
mai voluto essere inquadrato solo in un genere, tantomeno raccontare
sempre la stessa storia. Così si scoprono avventure ibride tra
noir e guerra, thriller dai forti elementi sociali, vicende erotiche
dai risvolti torbidi, una black comedy dalle sfumature
boccaccesche, uno spaghetti western e un appassionante Spartacus,
una storia di amicizia sullo sfondo della Resistenza e della RSI,
persino una trama di fantascienza apocalittica. Si entra nella mente
creativa inarrestabile di un autore che da una parte persegue
tematiche precise, prima fra tutte la lotta alla discriminazione e
allo sfruttamento, dall'altra non riesce a smettere di immaginare
personaggi e vite.
Ne sono la
riprova due romanzi, uno uscito da poco e uno di prossima
pubblicazione. De Il mastino, un avvincente noir avventuroso,
parleremo quando sarà uscito di stampa, ora prendiamo in
considerazione il già disponibile Un pollo da spennare
(Angera Film, 204 pagine, 12,50 euro), un romanzo dalla trama
noir sviluppata in chiave comica e surreale, tanto che qualcuno l'ha
accostato a Daniel Pennac.
A chi
conosca il cinema francese degli anni Settanta lo stralunato
protagonista Peny fa venire in mente Pierre Richard, che ne sarebbe
stato l'interprete perfetto (anche a giudicare dalle illustrazioni
dell'artista Norbert Iborra che punteggiano il libro a partire dalla
copertina). Del resto il romanzo è stato scritto in francese
nel periodo in cui Lado viveva a Parigi e qualcosa dell'atmosfera
multietnica della Ville Lumière è ben riconoscibile
nell'incrocio di personaggi stravaganti che il romanzo mette in
scena.
Peny
soffre di una singolare allergia: non può toccare il denaro a
mani nude; in compenso è dotato di un olfatto quasi
sovrannaturale. Destino vuole che l'unico lavoro che trova consista
nel contare i soldi presso un centro che raccoglie gli incassi di
supermercati. Il che fa di lui la vittima perfetta di un raffazzonato
gruppo di rapinatori e, al tempo stesso, il capro espiatorio ideale
per le autorità. Ha inizio così una paradossale odissea
a caccia del malloppo, con tanto di inusitata storia d'amore, al
termine della quale Peny dimostra di non essere soltanto un pollo da
spennare.
Gli
appuntamenti con Aldo Lado, i suoi libri e la sua storia:
-Milano,
giovedì 15 novembre dalle 18.00 alle 20.00 per Ribs&Books
in
collaborazione con Bloodbuster, Borderfiction e Parole di Milo al
Ribs and
Beer, via Pitteri 110 (Lambrate)
Ingresso
gratuito, aperitivo con buffet 9,90 euro
Presentano
Andrea Carlo Cappi & Stefano Di Marino
-Marina di
Andora (Savona), sabato 1° dicembre dalle 18.30 per Monsieur Le
Pop – Wine & Words
in
collaborazione con Hotel Galleano, FISAR Savona, Spirale Milano e Momart Guest House
al
Momart,
via Trieste 14
Ingresso
gratuito, degustazione di vini a cura della FISAR Savona.
Presenta
Andrea Carlo Cappi
martedì 13 novembre 2018
Stan Lee, fornitore di meraviglie
Stan Lee in un albo Marvel degli anni Sessanta |
Confessioni di Stan Lee raccolte da Andrea Carlo Cappi
Il 12 novembre 2018, a quasi novantasei anni - che avrebbe compiuto il 28 dicembre - muore Stanley Lieber in arte Stan Lee, forse la figura più nota nella storia del fumetto mondiale: già dagli anni Sessanta la sua immagine appariva di frequente sugli albi della Marvel Comics, creando un rapporto diretto con i lettori. Ma molti hanno conosciuto "Stan the Man" in tempi più recenti, quando già ultraottantenne prese l'abitudine di apparire in un cameo umoristico alla Alfred Hitchcock nei film basati sui personaggi della sua casa editrice. La primissima apparizione risale in realtà al 1989, come membro della giuria in Processo all'incredibile Hulk, tv movie derivato dalla storica serie di telefilm con Bill Bixby e Lou Ferrigno, in cui per la prima volta si vedeva sullo schermo anche un altro personaggio Marvel, Daredevil.
Stan Lee non ha creato tutti i personaggi che popolano l'Universo Marvel: ne ha ripresi alcuni come Capitan America, Submariner o la prima Torcia Umana dalla Timely Comics, la compagnia in cui aveva cominciato a lavorare nel 1939, prima di andare in guerra: il suo esordio era stato proprio su un numero di Captain America Comics nel 1941. Altri ancora sarebbero nati nei decenni successivi per mano di autori della Marvel.
Tuttavia furono molti i nuovi eroi che Stan Lee creò di persona, in collaborazione con il fratello Larry Lieber, con celebri autori-disegnatori quali Jack Kirby e Steve Ditko, e con colleghi come Bill Everett. I loro personaggi, che avrebbero costituito l'Universo Marvel, erano contraddistinti dalla formula "supereroi con superproblemi", che li rendeva più umani agli occhi dei lettori rispetto a superuomini e superdonne dei fumetti precedenti.
Dagli anni Duemila i personaggi della Marvel hanno conosciuto nuova popolarità grazie ai cosiddetti "cinecomics". Stan Lee occupava ormai solo una carica onorifica, ma era sempre presente, oltre che nelle partecipazioni straordinarie dei film, anche nei contenuti speciali dei dvd, restando una figura familiare al pubblico. Nel 2018 ha fatto in tempo a vedere il decennale dei Marvel Studios (peraltro acquisiti nel frattempo dalla Walt Disney) e il lancio del più ambizioso progetto cinematografico della sua compagnia, Infinity War.
Il 5 dicembre 2003 il Noir in Festival si videocollegò da Courmayeur con Los Angeles, da dove Stan Lee rispose alle domande di Giorgio Gosetti, alle mie e a quelle del pubblico in sala. La conversazione fu pubblicata l'anno dopo su M-Rivista del Mistero e nel 2012 all'interno del volume Spiderman - 50 anni di un mito. Oggi è il giorno più adatto a riproporla.
I
fumetti
Cominciai
quando avevo circa diciassette anni. C’era un posto libero in una
casa editrice, pensavo di voler fare lo scrittore e accettai il
lavoro. Non sapevo che si trattasse di fumetti, credevo fossero libri
o riviste. Quando seppi che il lavoro era nella sezione fumetti,
pensai che sarebbe stato divertente, che me ne sarei occupato per un
po’, per fare esperienza, e che poi mi sarei avventurato nel mondo
reale. Per qualche ragione, dopo più di mezzo secolo, me ne
sto ancora occupando.
Quando
ho cominciato, volevo fare qualcosa di diverso. Come scrittore non
volevo fare un’imitazione di qualcos’altro. C’era una certa
formula che dovevo seguire. Sapevo che i lettori volevano supereroi
con superpoteri e che volevano che gli eroi indossassero dei costumi.
Ma, a parte quello, cercai fare tutto in modo differente. Tentai di
renderli molto umani. Qualsiasi essere umano ha un difetto di qualche
genere. C’è chi è timido, c’è chi è
debole, c’è chi non vede o non sente bene. Pensai che, dando
loro certe fragilità umane, li avrei resi più
credibili, malgrado fossero dotati di superpoteri.
Se
leggi una storia il cui protagonista riflette i tuoi stessi desideri,
le tue stesse ambizioni, ma anche le tue paure e le tue inquietudini,
puoi legarti maggiormente a quel personaggio, puoi credere in
quel personaggio.
Ritengo
che i supereroi possano essere simili alle persone normali. Se l’eroe
è solitario, ha problemi sentimentali, è tormentato,
questo lo rende simpatico al lettore. Una cosa che ho sempre cercato
di fare come scrittore è stato usare molto i thought
balloons, i fumetti con i pensieri, riconoscibili dalle bollicine
sopra la testa dei personaggi. Mostrare ciò che un personaggio
sta pensando è un altro modo per permettere al lettore di
comprendere il personaggio.
In
verità sono molto pigro. Quando ho creato l’Uomo Ragno,
dovevo motivare i suoi superpoteri, quindi mi sono dovuto inventare
che fosse stato morso da un ragno radioattivo. Lo stesso valeva per
Daredevil: mi inventai che un liquido radioattivo gli fosse finito negli
occhi. Hulk era stato investito dai raggi gamma, i Fantastici 4 dai
raggi cosmici… Ero a corto di ragioni per cui i supereroi potessero
diventare tali, così mi venne in mente che se erano dei
mutanti, potevano nascere coi loro superpoteri. Succede. Dopotutto,
un serpente con due teste è un mutante. Se erano dei mutanti,
non c’era più bisogno di ragni radioattivi o raggi gamma,
non c’era niente da spiegare e potevo andare avanti con la storia.
Quando
cominciai, scrivevo sceneggiature per i fumetti con le stesse
tecniche usate per lo schermo: descrizione della scena e dialoghi. In
seguito lasciai la mano più libera agli artisti per quanto
riguardava il layout. I disegnatori erano liberi di scegliere come
comporre la scena. Poi mi passavano le tavole e io aggiungevo
dialoghi e didascalie. In questo modo potevo lavorare più
rapidamente, con più disegnatori nello stesso momento.
Capitan
America
Capitan
America non era una mia creatura: era stato inventato anni prima da
Jack Kirby e Joe Simon. Era ancora un personaggio monodimensionale:
un “buono” con superpoteri che combatteva contro i cattivi,
affiancato da una spalla teen-ager, Bucky Barnes. Ma non si poteva
dire molto altro di lui. Quando cominciai a scriverne come
personaggio Marvel negli anni Sessanta, Capitan America non
usciva da molti anni. Decisi di riportarlo in vita. Ma volevo dargli
un po’ di personalità, qualche problema. Volli renderlo
incapace di adattarsi al mondo degli anni Sessanta. Capitan America
si sentiva, in qualche modo, un anacronismo, un uomo di altri tempi
che non capiva gli eventi, la musica, l’ambiente degli anni
Sessanta. E fu così che lo ripresentai al pubblico.
Alcuni
anni dopo smisi di scriverne le sceneggiature, ma ci furono altri
scrittori che proseguirono il lavoro, cercando di portarlo ancora più
avanti, di renderlo più realistico. Avevamo fatto morire Bucky, lo avevamo sottoposto a molte prove (avevo appena menzionato il periodo dopo il Watergate, in cui Capitan America non si riconosceva più nel suo paese e aveva adottato un costume nero e il nome di battaglia Nomad, A.C.C.) Tutto questo con
l’obiettivo di rendere il personaggio una persona reale in un mondo
reale. Perché alla gente vera succedono molte cose, a volte
muoiono degli amici. Ed è interessante vedere come un eroe
reagisce alle sventure che capitano nella sua vita. Questa era
l’intenzione.
Televisione
e cinema
Ralph
Bakshi è un genio, un grande animatore. Amavo i suoi vecchi
cartoni animati dell’Uomo Ragno. Non disponevano ancora di tutti
gli effetti al computer che si usano oggi, ma avevano molto spirito,
molta anima. Erano molto interessanti. Vorrei aggiungere che in
questo momento c’è una nuova serie a cartoni animati
sull’Uomo Ragno. Non so se sia stata già trasmessa in
Italia, ma posso dire che è la migliore mai realizzata. Spero
che la vedrete. Sono sicuro che vi piacerà.
Dipende
tutto dalla qualità. Nel fumetto, il successo dipende dal
fatto che una storia sia scritta bene e sia disegnata bene. Un film
funziona se è ben scritto, ben diretto e ben recitato. Siamo
stati molto fortunati: abbiamo avuto i migliori registi, i migliori
sceneggiatori e i migliori attori. Quello che arriva sullo schermo
cinematografico è molto fedele al contenuto dei fumetti.
Nessuno ha cercato di alterarne lo spirito o la qualità.
Quindi penso che siamo stati fortunati sotto tutti i punti di vista.
Sam
Raimi, regista di Spiderman, è un
mio vecchio amico, una persona splendida e di grande talento. Andiamo
perfettamente d’accordo. Se vi raccontassi qualcosa della trama del
nuovo film, mi ammazzerebbero. Ma posso anticiparvi che l’avversario
è il Dottor Octopus, che sarà interpretato da un vero
attore e non sarà un personaggio generato al computer, anche
se verranno usati opportuni effetti speciali. Sono pronto a
scommettere che Spiderman 2 sarà all’altezza del
primo film, o addirittura migliore. Aspettate e vedrete.
Non
seguo direttamente lo sviluppo: produttori e registi scelgono da
soli… e ogni tanto mi concedono una partecipazione straordinaria.
Nel mio prossimo cameo avrò addirittura una battuta.
Posso considerarmi un membro del cast.
Ora
è in uscita Ghost Rider e in lavorazione Fantastic Four. Stiamo preparando un film su Silver Surfer, uno sul Dottor
Strange, uno su Submariner (Silver Surfer è apparso nel sequel di Fantastic Four, il Dottor Strange è arrivato sullo schermo solo più tardi, all'interno della saga di The Avengers, mentre il film su Submariner non è mai stato realizzato, A.C.C. 2018) A dire il vero praticamente ognuno dei
personaggi principali della Marvel è protagonista di una
sceneggiatura in preparazione in uno studio di Hollywood piuttosto
che un altro. Ci saranno poi i sequel: oltre a Spiderman 3 anche
Daredevil 2 e così via (Daredevil 2 non è mai stato realizzato: dopo il primo film e lo spin-off su Elektra, il progetto è rimasto fermo e Daredevil è tornato solo di recente nella serie tv realizzata da Netflix, A.C.C. 2018). È incredibile quanti
“Marvel movies” sono in lavorazione in questo momento.
Credo
che ai bambini piacciano. Cerchiamo di realizzare i film con gli
stessi criteri con cui facciamo fumetti: in modo che possano piacere
a ogni tipo di pubblico. Complessi quanto basta per essere apprezzati
da un lettore adulto, ma chiari e comprensibili anche per i più
piccoli. E cerchiamo di fare lo stesso con il cinema: adeguati a un
pubblico adulto, ma divertenti per un pubblico più giovane.
Dopo
la Marvel
Sono
fuori da un po’ dai fumetti. Ora sto a Los Angeles, mentre la
Marvel Comics è a New York. Negli ultimi anni mi sono occupato
essenzialmente di cinema e televisione.
Per
quanto riguarda la Marvel… è una strana situazione. Non l’ho
effettivamente lasciata, sono tuttora il presidente emerito, più
che altro un titolo onorario, e ancora faccio quello che posso per
sostenere la Marvel, partecipo alle convention… Ma ho formato una
mia compagnia, chiamata POW Entertainment, dove POW sta per Purveyors
of Wonder (“Fornitori di Meraviglie”, N.d.R.) Ci occupiamo di
cinema, televisione e animazione, basati su mie idee originali che
non hanno nulla a che vedere con la Marvel. Sentivo che era venuto il
momento di fare le mie cose. Mi sto divertendo molto, lavoro con
gente come Nick Cage, Pierce Brosnan, Robin Williams. Realizzo una
serie a cartoni animati chiamata Striperella, non so se ne
avete sentito parlare, con Pamela Anderson nel ruolo di una donna che
fa la danzatrice esotica di notte… e la supereroina di notte... più tardi. Stiamo anche lavorando a un cartone animato con
protagonista Hugh Hefner, l’editore di Playboy, chiamato
X-SuperBunnies: nessuno sa che Hefner è un supereroe
che combatte per la libertà, così come nessuno sa le
sue ragazze sono scienziate nucleari che lottano per salvare il
mondo. Ci stiamo lavorando in questo momento ed è molto
divertente (A dire il vero, non mi risulta nulla in merito a questi progetti! A.C.C. 2018)
La
musica
Mi
piace la musica di ogni genere. Comincia a piacermi anche il rap,
l’unico problema è che non capisco che cosa dicono. Il rock
mi piace: anni fa ho scritto anche testi per varie rock band. Sono
amico di molte rockstar. Ho un aneddoto: una volta, in Inghilterra,
ho ricevuto una telefonata in albergo. Una voce disse: “Sono Paul
McCartney, ho saputo che è in Inghilterra, deve venirmi a
trovare.” Io dissi: “Non conosco nessun Paul McCartney.” Ero
sicuro che fosse uno scherzo. Ma lui mi diede un indirizzo e io ci
andai, giusto per vedere di che cosa si trattasse. Ed era davvero
Paul McCartney! Viveva in una grande casa, con davanti una grossa
Rolls Royce e accanto una piccola Mini Morris. Sembrava che la Rolls
Royce avesse appena avuto un figlio. La ragione per cui mi voleva
vedere era che sua moglie Linda aveva una figlia che stava lanciando
una band chiamata “Susie and the Red Stripes” (lei era Susie) e
volevano che facessi un fumetto con lo stesso nome per promuovere il
gruppo. Dovevamo riparlarne, ma poi non se ne fece nulla: quando lui
arrivò in America io ero in Messico e quando io tornai in
Inghilterra lui era da un’altra parte. Non ci incontrammo più,
ma era stato molto divertente sollevare il telefono e sentirmi dire:
“Pronto, sono Paul McCartney, vorrei vederla.” Non si sa mai che
cosa aspettarsi, quando suona il telefono.
I
cattivi
Ci
siamo sempre ispirati al quello che accadeva nel mondo reale. Durante
la Seconda guerra mondiale, i cattivi erano spesso nazisti. All’epoca
della Guerra Fredda molta gente in America aveva paura della Russia e
pensavamo che i comunisti fossero i cattivi. Ma dopo diventammo più
attenti e più sofisticati: non potevamo prendere un intero
gruppo di persone e dire che erano tutti cattivi. Oggigiorno, quando
serve un nuovo cattivo, prendiamo un terrorista. Uno dei maggiori
problemi nei fumetti e inventare dei cattivi. Si può usare lo
stesso eroe, ma in ogni storia ci vuole un nuovo cattivo. Può
diventare faticoso, d'altra parte il buono deve pur combattere contro
qualcuno. E bisogna sempre trovare un nuovo cattivo, un mese dopo
l’altro.
Me
ne piacciono tantissimi. Amo il Dottor Destino, il Dottor Octopus,
Goblin, l’Uomo Sabbia… non li ricordo nemmeno tutti. Purtroppo
sono smemoratissimo. Per darvi un’idea della mia pessima memoria,
vi dirò che quando inventavo un personaggio, gli davo sempre
un nome di battesimo che cominciasse con la stessa lettera del
cognome, come Peter Parker, Matt Murdock, Reed Richards. Lo facevo
già quarant’anni fa. La ragione era che, se riuscivo a
ricordare uno dei nomi, avevo un indizio sull’iniziale dell’altro
nome. Per cui cominciavo con Bruce… come si chiamava? Bruce Banner,
ecco com’era. Credo una volta di avere scritto “Bert Banner”
invece di Bruce Banner. E tutti i lettori mi scrissero: “Non si
ricorda il nome dei suoi stessi personaggi?” Me la cavai da
codardo, dicendo: “Il nome completo è Robert Bruce Banner.”
Sono uno smemorato.
Il
supereroe preferito
Quello
che mi somiglia di più non è un supereroe.
Probabilmente è J. Jonah Jameson, il direttore del giornale
per cui lavora l’Uomo Ragno. Se dovessi scegliere un supereroe, direi
Reed Richards, non perché il mio corpo si allunghi, e non
perché io sia uno scienziato intelligentissimo. Reed Richars è
un uomo che parla sempre troppo. Annoia sempre la Cosa, che gli dice
di stare zitto. Quindi assomiglio a Reed Richards: quando comincio a
parlare, non smetto più. Ma sono come un padre a cui si chiede
qual è il figlio preferito: li amo tutti quanti.
Excelsior!
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