sabato 20 ottobre 2018
Stefano Di Marino: avventure nell'ignoto
Recensione di Andrea Carlo Cappi
Da
oltre vent'anni i lettori della storica collana Segretissimo di Mondadori seguono con entusiasmo le avventure de Il
Professionista, firmate da
Stefano Di Marino con lo pseudonimo ormai da tempo svelato di
“Stephen Gunn”. Un successo ineguagliato, di cui i media si guardano bene dal parlare. Eppure, se esistessero classifiche dei bestseller per i
libri venduti in edicola, ogni titolo della serie sarebbe in testa per
settimane, proprio come risulta esserlo in versione ebook nella categoria “guerra
e spionaggio” di Amazon.
Nondimeno Di Marino, oltre a essere lo
scrittore di genere più attivo e più venduto in Italia,
è anche uno dei pochi in grado di affrontare con noncuranza e
talento qualsiasi filone, dall'avventura al western, dal giallo al
fantastico. Almeno una volta all'anno Dbooks.it, attento editore
indipendente, pubblica un suo corposo romanzo che esce dagli schemi
abituali. Quest'anno a Strani Mondi, l'appuntamento
milanese d'autunno con la letteratura fantastica, è stato
presentato in anteprima Kalimantan – Il fiume dei diamanti, in cui l'autore ha
riunito con abile contaminazione molte sue passioni nel campo della narrativa
popolare.
La
vicenda si apre ai giorni nostri in chiave noir, con la spettacolare
evasione di Dino Rital – ovvero, in gergo marsigliese, “Dino
l'Italiano” – arrestato a Copenhagen per un clamoroso furto
d'arte. A liberarlo è Margot van Horn, giovane donna d'affari (sporchi), interessata a scoprire dove il ladro abbia nascosto il
suo bottino, una reliquia indonesiana che, sostiene lei, sarebbe di
proprietà della sua famiglia.
Dopo questo prologo, la storia
si dipana su due piani temporali. Parte della vicenda si svolge nel
1857, quando l'avventuriero olandese Thomas van Horn, giocando tra
diplomazia e pirateria, con l'aiuto dell'amante e complice Purina, si
impadronisce del tesoro del sultano di Tarakan, nel Kalimantan
occidentale. Tra una
battaglia navale e una tempesta, la loro nave finisce alla foce di un
fiume in cui la corrente sembra procedere a rovescio, trascinandola
in secca nei pressi di un luogo singolare nella giungla inesplorata.
È qui che, all'ombra di un antichissimo tempio appartenuto a
una civiltà scomparsa, si trova il villaggio governato dal
misterioso professor Wells e custodito da una legione di tagliatori
di teste. Potrebbe essere un rifugio sicuro per van Horn e il suo
equipaggio, ma ben presto vengono alla luce segreti inconfessabili e
orrori indicibili.
L'altra
parte della vicenda si svolge al giorno d'oggi. Margot van Horn,
discendente di Thomas, è intenzionata a trovare quel luogo
misterioso e appropriarsi delle ricchezze che nasconde. Rital
potrebbe essere l'alleato ideale nell'impresa. Così,
trascinato in un labirinto di ambigue alleanze e costretto a scontri
violenti tra fazioni rivali, l'italiano si lascia coinvolgere
nell'avventura che li porterà sulle tracce del pirata.
Il lettore non può fare a meno di notare gli
intenzionali parallelismi tra personaggi e situazioni delle varie
epoche, a testimonianza che i tempi cambiano, ma la natura umana
rimane sempre la stessa. Tuttavia, se si pensa di sapere già tutto
ciò che aspetta i protagonisti, si resterà sorpresi: in
agguato ci sono orrori ancora più indicibili di quelli con cui
fece i conti l'antenato di Margot.
Di Marino e Cappi al Ribs and Beer, Milano, 18 ottobre 2018 (foto Dbooks.it) |
Ne
abbiamo parlato alla successiva presentazione del romanzo, nel corso
del primo aperitivo letterario del ciclo Ribs & Books
presso il ristorante-pub Ribs and Beer a Milano Lambrate, in gemellaggio con il mio Martin Mystère - Le guerre nel buio. Sono emersi i
nomi di Emilio Salgari, H. G. Wells e di Edgar Rice Burroughs, ma
anche di Joseph Conrad e Richard Connell (l'autore de La
pericolosa partita), e potremmo
includere nel gruppo anche Jules Verne. Tra i numerosi riferimenti
letterari, spicca il nome di Alfredo Castelli, i cui fumetti
anticiparono clamorosamente fin dal 1975 – con Allan
Quatermain, ispirato all'omonimo
personaggio di H. Rider Haggard, cui fece seguito Martin
Mystère nel 1982 –
molta della fiction degli anni a venire, da Indiana Jones
alla Lega dei Gentiluomini Straordinari,
da X-Files a Men
in Black. Non a caso, entrambi i
romanzi – Kalimantan
e Le guerre nel buio –
contengono riferimenti al mitico conflitto tra le civiltà
ancestrali e altamente tecnologiche di Atlantide e Mu, che avrebbe
portato alla reciproca distruzione e a un cataclisma di proporzioni
planetarie, antefatto di molti episodi della saga di Martin Mystère.
Ciò
che rende unico Di Marino è la naturalezza
con cui riesce a descrivere duelli, arrembaggi, orrori e sentimenti, passioni e ossessioni... tutto con la giusta misura. Smentendo i pregiudizi su questo tipo di
narrativa, i suoi personaggi, donne e uomini che siano, non sono figure
anonime: gli basta una frase o una battuta di dialogo per farci
comprendere cosa provino, persino dubbi e incertezze dietro una facciata fintamente imperturbabile. Show, don't tell,
come si suol dire.
Il risultato è un romanzo incalzante di 435
pagine, che un editore più blasonato avrebbe riempito di spazi
bianchi fino ad arrivare a 600 pagine e a un prezzo ben superiore ai
17,50€. Ma un editore più blasonato non si avventurerebbe a pubblicare un
libro del genere, perché – per nostra fortuna – non
assomiglia a nessun bestseller presente sul mercato.
Aperitivo "Ribs&Books", 18 ottobre 2018 (foto: Marco Donna) |
giovedì 18 ottobre 2018
Ribs & Books: Kalimantan & Martin Mystère
Borderfiction Eventi, in collaborazione con il Ribs and Beer di via Pitteri 110, Milano Lambrate, e Parole di Milo, presenta il primo degli aperitivi letterari Ribs & Books. Giovedì 18 ottobre 2018, dalle 18 alle 20, doppio appuntamento con l'avvventura e il fantastico: saranno presenti Stefano Di Marino con il suo nuovo romanzo Kalimantan-Il fiume dei diamanti (Dbooks.it) lanciato in occasione della recente manifestazione Strani Mondi; e Andrea Carlo Cappi, fresco vincitore del Premio Italia 2018 per il miglior romanzo fantasy con Martin Mystère-La Donna Leopardo, che presenta invece il successivo romanzo della serie dedicata al "detective dell'impossibile" creato da Alfredo Castelli, Martin Mystère-Le guerre nel buio (Sergio Bonelli Editore). Tutti i titoli saranno in vendita nel corso dell'incontro, con un omaggio a sorpresa per i primi dodici acquirenti. Ingresso libero e, per chi lo volesse, aperitivo con buffet a 9,90€.
KALIMANTAN-Il fiume dei diamanti: nel XIX secolo il capitano olandese van Horn approda su un'isola maledetta; oltre un secolo e mezzo dopo il ladro internazionale che si fa chiamare Dino Rital, l'avventuriera Margot van Horn e un manipolo di uomini pronti a tutto ne seguono le tracce in cerca di un tesoro inimmaginabile, in un pericoloso viaggio verso l'ignoto.
Martin Mystère-LE GUERRE NEL BUIO: in un lontano passato gli esseri umani affrontarono una razza sconosciuta proveniente dalle viscere della Terra; nel 1988 il Detective dell'Impossibile deve scoprirne il mistero, per sventare una spaventosa minaccia che incombe sull'umanità. Il seguito del romanzo La Donna Leopardo.
mercoledì 29 agosto 2018
Mission: Impossible - Dalle origini a Fallout - 2
Da una dozzina di anni c'è
qualcosa di nuovo nel mondo di Mission: Impossible, qualcosa
che ha permesso che il fenomeno non si limitasse a un successo
isolato del film del 1996 e al sequel del 2000. È nato un
rapporto di consequenzialità tra una storia e l'altra, di cui
ora vengono raccolti i frutti. Fallout (2018), ancora di più
di quanto avvenuto nei due film precedenti, riavvicina il concetto
della serie a quella vista in televisione, equilibrano meglio
l'elemento spionistico con la componente di azione, peraltro sempre
notevolmente spettacolare.
I telefilm originali erano nati
sull'onda del successo cinematografico di James Bond e si erano
conclusi nel periodo in cui, con lo scandalo Watergate, cominciarono
a venire alla luce i giochi sporchi reali dei servizi segreti
americani. La ripresa anni Ottanta, in minima parte influenzata dalla
moda dei film d'azione dell'era reaganiana, fu dovuta a circostanze
particolari: uno sciopero degli sceneggiatori americani, che indusse
i produttori al recupero di materiale preesistente, usato o non usato
che fosse, per girarlo a basso costo in Australia.
In realtà la Paramount
Pictures aveva in programma di realizzarne una versione
cinematografica, vista anche la ripresa di 007 con GoldenEye
(1995) dopo sei anni di interruzione e un rinato interesse verso lo
spy movie. Il rilancio di M.I. si rese possibile
tuttavia solo dopo l'entrata in gioco Tom Cruise, con la compagnia di
produzione da questi condivisa con Paula Wagner. Il che,
naturalmente, avrebbe comportato il suo controllo assoluto su
collaboratori e prodotto finito, a costo di discutere sullo script,
sulla colonna sonora e sulla regia, affidata a Brian De Palma. In
cambio, l'attore consegnò alla Paramount un film costato meno
del budget previsto, in cui aveva realizzato personalmente la maggior
parte degli stunt.
I puristi della serie non
apprezzarono né la gestione del personaggio classico di Jim
Phelps, né il fatto che l'azione spettacolare, come si è
detto, prevalesse sulle trame di “gioco
mentale”
(come acutamente le definì Martin Landau) che avevano
caratterizzato la serie tv. Ma, dopo M:I-2 – che ho già
citato come un film quasi interamente affidato al talento registico
di John Woo oltre che alle acrobazie di Tom Cruise, più che a
una vera costruzione narrativa – e sei anni di intervallo, ha
inizio la gestione di J. J. Abrams, già creatore di Alias e
Lost, l'uomo che in breve tempo si trova in mano anche i destini
di Star Trek e Star Wars, quindi tre gloriosi
franchising degli anni Sessanta-Settanta.
Nel 2006 esce M.I.-III,
diretto dallo stesso Abrams, che introduce per la prima volta nella
serie il concetto di continuity anziché episodi
isolati. Il film non è ancora perfetto come costruzione e
anche come dettagli: dubito, per esempio, che Maggie Q potrebbe mai
entrare in Vaticano con un vestito con tutti quegli spacchi, ma è
noto che gli sceneggiatori americani a certe cose non fanno troppo
caso. Tuttavia la storia si fa più personale, dal momento che
l'indistruttibile Ethan Hunt si sposa con Julia (Michelle Monaghan) e
acquisisce una grave vulnerabilità nell'affrontare il perfido
Owen Davian (Philip Seymour Hoffman). La moglie diventa la sua
kryptonite e, come vedremo negli episodi successivi, il matrimonio
andrà a rotoli.
Nel successivo Protocollo
Fantasma (2011) si configura una nuova squadra: oltre al fidato
tech-guy Luther Stickell (Ving Rhames, unica spalla presente
in tutti i film), appaiono Benji Dunn (Simon Pegg, tech-guy
più imbranato) e William Brandt (Jeremy Renner), oltre a Jane
Carter (una splendida Paula Patton, l'unica che purtroppo non si sia
più rivista). L'agente Hunt si trova di nuovo esautorato, ma
stavolta insieme a lui lo è l'intera IMF, accusata di un atto
di terrorismo a Mosca; laddove il vero responsabile è un
fisico nucleare deciso a scatenare una guerra nucleare “controllata”,
per riequilibrare il mondo. Scopriamo anche come sia finito il
matrimonio tra Ethan e Julia e abbiamo l'annuncio di chi sarà
il nemico successivo, un'organizzazione sovrannazionale chiamata il
Sindacato.
È
quella che troviamo in Rogue Nation, in cui apprendiamo che
l'agente MI6 britannico Solomon Lane (Sean Harris) ha preso un po'
troppo sul serio i suoi giochi di guerra – come a suo tempo i
cattivi de I tre giorni del Condor – e si dedica alla
destabilizzazione mondiale. Facciamo anche la conoscenza di Ilsa
Faust – un nome, un programma – anche lei agente dell'MI6
(interpretata dall'affascinante Rebecca Ferguson) nel pieno di doppi
e tripli giochi. Lavora per Lane? Lavora per l'MI6? Oppure ha altri
obiettivi? Alla fine Lane viene catturato, ma, come suggerisce
l'inconscio di Ethan all'inizio di Fallout, forse è
stato un errore lasciarlo in vita.
Il nuovo
film infatti ci rivela che il Sindacato non è morto, ma si è
evoluto in una nuova organizzazione chiamata gli Apostoli, gestita da
un fantomatico John Lark, che ha tra i propri obiettivi quello di
liberare Solomon Lane. Ed è di certo l'obiettivo meno
disastroso, dal momento che quando Ethan, insieme ai compagni Luther
e Benji, cerca di intercettare tre nuclei di plutonio nel corso di
una compravendita; ma li perde per proteggere i suoi compagni Luther
e Benji. Così il Sindacato potrà fabbricare altrettante
bombe nucleari da far detonare a piacimento (sì, come McGuffin
non è una novità). Oltretutto anche stavolta Ethan
viene sospettato di essere un traditore (pure questa non è
cosa nuova), per la precisione John Lark in persona.
A
funzionare nel film sono lo svolgimento della trama e il fatto che
tutto ciò che avviene è motivato da una logica basata
sui cinque film precedenti e dai nodi al pettine della continuity.
L'agente Hunt è sospettato proprio perché in passato
questo è già avvenuto più volte e la direttrice
della CIA (Angela Bassett) inserisce nella squadra IMF il proprio
agente August Walker (Henry Cavill, molto più duro rispetto al
suo Superman e al Napoleon Solo di Operazione UNCLE). La
missione è delicata: fallito il tentativo di catturare il vero
John Lark, Hunt si vede costretto a fare il doppio gioco,
infiltrandosi nel gruppo di mercenari che a Parigi si appresta a
liberare Solomon Lane. Ma non ci si può fidare di nessuno,
nemmeno dei presunti alleati: ognuno sembra avere una propria agenda,
che non coincide necessariamente con quella dell'IMF.
Come
dicevo, nodi al pettine. Dal secondo film, tra le caratteristiche
ricorrenti del protagonista viene inserita la sua passione per
scalate e acrobazie aeree, che non mancano in questo episodio. In
Protocollo Fantasma si era colta una strizzatina d'occhio al
primo film quando è riapparso il Contatto (Andrea Wisniewski)
che, come nel 1996 porgeva a Ethan un cappuccio prima di condurlo a
un incontro segreto; qui c'è un nuovo personaggio, la Vedova
Bianca (Vanessa Kirby), che scopriamo essere figlia
dell'intermediaria Max (Vanessa Redgrave) vista nel primo film e fare
più o meno lo stesso tipo di mestiere. In Rogue Nation
l'analista Brandt (assente in Fallout) è tornato a
lavorare a Washington DC fianco a fianco con il Segretario Alan
Hunley (Alec Baldwin) che ritroviamo in questo film. Così come
ritroviamo Ilsa Faust, sulla quale ancora gravano sospetti di doppio
gioco dall'episodio precedente; e Julia, l'ex-moglie di Hunt, che sta
cercando di rifarsi una vita e si ritrova invece coinvolta in prima
persona nell'operazione.
Dopo un
bell'intrigo gestito bene, si può accettare che la parte
finale del film consista nella classica corsa contro il tempo per fermare
l'apocalisse atomica nel Kashmir. Anche perché condita da un
efficace colpo di scena e incentrata su uno spettacolare duello tra
elicotteri, cui segue una scena d'azione in un crepaccio, del tipo
«tutto va storto nel modo peggiore peggior momento possibile».
Basti dire che, per una volta, persino l'inossidabile agente Hunt
avrà bisogno di cure ospedaliere.
Un altro buon lavoro di
Christopher McQuarrie, sceneggiatore e regista che, oltre a dirigere
il precedente episodio, ha collaborato più volte e in varie vesti con Tom
Cruise negli ultimi anni.
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