giovedì 19 agosto 2021

Iperwriters - Unforgettable II


Foto: Yonsik Noh (Unsplash)

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì, ore 13. La nave Iperwriters spera.
Sì, la grande stagione del romanzo non può tornare. Non tanto presto, almeno.
Ai tempi di Dickens, Hugo, Balzac, Dumas non c'era che la parola scritta per portare via le persone da dove erano incastrate. Niente cinema, niente serie tv, niente videogiochi. C'era solo la lettura ad alta voce, collettiva, o la lettura solitaria. Per sognare. Per visualizzare nella mente. Per immaginare le scene e i dialoghi e forse inventarne di nuovi.
La mia amica Serenissima di Berlino, di cui potrei essere nonna, mi scrive in risposta ad uno dei miei primi editoriali: “C´è poi, invece, un punto su cui mi hai aperto gli occhi, quando parli della lettura solitaria e di come tali letture accompagnassero le persone per giorni e giorni. Le ricordo, entrambe le cose. Ricordo come il leggere fosse un atto d'isolamento e come questo mi facesse sentire immersa in una specie di bolla. Leggere era come sognare, smettere di leggere era come svegliarsi da uno di quei sogni che ti rimangono addosso e ridipingono ciò che vedrai nella veglia. L´ho ricordato, realizzato, e mi chiedo che cosa sia cambiato. Che cosa sia cambiato in me, e se vi siano cambiamenti che vanno al di là dell'evoluzione della singola persona. Ho pensato all´attuale costante interconnessione, che ai tempi mancava. Non c´era uno smartphone di fianco al romanzo di cui avvalersi per condividere in diretta un passaggio particolarmente rivelatore, rivolgendosi a una comunità unita da un interesse comune. C´era internet, quando ero piccola, ma era diverso. E immagino che, quando neanche i cellulari c'erano, tale isolamento dovesse essere ancora più assoluto, e come, per trovare anime affini, si dovesse uscire di casa nel 'minuscolo' mondo pre- internet, avendo fede nel fatto che qualcuno o qualcuna di affine, là fuori, geograficamente non troppo lontano, ci sarebbe stato o stata.”
Era proprio così. Il libro era il collante fra spiriti lontani che si cercavano. Poi la civiltà dell'immagine ha cambiato tutto. Ma... sorpresa. Non ci sono neppure più i film. I film pubblicati e distribuiti su qualche tipo di supporto. Avete notato la loro inesorabile sparizione? E vi siete chiesti cosa verrà dopo? Quale tipo di civiltà sostituirà quella dell'immagine?
A presto con i prossimi container.

venerdì 6 agosto 2021

Stefano Di Marino, l'ultimo gigante


Un ricordo da Andrea Carlo Cappi

Di solito alla morte di uno scrittore, si dice qualcosa come "Con la sua scomparsa, perdiamo una delle firme più illustri..."
No, con la scomparsa di Stefano Di Marino ne perdiamo almeno due: la sua e quella del suo alias Stephen Gunn (senza contare gli altri numerosi pseudonimi occasionali). Ognuna delle due - singolarmente - per qualità, quantità e passione delle opere, va ben oltre la produzione di qualsiasi scrittore italiano di oggi e si confronta direttamente con figure a cui è stato più volte accostato, come Emilio Salgari e Giorgio Scerbanenco.
Era un narratore - per usare la definizione che preferiva - senza pari non solo nel panorama italiano, ma anche a livello mondiale. E questo l'ho detto e scritto mille volte ben prima di oggi. Un romanziere in grado di passare da un genere all'altro della narrativa popolare, anche se noto soprattutto per la sua immensa, trentennale produzione nel campo della spy-story, spesso con connotazioni avventurose, ma con una profonda competenza sui retroscena del mondo dell'intelligence; la sua serie Il Professionista edita da Segretissimo Mondadori è un successo ininterrotto dal 1995, tant'è che nel 2020 per celebrarne i venticinque anni ha pubblicato da Bloodbuster Edizioni un volume di backstage per i suoi lettori più appassionati. Stiamo parlando di thriller che non hanno nulla da invidiare ai più noti autori stranieri del settore.
Ma era anche saggista su cinema, narrativa, arti marziali (di cui era un maestro riconosciuto), viaggi e ultimamente storia, con i recenti volumi sulla Legione Straniera e le culture Native American. Autore di centinaia e centinaia di titoli. Il più grande scrittore contemporaneo di letteratura di genere.
Non ci credete?
Solo negli ultimi due o tre mesi, con il suo nome, sono usciti il saggio Comanche da Odoya, l'horror Voodoo Darkness da Weird Books e il thriller all'italiana Il bacio della mantide da Oakmond. Mentre, come Stephen Gunn, ha pubblicato da Segretissimo Mondadori a giugno il nuovo volume de Il Professionista Story (con la riedizione di Campi di morte e l'inedito Fiesta di piombo), a luglio il nuovo romanzo Pistole in vendita, da pochi giorni il nuovissimo Terra di fuoco.
Questo solo negli ultimi tre mesi.
E allora, direte voi (se non siete tra i suoi fedeli lettori), "Perché non lo abbiamo mai sentito nominare? Perché non l'abbiamo mai visto come opinionista in tv? Perché nessuno ci ha detto che i suoi libri meritavano di essere letti?" 
Ecco.
Perché in Italia di autori come lui non si parla. E non si deve parlare. Ma soprattutto di lui, perché era (e rimane) il più grande. Tutte le volte che mi è capitato di presentarlo, la prima cosa che dicevo di lui era: lo scrittore di genere più venduto e letto in Italia. Ma pochi, al di fuori del nostro ambiente, lo sapevano,
Certo, i libri in edicola non vanno nelle bestseller list, anche se vendono più di molti che escono in libreria. Vengono considerati di serie B, così come i loro autori. Non importa se oltre a divertire il proprio pubblico dalle edicole (o "far sognare", come ha scritto oggi di lui una lettrice) ogni tanto pubblicano in libreria saggi che richiedono anni di studio e ricerche, come peraltro spesso avviene anche per i romanzi.
Per essere sincero, credo che sia frustrante, per un autore di tale livello, il disinteresse assoluto che l'Italia gli ha metodicamente tributato, al punto da nascondere il suo successo, impedendo che il suo pubblico potesse crescere ancora. Il che si traduce, dal punto di vista pratico, nel paradosso di essere al tempo stesso uno scrittore di riferimento, un autore bestseller, un maestro di molti generi, ma nel non essere riconosciuto a livello di cultura (cultura popolare, beninteso) e dover fare con attenzione i conti a fine mese.
So che Stefano - un collega, un amico e un fratello di narrativa - ha passato mesi difficili per questioni di famiglia che gli sono costate stress, denaro, preoccupazioni, amarezza. È stato un periodo difficile per lui, di cui non ha voluto parlare più che tanto su Facebook, dove appena aveva un momento libero consigliava invece, come sempre, libri e film (anche su questo era un punto di riferimento). L'ultima volta che l'ho sentito, ma vale per tutti gli amici, era difficile cogliere un segno di cedimento in un uomo che era stato sempre un tenace combattente, sempre pieno di idee e iniziative.
Invece non potrò più scambiare con lui opinioni su tecniche di narrativa, situazioni internazionali, fumetti o film d'azione. E come me soffrono tutti i suoi moltissimi amici, orfani di una figura insostituibile.
Non so cosa abbia scritto nel biglietto in cui avrebbe spiegato le sue motivazioni. Ignoro se la sua scelta di abbandonare questo mondo sia dovuta a un crollo inaspettato dopo le prove cui è stato sottoposto, o se ci sia anche un'altra motivazione. È stato chiamato per decenni "il nuovo Salgari". E sappiamo tutti che scelta fece Salgari quando scrisse "Vi saluto spezzando la penna." Se così fosse, tutti coloro che l'hanno ignorato e disprezzato in questi anni hanno contribuito a spingerlo fuori da quella finestra e a farci perdere un grande narratore.
Diceva spesso che, come scrittori popolari, siamo nani che salgono sulle spalle dei giganti che ci hanno preceduto. In realtà l'ultimo gigante è stato lui.

Iperwriters - Unforgettable I

Foto: Chuttersnap da Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì, ore 13.
La nave Iperwriters vi spiega la collana Unforgettable: raccoglie libri dimenticati che nella loro specificità e natura dovrebbero essere indimenticabili. Libri “minori” di grandi scrittori o capolavori di scrittori “minori”. Libri giudicati fuori moda che dicono ancora chi siamo. Libri che qualcuno si ostina a emarginare. Ma anche libri che sono diventati dei classiconi per i motivi sbagliati. Libri che tutti leggono ma non sono stati capiti.
La presentificazione dell'unico, dell'omologato e dell'uguale ha avuto un altro effetto devastante, collaterale all'oblio, verso cui tutto tende. Ha abolito, cioè, la storicizzazione del pregio letterario. Tutti i libri in un unico calderone. dove cuociono a fuoco lento in attesa di essere raccolti col mestolo e consumati.
Non importa a nessuno collocare un libro nel suo contesto storico e comprendere perché in quel contesto storico ha incarnato l'anima di una generazione, per esempio, o inventato forme e stili nuovi. Non importa chi è arrivato per primo. Importa solo chi è stato notato, o lanciato, per primo.
In questi mulinelli e vortici di presentificazione, senza più datazioni e meriti, sono stati e vengono risucchiati molti libri.
Noi di Iperwriters non siamo ingenui, e condividiamo il pensiero di Gianfranco Manfredi (sempre dalla già citata intervista):

“Ciò che sorprende del romanzo ottocentesco e di alcuni autori in particolare come Dickens, Hugo, Balzac, Dumas, é la loro incredibile prolificità: le migliaia e migliaia di pagine che hanno scritto di getto, con penna e calamaio, a lume di candela, correggendosi pochissimo, con una straordinaria padronanza linguistica e conoscenze storiche impressionanti.
Credo che ciò sia stato possibile perché la forma romanzo era, allora, la forma dominante. Quando un medium si impone, quella è la sua fase migliore, perché in quel momento le menti creative sono insieme consapevoli del loro compito e innovative nelle forme e nei contenuti, esplorati su un ventaglio amplissimo di varianti. Questa grande stagione del romanzo non credo possa tornare. Ci resta la possibilità e la responsabilità di difenderne l'eredità, proprio come se stessimo difendendo la Foresta.”

Ma noi di Iperwriters siamo anche dei nostalgici, e preferiamo perderci dentro quella Foresta.
Il seguito nei prossimi container.

venerdì 23 luglio 2021

Iperwriters - History & Lies IV

Foto: Vidlar Nordly Mathesen - Unsplash


Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì, ore 13. La nave Iperwriters passa..
E a questo punto permettetemi di togliermi qualche rospo dallo stomaco (ho un Jurassic Park, nello stomaco, ma non voglio spaventarvi vomitando dinosauri).
I miei libri storici sono stati attaccati in quanto “psicologici”. Ora, il fatto che non li abbia impostati come un videogame De bello gallico – Giulio Cesare contro Vercingetorige, con scelta delle armi per ogni personaggio (forse anche un bazooka, tanto per sembrare più brillanti e geniali), non significa che faccia della psicologia. Personalmente, anzi, non amo l'Impero della Psichiatria, a meno che non diventi divertente trattato in un thriller o in un horror.
La mia formazione va dai grandi libri dei vittoriani e dei loro coevi francesi, fino alla fiction di intrattenimento popolare degli anni '90. Dai primi ho avuto l'imprinting, dalla seconda le tecniche. Quegli scrittori che tutti amiamo non facevano della psicologia: erano in possesso di capacità non più richieste e che forse stanno andando perdute: curiosità, analisi, studio, esperienza, intuizione e scoperte da comunicare al mondo. I loro personaggi non erano degli standard psicologici, ma personalità.
In quanto alle altre critiche che mi sono state rivolte (troppo sesso, troppi personaggi, pesante, mi arrendo a pag. 30 ecc) potrei dire ai miei detrattori di leggersi un bestseller tradotto dall'inglese degli anni '80, ma è inutile: non ne hanno mai visto passare uno.
Ma basta con i rospi. Scrivere romanzi è mentire - e scrivere romanzi storici - è mentire all'ennesima potenza, non avendo a disposizione le moderne tecnologie (un video della predicazione di Gesù è esistito solo in un fantathriller tedesco, a quanto mi risulta).
Per questo a Iperwriters abbiamo deciso di chiamare History & Lies la nostra collana di romanzi storici. Rileggere la Storia alla luce (di una ben piccola torcetta) della cultura in cui siamo cresciuti è più forte di noi, perciò distorceremo sempre fatti e personalità, consapevolmente o meno. Ma cerchiamo di alleggerire il carico di menzogne rifiutando la presentificazione coatta, che è la bugia più grande di tutte.
Diamo una possibilità alle civiltà antiche, invece di denigrarle, o fra cinque generazioni i ruderi del Foro Romano sembreranno solo pietre.
Au revoir nei prossimi container.

venerdì 9 luglio 2021

Iperwriters - History & Lies III

Foto: John Simmons su Unsplash

Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì, ore 13. La nave Iperwriters vi parla ancora delle bugie del presente. Di quello che scrittori e recensori chiamano “attualizzazione” della Storia. Che poi è la sua distruzione, e un vero e proprio sconvolgimento su tutti i livelli della vita e dell'arte.
Da un punto di vista esistenziale, una persona nata prima della rivoluzione industriale, o anche poco dopo, aveva la garanzia di vivere in un mondo sufficientemente stabile e di avere a disposizione fino alla morte gli stessi modelli, strumenti e linguaggi. Gli stessi valori da sostenere o lo stesso nemico da combattere.
Oggi la stabilità è esplosa in una molteplicità di fumi effimeri. Negli ultimi decenni abbiamo cambiato ancoraggi e punti di riferimento troppe volte, e la terra troppe volte è scomparsa sotto i nostri piedi mentre ancora camminavamo. Le persone si trovano in coincidenza fra l'essere ancora in vita e l'essere parte di un passato storico.
Può essere sconcertante, addirittura devastante. Vi siete armati, ma la guerra è da un'altra parte. Avete preparato un discorso, ma non è più in uso la vostra lingua. Avevate progettato di costruire una casa su una spiaggia sicura, ma si sta alzando il livello dei mari.
Ancora Gianfranco Manfredi, dalla stessa intervista:

“Il problema è stato vissuto credo con particolare drammaticità dagli attori e dai cantanti del nostro tempo. La replica continuata di ciò che si è fatto da giovani conduce il soggetto alla dissociazione. Come poteva esprimersi un Sordi anziano a confronto con il Sordi giovane continuamente riproposto? Come fa Mick Jagger a reggere il confronto con il proprio fantasma giovanile? O è il Jagger anziano (e vivente) che diventa il fantasma del Jagger giovane e non più esistente?”

E in letteratura, che cosa è accaduto? Si è adottata la soluzione più semplice: far dire “sei fuori di testa” ai Faraoni d'Egitto. Fare fiction su persone vive e vegete come se fossero già morte, cosa impensabile fino a un secolo fa. Abolire ogni specifico storico e soprattutto ogni successione dei cicli storici e il loro significato.
Non si può essere diversi da un granello di sabbia presentificato, né in passato né in futuro.
Il seguito nei nostri container.

giovedì 24 giugno 2021

IperWriters - History & Lies II

Foto: Ian Taylor from Unsplash

Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì ore 13. Dunque, i container portano anche un po' di Storia. Giusto un pochino, perché è un'impresa ardua riacciuffare la Storia dall'archeologia e dagli strati sedimentati di menzogne che ci sono state raccontate nei secoli dei secoli.
Ma oggi, e sottolineo oggi, chi scrive Storia ha un nemico ben più grande da affrontare delle mistificazioni passate.
Si tratta della presentificazione della Storia. Di quel sentimento che vuole mettere il “granello di sabbia” che è diventato l'essere umano e il mondo in cui vive oggi al posto di ogni altra ipotesi o proposta di civiltà. Un eterno presente non mistico, non primigenio come il serpente che si chiude sulla sua coda, ma un concepire la Storia come una serie di granelli di sabbia tutti uguali al granello di oggi, il migliore mai esistito e pertanto terminale e imprescindibile.

Gianfranco Manfredi, uno scrittore che ha attraversato con molteplici esperienze creative la storia d'Italia, e di cui abbiamo pubblicato La fuga del cavallo morto, in una nostra vecchia intervista a proposito del suo romanzo La freccia verde parla di “tirannia della contemporaneità”: “Viviamo in un periodo, soprattutto in Italia, di autentico rifiuto della Storia. Il contemporaneo detta l'agenda della scrittura in una versione ancor più limitata, cioè quella, scandita dalla televisione, dalla stampa e dal web, dell'Attualità. Letterariamente ciò significa che il giornalismo si mangia la scrittura. Lìaspetto specificamente tirannico è la convinzione che la Storia, la nostra Storia, nasca (o debba rinascere) da zero, governata dalla pura e semplice Volontà. E' sempre da qui, dal Punto Zero, che originano le istanze palingenetiche, che in buona sostanza significano: prendiamoci la Storia Presente e rivoltiamola come un calzino. L'incapacità di saper leggere le dinamiche storiche (che non originano da noi) ci lascia in mano, in realtà, un calzino bucato e puzzolente.”

Lui parla di punto zero, io parlerei di final destinationIl concetto è lo stesso: oggi si richiede dagli scrittori di romanzi storici che Alessandro Magno, Carlo Magno e chiunque sia Magno pensino, parlino e agiscano come se fossero appena usciti da un bar di provincia. Lo scopo è che siano e siano stati uguali a noi, non di meno ma sicuramente non di più.
Il seguito nei prossimi container.


giovedì 3 giugno 2021

Iperwriters - History & Lies I



Photo: Ian Taylor from Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì, ore 13. La nave Iperwriters porta storie e la Storia.
Perché la Storia con la S maiuscola e non tante piccole non-storie senza inizio, centro e fine che si snodano da una situazione all'altra?
Confesserò che la mia più grande ambizione sarebbe stata scrivere non gialli, né romanzi storici, ma una saga in diversi volumi, trasversale a tutta una società, per raccontare il mondo in cui mi è capitato di nascere. La catastrofica velocità attuale frustra ogni tentativo di mettere in cantiere un simile progetto. Non c'è tempo per narrare una società, neppure in dissoluzione: è già dissolta, e non importa più niente a nessuno.
E d'altra parte nel pensiero moderno si vive nella convinzione di abitare una specie di Eden tecnologico e politico che di migliori non potrebbero essercene. Su che cosa potrebbe far leva una scrittura di impegno civile?
Un teorema letterario simbolico, critico, emblematico?
La mia amica Serenissima, scrittrice italiana emigrata a Berlino, mi scrive:
“Mi domando da un sacco di tempo dove e come possa svolgersi un'epica contemporanea. Non la posso più ritrovare, personalmente, negli esempi passati, perché sono già stati sfatati... e sono stati sfatati dal post-moderno che, dando una nuova prospettiva, you cannot unsee."
Per me il post-moderno (nella filosofia derivata dalla linguistica e nella letteratura) è difficile da ignorare: mi ha fatto sostituire la ricerca del sapere con l'archeologia del sapere, l´ontologia con l´epistemologia, ecc. Ma, insomma, si può ancora creare qualcosa di epico, di sturmunddranghesco, di pieno di pathos, in un vortice di aneliti e di quei moti che danno l'impressione che ci sia un collante unico dell'esistente, che all'esistente dà senso?”
E' diventato forse impossibile raccontare la contemporaneità? E farlo con un'opera che abbia tutti i requisiti di un futuro classico della nostra non- epoca?
Gli insoddisfatti, quelli che non si adattano a raccontare un granello di sabbia calcificato, si danno ai generi letterari, che garantiscono la possibilità di evadere in (o creare) altri mondi, o altre strutture di narrazione che sono sempre altri mondi.
O sprofondano nella Storia antica, per sognare. Sognare quel collante unico dell'esistente' che forse è esistito nelle civiltà passate.
Il seguito nei prossimi container.





Iperwriters - Tiro al piccione su Superman

Photo: Johan Taljaard on Unsplash I perwriters - Editoriale di Claudia  Salvatori Letteratura italiacana - 59 - Tiro al piccione su Superman...