sabato 23 gennaio 2021

Iperwriters - Le radici del futuro


Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì, ore 13. La nave Iperwriters passa. Ma anche se quel filosofo greco diceva che la stessa acqua non scorre mai due volte, noi con i nostri container passiamo, ma è come se fossimo fermi. 
È sempre la stessa nave, lo stesso passaggio, che vedete. Viviamo in un eterno presente. O piuttosto, aspiriamo all'eternità. 
L'eternità è quel punto della creazione artistica in cui si diventa così perfetti e immateriali da diventare delle star della parola scritta. 
Noi perciò ci lasciamo alle spalle le regole, le mode e i dettami letterari del Novecento e, guardando oltre la prua, vediamo l'Ottocento. 
Sono là le nostre radici. 
In quel periodo fatato che ha visto gli artisti d'Europa tentare l'ultima ribellione contro la rivoluzione industriale, il materialismo, il capitalismo, le forze che operavano per trasformarli in merce e intercambiabili fornitori di merci. 
Letteratura biologica, in cui circolavano il sangue e le droghe (non scandalizzatevi per l'alcol, l'assenzio, il laudano e l'oppio) degli autori. Sono ancora loro le star della parola scritta, quelli e quelle più scaricati dai portali sul web. I vittoriani, i francesi e i russi, e in Italia la Scapigliatura. 
Noi di Iperwriters scaviamo nell'antico per essere più nuovi. Siamo come i Preraffaelliti che vivevano nel tempo degli unicorni. Come i neoplatonici e tutti i passatisti della storia che cercavano il futuro in antiche pietre e antichi pensieri, per chiudere un cerchio storico e rendere rosa il cielo. 
Ingenui? Siamo bambini. Romantici? Sì, ma non sentimentali. 
Impossibile, nell'attuale civiltà trasformata irreversibilmente dalle immagini a danno delle parole? 
Ma chi ha detto che riusciremo? E chi ha detto che si riuscirà in tempi brevi? 
Potremmo impiegarci secoli, ma noi abbiamo tanta, tanta, tanta pazienza. 
Non vorreste anche voi un po' di sturm und drang per fare a pezzi l'inerzia, l'esilità pomposa, la perdita del gusto, la catatonia, il vuoto chimico che ci assalgono? 
Salite a bordo ed entrate nei nostri container.




venerdì 22 gennaio 2021

Lupin (2021)


Recensione di Alby Bottecchia

Colto, raffinato e scaltro Assane Diop, interpretato da Omar Sy (Quasi Amici, Lo sbirro di Belleville, Il richiamo della foresta), è un inafferrabile ladro che basa i suoi furti sulle avventure di Arsène Lupin, il suo eroe letterario preferito dall'età di quattordici anni.
Figlio di immigrati senegalesi, Assane viene cresciuto dal padre, Babakar, uomo di profonda cultura impiegato come autista presso i Pellegrini, un'illustre famiglia parigina; mentre il capofamiglia Hubert tratta l'uomo con sufficienza a causa delle sue origini, la moglie Anne e soprattutto Juliette, la figlia diciottenne, si affezionano al ragazzo.
Il furto della collana appartenuta a Maria Antonietta di proprietà dei Pellegrini viene fatto ricadere su Babakar, il padre di Assane, che viene convinto a firmare una confessione fasulla e ritrovato morto suicida pochi giorni dopo.
Inizialmente convinto della colpevolezza paterna, Assane entra in una prestigiosa accademia parigina, dove conosce le due persone più importanti della sua vita: il suo miglior amico Beamin Ferral e Claire, l'amore della sua vita e madre di suo figlio Raul.
Il piano per scoprire la verità, vendicarsi di Hubert Pellegrini e riabilitare il padre prende le mosse da un elaboratissimo colpo al Louvre. Tra furti, colpi di scena e trappole, Assane si troverà impegnato in una pericolosa partita a scacchi con Pellegrini, che inevitabilmente coinvolgerà le persone che ama e che il nostro ladro farà di tutto per proteggere.
George Kay e François Uzan - per la regia di Louis Leterrier (The Transporter, L'incredibile Hulk, Now you see me - I maghi del crimine) - rileggono in chiave contemporanea la leggenda di Arsène Lupin in un mix avvincente di ironia, azione e mistero. Una serie di cui questi primi cinque episodi (da Netflix è prevista a breve la seconda parte composta da altre cinque puntate), sono solo il preludio dello scontro tra Assane e il suo spietato avversario.

venerdì 8 gennaio 2021

Iperwriters - I libri che non portiamo

 


IperWriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Venerdì, ore 13. Ecco apparire la nave IperWriters. 
La guarderete dalla riva, perplessi, e vi domanderete: Che tipo di scrittori trasporta e quale genere di libri dovremmo aspettarci di trovare in quei container? 
Non lo sappiamo. 
Non possiamo saperlo: le radici di una letteratura viva sono state recise, come le radici di ogni forma di vita. Possiamo soltanto dirvi, come Eugenio Montale, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. 
Non sappiamo più chi siamo, e cerchiamo di ritrovarci sperando di non scontrarci con il nemico o di non essere bombardati dall'alto. 
Sappiamo molto bene quali libri non vogliamo. 
Non vogliamo niente di quello che ci e vi viene proposto da qualche decennio a questa parte: monologhi joyciani, mummie di avanguardie che girano come tanti Belfagor il fantasma del Louvre, ironie postmoderne, romanzi sul nonsense della vita, sul vuoto, sul nulla, e sulla morte del romanzo stesso. 
Non vogliamo metafore del Novecento incarnate in personaggi folli, perché ci è bastata la follia di quel secolo. 
Non vogliamo romanzi di formazione, a meno che non siano L'educazione sentimentale di Flaubert.
Non vogliamo storie sulla condizione femminile a meno che non siano scritte da Jane Austen. 
Non vogliamo libri su malattie terminali, perché il nostro tempo è già abbastanza terminale. Stiamo scomparendo, e parlare soltanto di agonie significa sprecare quel poco di vita che ci resta. 
Non vogliamo, infine, propaganda politicamente corretta. C'è già chi ne è maestro, e noi non reggeremmo il confronto. 
Come potremmo sapere quali libri vogliamo? Alcuni di noi hanno provato a scriverli, altri stanno provando e altri ancora proveranno. Non è facile essere Iperwriters in un mondo in cui occorre continuamente risintonizzarsi per essere visibili. 
Cerchiamo libri che accendano in noi l'emozione estetica della prima lettura. 
Se ne avete, salite sulla nave.