giovedì 28 marzo 2024

Stefano Di Marino, il Prof della narrativa

Stefano Di Marino in una foto di A. C. Cappi

Ricordo di Andrea Carlo Cappi

"Scrivere tutti i giorni", rispondeva, quando gli si chiedeva il segreto della sua prolificità: un consiglio che regalava - come tanti altri - a chiunque volesse avventurarsi nella narrativa di genere. Quindi oggi - 28 febbraio 2024, il giorno in cui Stefano "Il Prof" Di Marino avrebbe compiuto sessantatré anni - ho fatto anch'io il mio dovere. Ho scritto un bel po' di capitoli del romanzo che pubblicherò quest'estate in Segretissimo di Mondadori, dove spesso uscivamo contemporaneamente: io con un romanzo di "Agente Nightshade", lui con lo speciale "Il Professionista Story" con protagonista Chance Renard, il personaggio made in Italy di maggior successo della collana e della spy story.
Ma, anche se su Segretissimo si firmava Stephen Gunn, uno dei tanti pseudonimi che, volente o nolente, ha usato nella sua carriera, con il suo nome e cognome ha pubblicato un grande numero di opere, non ultimi i romanzi della trilogia di "Montecristo", nella stessa collana, e quelli del ciclo di Bas Salieri pubblicati da Il Giallo Mondadori, così come molti altri libri di fiction e non fiction presso vari editori. Tanto da poter essere considerato da chiunque un autentico gigante della narrativa popolare italiana, senza nemmeno bisogno di andare a controllare la sua pagina su Wikipedia. Non ricordo quante volte l'ho presentato pubblicamente sottolineando anche che era l'autore "di genere" più venduto in Italia.
Malgrado sappia bene come vanno certe cose, ancora trovo curioso che sia stato pressoché ignorato dai media in vita e non abbia nemmeno avuto una rivalutazione post mortem, al di fuori del pubblico che lo ha sempre seguito fedelmente sotto le sue varie identità. Si vede che il suo successo fa paura oggi come allora, quindi occorre reprimerlo per evitare che dilaghi.

Sicché si è parlato poco del suo romanzo postumo La casa delle salamandre, quarto del suo ciclo di Bas Salieri, uscito nell'estate 2023 nella versione da libreria de Il Giallo Mondadori, una collana in cui appaiono autori riconosciuti come tali. Quasi nessuno si era accorto del thriller Il bacio della mantide, edito da Oakmond poco prima della sua scomparsa, all'inizio dell'estate 2021. E si è sempre parlato poco anche dei suoi numerosi saggi, alcuni dei quali tuttora in commercio, che hanno coperto gli argomenti più svariati: dalla storia del West a quella della Legione Straniera, dai fumetti al cinema, senza dimenticare le arti marziali di cui è stato esperto e praticante.
Di fronte al disinteresse mediatico generale, rimane il ricordo ininterrotto da parte del suo pubblico, che ne sente la perenne mancanza in edicola, in libreria e sui social network, dove Stefano era una continua fonte di informazioni su quanto di interessante veniva pubblicato o filmato nel mondo, oltre che di materiale del passato, in tutti i campi dell'intrattenimento popolare di qualità. Uno di quegli elementi che rendono un autore indispensabile anche per gli "addetti ai lavori". I libri di Stefano Di Marino sono del resto una lezione di cui dovrebbero far tesoro proprio coloro che si occupano di fiction in tutte le sue forme.
Molti dei suoi fedeli lettori e lettrici - colleghi e colleghe inclusi - divenuti suoi amici nel corso degli anni, hanno fatto anche di più che ricordarlo. Nell'estate 2023, sfidando temperature tropicali e impegni di lavoro, hanno unito le forze dandosi da fare giorno e notte per settimane, in modo da mettere in salvo il suo prezioso patrimonio culturale - sotto forma di libri, film, fotografie, ricordi dei suoi viaggi - prima che il suo appartamento milanese fosse messo in vendita.

Dico spesso, a proposito del mio "fratello" Andrea G. Pinketts, che uno scrittore è vivo finché si possono leggere i suoi libri. In un certo senso, anche Stefano era un "fratello", non foss'altro perché, lavorando negli stessi territori, spesso è capitato che ci confondessero l'uno con l'altro. Quindi io spero sempre che, come il Conte di Montecristo, Stefano possa tornare per compiere la sua vendetta, in modo pacifico ma clamoroso, prendendosi il successo che avrebbe meritato in oltre trent'anni di assoluta superiorità nel panorama della narrativa popolare italiana: una posizione per cui lo paragono non soltanto a Emilio Salgari, cui è stato spesso accostato, ma anche a Scerbanenco. E i giornali hanno perso pure l'occasione di associarlo non solo, nuovamente, a Salgari, ma anche a Hemingway, dal momento che - oltre a condividerne la passione per l'avventura - ha scelto di suicidarsi centodieci anni dopo il primo e sessanta dopo il secondo.
Stiamo cercando di non farlo dimenticare. Segretissimo lancia ogni anno il Premio Stefano Di Marino per un racconto spionistico inedito. Il Premio Torre Crawford ha inserito, nel suo concorso annuale, il Premio Il Prof, che seleziona tra i racconti partecipanti quello che più si avvicina al suo modo di affrontare qualsiasi tipo di genere letterario.
Due giorni fa è uscito un nuovo numero della collana in ebook Spy Game-Storie della Guerra Fredda pubblicata da Delos Digital. La creò lui nel 2019 e la curò fino al n. 22. Su incarico di Delos, l'ho ripresa dal 2023, mantenendo in vita almeno una delle sue creature. Segretissimo intende riprendere la collana "Il Professionista Story", quantomeno con le riedizioni di titoli già apparsi in passato; cercherò di dare il mio contributo. Ma, se mai sarà possibile, vorrei far ripubblicare anche i suoi libri che non rientrano direttamente nei generi giallo e spionistico, ma praticamente in tutti i campi del romanzo d'avventura e del fantastico. E, come molti suoi amici, sono sicuro che ci sono ancora suoi tesori inediti: se i suoi eredi mi permetteranno di avere accesso al suo computer, sarà un'avventura gloriosa quella di andare alla ricerca delle avventure perdute di Stefano Di Marino. 

venerdì 22 marzo 2024

Iperwriters - Ancora libero porno

Photo: Kurt Cotoaga on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 43 - Ancora libero porno

Venerdì, ore 13. Saremmo stati felicissimi senza il bovarismo degli scrittori, e con una rendita garantita. Purtroppo, all'inizio degli anni '90 non c'era il reddito di cittadinanza, Per i primi due anni ci avrebbe veramente fatto vivere con più comodità e meno ansia. Invece, sopportavamo il freddo per risparmiare sul gas e guardavamo all'avvenire come a un probabile abisso senza fondo.
Max non aveva più i suoi lavori precari e la compagnia teatrale che portava in giro spettacoli per bambini nelle scuole. E io, non avendo più i fumetti, ne avevo approfittato per laurearmi e chiudere con l'Università.
È già una sciagura dover lavorare per vivere. Bisogna rientrare in qualche modo nell'editoria, per non finire in una scuola a insegnare a delinquenti minorili, o in un ufficio ad archiviare documenti di cui non ci frega nulla o, peggio, a pulire camere d'albergo.
Poi un contatto casuale. Non ricordo neppure chi mi segnala questo studio di Milano. E non ricordo neppure il primo incontro con il titolare. Scopro che da lì passa la maggior parte degli autori che scrivono per la Ediperiodici.
Questa casa editrice, che avrebbe avuto ancora pochi anni di vita prima di essere uccisa dalla pornografia VHS, era il principale punto di riferimento di consumatori de fumetto erotico soft (e in seguito hard). Le storie spaziavano in ogni genere, e l'horror anticipava l'attuale slasher movie. Per saperne di più sulla storia della casa editrice e le sue testate storiche: https://it.wikipedia.org/wiki/Ediperiodici
Avevo già collaborato alle collane Oltretomba e Terror, curioso melange di horror ed erotico. Le sceneggiature mi avevano messa a dura prova. Cento tavole da due, un racconto articolato in duecento quadri. Quasi una sceneggiatura cinematografica, ulteriormente complicata dall'alto standard tecnico richiesto dalla redazione e dalla coesistenza di due generi che solitamente venivano incrociati solo nei film.
Molto più semplici da scrivere le collane come Corna vissute e I casi della vita, la prima vicina alla commedia italiana, la seconda alla cronaca nera, che sopravvive tuttora in stampa, televisione e fiction.
In breve, mi ritrovo a scrivere quattro storie mensili, due da cento tavole e due più brevi da sessanta.
Per un compenso più o meno pari a un reddito di cittadinanza.

venerdì 8 marzo 2024

Iperwriters - Felicità malgrado

Photo: Venti Views on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 42 - Felicità malgrado

Venerdì, ore 13. Cominciano i favolosi anni '90, quando qualche straccio di autore arrivava ancora nelle librerie (sotto forma di libro, non di presentazione del) e si facevano ancora i film.
Max e io leggevamo e prendevano ancora il treno per andare al cinema. Saremmo stati felici.
Se.
Se non avessimo dovuto lavorare per vivere.
Se non fossimo stati tanto maltrattati dal mondo negli anni più teneri.
Se non fossimo stati malati. La nostra malattia si potrebbe definire bovarismo degli scrittori. Avevamo letto troppe storie su scrittori che da ultimi (Vangelo docet) erano diventati i primi. Che avevano avuto la loro rivincita su povertà, privazioni, sofferenze, delusioni, amarezze, bullismi di scuola e quartiere, attraverso la letteratura. Che avevano infettato una platea di lettori (sufficientemente grande da poter rappresentare una società malvagia e nemica) del male ricevuto da quella stessa società, trasformato alchemicamente in parole magiche. Che poi forse si erano suicidati ugualmente, ma riscattati e dopo aver regolato i conti. Un po' di sogno americano, un po' di leggende francesi, un po' di santa voglia di rivincita.
Non ci sarebbe stato nessun riscatto. Ma negli anni 90 era ancora possibile sognarlo, e quando brindavano al nostro ultimo anno da pezzenti, un anno dopo l'altro, eravamo felici perché ci credevamo.
Max, nella sua modestia, non pensava di avere talento per scrivere e puntava su di me. Nella sua purezza, era convinto che sarebbe stato stimato e premiato per questo. Ora, se un maschio si pone verso una femmina come normalmente e comunemente si pone una donna verso un uomo, è un paria agli occhi dei popoli. Più disprezzato di una donna o di un gay in quanto non "un vero uomo", e senza la scusante di avere la vagina o un diverso orientamento sessuale. Max non era neppure più apprezzato dalle donne per il rispetto che aveva per me. Né, anche e soprattutto, dagli intellettuali di sinistra.
Più avanti nel tempo, perdute tutte le illusioni, gli avrei detto: "Tesoro, potessimo tornare indietro, farei firmare tutti i miei libri a te. Ti presenteresti agli eventi sociali come genio e io farei la parte della moglie. L'ordine del cosmo ristabilito, li faremmo fessi e ci divertiremmo come matti".
Ah, sì, eravamo felici.

martedì 5 marzo 2024

Bond Anno Zero

 

Riflessioni di Andrea Carlo Cappi

Se nel 2023 sono passati settant'anni dalla pubblicazione del romanzo Casinò Royale, nel 2024 ricorre per James Bond un altro importante anniversario: il 12 agosto 1964 moriva a cinquantasei anni il suo creatore Ian Fleming e solo qualche mese dopo nel mondo intero scoppiava la cosiddetta Bondmania, con l'uscita natalizia del film Agente 007 - Missione Goldfinger (terzo della serie, che però in Italia sarebbe stato proiettato dal febbraio 1965).
In occasione di questo doppio sessantennale, dal 5 marzo 2024 a Milano la Fondazione Culturale San Fedele (piazza San Fedele 4) organizza Bond Anno Zero, una rassegna cinematografica con l'intervento di esperti e l'amichevole partecipazione di Edward Coffrini Dell'Orto, co-autore con me di vari saggi sul "Mondo Bond". La domanda è: cos'è stato e cosa diventerà James Bond? Vengono proposti, in lingua originale e sottotitolati, cinque ottimi film dell'agente 007, tra cui a mio avviso i due migliori in assoluto, vale a dire Dalla Russia con amore (1963, ma in Italia la prima ebbe luogo il 31 gennaio 1964) e Casinò Royale (2006, che da noi arrivò il 5 gennaio 2007).
Nella rassegna il protagonista appare con i volti di cinque interpreti diversi: nell'ordine, Sean Connery, Roger Moore, Timothy Dalton, Pierce Brosnan e Daniel Craig (manca all'appello solo George Lazenby, che sostituì Sean Connery per un unico episodio, Al servizio segreto di Sua Maestà del 1969). Ma c'è un ulteriore criterio per la selezione delle pellicole: ognuna è molto indicativa dell'epoca in cui è state realizzata. I cinque appuntamenti, di cui qui sotto trovate il programma, mi portano quindi a riflettere sui rapporti tra lo 007 cinematografico e i tempi in cui è stato proposto sul grande schermo.


Dalla Russia con amore
, tratto dal quinto romanzo di Fleming (datato 1957), è il secondo film della serie realizzata dalla EON Productions dopo l'esordio di Sean Connery nel ruolo di James Bond in Licenza di uccidere (1962) che invece si basava sul sesto libro della saga; ma, per varie ragioni, la continuity cinematografica è diversa da quella letteraria. Sotto molti aspetti tuttavia Dalla Russia con amore rappresenta una "prima volta": è il primo Bond movie ad aprirsi con una sequenza prima dei titoli di testa, i quali dal canto loro assumono qui lo stile che diverrà caratteristico dell'intera serie; è il primo in cui appaia l'attore Desmond Llewelyn nel ruolo di "Q", ideatore delle attrezzature che il protagonista userà in missione; inoltre è il primo in cui l'intera colonna sonora sia opera di John Barry, il musicista che, dopo avere orchestrato il celebre James Bond Theme di Monty Norman nel film precedente, delinea ora lo stile classico dello score di 007.
Sean Connery interpreta un Bond più "anni Sessanta" rispetto ai libri, un agente segreto playboy più che un tormentato operativo del servizio segreto britannico. Pur con qualche ritocco della trama in chiave spettacolare, il film Dalla Russia con amore rimane pressoché fedele alla vicenda di spionaggio del libro. Ma, anche se vengono rispettati il contesto della Guerra Fredda e la contesa tra agenti segreti britannici e sovetici, nel passaggio da libro a film cambiano i "veri" avversari di Bond: è in azione la SPECTRE. Questa organizzazione internazionale era stata concepita proprio pensando al cinema e, apparsa nei romanzi di Fleming dal 1961, è stata immediatamente inserita nelle sceneggiature di 007 tratte anche da libri precedenti. Alla SPECTRE fanno infatti capo quasi tutti i nemici di James Bond nel suo primo decennio sullo schermo.
Nondimeno, Dalla Russia con amore è il film più vicino a Ian Fleming come epoca e atmosfere. Nella realizzazione del regista Terence Young si avverte persino un certo sapore hitchcockiano, con la bionda attrice italiana Daniela Bianchi nel ruolo di Tatiana Romanova, coinvolta in un gioco che la vede pedina involontaria.

Il secondo film della rassegna è Vivi e lascia morire, ottavo della serie e primo in cui Roger Moore indossa i panni di James Bond nella versione più ironica già adottata da Sean Connery negli ultimi anni. Nel primo decennio sul grande schermo, la serie 007 si è arricchita non solo di humour e azione, ma anche di elementi fantascientifici e di parecchie infedeltà (quando non veri e propri tradimenti) rispetto ai romanzi originali.
Il libro Vivi e lascia morire del 1954 (il secondo scritto da Fleming) era a metà tra noir spionistico negli USA e avventura esotica nella Giamaica tanto amata dallo scrittore; e l'avversario di Bond era "Mister Big", primo grande boss della malavita afroamericana, legato a un culto voodoo e in loschi affari con i servizi segreti sovietici. Il film stavolta rinuncia alla fantascienza e recupera dal libro i temi del gangsterismo e del voodoo, cui viene dato ampio spazio, addirittura con qualche sottile suggestione esoterica che ispirerà anche Indiana Jones: una celebre gag de I predatori dell'arca perduta proviene proprio da questo film...
Ma soprattutto Vivi e lascia morire viene girato vent'anni dopo che Fleming ha scritto il romanzo. E nel 1973 negli USA è appena esplosa la moda della blaxploitation, il cinema con protagonisti afroamericani, che vede nella serie Shaft (dai romanzi di Ernest Tidyman) la risposta "nera" a 007. Sicché il film Vivi e lascia morire non solo è per stile e costumi vicino alla blaxploitation, ma è anche popolato da varie star afroamericane di quella stagione: mi permetto di citare Gloria Hendry nel ruolo di Rosie Carter, le cui scene d'amore interrazziale con 007 furono censurate nel Sudafrica dell'apartheidE persino la colonna sonora, per la quale John Barry si prende una pausa, si divide tra la title song di Paul McCartney e lo score di George Martin (il "quinto Beatle") dalle sonorità molto 70's.

Il terzo film della rassegna è Vendetta privata, del 1989, sedicesimo della serie ufficiale della EON (in mezzo si era introdotta nel 1983 una pellicola di produzione "rivale", Mai dire mai, in cui Sean Connery riprendeva la parte di 007) oltre che secondo e ultimo con Timothy Dalton nel ruolo di James Bond.
Con lui si cerca di tornare a un approccio più serio e noir al personaggio, riavvicinando la serie cinematografica ai romanzi da cui spesso si è distaccata. La sceneggiatura non si basa però su alcun libro, eccetto alcuni capitoli di Vivi e lascia morire - tra cui uno molto drammatico - che non erano stati usati per il film del 1973. L'intreccio fa pensare ai romanzi dedicati a 007 da John Gardner, all'epoca continuatore ufficiale della saga letteraria, che di questo film firma infatti la novelization. Curiosamente, il titolo in inglese della pellicola è Licence to Kill ("Licenza di uccidere") ma per l'edizione italiana dev'essere cambiato, dal momento che da noi era stato impiegato per la prima pellicola della serie, nell'edizione originale Doctor No.
Ma a rendere questo film forse il più rappresentativo del Bond anni Ottanta è la vicinanza per stile e argomento alla serie tv di maggior successo di quel decennio, Miami Vice. Qui infatti Bond affronta tra Florida e America Centrale uno spietato narcotrafficante con cui ha un conto aperto a livello personale; per compiere la sua private vendetta arriva al punto di farsi sospendere dal servizio segreto britannico e fingersi un mercenario, in modo da infltrarsi nell'organizzazione del suo avversario e distruggerla dall'interno. Lo score di Michael Kamen si alterna a numerosi brani cantati, secondo la tradizione degli album delle colonne sonore del decennio.

La proposta successiva della rassegna, GoldenEye, è la pellicola seguente nella saga, uscita dopo un lungo intervallo nel 1995, e la prima con Pierce Brosnan, da anni in lista d'attesa per il ruolo di 007. Nel frattempo ha avuto luogo il crollo dell'URSS, la Guerra Fredda è finita (o almeno così si crede a quel tempo) e si può persino girare parte delle scene in Russia. Di certo questo film rappresenta un'epoca di transizione particolarmente rilevante nel campo della spy story, in cui le ombre del passato sovietico e del KGB rischiano di soffocare lo spirito della perestrojka.
Perciò James Bond, in una storia scritta appositamente per lo schermo (con puntuale novelization di John Gardner) deve debellare un ex collega che si rivela in realtà un pericoloso avversario equipaggiato con la più avanzata tecnologia che si possa rubare. Be', d'accordo, il nemico è interpretato da Sean Bean, quindi oggi sappiamo tutti che il suo personaggio avrà scarse probabilità di sopravvivere.
Le musiche, atipiche, sono del lucbessoniano Eric Serra, mentre la canzone dei titoli vede la collaborazione fra Tina Turner e parte degli U2. In realtà GoldenEye fu il nome in codice di un'operazione segreta concepita da Ian Fleming durante la Seconda guerra mondiale, quando lavorava presso il servizo segreto della Royal Navy: con esso lo scrittore battezzò poi la propria casa in Giamaica, in cui dal 1952 ogni anno si ritirava a scrivere un romanzo di James Bond. Per questo Goldeneye era stato anche il titolo di un interessante tv movie sulla vita di Fleming, ben interpretato da Charles Dance.

Ultimo appuntamento della rassegna: Casinò Royale, primo film della pentalogia con Daniel Craig giunta sugli schermi tra il 2006 e il 2021, tratto però dal primissimo romanzo di Ian Fleming, pubblicato nel 1953. Lo scrittore ne aveva venduto l'anno dopo i diritti televisivi (grazie ai quali ne era stato subito realizzato un adattamento per la tv nel 1954) e cinematografici, questi ultimi però a una compagnia che non ne aveva fatto nulla. Quando la EON cominciò a girare la serie nel 1962, non potê acquisire i diritti, che seguirono invece un bizzarro percorso e generarono nel 1967 un film "concorrente", parodistico e psichedelico, intitolato James Bond 007 - Casinò Royale.
Ma, dopo mezzo secolo, finalmente la EON ha la possibilità di portare il libro sullo schermo e decide di fare un vero e proprio reboot con un "nuovo" James Bond che acquisisce la licenza di uccidere negli anni Duemila (anche se il ruolo del suo capo, M, tocca a Judi Dench, apparsa nella stessa parte nei film con Pierce Brosnan). Da anni si percepisce il desiderio di tornare allo spirito più serio di Ian Fleming, sia al cinema con occasionali tentativi, sia (con successo) nei romanzi, grazie al nuovo ciclo scritto da Raymond Benson tra il 1997 e il 2002. Il problema è che il pubblico cinematografico da 007 si aspetta più un action movie sfrenato che un cupo noir spionistico anni Cinquanta, come appunto il romanzo Casinò Royale.
Una brillante sceneggiatura che recupera l'intera trama del libro, riadattandola ai tempi e inserendola in una cornice credibile con la giusta dose di azione, permette di realizzare una perfetta simbiosi tra tutti gli elementi. Così nel 2006 arriva sullo schermo un James Bond più fedele al personaggio letterario rispetto a tutte le sue incarnazioni precedenti. E finalmente si vedono in scena due personaggi fondamentali di Fleming: Vesper Lynd (Eva Green) e René Mathis (Giancarlo Giannini), accompagnati da una canzone di Chris Cornell e da uno score di David Arnold, degno erede di John Barry. Alla regia è stato chiamato Martin Campbell, che già aveva rivitalizzato la serie 007 dirigendo GoldenEye.

Così arriviamo ai nostri tempi. Ora che Daniel Craig ha concluso il suo percorso come James Bond, con il finale di No Time To Die che richiama quello (mai usato precedentemente al cinema) del romanzo Si vive solo due volte, ci si aspetta quanto promesso dalla consueta frase nei titoli di coda: James Bond will return.
Ma come tornerà? Con un nuovo reboot o con un autentico sequel che vedrà in scena il nuovo interprete, chiunque sia? E riuscirà a mantenere lo spirito di Ian Fleming, in tempi come questi in cui persino i suoi romanzi scritti negli anni Cinquanta e Sessanta rischiano di essere ritoccati, nella presunzione di adattarli a un nuovo linguaggio politicamente corretto?
Se si dovesse ripartire sul serio da zero, in realtà varrebbe la pena di recuperare uno 007 filologico, che dovrebbe essere ambientato proprio negli anni Cinquanta e girato in bianco e nero, con lo stesso sapore hardboiled dei libri... Lo vedo improbabile. In ogni caso, James Bond non è certo un personaggio che si possa esaurire in un fugace e dimenticabile reel su un social network.