mercoledì 20 dicembre 2023

Hyde in Time: il circo della finzione


Recensione di Andrea Carlo Cappi

Per mancanza di tempo, spesso recensisco opere che conosco per averne preso parte alla pubblicazione come editor o traduttore. Invece, nel caso di Hyde in Time (Edikit) a cura di Mario Gazzole e Roberta Guardascione, vi ho partecipato solo come... "spettatore attivo" di una creazione senza precedenti, in cui realtà e fantasia hanno cominciato a confondersi fin dal principio, molto prima della pubblicazione: da quando due anni prima dell'uscita del libro è pervenuto a  Borderfiction il misterioso comunicato stampa del Circus of Wonders. Poi sono stato al gioco quando è stata annunciata la scoperta alla base di questo libro. E ora finalmente, rubando tempo alle scadenze, sono riuscito anche a leggerlo per intero (dal momento che è composto da ben tre romanzi, abilmente impaginati in modo da occupare solo 250 pagine) e a... guardarlo con la dovuta attenzione, dato che l'apparato di immagini è imponente.
In questo libro, nulla è come sembra, esattamente come l'abominevole signor Hyde non assomiglia per niente al buon dottor Jekyll, pur condividendone lo stesso corpo nel romanzo di R. L. Stevenson; e come - almeno fino a un'indagine condotta anni fa dalla scrittrice Patricia Cornwell - nessuno ha attribuito con certezza al pittore Walter Sickert la responsabilità dei delitti del mai identificato "Jack the Ripper" del 1888; così come a quest'ultimo non si possono collegare, quasi ottant'anni dopo, i consimili delitti commessi sempre a Londra nel 1964-65 dal serial killer parimenti mai scoperto, che i giornali soprannominarono "Jack the Stripper".
Ma tutto è possibile nel circo della finzione allestito dallo scrittore Mario Gazzola e dall'artista visiva Roberta Guardascione, già creatori del sofisticato universo di Buio in scena, che qui utilizzano non solo l'espediente narrativo del "manoscritto ritrovato", ma anche quello inedito dei "dipinti riscoperti", generando un'opera complessa e un volume interamente illustrato a colori per il quale - anche se può sembrare insolito da parte mia - bisogna fare i complimenti all'editore.

Orbene: ripercorriamo i diversi strati tra realtà e finzione di questo libro. La storia della letteratura ricorda che Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Robert Louis Stevenson - capolavoro del romanzo gotico, paradigma della fantascienza e punto di riferimento simbolico del dualismo tra bene e male nell'essere umano - ebbe due stesure, la prima delle quali bruciò nel caminetto di casa Stevenson.
Ma se un'altra copia di quella prima versione si fosse salvata e si rivelasse del tutto diversa da quella che il mondo ha conosciuto nel 1886, con Hyde che alla fine sopravvive alla morte di Jekyll? E se questa copia superstite della versione inedita avesse ispirato non solo una serie di illustrazioni di una misconosciuta artista di nome Jane Mason, ma addirittura un seguito, Il lupo di Whitechapel, stilato dal figliastro e collaboratore di Stevenson, Samuel Lloyd Osbourne? E se questo sequel altrettanto introvabile, che rivela una sorprendente conoscenza dei retroscena dei delitti di Jack lo Squartatore, li collegasse non solo alla figura del pittore Sickert, ma anche al personaggio non del tutto immaginario di Hyde? E se Sickert avesse dipinto tele mai mostrate in pubblico, che documentano la mente omicida del serial killer di Whitechapel del 1888?
Sarebbe un'ottima ragione perché uno scrittore e appassionato cultore della narrativa di genere - di nome Mario Gazzola - si mettesse sulle tracce dei manoscritti perduti e, dopo averli ritrovati, si rivolgesse nientemeno che a Patricia Cornwell per approfondire le proprie indagini. Al punto da arrivare a disseppellire non solo i dipinti perduti di Sickert, ma addirittura un terzo manoscritto, Hyde in Time, opera del figlio segreto di Osbourne e corredato degli schizzi di un misterioso artista chiamato "Eddie", a un cui recente vernissage londinese sarebbe stato commesso un delitto orribile. Hyde è dunque trasmigrato non solo da una persona all'altra, ma anche nel tempo, fino ai giorni nostri?

Nel percorso tra fantasia psichedelica, thriller psicologico e giallo psicanalitico, parole e immagini ci portano a continui spostamenti di identità, in un mondo che, sempre per citare Gazzola, comincia a mostrare al tempo stesso crepe nella realtà e bagliori inquietanti nel buio sulla scena.
C'è pure, come già in S.O.S. - Soniche Oblique Strategie, una storia-contenitore che assorbe e integra i tre romanzi, e livelli di "realtà" che si contaminano anche in modo spiazzante. I passaggi più suggestivi sono forse il tentativo di Sickert di portare la sua modella Mary Reilly (sopravvissuta al suo ruolo di camerierina in casa Jekyll) a condividere l'istinto del "lupo di Whitechapel" e le sedute del dottor Sutherland con Alice Jones, potenziale vittima dell'ingombrante artista "Eddie".
Ma soprattutto c'è la mia ammirazione per un'opera che, nell'era delle fake news e della post-verità, conduce a un nuovo grado evolutivo il concetto di "postmoderno", portando la fiction anche all'esterno del libro. E per quelli della mia generazione, ha ancora senso la frase "where no man has gone before".

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