venerdì 15 novembre 2024

Iperwriters - Tiro al piccione su Superman

Photo: Johan Taljaard on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 59 - Tiro al piccione su Superman

Venerdì, ore 13. A Gianfranco Orsi, allora direttore dei Gialli Mondadori, l'idea di un giallo ambientato nel mondo del fumetto è piaciuta moltissimo. Anche il romanzo finito lo convince, al punto di cercare di promuoverlo con più impegno (e suo gran divertimento): segnalazioni su giornali, la prefazione di Ernesto G. Laura (che ricordo con affetto) e una partecipazione a Lucca Comics.
Allora gli studi fotografici chiamavano gli scrittori emergenti per farne una serie di foto da vendere ai giornali. Uno mi ritrae, dichiarandosi attento ai nuovi avvenimenti letterari. Alla fine ero riuscita a fare un po' di letteratura italiacana cavalcando l'onda dei generi, no?
Ma doveva essere un venerdì tredici il giorno della mia prima uscita pubblica per presentare Superman non muore mai. Ho già descritto altrove l'evento, non ricordo come. Lo rifaccio alla luce di meditazioni recenti. Non avevo nessuna esperienza di presentazioni di libri, nessuna idea di quello che era richiesto a una scrittrice-showgirl.
La serata già comincia male, in un clima di freddezza e ostilità. Dal principio, mi viene fatto osservare che ho chiesto il formaggio sbagliato per la piadina ordinata al bar. Sono un'estranea, attesa al varco per essere rimessa al suo posto: a servire i cocktail in grembiulino.
Nelle due ore che seguono, apprendo che:
-sono un'artigiana e non un'artista;
-è meschino l'espediente, che avevo sempre ritenuto legittimo, di usare i generi per tentare la scalata sociale e socchiudere le porte della grande editoria. Avrei dovuto invece compiere la mia scelta “per amore”;
-i “veri” scrittori che mi hanno preceduta sono stati di gran lunga ben più all'altezza;
-non ho “studiato” abbastanza per scrivere;
-ho dipinto i fumettisti come tristi, miseri, infelici, mentre nella “realtà” sono gioiosi e grati di poter fare il mestiere più spassoso del mondo (ma io avevo conosciuto solo gente che faticava per mettere insieme due lire a fine mese).
In seguito mi avrebbero spiegato che, confessando candidamente di venire dal basso, era come se avessi schiaffeggiato il mio pubblico.
Avevo offeso i ricchi, come in una canzone di Dario Fo.

venerdì 1 novembre 2024

Iperwriters - Superman non muore mai

Photo: Rinson Chory on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 58 - Superman non muore mai

Venerdì, ore 13. La nave Iperwriters si augura di poter salvare dall'annegamento quanta più letteratura possibile, e che la fiction, come Superman, non muoia mai. Intendo la fiction creata secondo natura, da un umano/umana o al più da una coppia di umani. Non la fiction da mille e nessun autore (preparatoria all'intelligenza artificiale) da cui siamo alluvionati.
A questo punto occorre aprire un discorso sui generi. All'epoca in cui scrivevo Superman non muore mai il giallo/thriller/noir era in transizione. Ancora ghetto letterario, ma in fase di rivalutazione. In caduta libera nelle collane da edicola, ma appetibile per la distribuzione in libreria.
In quanto a me, mi trovavo nel mezzo di questo movimento ed ero uno degli scrittori di genere (allora pochi) consapevoli che “rompendolo” (così si diceva allora) era possibile ottenere risultati innovativi e alla pari con la scrittura “alta”.
Se io non avevo, secondo certe critiche “costruttive”, esiti stilistici personali, non ne vedevo neppure nella letteratura non-di-genere. Esauriti gli sperimentalismi linguistici, restava un narrare a volte barocco e cacofonico, a volte di una secchezza costruita ad arte, gettata lì con falsa noncuranza e sottilmente arrogante.
Inoltre, nella mia ancestrale ingenuità, ero convinta che solo i poveri praticassero i generi letterari. Poveri erano stati gli scrittori che amo di più: Edgar Allan Poe, Robert Erwin Howard, Jack London, Igino Tarchetti. C'è sicuramente una simpatia naturale fra la povertà e l'horror.
(Va bene, anche i ricchi possono avere la Vocazione, ma allora sono tenuti ad essere come Henry James. E i borghesi? Abbastanza puri di cuore da rinunciare al “lavoro di supporto” ben pagato per vivere di sola editoria.)
Infine, perché scriviamo? Per vendicare i torti subiti, per farci comprendere e amare, per raggiungere con i nostri messaggi chi avremmo voluto vicino al posto di quelli che si sono stati.
I ricchi, protetti dalle offese, supportati e avvantaggiati, buoni comunicatori, che possono raggiungere fisicamente chi vogliono, che bisogno hanno di scrivere? E poi, perché i generi, avendo a disposizione tutto il resto?
Perdonatemi: malgrado il mondo mi costringa ad agire in modi complicati, sono un'anima semplice.